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Ecco un giudice che vorrei incontrare
I figli dei divorziati

MINA

Dio benedica quei giudici. Finalmente! La Cassazione ci aveva ultimamente abituato a sentenze contraddittorie che spaziavano dallo stupro sulla donna in jeans alla liceità del piedino in ufficio. Ora il buon senso sembra ristabilito e la Suprema Corte si riconcilia con la ragione e i sentimenti di chi non vuole smettere di essere uomo. E' reato non educare i figli a vedere e amare il genitore separato che non li ha in affidamento. E si tratta, oltretutto, di colpa penale, con relativa carcerazione. «È di intuitiva evidenza - dice la sentenza - il ruolo centrale che assume il genitore affidatario nel favorire gli incontri dei figli minori con l'altro genitore». Inoltre «l'atteggiamento omissivo finisce col riflettersi negativamente sulla psicologia dei minori, indotti così a contrastare essi stessi gli incontri con la madre perché non sensibilizzati ed educati al rapporto con essa». Non solo: la Corte rimprovera al padre condannato «l'influenza negativa che i suoi parenti hanno esercitato sulle bambine mettendo in cattiva luce la loro mamma». Giustissimo. Tempi cupi, comunque, questi in cui sono i giudici ad indicare i criteri di fondo per essere genitori. Ma quando l'ambito della famiglia si trova ad essere devastato da tensioni e da spinte determinate dalla logica del cupio dissolvi, ben vengano i giudici a ricordarci i diritti dei figli ad avere il padre e la madre come punti di riferimento. Anche se sono separati.

La madre costituisce col padre il nucleo primo, il punto originario in cui le reciproche volontà, pur nel trambusto di piccoli grandi problemi, di piccoli grandi dolori, creano il solo, vero tessuto di chiarezze, di valori e ragioni. E' quindi solo nella famiglia, dove la madre si pone come umile centro, che la personalità può veramente prendere forza, crescere ed allargarsi.

Le sotterranee rivoluzioni di questi decenni hanno reso il rapporto tra genitori e figli uno straccio, una pallida eco di quello che dovrebbe essere. Forse bisognerebbe tornare alla saggezza antica e imparare dai grandi tragici greci le tremende conseguenze riservate a coloro che infrangono i legami parentali: da Edipo che si sostituisce al padre e sposa la madre Giocasta, a Clitennestra che ammazza il marito Agamennone e viene a sua volta uccisa dal figlio Oreste, a Medea che elimina i figli per distruggere il frutto del suo amore con Giasone. E allora che Dio benedica quel giudice per aver ridetto la verità di sempre.

Sono pochi gli uomini che vorrei conoscere. Questo giudice lo vorrei incontrare. E ringraziarlo per aver preso una decisione, nella sua storica grandezza, così semplice.

 

La Stampa, Sabato 18 Marzo 2000

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