Lo spirito
della
democrazia

Carter a Cuba (per conto di Bush)

Mentre scrivo questa rubrica sono passate soltanto poche ore da quando il vecchio presidente Jimmy Carter è sbarcato a Cuba

di Albacete Lorenzo



Mentre scrivo questa rubrica sono passate soltanto poche ore da quando il vecchio presidente Jimmy Carter è sbarcato a Cuba. Lo stesso Fidel Castro, vestito in un raffinato doppio petto alla moda, si è recato all’aeroporto per porgergli il benvenuto. Carter è uno dei dieci presidenti americani ad aver ricoperto il proprio incarico da quando Castro ha preso le redini dello Stato cubano, nel 1959. È anche il primo di loro ad essersi recato in visita sull’isola durante questi lunghi 43 anni. Carter è a Cuba con l’approvazione (ma molti ritengono addirittura col segreto incoraggiamento) di George Bush II.


Appoggiare apertamente la normalizzazione delle relazioni con Cuba è disastroso per quei politici americani che aspirino a venir eletti (o rieletti) alla carica di presidente. Non è che la cosa importi agli americani nel loro insieme. In effetti, se fossero ristabilite piene relazioni diplomatiche, gli americani comincerebbero ad affollare l’isola che tornerebbe ad essere la meta preferita del turismo a stelle e strisce. Ma,
molto più degli aspiranti vacanzieri, è il sistema del business americano a nutrire per Cuba un forte interesse. È spiacevole vedere le imprese europee, canadesi ed asiatiche guadagnare rapidamente terreno e rafforzare le relazioni commerciali con quello che si annuncia come un mercato assai promettente, una volta che Castro scomparirà dalla scena. Il solo ostacolo ai sogni degli uomini d’affari è il potere politico degli esuli cubani, presenti soprattutto in Florida. Le ultime presidenziali hanno mostrato come lo Stato della Florida possa rappresentare una delle più importanti chiavi d’accesso alla vittoria. I presidenti americani non vengono eletti perché ottengono la maggioranza dei voti a livello nazionale, ma conquistando la maggioranza dei “voti elettorali” assegnati ad ogni singolo Stato. Con un sistema siffatto, la Florida è considerata l’ago della bilancia, in quanto i suoi voti elettorali possono muovere l’equilibrio a favore di uno o dell’altro candidato. Per questo non è necessario che il peso degli esuli cubani si manifesti a livello nazionale. È sufficiente che mantenga un ruolo chiave per i risultati elettorali in Florida. Ed è esattamente quello che succede oggi. Ad ogni modo, Jimmy Carter si è ormai conquistato uno status di santità internazionale fra i vecchi presidenti e nella sua veste di “leader umanitario” ha potuto affrontare il viaggio a Cuba senza che i Democratici o l’amministrazione Bush si debbano preoccupare per eventuali reazioni politiche (Carter ha pronunciato il suo discorso d’arrivo in spagnolo e ci si aspetta che parli spagnolo in tutti, o la maggior parte dei suoi interventi alla radio o alla Tv: cosa che verrà assai apprezzata anche dagli ispanici non cubani, la forza politica più in crescita in Florida, specialmente fuori da Miami). Sarà capace Carter di far riavvicinare i due paesi? Gli esuli cubani sono riusciti a conservare il proprio potere anche dopo la visita del Papa a Cuba, ma Carter è un “sant’uomo” battista del Sud, e un americano. Sarà interessante osservare cosa succederà

di Albacete Lorenzo, New York
Tempi, Numero: 20 - 16 Maggio 2002