PER LORO NON C'ERA POSTO

 

Nei giorni del censimento di Cesare Augusto, Giuseppe parte da Nazaret (in Galilea) con Maria sua sposa per farsi registrare nella propria città: Betlemme (inGiudea). 

“Ora mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo” (LC 2, 6-7).

Ancora oggi, in questi frenetici giorni del nostro Natale 2001, Maria e Giuseppe faticherebbero ad essere accolti, esattamente come allora. Cosa ci è rimasto del vero Natale? Forse un intreccio di luci colorate che illuminano le nostre vie rallegrando ed invogliando i “consumatori” agli acquisti? Forse il sapore unico delle pietanze che abbondano sempre sulle nostre tavole imbandite e sprecone? Forse quella spasmodica attesa dei regali che arriveranno o il gusto un po’ sadico del “dover comprare” qualcosa ad ogni costo? Si, ma tutto questo cosa c’entra con il vero Natale? Nulla o poco più di nulla.

Natale è, prima di tutto, Cristo che nasce come l’ultimo di noi. L’unico spazio che trova è quello di una mangiatoia, di uno spazio per dare riparo agli animali. Nessuno dei ricchi o dei potenti è lì ad accoglierlo (lo cercano soltanto i Magi ”che venivano da Oriente per rendergli onore” ed Erode per farlo ammazzare”. Ad accoglierlo ci sono dei semplici pastori, le uniche persone in grado di riconoscerlo in quella sua veste così umanamente “regale”.

E’ riflettendo su questo che ci viene il sospetto che per riscoprire il senso profondo del Natale siamo tutti chiamati a guardare per un attimo ogni individuo che si muove ai margini della nostra opulenta civiltà: tutti coloro che, nonostante il nostro indiscutibile e rassicurante benessere, continuano a faticare per trovare un posto per dormire, per trovare qualcosa da indossare, da mangiare o anche solo da ricordare. E non dobbiamo per forza spingerci lontano, ovvero in quei luoghi del mondo dove per così dire alla stella cometa si sono sostituiti i lampi delle esplosioni e la lunga scia delle vittime. Meno drammaticamente, è sufficiente osservare i piccoli segni del tempo in cui viviamo anche in ciò che ci sta intorno. Negli ultimi anni, ci eravamo abituati a vedere il grande Presepe di Largo Boccea, un segnale silenzioso ma eloquente del vero significato del Natale rivolto a tutti gli abitanti del quartiere; quest’anno al suo posto troviamo soltanto luci che si concentrano attorno ai negozi e dimenticano le chiese (soprattutto quella Parrocchiale) e un albero di Natale che di certo non è il simbolo della nascita di Cristo, bensì il luogo dove in ogni casa si mettono e si scartano i “nostri” regali. Una indiscutibile caduta di stile. Ma Cristo nasce comunque, anche se continuiamo a sbattergli la porta in faccia: e nascerà sempre come uomo privo di tutto e vestito di poco, come uomo pronto a svegliare un mondo assopito. Un incredibile “re” che si fa “ultimo tra gli ultimi” e che viene a salvare “tutti”. In tutti gli “ultimi” dunque cerchiamo il suo volto per questo Natale; potremmo persino ritrovare noi stessi.

 

 

 

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