Lo spirito
della
democrazia


Shock
and
awe

«America, la guerra dà shock»

Quella che era una discussione teorica è oggi una realtà. Verrà vinta, nessuno ne dubita. Ma la gente, davanti alle Tv, inizia a porsi delle domande
 
 
di Lorenzo Albacete,


Nonostante l’inizio della guerra contro l’Irak abbia incrementato la percentuale di americani a sostegno del presidente Bush (più del 70%), non si è visto nessun entusiasmo per la guerra degno di nota. Al posto del colossale impeto di patriottismo che seguì l’11 settembre 2001, con le bandiere americane ovunque e centinaia di dimostrazioni pubbliche di fervore patriottico, il popolo americano questa settimana ha mostrato più di ogni altra cosa preoccupazione. La pratica dei reporters embedding, con le truppe, ha permesso un’intimità con la guerra mai avuta prima, così che gli americani fanno ora i conti non con qualcosa che sta accadendo molto lontano, ma con la guerra 24 ore al giorno e a casa loro, in ufficio, nei ristoranti e nei bar. Nessuna via di scampo sembra possibile.


La tattica “shock and awe” ("shock e timore" n.d.r.) del bombardamento di Baghdad è stata probabilmente attuata per stordire le forze di Saddam Hussein, ma i primi ad essere stati da questa “scossi e spaventati” sono proprio gli americani, paralizzati con gli occhi fissi davanti alle immagini Tv. Nessuno esultava o applaudiva ogni volta che una grossa bomba esplodeva. All’opposto, qualcuno invece piangeva. C’è qualcosa di diverso in questa guerra di cui il popolo americano non aveva mai fatto esperienza prima. È come se stessero guardando quello che fa un altro paese, e non il proprio. Non si tratta di rammarico o vergogna. È stata semplicemente una grossa sorpresa. Improvvisamente, quella che era una fastidiosa discussione teorica che molti volevano portare a una conclusione è diventata una realtà che non poteva più essere evitata.


Le immense manifestazioni contro la guerra si sono rivelate non vere una volta confrontate con quanto si vede in Tv. Se prima sembravano valere qualcosa, sono apparse del tutto inutili, irrilevanti. Non hanno detto cosa gli uomini stessero provando. I loro slogans erano giusto questo: vecchi slogans senza nessuna credibilità. Ora i corpi cominceranno a tornare a casa. Il Presidente e i capi dell’amministrazione continuano a dire che il peggio deve ancora venire, che non hanno mai affermato che sarebbe stato facile vincere, che occorre avere pazienza. Sanno perfettamente come l’opinione pubblica cambi facilmente. I teorici dell’amministrazione, il gruppo dei circa 15 pensatori “neo-conservatori” che prospettarono questa guerra molto prima dell’11 settembre 2001, sono stati identificati. Molti hanno continuato ad apparire nei talk show radiofonici e televisivi difendendo la guerra entusiasticamente. Per loro, questa guerra rappresenta il primo passo necessario per giungere alla grande visione del mondo post-guerra fredda. Dalla fine della prima settimana di conflitto, però, sono apparsi preoccupati.


La guerra verrà vinta, certamente; nessuno ne dubita. Ma la costante esposizione a questa, “dal vivo”, in Tv, non verrà dimenticata. Penso sia questo a preoccupare i teorici. La vittoria, pensano, proverebbe che la loro visione è corretta e abituerebbe gli americani alla nuova situazione globale. Ma questo non sembra stia avvenendo. Quelli che guardano la Tv iniziano a essere un po’ più critici. E cominciano a porre domande.
 
 

Lo spirito della democrazia: «America, la guerra dà shock» di Albacete Lorenzo, New York Times - Tempi, Numero: 13 - 27 Marzo 2003