Galatro:
Don Agostino
Giovinazzo

CIAO, SACERDOTE AGOSTINO!

di Carmelo Cordiani

 

            Gli rimanevano pochi giorni, forse ore, ne era cosciente. E aveva spento il telefonino, per sentire solo la voce di Cristo che lo aveva scelto e, ora, gli chiedeva il sacrificio della sua giovane vita. Ha risposto “ADSUM”, come il giorno in cui il Vescovo lo chiamò per nome e gli impose le mani consacrandolo. I tanti amici, come ha scritto nel suo augurio pasquale di cinque anni fa, dovevano capirlo: non poteva rispondere perché non doveva distrarsi. Ripensava alla sua risposta generosa: “Ti seguirò, Gesù, dovunque andrai”, al Seminario di Mileto dove entrò ragazzo, alla famiglia lasciata, ai suoi compagni di gioco, alle gioie e alle sofferenze del suo percorso prima di porgere le mani al Vescovo perché le ungesse con il sacro Crisma. L’emozione della prima messa, del primo miracolo compiuto ripetendo le parole del Maestro: “Questo è il mio Corpo… Questo è il mio sangue”. La prima confessione in cui si riconobbe il potere di rimettere i peccati, alzando la sua mano benedicente in nome di Cristo. Ed era felice di essere e sentirsi Sacerdote. Poi gli anni della sua esperienza di Parroco a Galatro, le prime conoscenze, le prime incomprensioni e la pazienza nel saper attendere. Tanta pazienza, spesso scambiata per indifferenza. Animo sensibile, discreto, comprensivo. Mai una parola o un gesto volgare. Non si addice ad una persona civile, ad un cristiano, tanto meno ad un Sacerdote.

 

         Sacerdote: un nome denso di valore, una scelta voluta da Cristo perché la Sua presenza fosse sempre viva, perché le Sue parole di speranza potessero essere riascoltate nel tempo, perché qualcuno continuasse a ripetere il Suo messaggio d’amore.

 

         Sacerdote, sempre. Sull’altare, tra la gente, quando si è soli. Perché il sacrificio, l’annullamento di “SE” significano solo dedizione agli altri. Rinunciare ad una propria famiglia per acquisire a pieno titolo la paternità di tutti. Anche nella solitudine si vive per gli altri; anche quando è solo, il sacerdote sente la presenza delle persone a lui affidate. Le conosce una ad una, come il Pastore del Vangelo, le chiama per nome ed esse conoscono il loro Sacerdote. Un padre a cui riferirsi sempre soprattutto nel dolore. Aprono il loro cuore perché vi legga l’entusiasmo e la fragilità umana e trovi la parola giusta che fortifichi e faccia rinascere.

 

         Cinque anni di assenza, cinque anni di memoria nel cuore dei tanti amici che il Sacerdote Agostino non sapeva di avere. Siamo ancora qui a ripassare le pagine della nostra storia marcata della sua presenza. E avvertiamo la sua mancanza con un senso di smarrimento. Sacerdoti si nasce, perché Cristo presceglie. Ma si cresce ogni giorno se si è costanti nell’incarnare Cristo. Cristo umile, paziente, misericordioso, che va in cerca degli emarginati, che non allontana nessuno, che perdona anche i suoi crocifissori. Chi si allontana dal Maestro diventa un mercenario, uno Scriba, un Fariseo che si siede sulla cattedra di Mosè, indegno, certamente, del ruolo che recita.

         Al Sacerdote Agostino che ha seguito costantemente le orme del Maestro chiediamo se, ancora oggi, ripensa ai tanti amici che non sapeva di avere. Siamo ancora pellegrini in un mondo difficile, come apolidi in cerca di un angolo di pace, dove incontrarci da amici e riconoscerci autentici cristiani. Siamo alla ricerca di un punto forte, di una mano sicura, disorientati e delusi. Scoraggiati mai. Per questo chiediamo al Sacerdote Agostino, ora accanto al Maestro che lo ha prescelto, di starci vicino e di ricordarsi sempre dei tanti amici che non sapeva di avere.

 

Don Agostino Giovianzzo: «CIAO, SACERDOTE AGOSTINO! Nel quinto anniversario della morte di Don Agostani Giovinazzo, 18.05.2002 – 18.05.2007», di Carmelo Cordiani, 18 Maggio 2007

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