Lo spirito
della
democrazia

Gli intellettuali e la difesa della Nazione

Un documento sottoscritto da molti intellettuali Usa, liberali e conservatori. Per ribadire l’uguaglianza e i diritti degli esseri umani sulla scia della Dichiarazione di Indipendenza di Jefferson. Una cartina tornasole dei sentimenti che animano la cultura americana di oggi.

di Albacete Lorenzo



Il recente Documento “What We’re Fighting For” (“Per che cosa lottiamo”), pubblicato dall’Institute for American Values (Istituto per i Valori Americani), è di sicuro qualcosa di tipicamente americano. Sottoscritto da oltre sessanta intellettuali di diversi orientamenti, esso conferma il forte bisogno di giustificare il comportamento della Nazione appellandosi, oltre alla sicurezza nazionale, anche a principi morali presumibilmente riconosciuti dalla coscienza di tutto il mondo. C’è il ricordo dell’affermazione espressa nella Dichiarazione di Indipendenza secondo la quale «un conveniente riguardo alle opinioni dell’umanità richiede che (i secessionisti) dichiarino le ragioni che li costringono alla secessione». Queste “ragioni” sono ritenute definitivamente giustificate dalle «Leggi della Natura e del Dio della Natura», a partire dalle famose «verità di per se stesse evidenti: che tutti gli uomini sono creati uguali, che essi sono dotati dal Creatore di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti vi sono la vita, la libertà e la ricerca della felicità». In un certo senso, il Documento “What We’re Fighting For” è una versione estesa e aggiornata della Dichiarazione di Indipendenza. Questo mostra quanto profondamente molti americani hanno vissuto l’attacco dell’11 settembre 2001.

Cinque verità

Le similitudini tra i due documenti sono evidenti. Confrontiamo la frase: «Ai tempi attuali diventa necessario per una nazione difendersi attraverso la forza delle armi» (Documento), con: «Quando, nel corso di eventi umani, sorge la necessità che un popolo sciolga i legami politici che lo hanno stretto a un altro popolo…» (Dichiarazione di Indipendenza). Oppure: «La coscienza chiede che coloro i quali vogliano intraprendere la guerra indichino con chiarezza (a loro stessi e alla comunità mondiale) il ragionamento morale che soggiace alle loro azioni e i principi che vogliono difendere» (Documento), con: «Un conveniente riguardo alle opinioni dell’umanità richiede che quel popolo dichiari le ragioni per cui è costretto alla secessione» (Dichiarazione di Indipendenza). E infine là dove quest’ultima afferma solennemente: «Noi riteniamo che sono di per se stesse evidenti queste verità», il Documento dice: «Noi affermiamo cinque fondamentali verità che riguardano tutte le persone senza distinzione».

Le verità espresse dalla Dichiarazione di Indipendenza, riguardo all’uguaglianza e ai diritti, sono qui riprese e riformulate nei seguenti principi: 1. tutti gli esseri umani sono nati liberi (si noti l’assenza del riferimento alla Creazione) e uguali per dignità e diritti; 2. il soggetto alla base della società è la persona umana, e il ruolo legittimo di un governo è di proteggere e migliorare le condizioni perché l’uomo possa progredire (cfr. la Dichiarazione di Indipendenza: «Per garantire i diritti dell’individuo sono istituiti tra gli uomini dei governi, che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati»); 3. gli esseri umani desiderano per natura cercare la verità sul fine e sul significato ultimo della vita (niente di tutto ciò compare nella Dichiarazione di Indipendenza: a quel tempo, era inconcepibile negare che la vita avesse un fine e un significato preciso); 4. la libertà di coscienza e la libertà religiosa sono diritti inalienabili della persona umana (niente di esplicito al riguardo nella Dichiarazione); 5. uccidere nel nome di Dio è contrario alla fede in Dio, ed è il più grande tradimento dell’universalità della fede religiosa.

Nulla di paragonabile

I primi quattro principi sono difesi strenuamente, con abbondanza di riferimenti alle fonti, americane e non, della filosofia politica. Perciò offrono una sintesi brillante dei principi fondativi di un pensiero politico basato sulla “Legge naturale”.

Il quinto principio, invece, è differente, e in alcuni punti compromette la desiderata “universalità” di questo eccezionale Documento. Non c’è nulla di paragonabile al quinto punto nella Dichiarazione di Indipendenza. La Dichiarazione di Jefferson è, infatti, un appello a ragionare usando il linguaggio religioso, mentre la quinta “fondamentale verità” del Documento è una vera e propria dichiarazione di fede, e riflette la confusione, caratteristica dell’America protestante, tra religione e fede. E spiega perché il Presidente degli Stati Uniti si senta competente quando insiste nel dire che la violenza non riguarda la fede islamica. Uccidere nel nome di Dio ha certamente riguardato la religione e la fede per gran parte della storia, e il Documento lo riconosce; forse i suoi autori volevano dire che la religione stessa deve essere ragionevole e volevano dimostrare come la violenza rappresenti un idolatrico sbandamento del senso religioso, però non dicono questo, altrimenti forse tutti i firmatari non l’avrebbero sottoscritto. Riguardo alla fede, qualcuno come il Papa può giustamente dire che uccidere nel nome di Dio non è compatibile con la vera fede, e lo fa, ma si tratta di una dichiarazione che riguarda l’attuale insegnamento cattolico, e non è condivisa da tutti quelli che professano la fede in una rivelazione divina. In ogni caso, essa non c’entra con un Documento firmato da credenti e non-credenti che ha l’intento di difendere la politica estera americana appellandosi a principi ritenuti universali.

Nella seconda parte di questo Documento, gli autori sostengono che l’attacco dell’11 settembre non potrebbe mai essere giustificato come un segno di protesta contro la politica estera americana, perché nulla giustifica una strage di innocenti. Ciò è certamente giusto, e gli autori hanno ragione nel considerare questo attacco come un colpo inferto proprio al cuore della nazione americana, identificato con la tensione perenne a vivere secondo i valori americani (American Values), ma giustificano così l’auto-difesa.

Influenze e accordi

Il Documento difende questi valori e sembra fare un riassunto del pensiero sociale cattolico, mostrando l’influenza di illustri cattolici sull’amministrazione Bush, almeno sul piano dei principi astratti; e spiega anche i molteplici riferimenti al bisogno di una riforma morale della società americana contemporanea, in particolare in ambiti quali il matrimonio e la famiglia. Ciò nonostante, gli autori ammettono che ci sono alcuni valori americani che attualmente vanno contro tali principi, e li respingono come estranei agli ideali fondativi americani. Ciò dipende da come esattamente tali idee vengono intese. Non è sufficiente, per esempio, dire che la priorità che l’America dà alla “supremazia della persona umana” rende il pensiero politico americano compatibile con la dottrina sociale cattolica: deve, infatti, essere dimostrato che il pensiero americano e l’insegnamento cattolico percepiscono il termine “persona” nello stesso modo. Lo stesso si può dire degli altri valori, come la libertà religiosa vista in confronto alla libertà in sé.

Alcuni sostengono che, anche se le parole e le espressioni possono essere le stesse nel pensiero cattolico e negli ideali fondativi americani, i loro significati differiscono. Tali osservatori non hanno firmato il Documento. Tuttavia, il Documento è un ottimo testo utile per future discussioni, e tiene viva la promessa di un accordo tra differenti settori della cultura americana.

Il Documento dichiara che noi lottiamo per difendere noi stessi e i principi universali, mescolando così, in un modo tipicamente americano, il diritto all’auto-difesa con la coscienza di essere in qualche modo il luogo dove verrà deciso il futuro della libertà. Questo Documento può solo rafforzare la speranza di coloro che nel mondo sperano possa essere così.

di Albacete Lorenzo,
Tracce, Aprile 2002