Una certa analogia con il folletto, se non nell'aspetto fisico, certamente in quello comportamentale, si può trovare nell'orco, la cui figura fa capolino qua e là anche nei racconti della Valle Brembana, pur senza l'assiduità con cui appare in altre zone.

Le caratteristiche somatiche dell'orco erano particolarmente terribili: si trattava di un essere gigantesco, una sorta di Polifemo violento e crudele ' che si cibava volentieri di bambini piccoli, che sottraeva dalle culle allungando a dismisura le sue braccia fin dentro le camere da letto. Tra le prerogative del mostro c'era infatti quella di aumentare le sue dimensioni, tanto che qualcuno asseriva di averlo visto attraversare il Brembo con un solo passo o mettersi a gambe divaricate sopra un ponte divertendosi ad osservare la reazione di chi vi transitava, per non dire di quando stava in precario equilibrio sui tetti di due case situate ai lati opposti di una strada o addirittura sopra aguzzi speroni rocciosi posti sui due versanti della valle.

Solitamente se ne andava in giro di notte, a far dispetto ai nottambuli incalliti o a chi doveva alzarsi presto la mattina per motivi di lavoro. Bastava un niente per metterlo in agitazione e per chi lo incontrava erano guai. Solo con le prime luci dell'alba e il suono mattutino dell'Ave Maria, si decideva a togliersi di torno, andando a rifugiarsi chissà dove per tutta la giornata.

Tra le malefatte attribuite all'orco, alcune sono davvero curiose. Una mamma della Pianca era appena uscita dalla stalla a tarda sera e teneva sotto il braccio la culla con dentro il figlioletto addormentato. L'orco le si fece incontro, le strappò la culla e la depose sul tetto della stalla. Per fortuna quella volta l'orco non aveva fame, infatti se ne andò senza far del male al piccolo che venne recuperato poco dopo, ancora addormentato, dalle persone accorse alle urla disperate della madre.

Un'altra volta un mandriano di Stabello, di ritorno dalla stalla con un bidone di latte sulle spalle, se lo vide apparire davanti, altissimo, con le gambe divaricate sopra la strada. Il mandriano, che non voleva passare sotto l'orco, tentò di spingerlo per una gamba, affinché si spostasse. Per tutta risposta si prese un tal calcio nel di dietro che finì a rotoloni giù per la valle spargendo tutto il latte.

Vittime preferite dei suoi scherzi erano le donne: se ne incontrava una che stava rincasando sul far del buio, dopo essere stata da un'amica o essersi attardata nei campi, le metteva una mano sulla testa allungando esageratamente il braccio e talvolta la tramutava in una grossa gatta.

Arrivata a casa, la malcapitata donna-gatta che non si era accorta dell'improvvisa metamorfosi, veniva puntualmente assalita dai cani di guardia o, non di rado, presa a calci dal marito o da qualche altro congiunto che non voleva gatti per casa, per giunta sconosciuti!

A certe donne capitava invece di trovare per strada dei bei gomitoli di lana morbida e colorata, che raccoglievano tutte contente e mettevano nella tasca del grembiule, pregustando il piacere di farne un paio di guanti o di calzini. Ma, amara sorpresa, una volta a casa, nell'estrarre il gomitolo di tasca, si accorgevano di aver raccolto un grumo di boàssa nera e puzzolente!

Davvero atroce fu lo scherzo giocato dall'orco a una donna. di Oltre il Colle che una domenica mattina trovò nell'armadio un bel vestito nuovo. Credendo che fosse un regalo a sorpresa del marito, partito il giorno prima per un viaggio di lavoro, lo indossò e si recò alla messa, pavoneggiandosi tra le amiche per quell'inconsueto e gradito dono.

Ma ahimé, durante la messa il vestito le cadde a brandelli di dosso e si dissolse in un mucchietto di stracci, lasciandola in camicia.

La malcapitata "avrebbe voluto avere mille mani per coprire il copribile e mille gambe per scomparire dalla circolazione". Con queste efficaci parole padre Gino Ceroni sintetizza lo sconforto della poveretta, riferendone la sgradevole avventura nel suo libro su Oltre il Colle.

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