Lo spirito
della
democrazia

«L’impero attende un S. Agostino»

L’11 settembre 2001 eccede ogni spiegazione geopolitica o socio-economica. Superato lo shock, l’America del multiculturalismo ha ritrovato i valori della sua tradizione. Oggi il rischio è che il Paese affondi nel mare del sentimentalismo religioso
 

 
di Albacete Lorenzo


Il romanziere e poeta messicano Octavio Paz una volta ha detto che gli americani hanno sempre preferito servirsi della realtà piuttosto che comprenderla. Lo scorso 11 settembre la realtà si è fatta largo con forza nella coscienza americana e gli americani ne sono rimasti storditi. Era come se mancassero le parole. Un “attacco terroristico” sembrava una definizione insufficiente, nonostante l’efficacia della parola “terrore” intesa nel suo pieno significato religioso. Un commentatore ha parlato di «intimazione di mortalità». Ciò che accadde quel giorno, ha detto, è stato un «atto di trasgressione metafisica» attraverso cui la realtà si è introdotta con forza nelle coscienze americane. Un anno dopo il punto è capire se vi è rimasta, oppure è stata dissipata da spiegazioni esaurienti e messa al servizio della mitologia nazionale.


11/9/2001, una battaglia giocata nel cuore d'ogni uomo
In un primo momento, la battaglia per la realtà si è combattuta contro tutte le spiegazioni politiche, sociali ed economiche che sembravano indicare nell’11 settembre 2001 una conseguenza quasi inevitabile del comportamento americano. La natura religiosa della risposta del Paese è stata visibile ovunque, sia nell'ondata patriottica seguita agli attacchi, sia nei continui riferimenti del Presidente ai principi eterni e alle verità divine, per giustificare una guerra santa contro il male. Questo genere di risposta ha fatto in modo che il significato dell'11 settembre non si diluisse nelle analisi geo-politiche. D’altra parte, ha introdotto un pericolo se possibile ancora più gravido di conseguenze negative, tipico della vita americana, cioè che la realtà percepita quel giorno potesse affondare nel mare del sentimentalismo religioso. Un anno fa, gli americani erano confusi mentre cercavano di comprendere le ultime implicazioni di quanto era accaduto, tuttavia intuivano che l’attacco contro gli Usa era l'espressione di una battaglia giocata all'interno del cuore di ogni uomo e che il rispetto per la dignità umana e la dedizione verso la libertà e la giustizia possono richiedere il sacrificio della vita.


Il risveglio dell'eccezionalismo americano
In realtà, nessuno si sarebbe aspettato che la generazione attualmente alla guida dell’America, frutto di enormi cambiamenti culturali e sociologici, avrebbe raccolto tutte le proprie energie, quasi d’istinto e con tanta prontezza, per difendere quelle “verità evidenti in se stesse” sulle quali si reggeva presumibilmente il Paese. Oggi questa risposta è ancora in atto, nonostante le discussioni sui prossimi passi concreti e politici richiesti siano molto più accese di un anno fa. Il problema è come portare a buon fine questo (necessario) dibattito, senza perdere l’originario e spontaneo riconoscimento dell'oggetto della battaglia. La questione resta ancora aperta: cos'è successo l’11 settembre che ha determinato questo risveglio del popolo americano? Certamente, prima di quella data, l'odio e la mancanza di qualsiasi rispetto per la vita umana e la libertà presenti nel mondo erano sufficientemente evidenti. Credo perciò che il punto stia nella sfida posta dall’11 settembre 2001 all’“eccezionalismo” americano, la percezione dell’America come una sorta di terra nuova, separata e protetta dal male che affligge il resto del mondo.


11 settembre, la profanazione del “Tempio America”
Sorprendentemente, contro tutte quelle presunte sofisticazioni del nostro tempo, come il multiculturalismo e la “guerra fra culture”, che si credeva avessero oramai lacerato la nazione, l'eccezionalismo americano continuava ad essere ben vivo sotto la superficie della coscienza del Paese (e forse è solo questo che può mantenere unito un Paese così diverso). Questa concezione, espressa in termini biblici come una “Alleanza” tra la nazione e Dio, ha fatto sempre parte della religiosità americana. Per questo, nonostante si pensasse che la secolarizzazione e il materialismo avessero distrutto la natura religiosa della coscienza che l’America aveva di sè, l’11 settembre 2001 è stato percepito come una profanazione del “tempio America”. Nessuna meraviglia allora se la risposta ha avuto una dimensione di “purificazione”. Fino ad oggi, con poche eccezioni, sono state evitate le circostanziate spiegazioni di cosa significhi essere un vero americano, anche se, mentre continua il dibattito sulle politiche concrete da adottare, il pericolo rimane (già qualcuno comincia a indicare le obiezioni europee alle politiche americane come provenienti da “stranieri” moralmente inferiori). A un anno dagli attentati di New York, è chiaro che la religione dell’“eccezionalismo americano” ha permesso e insieme prevenuto una più profonda comprensione delle implicazioni dell’11 settembre 2001. Sfortunatamente, i nostri leader “religiosi” ufficiali si sono adeguati alla religiosità che si è manifestata apertamente nel Paese, come a una nuova opportunità per dare rilievo alle loro insulsaggini. L’Impero americano ha ancora degli Eusebio. Sfortunatamente non è ancora apparso nessun Sant’Agostino.
 
 

Lo spirito della democrazia: «L’impero attende un S. Agostino» di Albacete Lorenzo, New York Times - Tempi, Numero: 36 - 05 settembre 2002