Pace

La bandiera della pace in Chiesa

Il segretario generale della Cei:
 simbolo sovrabbondante, c’è già il crocefisso.

Bandiere della pace, in chiesa no
 

 
di Giovanna Cavalli,


ROMA - L’arcobaleno della pace non sventoli dentro le chiese. Non serve, è di troppo, c’è già il crocefisso, dice monsignor Giuseppe Betori, segretario generale della Conferenza episcopale italiana. «La bandiera mi sembra un simbolo sovrabbondante e in qualche senso inutile, la croce è già di per sé un bel segno di pace, sono duemila anni che sta lì. Sarebbe come dire che da sola non basta», ha spiegato Betori («Ma parlo a titolo personale») chiudendo i lavori del consiglio permanente della Cei. La pace è di tutti, oltre le bandiere, scrivono i vescovi italiani nel documento finale. «Essa è un dono di Dio e nessuna ideologia se ne può appropriare, specialmente se finisce per spingere ad atteggiamenti di odio e ad un linguaggio violento». La guerra in Iraq «non avrebbe mai dovuto cominciare», ribadisce la Cei.


Ma la guerra c’è. E padre Pasquale Borgomeo, direttore generale di Radio Vaticana, ieri ha chiuso così il suo editoriale: «Un piccolo barlume di speranza per il futuro lo dà la posizione di Blair, che attribuisce alle Nazioni Unite il compito di gestire il dopo Saddam e ristabilire la legalità internazionale dopo la decisione unilaterale di attaccare l’Iraq». Borgomeo apre a Blair e chiude a Bush. «Questo rassicurerebbe gli alleati tradizionali sulle reali intenzioni degli Stati Uniti e a dissipare i sospetti sui motivi che li hanno spinti a decidere l’attacco». Resta però più ferma che mai la condanna della Santa Sede all’uso della forza (e dunque anche per Blair) «come lo strumento più efficace e diretto per risolvere i conflitti». Lo ha ribadito monsignor Celestino Migliore, osservatore permanente del Vaticano all’Onu: «Indebolisce la cooperazione internazionale, con ovvie ripercussioni sul multilateralismo».


Se aiuterà a fermare la guerra, la bandiera della pace è la benvenuta in chiesa. Così la pensa, nonostante monsignor Betori, don Tonio Dell’Oglio di Pax Christi : «So bene che Gesù è l’incarnazione della pace stessa, ma è importante dare un segno che evidenzi l’impegno della comunità cristiana». L’arcobaleno non è di nessuno e non è contro nessuno, dice Flavio Lotti della Tavola della Pace . «Non sostituisce il crocefisso ma rappresenta la comunità della pace». Ci resta male don Luigi Ciotti: «La croce resta il grande riferimento, però anche i segni contano. Per spezzare la violenza e la morte servono anche quelle bandiere». Padre Vincenzo del convento di Assisi invece è dell’idea che «è meglio metterle fuori le bandiere, c’è il rischio che poi ci chiedano di esporne altre. Non ci interessano i colori, è Gesù sulla croce la nostra bandiera». Il vessillo arcobaleno «deve stare dovunque, ancor di più nelle chiese», dice Lisa Clark dei Beati costruttori di Pace .


E Francesco Caruso, leader dei disobbedienti napoletani (che per l’11 aprile hanno indetto la giornata di boicottaggio contro la Esso) incita i preti alla ribellione: «La bandiera ci vuole, la chiesa deve diventare un luogo di mobilitazione contro la guerra: parroci, disobbedite». La pace torna in piazza: il comitato «Fermiamo la Guerra» ha indetto una manifestazione nazionale il 12 aprile a Roma. La Cgil ha rimandato la sua per la scuola (sarebbe stata in contemporanea) e si unisce al corteo. C’era stata discordia, all’inizio, ma almeno qui ha vinto la pace.

 
 

Pace: «Il segretario generale della Cei: simbolo sovrabbondante, c’è già il crocefisso. Bandiere della pace, in chiesa no», di Giovanna Cavalli, Il Corriere della Sera 2.4.2003

 

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