Divorzio:

 

La vita umana come fast food

Divorzio veloce

 

 

di Antonio Socci


La bocciatura, da parte della Camera, del “divorzio veloce” (che riduceva da tre a un anno il tempo di separazione per coppie senza figli minorenni) dimostra che esiste una cultura laica che sa riflettere con serietà e profondità sulle cose importanti della vita umana. E’ infatti inverosimile che tutti quei voti siano definibili semplicisticamente come “cattolici”. Non sono neanche voti di schieramento, cioè solo di centrodestra. Un deputato di centrosinistra, per esempio, ha dichiarato la sua “preoccupazione  rispetto a una legge che rischia di mandare alle nuove generazioni un messaggio negativo. Un messaggio in base al quale una scelta fondamentale come il matrimonio può avere un’attenzione minore di un contratto per l’acquisto di una casa”.


Mi pare un’osservazione di buon senso, di serietà, nient’affatto una tesi confessionale. Invece Piero Fassino ha subito tuonato – secondo la vecchia tradizione di sapore “Pci” – mettendo all’indice chi ha idee diverse dalle sue: “Maggioranza oscurantista”.


Sentenza infelice del segretario Ds perché la butta in politica, pur sapendo che non c’è stato un voto di schieramento. Si resta sbalorditi talora dalla superficialità o dall’inconsistenza culturale della Sinistra che pure moraleggia di continuo contro il presunto “sistema di valori consumista” dei suoi avversari, ma poi pretende di trasformare la vita umana in fast food.


Verrebbe da consigliare ai diessini di studiarsi almeno i classici del pensiero critico del Novecento, come Max Horkheimer – fondatore della Scuola di Francoforte – il quale arrivò a dar ragione alla Chiesa di Paolo VI perfino sulla pillola, e nient’affatto per considerazioni confessionali (Horkheimer era ebreo e aveva una storia marxista alle spalle), ma perché riteneva che la pillola fosse “la morte dell’amore erotico”, la fine di Romeo e Giulietta: “ritengo mio dovere rendere attenti gli uomini sul prezzo che devono pagare per questo progresso” scrisse “e questo prezzo è l’accelerazione della perdita della nostalgia, e alla fine la morte dell’amore”. Giusto o sbagliato che fosse il suo ragionamento, aveva il merito di riflettere su una grande questione umana, quella che riguarda l’amore e la procreazione. Riflettere non fa male. Non si può banalizzare tutto senza porsi domande.


Il caso scoppiato ieri in Parlamento riguardava non il divorzio, ma la velocizzazione del divorzio. Al di là del giudizio che si ha sull’istituto giuridico del divorzio (credo si possa dire che molti di quelli che hanno bocciato la proposta sono favorevoli al divorzio) quel disegno di legge rischiava di banalizzare una scelta fondamentale della vita riducendola a una veloce pratica d’ufficio da sbrigare quanto prima senza pensarci troppo. Del resto lo si sta facendo anche per l’aborto, che è materia ben più grave del divorzio.


Per una volta la classe politica ha dato dunque un segnale di consapevolezza culturale e non un segnale “oscurantista” come dice Fassino. Un segnale di serietà.


Che i nostri rapporti affettivi, oggi, siano tremendamente fragili è un dato di fatto. La nostra capacità di amare ha vita breve e per tutti questa debolezza è un’esperienza dolorosa, nient’affatto spensierata. Passiamo in genere da un amore fragile a un altro amore altrettanto fragile, senza mai interrogarci sul perché e sul senso di questo fuggire, ma chiedendo solo di sveltire le pratiche di divorzio dopo essersi promessi amori eterni.


Fuggiamo da tutto. Pure dalla vita e non solo quando si vivono situazioni di dolore e malattia. Ma perfino quando si è nel fiore dell’età: si fugge perfino dai propri 18 anni. Si desidera essere sempre altrove perché la “fatica di vivere” non deriva da problemi sociali o ambientali, ma dalla nostra misteriosa natura di erranti. Fuggiamo dunque da noi stessi.



Guardare in faccia questa nostra debilitata condizione umana non è per nulla oscurantista, anzi è segno di serietà e intelligenza (sarebbe infatti un’occupazione da filosofi). Oscurantismo – al contrario – è ficcare la testa nella sabbia della propaganda politica riducendo tutto a questioncella.


Né mi pare “confessionale” porsi le domande importanti sul senso del proprio esistere e sul proprio desiderio di amare e di essere amati. Non c’entra niente la Chiesa. E’ vero però – se vogliamo dirla tutta - che uomini e donne seriamente impegnati con se stessi, che amano la propria vita e che quindi si pongono queste domande, restano poi molto colpiti da persone come Madre Teresa e Giovanni Paolo II (per dire due giganti che in questi giorni hanno toccato il cuore di tanti) che invece di fuggire dal dolore, dalla miseria, dalla malattia, dalla fatica di vivere, le accettano, portando sulle spalle la sofferenza di tanti e testimoniando così che è presente nel mondo una forza vitale, una capacità di amare, una libertà davvero affascinanti. Umanamente inspiegabili. Letteralmente un altro mondo dentro il mondo. Comunque la si pensi è difficile non riconoscere la bellezza di una simile umanità e di una simile capacità di amare. Vogliamo liquidare tutto questo come “oscurantista”? Non sarà oscurantista proprio questa paura di confrontarsi?

 
 

Divorzio: «La vita umana come fast food. Divorzio veloce», di Antonio Socci, Il Giornale 24.10.2003

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