Pace:

Breve narrazione di come il Papa ha vissuto la Guerra

La rievocazione personale:
«Grazie a Dio sono sopravvissuto al secondo conflitto mondiale»

Quei cinque terribili anni del giovane «Lolek»
 

 
CITTA´ DEL VATICANO 

LA guerra di Karol Wojtyla cominciò, come per tutti i polacchi, il 1° settembre del 1939. Karol viveva con suo padre - tutta la sua famiglia - a Cracovia, ed era a messa, quando le sirene dell´antiaerea cominciarono a urlare. Stava celebrando padre Kazimierz Figlewicz, che conservò un ricordo nitido di quel momento: «Si diffuse il panico fra i celebranti, e molti se ne andarono. Karol restò. Ricordo ancora la nostra messa tra gli urli delle sirene e il rumore delle esplosioni». Dalle mura del Wawel il diciannovenne Karol vide i bombardieri tedeschi che colpivano le postazioni a sud della Vistola; corse a cercare il padre, e alla notizia che i carri armati tedeschi stavano dirigendosi verso Cracovia, decisero di provare a spostarsi verso Est. Si unirono alle colonne di sfollati, scamparono a un attacco a volo radente della caccia tedesca, che mitragliava i fuggiaschi. Papà Wojtyla, anziano, non ce la faceva più; Karol riuscì a trovargli un passaggio su un camion militare. Si arrestarono centocinquanta chilometri più a est, dove incontrarono dei logori soldati russi, che gli consigliarono di ripercorrere la via appena conclusa.

 «Tornammo a casa - scriverà più tardi "Lolek", il nomignolo di Karol - Mio padre sopportò con fatica quel pesante cammino. Fu per lui un´esperienza assai estenuante». Era malato, Karol senior, e le dure condizioni di vita sotto l´occupazione tedesca non lo aiutavano. Trascorse gran parte dell´inverno del 1940, un inverno particolarmente severo, a letto, immobilizzato. Il 18 febbraio del 1941 "Lolek" corse a ritirare dei medicinali per lui, al centro di salute pubblica, e si fermò a mangiare qualche cosa da una famiglia di amici. Quando rientrò nel seminterrato che divideva con il padre, lo trovò senza vita. Era con un´amica, Maria. La abbracciò, dicendo: «Non sono stato accanto al letto di morte di mia madre, di mio fratello, nè di mio padre». 

Il giovane Karol lavorava in una cava che forniva sodio alla fabbrica «Solvay»; un espediente per evitare la deportazione verso Est, nei campi di lavoro forzati. Ogni giorno doveva percorrere a piedi sette chilometri all´andata e sette al ritorno. Il suo compito era quello di caricare pesanti pietre, ricavate da grandi blocchi di roccia che altri spaccavano, sui carrelli a rotaia. Dopo la morte di suo padre, riuscì a farsi trasferire dalla cava alla fabbrica. Doveva trasportare su due secchi, tenuti sulle spalle da un bilanciere, il materiale fino al «bollitore» collocato in cima a una rampa di scale. Continuava a frequentare però i suoi amici del teatro di Cracovia, una forma di «resistenza» intellettuale. Un giorno di dicembre 1941 la Gestapo arrestò duecento persone, in un caffè di Cracovia, dove "Lolek" e i suoi amici si incontravano. La maggior parte furono inviati ad Auschwitz, o fucilati. «Anche Karol avrebbe potuto fare quella fine - disse un suo amico del gruppo, Wojciech Zukrowski -. Deve solo ringraziare la fortuna». 

Fu poco dopo, all´inizio del 1942, che Karol Wojtyla decise di farsi prete; clandestinamente, perché nessun seminario era autorizzato, e chi frequentava quello clandestino rischiava la pelle. Lolek visse questa doppia vita - tuta blu da operaio all´esterno, in realtà studente di seminario - per due anni. Il 29 febbraio del 1944 mentre tornava a casa un camion militare tedesco lo investì di spalle, sbattendolo per terra, e scomparendo poi nella notte. Una passante, e un ufficiale tedesco lo trovarono riverso sull´asfalto. Il militare capì che era ancora vivo, anche se in coma. Fermò un furgone, lo fece portare all´ospedale, dove trascorse tre settimane. Uscì, dopo essere scampato ancora una volta alla morte. Che gli passò vicino ancora una volta, prima che l´incubo nazista finisse. Il 6 agosto del 1944 i tedeschi setacciarono tutte le case del suo quartiere, in un rastrellamento senza precedenti di tutti i maschi adulti. Giunsero al suo portone: perlustrarono i due piani superiori, ma non pensarono che qualcuno vivesse nel seminterrato, dietro la cui porta "Lolek" tremante, attendeva. All´alba un sacerdote, mandato dal cardinale Sapieha, per portarlo al palazzo arcivescovile, al seminario clandestino: l´ultimo capitolo della vita da laico di Karol Wojtyla
 

 

Pace: "Breve narrazione di come il Papa ha vissuto la Guerra. La rievocazione personale: «Grazie a Dio sono sopravvissuto al secondo conflitto mondiale». Quei cinque terribili anni del giovane «Lolek»", La Stampa 17.3.2003

 

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