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La forza delle donne

di Mina


Esiste un punto fermo, esiste una saldezza che nessuno stravolgimento può spostare. Nella vita di ogni uomo c’è una radice, un fondamento estremo che può essere riconosciuto soltanto con la chiarezza della semplicità. Il vero, puro, sublime, commovente motore del mondo: sua maestà la Madre, che si erge più alta, più grande, più potente di tutte le astrattezze e di tutti i meccanismi. Ne sentiamo la forza, più con la «consapevolezza involontaria» che sta dentro la carne e il sangue, che non con la freddezza del raziocinio. E, a volte, può essere di conforto sapere che anche le analisi e i rapporti, carichi di numeri e di cattive notizie, evidenziano ciò che il cuore aveva già capito.


Infatti non ci sarebbe molto da rallegrarsi nello sfogliare le 76 pagine del «Rapporto sullo stato della popolazione nel mondo 2001» consegnato dal Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa) e presentato mercoledì a Roma. Ma nel quadro preoccupante di un pianeta che nei prossimi 50 anni ospiterà una popolazione accresciuta del 50%, fino a oltrepassare la soglia dei 9 miliardi, emerge il ruolo della donna. «La lotta contro la povertà, la tutela dell’ambiente e il riconoscimento dei diritti fondamentali della donna, sono temi strettamente collegati - spiega Nerina Perea, capo della divisione Unfpa per l’Europa -. In tutto il mondo le donne hanno responsabilità di primaria importanza nell’allevare i figli. Ma dove l’eguaglianza tra i sessi progredisce, si sviluppa di pari passo una maternità consapevole e le famiglie, meno numerose, sono in grado di fronteggiare meglio la povertà».


Esiste un ruolo sociale della donna, della madre, di colei che, essendo tramite del nostro venire alla vita, tende alla conservazione di ciò che ha, in qualche modo, costruito. Ed è una conservazione tutta intessuta di attimi che, nella gioia e nella fatica del suo procedere al nostro fianco, non fanno altro che aiutarci a chiarire il nostro stesso avanzare, operare, camminare, trascorrere. L’aggressività che noi, le donne, non coltiviamo, i guai del testosterone da cui non siamo scalfite, la tolleranza e il rispetto che sono nel nostro codice genetico, l’amore alla vita che sentiamo come compito da custodire e da portare avanti, sono tutti elementi che ci collocano al centro dell’esistenza.


Accettando di disporsi a generare, la donna costituisce il nucleo primo in cui la volontà di dedizione, pur in mezzo a mille problemi, crea il solo, vero tessuto di chiarezze, di ragioni e di valori. E’ quindi proprio e solo nella famiglia, dove la madre si pone come umile centro, come fondamento affaticato e appagato, che la società può veramente crescere ed allargarsi. E temo che non sia né utile né indispensabile l’intelligenza, senz’altro superiore, dell’uomo visto che ne fa un uso spesso sciagurato non opponendo alcun freno istintivo e culturale alla sua disastrosa, funesta, insopprimibile voglia misurarsi, contrastarsi, azzuffarsi, combattersi. Voglia di guerra.
 

La Stampa, Sabato, 10 novembre 2001

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