Giorgio
Gaber

«Il Signor G»
 

L’1 gennaio 2003 è morto Giorgio Gaber. Pubblichiamo le parole di Massimo Bernardini pronunciate alla fine della cerimonia funebre nell’Abbazia di Chiaravalle. «Dio ci toglie un altro dei pochi che avevano la libertà e la spietatezza di dirci chi siamo e dove stiamo andando»

 
di Massimo Bernardini,


C osa vuol dire laico? Un uomo che non va in chiesa la domenica, non parla sempre bene del Papa e non è attratto da dogmi, cerimonie e giubilei? Se laico vuol dire questo, tu, Giorgio, eri un laico. E allora che ci fai qui, oggi, in questa casa di monaci fondata da san Bernardo?

Io credo che tu ci stia benissimo, meglio che in mille altri posti. Perché questa è una casa di Dio costruita dal genio degli uomini, e tu Giorgio eri un uomo di genio. Di te un sacerdote milanese, don Luigi Giussani, ha scritto: «In un popolo sempre il genio illumina aspetti dell’esistenza, assicurando a tutti e a ciascuno una più matura coscienza delle evidenze e delle esigenze elementari del cuore». Si preoccupava, don Giussani, che tu fossi più o meno laico, più o meno credente? No. Si stupiva della tua capacità di intuire i desideri del cuore degli uomini: desiderio di verità, di tenerezza, di appartenenza.

Tu, uomo discreto, appartato, desideravi appartenere. Col Sessantotto ti sembrò di poter appartenere a una “razza”, così la chiamavi, che aveva scommesso sul futuro, sicura che non avrebbe mai fatto gli errori dei padri. Ne fece invece di peggiori, e tu, implacabile, col tuo amico Sandro Luporini la incalzasti canzone dopo canzone, monologo dopo monologo, spettacolo dopo spettacolo. Le stesti alle costole con un furioso amore-odio finché ti accorgesti, ma sempre in anticipo sugli altri, che non esisteva più, che si era consumata tutta. Fu un dolore grande, una ferita non rimarginabile, ma se ne accorsero in pochi. Quel dolore fu scambiato a torto per pessimismo, eppure era quel dolore a rendere amaro il tuo sguardo sul mondo. Ma sempre accompagnato dalla speranza che da qualche parte si potesse ricominciare.

Incontro sacro
Da un uomo e una donna per esempio. Noi oggi dobbiamo ricordare, in questa casa di Dio, che tu, il laico Gaber, hai capito forse come nessun altro che lì, in quel punto, in quel dilemma che è ogni incontro fra un uomo e una donna, si gioca qualcosa di sacro. Che non si tratta di moralità, di psicologia, di consuetudini, ma del destino dell’io, di questo nostro povero io.

E qui forzo ogni pudore per parlare di Giorgio e di Ombretta. Il segreto del vostro matrimonio, che si è celebrato proprio qui esattamente 37 anni fa, io non lo so. So però che in questi decenni in cui ho avuto il privilegio di vedervi da vicino ho capito cos’è un matrimonio, questa misteriosa alleanza che fra luci e ombre sostiene, fa nascere, crea. La possibilità che il mondo vada avanti poggia su questo fragile punto, e chi l’ha creato ha scommesso davvero tutto sulla nostra libertà. Dalia, questo lo sai anche tu.

Far ridere e far piangere
Ma adesso con chi parleremo ancora di tutto questo? Chi ci chiederà con passione del mondo, della vita, chi ci ruberà i nostri dubbi e le nostre certezze trasfigurandoli in spettacolo, in arte? Di questo vorremmo arrabbiarci con Dio, Dio che ci toglie un altro dei pochi (come
Pier Paolo Pasolini, come Giovanni Testori) che avevano la libertà e la spietatezza di dirci chi siamo e dove stiamo andando. E in più ci toglie un maestro, una voce emozionante, ci toglie la tua capacità di farci ridere e piangere, ci toglie la bellezza di tante serate in teatro. Ma litighiamo con Dio per noi, per quello che da oggi ci è tolto. Non per te Giorgio, che adesso sei dentro il più umano degli abbracci, anzi di più, quello senza misura, senza condizioni.

Noi restiamo qui e da oggi è davvero come se ci mancasse un braccio, una gamba, un pezzo della nostra testa e della nostra vita. Ed è un mistero che non riusciamo a capire. Però possiamo ricorrere alle tue parole: «Io non so niente, ma mi sembra che ogni cosa, nell’aria e nella luce, debba essere felice». Ciao Giorgio.
 

 

Giorgio Gaber: «Il Signor G», di Massimo Bernardini, Tracce Febbraio 2003