Islam

 

Mediterraneo. Una sfida per l’Italia


Il ruolo dell’Italia per la risoluzione della crisi irachena.
Ripristinare il dialogo con i Paesi arabi moderati.
Per una stabilizzazione politica di tutto il Medio Oriente

 

 

di Gianluigi Da Rold


«L’Italia ha un’occasione irripetibile, che può far convergere su una stessa linea Europa e Stati Uniti. Il presidente Silvio Berlusconi ha la possibilità e ormai anche l’autorità di convincere gli americani, per come si è comportata l’Italia in Iraq». L’ex ministro degli Esteri, e attuale segretario del Nuovo Psi, Gianni De Michelis, guarda con occhi realistici alle vicende del dopoguerra iracheno. Mi sembra troppo ottimista la sua dichiarazione, di fronte a una situazione che appare sempre più drammatica e concitata.
Era inevitabile che alla vigilia del passaggio delle consegne politiche, alla vigilia ormai del 1° luglio, quando un governo iracheno entrerà in piena funzione, tutte le forze che si oppongono a una stabilizzazione politica della regione abbiano rotto gli indugi e abbiano accentuato azioni di terrorismo e di guerriglia. La mappa eversiva è abbastanza semplice da delineare: i saddamisti del “triangolo sunnita”, gli affiliati di Al Qaeda, alcune minoranze sciite. Però, più che della strategia americana, vedo i limiti dell’attuale tattica americana. Come è possibile non coinvolgere i Paesi limitrofi all’Iraq per una stabilizzazione politica di tutta la regione?

Lei sta pensando ai Paesi arabi moderati? Ma lì vicino ci sono anche Siria e Iran, che fanno ufficialmente parte dell’“asse del male”.
Se al posto di stilare la lista dei “Paesi canaglia” si facesse politica… L’Iran, oggi, è un Paese, sia a livello politico che a livello sociale, con molte sfaccettature. Basta andarci, parlare, verificare. Ci sono sfaccettature sia tra i cosiddetti progressisti che tra i cosiddetti conservatori. Da alcuni canali che sono stati aperti, si può dire che anche tra i conservatori iraniani ci sono quelli che vogliono una stabilizzazione in Iraq, ci sono quelli che scelgono la “via cinese”: vogliono cioè sviluppo economico e stabilità politica. E si può provare anche con la Siria, che avrebbe una grande funzione in chiave politico-religiosa, perché di fatto controlla il Libano, che è a prevalenza sciita e a cui si riferiscono gli sciiti iracheni. Al-Sistani, capo sciita iracheno, pensa ai fratelli arabi del Libano, non agli iraniani.

Ma che cosa possono suggerire gli italiani agli americani?
Noi ci siamo guadagnati i galloni sul campo. Abbiamo il contingente più grande dopo quello britannico, abbiamo pagato con i morti di Nassiriya. E abbiamo una tradizione di convivenza pacifica e realistica con tutti i Paesi arabi del Mediterraneo fino al Golfo Persico. L’Italia ha una vocazione mediterranea e può su questo essere il baricentro degli interessi europei e americani.

Come?
Gli americani stanno mettendo a punto un piano per l’evoluzione democratica ed economica del grande Medio Oriente, così l’hanno chiamato. Piano che presenteranno al prossimo G8. Ma per realizzare questo piano devono coinvolgere pienamente i Paesi arabi. Perché Mubarak, il premier egiziano, è andato in America? Perché si era infuriato, l’avevano completamente escluso! Ci vorrebbe un minimo di capacità politica in una situazione così complicata, altrimenti va a finire male.

Ma Le ripeto, che cosa può fare l’Italia?
Partiamo dai Paesi del Maghreb: Tunisia, Algeria, Libia e anche Marocco. Sono interessati a una stabilizzazione politica. Lo è anche l’Egitto, se gli si dà un ruolo. Resta il problema delle capacità di instaurare e incrementare “canali aperti” con l’Iran, di fare tentativi non impossibili con la Siria e di delegare il “mistero” Arabia Saudita agli americani per lo storico intreccio di interessi di vario tipo. Le pare così impossibile una strategia politica di questo tipo? Non dico che sia facile, ma è una linea da perseguire con pazienza e tenacia. Anche perché al di là di questo c’è una situazione esplosiva. A metà maggio, a Tunisi, il presidente Ben Ale ospiterà i lavori della Lega Araba. Già in quell’occasione si potrà osservare e lavorare diplomaticamente. L’Italia più di altri. Per questo dico che ora abbiamo un’occasione irripetibile e gli americani non possono dirci di no.
 

Islam: «Mediterraneo. Una sfida per l’Italia. Il ruolo dell’Italia per la risoluzione della crisi irachena. Intervista a De Michelis», di Gianluigi Da Rold, Tracce, 1 maggio 2004

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