Pace

In margine alla marcia delle Pace del 15 febbraio 2003

«In strada i perché della gente comune»
 

 
di Maurizio Blondet
 

    Tanti, tanti: un fiume enorme e sventolante ha percorso Roma soleggiata e ghiacciata. Per dire no alla guerra. E il fiume umano ha evitato, come per miracolo, tutti i rischi che si potevano temere da un tale ammasso. Non si è trattato innanzitutto, per quel che il cronista ha potuto scorgere nella sfilata lunga quasi venti chilometri, di una manifestazione anti-americana. Né pro-Saddam. Né anti-Israele. Nessuna bandiera bruciata, nessun tentativo di sfondamento dei cordoni di polizia. Qualcuno, domani, potrà scrivere che è stata una manifestazione egemonizzata dalla Cgil. La quale ha provato a mettere il cappello su quel fiume, a spargerlo con le sue bandiere. La sua sperimentata organizzazione e il suo servizio d’ordine, discreto, era pur visibile. Si sa, le proteste spontanee non esistono, se non vengono anche organizzate; ma va subito aggiunto che non sarebbe possibile organizzare una protesta che non c'è.

    E qui c'era, eccome: contro la guerra. Dunque una manifestazione "pacifista"? Di sinistra? Certo, a far colore erano i gruppi con le loro insegne note, i loro slogans anche duri. Ma poi c'era la gente comune. La gente tranquilla. Meno vistosa, proprio perché è quel tipo di gente che non si mette un fazzoletto al collo né inalbera bandiere, nemmeno l'arcobaleno. Perciò non si notava. Ma erano tanti, e forse erano i più: gente tranquilla che però non è stata a casa. Qualcuno, lo si poteva riconoscere per qualche timido cartello che s'era scritto da sé, fuori del coro. 

    Come quelle due signore di Brescia, che s’erano appese al collo un gran foglio dove la parola "Pace" era l'acrostico di "Per Annullare Certi Estremismi Pericolosi": non una parola d'ordine, ma un'educata richiesta rivolta a tutte le parti. Le due equanimi signore erano venute in treno da sole, senza l'assistenza sindacale. Perché, hanno detto: "Bisogna farsi vedere certe volte".

    Un giorno forse l'attuale Amministrazione che governa gli Stati Uniti, quando vorrà valutare le conseguenze impreviste dei suoi atti, dovrà mettere in conto anche questa: essere riuscita a mettere in piazza pure quel tipo di persone. E mica solo a Roma: a Berlino in mezzo milione, a Londra a centinaia di migliala, in settanta nazioni e anche a New York dove tradizionalmente non sono i sindacati a pagare il cestino da viaggio. E' che la guerra "preventiva' non suona bene a quelle persone. Seppur convinte che Saddam abbia qualcosa a che vedere con Bin Laden, si interrogano sullo strumento spropositato e sproporzionato della guerra. E benché scosse dal problema vero del terrorismo, dubitano che questo si risolva coi missili. C'è anche gente che sente la Nato come "sua" e teme di vederla usata, e resa inservibile per il futuro, in un'impresa di tipo inaudito. Vecchia Europa? 

    Forse sono europei che chiedono all'America di rimanere se stessa. Perché questa gente lo sa: se siamo in Paesi dove si può scendere in piazza, protestare, sfilare, e poi tornare a casa sicuri di non essere svegliati dagli stivali sul pianerottolo, è all'America che lo deve. In tanti altri Paesi - magari improvvisati pacifisti - non si può.
 

 

Pace: «In strada i perché della gente comune», di Maurizio Blondet, Avvenire 16.2.2003
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