Pace:

 

Lettera aperta a Veronica Lario, moglie di Berlusconi

Cara Veronica,
a mio figlio direi che ogni limite ha la sua speranza
 

 

di Giuliano Ferrara,



Cara Veronica, a mio figlio farei questo discorso. Figlio mio, il dolore e la violenza sono di questo mondo. Lo vedi tutti i giorni: i cani digrignano i denti, i gatti affilano le unghie la gente amata se ne va e non ritorna, i detenuti pascolano nel loro giardino di cemento, gli ammalati soffrono, si piange di rabbia, di malinconia, d'amore. Si prega il padre nostro perché venga il suo regno, segno chiaro che non è venuto. Però vedi anche come sono belle le giornate, e puoi contare i molti sorrisi di quelli che ti vogliono bene. Puoi credere, puoi godere di una fede illimitata, cercare e trovare la pace nella tua stessa anima, regalarla domani ai tuoi figli. Riscattare dolore e violenza è talvolta possibile, sradicarli non è possibile. La speranza ha un limite (Totò avrebbe detto: ogni limite ha la sua speranza). Adesso, per intenderci senza troppo impegno, quel limite chiamiamolo responsabilità.

Mi spiace doverti parlare di responsabilità, del tuo e del mio dovere di rendere conto a noi stessi e agli altri dell'esistenza dei confini, degli eserciti, dei governi, dei partiti, delle lingue, delle culture, delle ineguaglianze, degli interessi, e perfino delle squadre di calcio che si battono (si battono) per vincere tirando calci a un pallone. Mi spiace (e mi rompe anche un po' i coglioni) perché la tua adolescenza e l'imminente giovinezza sarebbero più dolci se ti fosse permesso di non scegliere, di non decidere, di rinviare a un tempo indeterminato. In un certo senso ti è permesso: vivi in un paese abbastanza confortevole per un ragazzo del tuo stato, hai da bere, da mangiare e da dormire, da qui non partono soldati italiani per la guerra, il nostro governo si limita a consentire che partano dai nostri aeroporti soldati americani, inglesi, spagnoli, australiani, e di altri strani paesi combattenti. Ma sei sicuro che sia giusto approfittare di questo permesso?

Sarei un bel trombone se ti dicessi che devi impegnarti, che devi scegliere da che parte stare in nome di un superiore dovere morale. Chissenefrega del superiore dovere morale. Puoi benissimo scendere in piazza con l'arcobaleno, e hai diritto di disprezzare il mondo e la politica, di sognare un treno che fischia sotto la luna e che si annuncia sempre e non arriva mai. Ma sei sicuro che sarai più felice vivendo una speranza senza limiti? Sei sicuro che sia nella tua natura appartarti nella folla per rassicurare la tua coscienza per il bene degli altri? Sei certo che quel bene sia tutto il bene di tutti gli altri, e che da questo bene non sia escluso un bambino israeliano che va a scuola sul bus, un americano nero giallo bianco o meticcio che prende il caffè sopra un grattacielo, un iracheno governato da Saddam Hussein? Non vuoi almeno provare a stare solo con te stesso, a studiare la pace e la guerra come alternative di fatto in una situazione data, come un problema di geometria o di algebra, come una misteriosa questione di ragione e non come una banale stretta del cuore?
 

 

Pace: «Lettera aperta a Veronica Lario, moglie di Berlusconi. Cara Veronica, a mio figlio direi che ogni limite ha la sua speranza», di Giuliano Ferrara, Il Foglio 17.3.2003

 

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