Dio
e la
guerra

Per non dimenticare il messaggio del Papa ad Assisi

La lezione della carità 

di Luigi Giussani



Caro Direttore,

non possiamo tacere la nostra partecipazione al
gesto con cui Dio, per mezzo del Papa e di altri capi religiosi, ha richiamato con una chiarezza inequivocabile l’uomo di oggi. «Giustizia, perché non ci può essere vera pace se non nel rispetto della dignità delle persone e dei popoli. E poi anche perdono, perché la giustizia umana è esposta alla fragilità e ai limiti degli egoismi individuali e di gruppo» ha detto Giovanni Paolo II ad Assisi, certo che solo Dio può fare giustizia. A queste cose abbiamo partecipato con emozione per lo slancio del Papa e per la tensione degli altri esponenti religiosi.


La domanda di un’educazione che cominci dai genitori, e ottenga un esito operativo e buono, possa trovare nelle mani del Papa ospitalità, e nella sua umanità una lettura sufficiente della storia e quindi un consiglio più grave per la durezza di tanti cuori, anche credenti. Così da investire il cuore di tutti i credenti della misericordia di Cristo, «nostra pace. Colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia» (Efesini 2,14).


E’ ben chiaro che una reale adesione a una concezione di Dio come misericordia può formare persone a vivere quello che i cristiani sentono espresso nel termine usato in tutti i loro catechismi: la carità. Non si vuole con questo negare l’atteggiamento altrui, ma affermare con sincerità ciò che ci è proprio, in un attivo rispetto di ogni altro. Così la presentazione delle ragioni emergenti nella sensibilità dei credenti possa trarre un largo consenso anche nell’istinto educativo che rimane in ciascuno, nella scuola e nei giornali. Possa essere quindi attenuata la forza distruttiva, perché la sincerità di atteggiamento così espressa è un’intensa partecipazione alla verità del vivere nella sua interezza. Quella sincerità che «non spinge alla contrapposizione e meno ancora al disprezzo dell’altro, ma piuttosto a un costruttivo dialogo, nel quale ciascuno, senza indulgere in alcun modo al relativismo né al sincretismo, prende anzi più viva coscienza del dovere della testimonianza e dell’annuncio».


Dio morto in croce per risorgere illumini la ragione che tutti i cuori cristiani - specialmente i giovani e chi ha in mano potere - devono trovare in questo richiamo del Signore.


Il Papa è realista, per cui ha invitato tutti alla preghiera: pregare, infatti, non è come un’ultima spiaggia sul limitare di un mare di ghiaccio in cui sembra finire ogni umano impeto di desiderata risposta; «non significa evadere dalla storia e dai problemi che essa presenta». La preghiera, che è domanda a Dio, è l’avamposto dell’uomo che si getta così disarmato nella quotidiana lotta.


Dico grazie al Santo Padre dell’esempio che ci ha sempre dato in questo luogo di battaglia per i cristiani e non, che è il mondo.

di Luigi Giussani,
Corriere della Sera, 3 febbraio 2002

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