Per ricordare l'essenziale rispetto dell'uomo verso i suoi simili e verso la natura che li accoglie

VAJONT: DOVE L'UOMO DIMENTICO' L'UOMO

Pagina a cura di Davide Toffoli

 

La trama

 

E’ la ricostruzione appassionata della tragedia che spazzò via dalla faccia della terra ben cinque paesi: duemila morti in quattro interminabili minuti di apocalisse. E’ l’avvicinamento a quella che sarà appunto la tragedia: un cammino fatto di paure, di timori, costellato da evidenti esempi della fragilità dell’animo umano sempre troppo sensibile ai richiami del facile successo e del denaro. Una storia fatta anche di denunce, di persone che a gran voce trovarono il coraggio di fare sentire tutte le proprie perplessità sul modo di procedere della SADE (la società che costruì la diga). E’ l’analisi dei tre principali errori umani che hanno portato a questa orribile strage: l’aver costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico; l’aver innalzato la quota del lago artificiale ben oltre i margini di sicurezza; il non aver dato l’allarme la sera del 9 ottobre per attivare l’evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione. La stima più attendibile, al giorno d’oggi, ci parla di 1909 vittime per quell’assurda tragedia. E difatti c’è un silenzio di fondo che contorna tutte le parole pronunciate dall’autore: un silenzio che le amplifica e alle quali conferisce spessore. Il “Vajont” è uno spettacolo teatrale apparentemente povero, essenziale: ci sono solo un attore, le sue parole e una lavagna; ma c’è un’anima dentro, che è l’anima di tutti coloro che ascoltano, che assistono, che tornano a rivivere quei momenti drammatici per un Paese intero. Un’opera che è, al tempo stesso, “accusa” e “voglia di riscatto”, che nasce “nel fatto” e da esso parte per ricordare.

 

 

SCHEDA DELLO SPETTACOLO

Regia: Marco Paolini e Gabriele Vacis

Attori: Marco Paolini

Coordinamento ricerche materiale di repertorio: Francesco Niccolini

Assistenza tecnica: Alberto Artuso, Luca Seno, Silvio Martini

 

PREMIO SPECIALE UBU 1995 per il teatro politico

PREMIO IDI 1996 per la migliore novità italiana

La trasmissione (diretta su RaiDue del 9 ottobre 1997) ha ricevuto l' OSCAR  DELLA TELEVISIONE come miglior programma del 1997.

 

 

La critica

 

Il racconto del Vajont, per chi ha avuto la fortuna di averlo visto, non è uno spettacolo come gli altri. E’ prima di tutto il racconto di una storia da riportare alla mente, da interpretare. Si porta dentro il silenzio: il silenzio richiesto appunto da sentimenti impossibili da ingabbiare nelle parole, il silenzio che merita prima di tutto il rispetto delle vittime. E’ una ricostruzione appassionata di una tragedia, purtroppo evitabile, costruita dalla leggerezza umana e dall’avidità di chi antepone il denaro all’uomo. E’, al tempo stesso, memoria, documento, creazione, denuncia minuziosa: una grandissima orazione civile che si muove con incredibile competenza e credibilità tra “ricordo” e “racconto”.

Scrive l’autore: “Non sono né un persecutore né un ex pubblico ministero in pensione né un tecnico che si ricicla dicendo - Io l’avevo detto! -. La mia funzione è quella di mettermi in relazione con varie fasce della società civile. Il racconto del Vajont è diventato un’occasione per parlare con giudici, ingegneri e sindaci di cose che stanno fuori dal teatro”. E’ una tragedia, nel senso più alto del temine: una strada per ricordare, uno stimolo per stare in guardia e per non tornare a sbagliare: è teatro inteso alla greca, come strumento di crescita interiore e di purificazione. Porta con sé l’anima dell’autore che ti avvolge, ti cattura, ti trascina, ti invita a seguirlo passo dopo passo come se si avvertisse un senso di necessità, di veemente ineluttabilità. Con Marco Paolini, sulla scia di Fo, il teatro sembra tornare a vivere come immensa piazza popolata di gente: portato in televisione, su RaiDue, il racconto del Vajont buca lo schermo e impone l’autore. Tre milioni e mezzo di spettatori in seconda serata per uno spettacolo non facile nemmeno da classificare tanto sfugge ai criteri tradizionali. Anche chi, soltanto oggi, dovesse vedere “Vajont” in video per la prima volta incontra sicuramente una delle più importanti esperienze italiane di spettacolo totale, dove oralità, drammaturgia, passione civile e scrittura prendono forza l’una dall’altra e mai nulla rimane identico a se stesso, in un desiderio continuo di crescita comune e scoperta della verità, individuale e collettiva. E “collettiva” è l’aggettivo più adeguato per definire quest’opera: perché proprio tutti abbiamo, con essa, una preziosissima opportunità di crescere. Assolutamente da vedere e vivere in prima persona.

 

 

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