Sentire a Rieti per 2 volte nella vita il vibrar del terremoto sulla faglia.

  Allora già seppi che sotto Rieti corre una pericolosa faglia...

 

  Non avevo e non ho conoscenze avanzate in materia geologica ed il terremoto m’ha fatto sempre paura, al par degli altri umani. Abitando in questa zona centrale d’Italia, sovente ballerina, sin da ragazzino sono stato costretto a convivere con scosse sismiche, boati, piccoli tremori. Racconti sentiti sin dalla mia fanciullezza descrivevano minuziosamente l’accampamento che mio padre allestì nell’orto sotto casa quando mia sorella si dava ai primi passi ed io ancora ero da venire. Era l’anno 1948 e nel reatino, a meno che non si trattò d’un terremoto locale, s’ebbero delle scosse con conseguente lungo  
sciame. Qui a Cantalice danni agli edifici se n’ebbero ma in forma limitata e per la maggior parte andarono ad identificarsi in qualche crepa nei muri solamente. A San Pietro di Poggio Bustone, forse anche in quest’ultimo, ma soprattutto in Rivodutri le scosse del terremoto arrecarono danni rilevanti e la testimonianza di questo si poteva vedere fino a qualche anno fa, prima che le casette dei terremotati in San Pietro e Piedicolle venissero abbattute. La casa in cui abito, antica, mostra segni di tanti terremoti ma il più evidente consiste nello spigolo esterno a sud, rifatto con sassi a regola d’arte murati intervallati da ricorsi di mattoni ad ogni metro. Fu posta anche una travetta di ferro a far da tirante fra muro a nord e quello a sud. Questa premessa già rende bene l’idea della zona in cui vivo ed in aggiunta posso il quadro peggiorare riferendo che qui si sono avvertite le scosse d’importanti terremoti, quali quelli distruttivi d’Avezzano, dell’Irpinia, di L’Aquila, di Nocera. Conscio della vetustà delle mie domestiche mura, di qualche solaio ancora a legni sotto i piedi e sopra il capo, di volta a sassi sotto il pavimento della mia sala da pranzo sin da giovane, diciamo sui vent’anni, avevo messo in atto una piccola precauzione lasciando fuori casa due pale, due picconi, una mazza, delle leve. Soprattutto quando misi su famiglia fra me pensavo: “Se dovesse avvenire un terremoto distruttivo che mi vede farla franca con questi attrezzi posso tentare di prestare soccorso alla mia famiglia”. Se invece, sisma arrivando che avesse anche me seppellito quegli attrezzi sarebbero risultati utili a qualcuno di buon cuore, salvatosi, per tentar di fare qualcosa verso noi. Nel 1979 mi recai a Cascia perché un mio parente aveva deciso di unirsi in nozze con la sua compagna in quella Cattedrale. Arrivato lissù m’accorsi che uno dei due altissimi campanili aveva fatto rotazione di 45 gradi senza fortunatamente crollare a terra al verificarsi del sisma ricordato come “quello di Nocera” (Umbra). Non fu una bella scena da vedere e meno ancora risultò quella di partecipare alla cerimonia nuziale all’interno della chiesa conosciuta dai più perché di Santa Rita. Intorno al 1975 lavoravo insieme ad un reatino ed insieme andavamo, per questioni di lavoro, più volte a settimana nel napoletano. Una vota ci dovemmo addentrare nell’avellinese e percorrevamo una bella strada, forse l’autostrada, non ricordo di preciso ma ricordo la domanda che gli rivolsi conoscendo egli bene quei luoghi. “Ma cos’è quella fossa, che a volte risale facendo da scarpata nei campi?”. Gli dissi. “Ma fregate..” Mi rispose alla reatina. “Possibile che non te e accortu che ella lla fatta u taramutu dell’Irpinia? Ma de ddo e, de Riete tu?” Mi rispose. Anzi mi spiegò. A lui credendo quella visione andò a sommarsi con le altre esperienze già vissute. Ma Riete, cioè Rieti, si sarebbe rivelata molti anni più tardi maestra in fatto di terremoti. Poi ne dirò. Il terremoto è vigliacco il più delle volte o forse siamo poco inclini noi a non tener più conto di qualche stranezza naturale che potrebbe accompagnarlo. Ed anche di questo ne riferirò insieme all’altro punto. Non posso qui non ricordare un bel mattino d’estate, quando stavo sugli otto nove anni circa. Mia madre e mia sorella s’erano alzate ed erano andate ad un’aia qui vicina perché c’era una trebbia a trebbiare il grano. Vedendomi di gusto dormire se n’erano andate e quando mi svegliai mi trattenei un poco a letto dilettandomi a cantar qualche canzone e a giocar con la peretta della luce. D’un tratto sentii muoversi il letto, forse rimbalzare, il muro sopra la testa vidi oscillare e non esagero se dico che solo la giovane età mi sottrasse ad un infarto. Che bisogno c’era di dire tutto quello che ho detto fino ad ora? Nessuno, se non avessi da manifestare il grosso sospetto che vorrebbe Rieti essere traversata da una grossa faglia. Dovrebbe questa faglia scender giù dall’antrodocano e passare a Rieti quasi ove scorre il Velino, almeno fino al ponte. Ho avute due esperienze, lontane nel tempo l’una dall’altra ma tutte e due impressionanti, al limite del credibile. Mettiamola così. Una scossa vissuta sulla sponda destra e l’altra sulla sponda sinistra. Delle scosse più piccole, che ho avvertito per 3 anni quand’ero alle medie alla “Casa del Contadino” non voglio darne nota. Correva l’anno 1964 circa ed io, uscito dalla scuola passavo per un’ora da mia zia che abitava all’ultimo piano d’un palazzo posto in via della Verdura, sulla sponda destra del Velino. Avevo quasi terminato la salita della lunga ed angusta scala che s’abbattè un grosso terremoto. Io così lo sentii e non so cosa dissero i sismografi. La scossa fu lunga e paurosa e non so se si trattò di due. Credevo che quella paura difficilmente si potesse ripetere ed invece dovetti ricredermi, a distanza di molti anni, quando un bel pomeriggio d’estate mi trovavo sulla sponda sinistra del Velino, fuori da un negozio sito al centro commerciale in Via Flli Sebastiani. Vicino alla caserma dei vigili del fuoco, per chi non la conosce. Ero andato da un fotografo a ritirare delle stampe e come sempre facevo anche quella volta prima di tornare via mi misi a vedere com’erano venute quelle foto. Avevo poggiato il porta-foto sul cofano posteriore della mia BMW 320, di quelle che ancora molleggiavano un poco, e miravo i soggetti delle foto. Debbo per forza dire “Tutto ad un tratto” ma posso anche dire inaspettamente, di sorpresa, a tradimento, la macchina cominciò a ballare. La terra mi scivolava sotto i piedi, gli alberi vicini, forse dei pini, quasi con la punta toccavano la terra. Le colonne o i pilastri del piccolo portico si rincorrevano fra di loro. Non credevo ai miei occhi e stavo per mettermi a piangere. Non avrei pianto per me ma al pensier della mia casa, dei miei figli, di mia madre, di mia moglie, di mia suocera, dei parenti, di tutto Cantalice. Dissi a Fabrizio, mio nipote, che era rimasto seduto dentro l’auto ed aveva non visto ma solo sentito “E’ finita. Quando andiamo a casa non ci troviamo più nessuno. Siamo rimasti solo noi due sciagurati”. Provai a telefonare a casa ma le centraline erano saltate. Quindi mi esibii in una frenetica corsa verso casa che dista circa 12 Km da quel punto. Arrivato che fui, con gioia immensa e con stupore mi sentii dire che qui s’era sentito solo un poco di rumore. Allora già seppi che sotto Rieti corre una pericolosa faglia. Ho la certezza, ma è solo un’opinione. Il Ponte Romano, sceso troppo in basso, secondo me, potrebbe esserne una prova ma questo è un altro discorso che non tocca a me tenere. Rieti 29.3.2013
 

 

 

Una forma a Formosa..

 

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 Quali sono i rischi per la salute umana e per l'ambiente? Il rischio principale è legato alla contaminazione delle acque sotterranee a causa delle fughe di metano. Alcuni casi di questo tipo sono già stati registrati negli Stati Uniti. Il professor Robert B. Jackson, dell'Università americana Duke, ha sottolineato che l'acqua utilizzata ha possiede un'alta concentrazione di sostanze chimiche tossiche per l'ambiente. Paulina Jaramillo, ricercatrice al dipartimento d'ingegneria e di politiche pubbliche all'Università Carnage Mellon, ha fatto notare che la tecnica di fratturazione idraulica provoca dell'emissioni di gas a effetto serra come il biossido di carbonio. Anche il rappresentate del WWF Mark Johnston, ha sottolineato quest'aspetto ricordando che questa tecnica di estrazione aggraverebbe l'effetto serra. Secondo Didier Bonijoly, ricercatore all'istituto di geoscienze per una terra sostenibile, il cosiddetto metodo "fracking" richiede una enorme quantità di acqua e potrebbe essere all'origine di alcuni terremoti di piccola entità. 
   
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