Galatro:
Don Agostino
Giovinazzo

L'Omelia di don Giuseppe Demasi in occasione del funerale di
don Agostino

di don Giuseppe Demasi



Sorelle e fratelli carissimi,


questo tempio santo del Signore, dove questa comunità si raduna per elevare al Dio di Gesù Cristo, unico salvatore del mondo, ieri, oggi e sempre l’inno di lode e di riconoscenza e dove questo nostro fratello sacerdote sino a qualche mese fa ha presieduto l’Eucarestia, accogliendo oggi le sue spoglie mortali trova tutti noi stanchi, prostrati, increduli ed in un cero senso smarriti.


Ma non per questo senza speranza.


Noi crediamo, infatti, che è Dio che guida la storia ed in questa logica riconosciamo che questa è l’ora della prova, l’ora in cui il Signore  ci ha visitati e ci ha messi alla prova.


E’ l’ora in cui il Signore ci chiede dei sacrifici, ci ha chiesto la vita di don Agostino.


E noi siamo qui per fare  la volontà del Signore: “ Nella tua volontà è la nostra Pace” – “ Chiunque  compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”.


D’altra parte dinanzi alla morte, pur se siamo uomini fragili, corruttibili, impauriti, pur se cristiani deboli e peccatori, dobbiamo sempre professare la Vita, annunciare che il Crocifisso è Risorto ed è il Signore dei vivi.


“Non temete! Io sono il Primo e l’Ultimo ed il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre ed ho il potere sopra la morte” (Ap. 1, 17 -  18).


Dinanzi  a questo amato fratello, don Agostino, pur nella profonda commozione che sentiamo per la sua morte,vogliamo professare insieme la nostra fede nella  Resurrezione.


La tradizione spirituale cristiana vede la morte come la “nascita definitiva”, come il compimento supremo, non come lo sfascio della vita.


Questa fede ci fa cogliere, quindi, la morte, questa morte non come sconfitta, come maledizione, ma come approdo di pienezza.


La morte in Cristo, pur restando nella sua pesantezza di “ombra” ,di enigma è stata redenta, pianificata ed elevata.


Chi muore in Cristo partecipa al suo sacrificio, alla sua Resurrezione.


“ Se siamo stati completamente uniti  a Lui con una morte  simile alla sua, lo saremo anche con la sua resurrezione. Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche noi vivremo con Lui, sapendo che Cristo risuscitato dia morti, non muore più, la morte non ha più potere su di lui” (Rom. 6,5 – 8).


Questa consolazione “credente” illumina veramente l’evento della morte.


Il credente in  Gesù attende la morte con serenità. Essa viene come  rivelazione totale del mistero di Dio che ci cerca continuamente nel nostro vagare umano.


Con la morte ci appare il suo volto di Padre della luce, nel quale non c’è variazione, né ombra di  cambiamento.


Il Padre ci dona l’amplesso eterno del suo amore.


“ Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove ed io preparo per voi un regno come il Padre l’ha preparato per me perché possiate mangiare e bere alla  mia mensa e nel mio regno” (Lc. 22, 27 – 30).


Allora siamo qui, sorelle e fratelli carissimi, per adorare il disegno di Dio sulla  “morte” di questo fratello presbitero, che tanto ha donato alla Chiesa, a pregare per la sua anima e ringraziare il Signore per la sua vita e per la sua morte, ad  assumere la sua testimonianza che come è per ogni esistenza umana, cristiana e presbiterale ha una sua " singolarità".


Siamo qui per ringraziare il Signore per averci fatto questo dono di don Agostino, di questo uomo, di questo sacerdote, la cui storia è stata certamente una “storia santa”, non nel senso  di una esistenza senza peccati e senza ombre, ma nel  senso biblico di una vita in cui Dio era presente, di una vita dalla quale e dentro la quale traspare la presenza di Cristo.


Credo che quest’oggi noi dobbiamo sforzarci innanzitutto di ri-scoprire questo volto misterioso e spesso misconosciuto della vita di ogni sacerdote e di don Agostino in particolare: il suo segreto legame con Dio.


Don Agostino è stato innanzitutto amico di Dio, testimone dell’invisibile.



E proprio perché amico di Cristo è stato anche amico degli uomini.


Anche se estremamente riservato  e timido, ha avuto un cuore grande,  sempre aperto per tutti, sempre pronto ad ascoltare  e a dire sì a tutti.


Lo cogliamo ancora tutti silenzioso e schivo, con il suo volto che sapeva scrutare e con il suo cuore che sapeva  cercare ed amare.


Grazie, allora, don Agostino !


Grazie per quello che sei stato e per quello che hai fatto.


Grazie per la tua fede nel Cristo Morto e Risorto, segno tangibile dell’amore gratuito del Padre per noi.


Grazie per il tuo amore alla Chiesa, di cui sei rimasto umile e fedele servitore.


Grazie perché con il tuo silenzio ci hai insegnato l’importanza dell’ascolto, che è l’essenza della preghiera e di ogni relazione umana.


Grazie perché ci hai testimoniato il senso della dedizione, della disponibilità, della generosità, della gratuità .


Questa comunità parrocchiale di Galatro ti esprime il suo grazie, sapendo di aver ricevuto molto dal tuo passaggio in mezzo ad essa.


Al grazie di questa comunità si aggiunge il grazie di tutte quelle persone che a Polistena, nell’Istituto di Scienze religiose, nella Curia diocesana, in tutti i luoghi dove hai svolto il tuo servizio pastorale hai incontrato, incoraggiato, formato e che dall’incontro con te hanno sperimentato l’amore di Dio per gli uomini.


Si aggiunge il grazie della Chiesa, di questa Chiesa particolare di Oppido – Palmi, del suo pastore di oggi, Luciano Bux e del suo pastore di ieri, Domenico Crusco, che non sono qui perché impegnati a Roma nell’Assemblea  dei Vescovi italiani, ma che ieri esplicitamente ambedue mi hanno pregato di esprimerti il loro affetto e la loro riconoscenza.


Si aggiunge il grazie di tutti i sacerdoti della Diocesi, molti dei quali sono oggi  qui per accompagnarti personalmente con la loro presenza e la loro  preghiera al tuo incontro con il Signore. Tullio, in questi ultimi mesi della tua  vita, mentre nella sofferenza ti preparavi  all’incontro definitivo con Dio Padre, tutti noi ti abbiamo guardato con rispetto e venerazione.


Tutti siamo rimasti da te edificati perché la tua morte ci ha insegnato a tutti che la vita è un dono  e ce la meritiamo donandola sino all’ultimo istante come hai fatto tu.


Il Signore della vita ti conceda la pienezza della sua pace ed a noi il discernimento ed il coraggio per continuare il nostro cammino; mentre qui, sulla terra, siamo come esuli, ospiti,
pellegrini verso la patria “ dove ogni lacrima sarà tersa e dove non ci sarà più la morte, né lutto né affanno perché le cose di prima sono passate” (Ap. 21,4). 

Galatro, Mercoledì 22 maggio 2002
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