Pace

«L'arma della pace»
 

 
di Antonio Socci,



La sinistra usa i sondaggi per attaccare il governo italiano nel suo appoggio politico agli Stati Uniti. La maggioranza degli italiani “è contraria alla guerra”, si urla ai quattro venti. Ma è ovvio. Lo siamo tutti e Berlusconi per primo a giudicare dall’angosciato suo attivismo di queste settimane. Solo i folli sono entusiasti della guerra. Detto questo però il “pacifismo” – che è un sacrosanto orizzonte morale, almeno in certi casi (in altri è ipocrisia o connivenza con i tiranni) – non può essere una linea politica, perché lo scopo degli Stati democratici è sempre garantire la sicurezza dei cittadini. Non viviamo infatti nell’Eden, bisogna fare i conti con la minaccia del male, rappresentato – in questo caso – dall’esistenza di armi di distruzione di massa in mano a organizzazioni o stati che ne fanno uso criminale.

    E’ ovvio che un sondaggio, in un paese libero, faccia emergere il desiderio di pace. Per i paesi liberi infatti l’uso delle armi è sempre una triste necessità per scongiurare un male maggiore. Così come l’uso delle armi da parte delle forze dell’ordine per difendere i cittadini dai delinquenti. Ma una classe dirigente seria non disarma la polizia in nome della pace e dell’amore, si assume le responsabilità per cui è stata eletta e non fa demagogia, neanche quando sta all’opposizione (la Casa delle libertà in questo si è dimostrata enormemente più seria della Sinistra). Spesso proprio per evitare la guerra bisogna minacciarla. E proprio per disarmare un criminale la polizia deve puntargli contro la pistola.

    Un esempio recente. Nei primi anni Ottanta i sovietici puntarono i missili SS20 sull’Europa e la risposta della Nato (con i missili Pershing e Cruise) fu duramente avversata dalla sinistra italiana e dai pacifisti europei. Anche allora manifestazioni a non finire (lo slogan era “meglio rossi che morti”) e appelli accorati “per la pace”. Anche allora i sondaggi in Italia parlavano di un 58 per cento circa di persone contrarie ai missili Nato a Comiso.

    Eppure – a distanza di un ventennio – sappiamo che proprio quella risposta dura della Nato garantì l’equilibrio pacifico dell’Europa e di lì a poco fece collassare nelle sue contraddizioni il sistema economico-politico del blocco comunista che – per la sua crisi – si faceva più aggressivo (proprio in quei mesi si erano consumati il golpe comunista in Polonia e l’invasione sovietica dell’Afghanistan). Un pacifismo assoluto da parte della Nato, in quel caso, avrebbe compromesso proprio il precario equilibrio pacifico del Vecchio Continente. Le leadership politiche europee evitarono di farsi condizionare dai sondaggi e si assunsero le loro responsabilità facendo il bene dei loro popoli.

    La Sinistra italiana si nascose invece dietro la demagogia pacifista di fatto per sostenere un blocco militare che aveva puntato i suoi missili sulle nostre città. Infatti non protestò contro l’iniziativa minacciosa del Patto di Varsavia, ma contro la Nato che prendeva misure difensive. Oggi direbbe: “ci sbagliammo”. E’ tipico della Sinistra sbagliare tutte le scelte di fondo nel momento in cui si presentano e riconoscere l’errore solo quando non serve più (è accaduto così anche per l’Unione europea), ma pretendendo sempre di essere nel giusto.

    Pochi giorni fa Massimo D’Alema – e la cosa è passata curiosamente inosservata – ha addirittura fatto autocritica per la scelta pacifista fatta in occasione della Guerra del Golfo. Però pretende di dare lezioni oggi su materia analoga. Non solo. Il diessino Cesare Salvi venerdì sera, in tv, si è dissociato da se stesso e dal suo partito perfino per la guerra in Kosovo, fatta dal governo D’Alema solo tre anni fa. Che D’Alema continua a rivendicare come un merito in concorrenza con Prodi il quale a sua volta affermò: “fu il mio governo a dire sì” (Corriere della sera, 8 giugno 2001).

    Sebbene si trattasse – in quel caso – di bombardare Belgrado e non – come nel caso attuale – di dare un semplice appoggio politico agli Stati Uniti decisi, dopo l’11 settembre, a debellare tutti i santuari del Terrore. Oltretutto “il governo D’Alema partecipò alla guerra del Kosovo in assenza di un mandato Onu”. Lo ha fatto notare non un giornale di destra, ma Il Riformista, ossia il quotidiano che tutti considerano vicino a D’Alema stesso. In un editoriale dal titolo emblematico: “Ma che altro può fare Berlusconi?”. Dove si spiegava che “per restare in quell’Occidente al quale tutti giurammo fedeltà all’indomani dell’11 settembre, un paese come il nostro può fare solo una cosa, che è esattamente quella che si imputa al governo Berlusconi: restare europeo e atlantico allo stesso tempo”.

    Anche un bambino capisce che se c’è una remota possibilità di scongiurare la guerra, essa passa attraverso la defenestrazione o l’abbandono e il disarmo volontario di Saddam Hussein e ciò può verificarsi solo se su quel regime la pressione internazionale è dura, compatta e unanime. Tale è stato l’obiettivo perseguito da Berlusconi.

    Laddove il regime iracheno intravede invece divisioni o addirittura un’Europa avversaria degli Stati Uniti sarà indotto a tener duro.

    D’altra parte anche nel 1938-1939 fu l’atteggiamento remissivo e “pacifista” dei paesi democratici a convincere Hitler che poteva osare. Come purtroppo fece. Il diessino Cesare Salvi, venerdì sera, ha spiegato in televisione che “c’è una sola guerra giusta: quella che è stata combattuta contro il nazifascismo”. Eppure un pacifista anche allora avrebbe sparato a zero contro l’intervento americano in Europa, esattamente per gli stessi motivi di oggi. Anche in quel caso avrebbe potuto accusare gli Stati Uniti di imperialismo, di voler entrare in guerra per i propri interessi industriali, per imporre l’egemonia economica americana. Del resto anche allora larga parte dell’opinione pubblica americana (che non era minacciata direttamente come oggi) si chiedeva perché mai dover mandare i propri figli a morire per liberare Roma, Parigi e Berlino.

    Alla periferia di Firenze oggi un’immensa distesa di croci bianche sul prato fa da sepoltura a quei giovani americani che vennero qua a perdere la vita per liberare noi. Il senatore Salvi dice oggi che fecero bene, ma non gli piace che ci siano giovani americani che vanno a liberare gli iracheni da un tiranno sanguinario. Così come pochi mesi fa hanno liberato gli afghani dall’orrendo regime dei talebani.

    Io penso, come tutti, che la guerra sia sempre una cosa orribile. Che sarebbe meglio non farla. Ma so anche di vivere in un mondo in cui organizzazioni e regimi criminali, che non esitano a fare strage perfino delle proprio popolazioni, hanno portato la guerra e la strage nel cuore dell’Occidente. E possono colpire qualunque nostra città. Bisogna intervenire a disarmare questi centri del terrore. Come si fa, visto che le intimazioni dell’Onu, con le sue risoluzioni, non ci sono riuscite? Questa è la domanda a cui tutti noi dobbiamo rispondere in un eventuale sondaggio. Non si deve chiedere “sei favorevole o contrario alla guerra” (è ovvio che tutti siamo contrari), ma: “come si scongiurano nuovi 11 settembre?”. Se i pacifisti conoscono un mezzo vero ed efficace o almeno serio lo dicano e saremo tutti con loro.
 

 

Pace: «L'arma della pace», di Antonio Socci, 'Il Giornale' 9.2.2003
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