Lo spirito
della
democrazia

Bush legato ai magnati dell’industria? Almeno quanto Clinton

Quando leggerete questa rubrica, il Presidente George W. Bush avrà già pronunciato il suo primo discorso davvero importante sullo Stato dell’Unione

di Albacete Lorenzo



Quando leggerete questa rubrica, il Presidente George W. Bush avrà già pronunciato il suo primo discorso davvero importante sullo Stato dell’Unione, davanti al Congresso riunito in sessione comune (l’anno passato era appena stato eletto e non aveva potuto dire nulla di significativo). I più pensano che egli dedicherà la parte centrale del suo intervento a porre in rilievo i risultati positivi della “guerra al terrorismo” e a ringraziare il popolo americano per come ha saputo stringersi insieme dopo lo shock dell’11 settembre. È assai probabile che la “linea dura” contro il terrorismo continui e che il Presidente voglia preparare gli americani a nuovi interventi militari, in altre parti del globo.


Nello stesso tempo, Bush metterà la “sicurezza della madrepatria” tra le priorità in agenda per il prossimo anno e, per questo, chiederà al Congresso nuovi fondi. La sua popolarità come guida del Paese durante la guerra continua ad essere immensa, perciò è logico attendersi che al Congresso Democratici e Repubblicani si uniscano in una entusiastica dimostrazione di sostegno al Presidente (i consiglieri di Bush stanno discutendo sull’opportunità di invitare alla cerimonia il nuovo leader dell’Afghanistan, per presentarlo al Congresso e alla Nazione come testimone del successo della sua politica, tuttavia qualcuno teme che ciò possa far pensare a una strumentalizzazione della guerra. Ad ogni modo, Amid Karzai incontrerà Bush il giorno prima del discorso). Si attende anche un intervento “di rito” sulla pace in Medio Oriente – e qui sarà interessante osservare quanto influenzeranno le parole di Bush i consiglieri anti-Arafat e pro-Sharon che oggi sembrano avere la meglio a Washington. Le disposizioni “bipartisan” verso la politica estera scompariranno quando il Presidente comincerà ad affrontare la politica interna. Dopo tutto siamo in un anno di elezioni: quest’autunno verranno eletti metà dei membri del Senato e l’intera Camera dei Rappresentanti. I Democratici vorrebbero vincere alla Camera e consolidare la propria maggioranza in Senato. La linea sarà quella di far apparire Bush come un buon leader nella guerra al terrorismo, ma politicamente incapace di ristabilire la buona salute economica degli Usa senza favorire i super-ricchi. I democratici sono consapevoli che questa strategia richiede molta cautela e che vanno evitati gli attacchi frontali, visto che già alle passate elezioni il loro tentativo di dividere il paese tra “privilegiati” e “bisognosi” è fallito. In effetti, l’amministrazione Clinton non era certo meno legata ai magnati dell’industria di quella attuale. Non per nulla, se questa strategia è stata apertamente raccomandata da uno dei più abili consiglieri di Clinton, James Carville, ricevendo il consenso del Presidente del Senato Tom Daschle, fino a poco tempo fa molti autorevoli politici democratici temevano si potesse trasformare in un boomerang. Oggi però lo scandalo Enron sta convincendo un numero sempre maggiore di democratici a sostenere la linea di Carville, e i repubblicani cominciano ad essere preoccupati. Perché se è vero che i finanziamenti Enron sono finiti anche nelle mani di esponenti di spicco del partito Democratico, la gente continua a ritenere che il partito del “grande business” sia quello Repubblicano

di Albacete Lorenzo, New York
Tempi, Numero: 5 - 31 Gennaio 2002