Pace

L’inviato del Papa:
«Vado da Bush con fiducia»

 

Il cardinale Laghi oggi a Washington: «Insisterò per convincerlo a percorrere fino in fondo le vie pacifiche»
 

 
di Luigi Accattoli


CITTA’ DEL VATICANO - «Parto con molta fiducia, perché il Santo Padre me la dà! La dà a me e la dà anche verso colui a cui mi manda»: così ha detto al Corriere della Sera il cardinale Pio Laghi, che parte oggi per Washington, portatore di un «messaggio» del Papa al presidente Bush. Ieri Giovanni Paolo ha riproposto la giornata di digiuno e di preghiera già indetta per mercoledì (giorno delle Ceneri) e ha invitato i protagonisti della crisi irachena a non scoraggiarsi: «Senza arrendersi dinnanzi alle difficoltà, occorre ricercare e percorrere ogni strada possibile per evitare la guerra, che sempre porta con sé lutti e gravi conseguenze per tutti».

 
    Giovanni Paolo ha insistito sul digiuno «per la pace, messa in forse da crescenti minacce di guerra». «Il digiuno fisico - ha detto - aiuta a meglio comprendere le difficoltà e le sofferenze di tanti nostri fratelli oppressi dalla fame, dalla miseria e dalla guerra».
Il cardinale Pio Laghi (faentino, 80 anni, già nunzio a Washington) è stato scelto dal Papa come suo «inviato speciale» per esporre al presidente Bush la contrarietà della Santa Sede alla guerra e non si nasconde la difficoltà della missione che gli è stata affidata: «L’affronto con l’atteggiamento di Abramo, che parte sapendo che cosa lascia, ma ignorando che cosa troverà. Vado nonostante ogni difficoltà, sperando contro ogni speranza».
 

Che dirà al presidente Bush?
«Insisterò, a nome del Papa, perché si percorrano fino in fondo le vie pacifiche. Certo bisogna ottenere il disarmo di Saddam e del suo regime, ma per quanto possibile occorre arrivarci senza l’uso delle armi».
 

In America sono scettici su questa possibilità...
«Si tratterà di mettere in luce quanto sia oscura negli esiti l’eventuale guerra e quanto essa possa essere dolorosa e ingiusta per tanti esseri umani. Questa è del resto la posizione tenuta sempre dalla Santa Sede: che si eviti il più possibile lo scatenamento delle guerre».


Che altro c’è nei suoi appunti?
«Le Nazioni Unite: non si può uscire da lì, sarebbe un’avventura per tutti. Poi le conseguenze: bisogna soppesarle bene prima di prendere decisioni senza ritorno. Infine l’orizzonte in cui inquadrare la situazione: un conflitto porterebbe il mondo verso un futuro del tutto oscuro. Che ne sarebbe in tale futuro del dialogo con l’Islam? E’ il caso di scavare un nuovo fossato tra i popoli?»


Lei che auspicio trae, in ordine alla sua missione, da quanto avviene in Iraq e nel mondo, in questi giorni?
«Ci sono tanti segnali che dovrebbero spingere alla prudenza chi deve decidere. Per esempio l’andamento, che pare proficuo, delle ispezioni e il pronunciamento venuto ora dalla Lega Araba: ventidue Paesi che sono divisi su tanti aspetti della questione, ma sono unanimi nel dire no alla guerra contro l’Iraq».


Si racconta che lei è amico dei Bush...
«Con il papà dell’attuale presidente, ma non con lui. Quando Bush padre era vicepresidente, praticamente ci guardavamo dalle finestre: tra la mia e la sua residenza, a Washington, c’era di mezzo una strada. Un’amicizia che è restata, molto onorifica per me. C’è rispetto, stima e affetto. Con l’attuale presidente non ho questa confidenza. Ci guarderemo negli occhi e converseremo con cortesia, ma non sarà un ritrovo di amici».


Come si prepara all’incontro?
«Sono stato due giorni a Faenza, dalla mia gente, alla quale ho chiesto di pregare molto. E digiunerò mercoledì, in unione con il Papa e con tutti coloro che lo faranno nel mondo. Digiunerò anche in unione con i tanti iracheni, che non mangiano per mancanza di cibo. Il Papa all’Angelus ha insistito su questo digiuno e mi ha colpito la forza della sua voce. Ha ripreso vigore, come per darcelo a tutti noi che ci stiamo adoperando per la causa della pace».
 
 

Pace: "L’inviato del Papa: «Vado da Bush con fiducia»", Luigi Accattoli, Il Corriere della Sera 3.3.2003
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