Islam

Conversione

Io, miliziano bosniaco, ho incontrato Cristo in cella
 

«Durante la guerra ne ho uccisi tanti». Poi quelle parole del cardinale Pulic ascoltate alla radio mentre era di guardia...
 

 

di Giorgio Paolucci


«Ne ho ammazzati tanti, durante quella sporca guerra. Per anni ho provato ribrezzo di me stesso, e di notte gli occhi di quei morti me li sentivo salire lungo la schiena. Ancora oggi mi vengono i brividi quando penso al mio passato, ma ho chiesto perdono a Dio e lui mi è venuto a cercare. E mi ha trovato proprio nel posto dove nessun uomo vorrebbe mai andare: in carcere». La vita di Nihad Ivan Durakovic è segnata da mille cicatrici, anche la sua voce ruvida tradisce le emozioni forti che l'hanno attraversata. Soldato e poi capitano nelle formazioni islamiche bosniache, ha rischiato la morte per una causa che voleva difendere a tutti i costi, e ha dato la morte a quelli che stavano dall'altra parte. Senza pietà, credendo ciecamente nei suoi. Come aveva sentito raccomandare tante volte alla radio - durante le trasmissioni che ascoltava mentre montava la guardia in trincea - dal leader della comunità musulmana di Sarajevo, Ceric, mentre un altro «leader» a lui sconosciuto pronunciava parole che invitavano tutto il popolo bosniaco alla riconciliazione nazionale e al perdono: era il cardinale Pulic, arcivescovo della stessa città simbolo di una guerra costata migliaia di morti. Finisce il conflitto ma l'esistenza del capitano Durakovic non esce dalla burrasca: sposa una donna che gli dà un figlio ma che in seguito si suicida, viene in Italia per lavoro e, dopo una complessa vicenda giudiziaria che lo vede accusato di un delitto da cui uscirà assolto, finisce nel carcere romano di Regina Coeli.

In prigione c'è un sacco di tempo per pensare e in quelle lunghe giornate gli tornano alla mente le parole di Pulic che mentre il conflitto infuriava esortava alla riconciliazione e al perdono: parole dell'altro mondo dette in questo mondo. Parole che non lo lasciano tranquillo, che chiedono udienza a quel cuore indurito dalla violenza e dai dolori della vita. A suor Stella, una religiosa croata che ogni settimana entra a Regina Coeli per visitare i detenuti, chiede una Bibbia nella sua lingua e in quelle pagine ritrova la parola che continua a inseguirlo: perdono. «Nei numerosi colloqui avuti in quei mesi la Bibbia diventò subito il tema dominante - ricorda suor Stella, che è diventata la madre spirituale del suo cammino -. Non gli interessava parlare d'altro, domandava spiegazioni sui passaggi che non capiva, i compagni di cella mi raccontavano che chiedeva di discuterne anche con loro: era letteralmente assetato di Dio». Per saziare quella sete Durakovic chiede il battesimo, la religiosa lo invita a ponderare una scelta così impegnativa e quasi per metterlo alla prova gli chiede: ma cosa ti diranno i tuoi, in Bosnia, tutti musulmani, quando sapranno che ti sei convertito al cristianesimo? La sua risposta è disarmante: «Spero che saranno felici anche loro quando sapranno che sul mio cammino ho incontrato una verità più grande». Il cammino del capitano Durakovic continua nel carcere di Velletri, dove viene trasferito e dove, nel marzo di quest'anno, riceve battesimo, comunione e cresima dal vescovo. Il cardinale Pulic, che era stato informato da suor Stella della sua conversione, invia un messaggio in cui gli assicura di ricordarlo nella preghiera e lui, che forse non incontrerà mai quell'uomo che ha segnato la sua esistenza, decide di portarlo per sempre con sé: durante il battesimo sceglie come nomi che accompagneranno la sua nuova vita gli stessi dell'arcivescovo di Sarajevo: Ivan Vinko.

Oggi il capitano Durakovic ha 43 anni, e la burrasca che ha accompagnato la sua esistenza non sembra voler finire: trasferitosi in Francia presso amici, è costretto a lavori precari anche a causa di gravi problemi di salute che affliggono un corpo ancora giovane ma segnato dai combattimenti materiali e spirituali che ha dovuto affrontare. Al telefono, mentre ci parliamo, la sua ruvida voce si scioglie nell'emozione quando gli chiedo cosa prova nel suo primo Natale da cristiano: «La mia vita è faticosa, ma ormai Gesù la sostiene. Gesù è venuto e viene a farmi compagnia, questo mi basta».
 

 

Islam: «Io, miliziano bosniaco, ho incontrato Cristo in cella», Giorgio Paolucci, Avvenire, 24.12.2003

 

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