Il diario di Oscar Di Prata

dall'oasi di Gialo 

LA VITA, LE OPERE

  Gianni Quaresmini dal Giornale di Brescia ...... In questo contesto rientra l’odissea che ha come epicentro Gialo durante il secondo conflitto mondiale e che Di Prata ci narra durante una quieta conversazione. 
«La colonna di automezzi aveva avuto l’ordine di raggiungere Gialo, un’oasi in pieno deserto sirtico per reggere gli attacchi nemici. Ed ecco che, partendo da Agedabia, ci si inoltra nell’immensa piana di sabbia increspata da un vento caldo che pare togliere il respiro. Gli insabbiamenti ed i guasti meccanici diventano numerosi, ma vengono subito superati grazie alla presenza di un apposito carro attrezzi ed esperti meccanici. Nell’oasi di Gialo veniamo accolti da una folla di bambini ignudi e gesticolanti, mentre il comandante impartisce ordini ed indicazioni su come disporre gli automezzi della colonna. Nel rapporto ufficiali che segue mi si assegna la postazione dinanzi al campo di aviazione entro il quale stazionano tre caccia italiani. Scaricato l’automezzo, i bersaglieri del mio plotone interrano due mitragliatrici e, dopo aver riempito alcuni sacchi di sabbia, li pongono a difesa tutt’intorno.
Nato a Brescia il 10 agosto del 1910, Oscar Di Prata ha continuato per tutta la sua lunghissima carriera a produrre opere di notevole valore artistico. Dopo gli studi d'arte compiuti a Venezia, il giovane pittore ha seguito una linea d'azione agganciata alle avanguardie del periodo, attingendo all'inizio alle dolorose esperienze vissute con la Guerra, molto significative anche in seguito per la sua ispirazione.   Seduti a circolo sulla sabbia ci si concede con i pochi viveri a disposizione una frugale cenetta. Intanto si fa sera. Alcuni bersaglieri sdraiati sulla sabbia già sonnecchiano, mentre altri, sigaretta accesa, ma schermata col palmo della mano, si raccontano barzellette piccanti o lontane storie d’amore. Poco discosto, senza pensare a nulla, guardo il firmamento che s’inarca nel cielo e, poco a poco, mi assopisco. Quando l’alba sorge radiosa, il sole sembra una bella moneta d’oro, ma l’incantevole visione viene subito cancellata dagli squilli di tromba che richiamano alla realtà. Dapprima i giorni sembrano avanzare monotoni e noiosi. A volte in lontananza si possono scorgere i caroselli delle autoblindo nemiche che scorazzano minacciose (la Oasis Force, costituita dal 29° gruppo di brigate indiane di fanteria e dal 6° reggimento sudafricano autoblindo doveva impadronirsi di Gialo, proteggere il campo di atterraggio 125 a nord della località ed effettuare puntate dimostrative verso ovest per dare l'impressione di un'avanzata in quella direzione) senza tuttavia avvicinarsi alle nostre postazioni. Col passare del tempo la situazione si fa più critica: per bere dobbiamo utilizzare l’acqua salmastra che è quasi imbevibile, mentre i viveri scarseggiano. Io ho con me i colori e, con meraviglia del mio comandante diretto, tento qualche abbozzo. Il carosello delle autoblindo nemiche continua, ma ci si fa l’abitudine. Si vigila. Il paventato attacco aereo si scatena su Gialo all’alba del 17 novembre con una prima squadriglia di sei Hurricane inglesi. Due nostri piloti si alzano subito in volo dando battaglia. Il combattimento tra forze impari vede i caccia italiani abbattuti. Uno dei due piloti riesce a salvarsi, mentre l’altro - un sergente più volte decorato - perisce. 
Viaggiava, e a Parigi conobbe De Chirico e più tardi gli esponenti delle correnti futuristiche Italiane come Carrà, con il quale ha partecipato a un'esposizione. La sua creatività attraversa un po' tutti i periodi della vita dell'autore: dalle spiagge rosse del sangue versato negli anni bui del conflitto, alle meditative ombre del periodo metafisico dove è il tempo che suggerisce riflessioni. Il tutto con riferimenti costanti a una religiosità mistica, fatta di purpurei cardinali, crocifissioni e resurrezioni, ma anche di corpi nudi e di animali sofferenti e sgraziati che osservano silenziosi le scene.   Qui sospendiamo il racconto avendo trovato chi era questo pilota: Si trattava di: GARDELLI ALBERTO di S.Martino in Strada (1918-1941).
Meccanico divenuto sergente pilota da caccia nella 393° Squadriglia Caccia, durante la II guerra mondiale, caduto in combattimento aereo nei pressi dell'oasi libica di Gialo. Alla sua memoria venne proposta la medaglia d'oro al valor militare con la seguente motivazione: "Giovane ed ardimentoso pilota da caccia, in tre mesi di operazioni nei cieli africani partecipava a numerose missioni belliche anche in mare aperto, dando costante prova di entusiasmo, audacia e sereno sprezzo del pericolo. Chiesto ed ottenuto di far parte di una sezione destinata alla difesa di una importante località del deserto cirenaico, il 18 novembre 1941 partiva su allarme con altro camerata per contrastare l'attacco a volo radente di sei veloci caccia nemici e con fredda determinazione ed irresistibile audacia non esitava ad attaccarli ed a colpire due di essi, finche sopraffatto dal numero e dalla superiorità del mezzo avversario, cadeva fulminato da raffiche nemiche al suo posto di guida, magnifico esempio di spirito guerriero spinto fino al supremo sacrificio Il terzo caccia in dotazione, invece, viene distrutto mentre si trova ancora a terra. Cessata la battaglia verrà data sepoltura al pilota caduto (Gardelli), avvolto in un drappo tricolore. Alcuni giorni dopo nel bollettino di guerra trasmesso dalla radio italiana la notizia del combattimento verrà raccontata nel seguente modo:Il terzo caccia in dotazione, invece, viene distrutto mentre si trova ancora a terra. Cessata la battaglia verrà data sepoltura al pilota caduto (Gardelli), avvolto in un drappo tricolore. Alcuni giorni dopo nel bollettino di guerra trasmesso dalla radio italiana la notizia del combattimento verrà raccontata nel seguente modo:"Squadriglia di sei Hurricane portatasi sul cielo di Gialo la mattina del 17 novembre 1941 ebbe a scontrarsi con i nostri caccia prontamente alzatisi in volo. Gli Hurricane ebbero la peggio: due apparecchi nemici distrutti e un terzo seriamente danneggiato".

Gianmaria Ciferri, Oscar Di Prata, Martino  Gerevini, Renato Laffranchi, Giulio Mottinelli e Carlo Pescatori si sono anche incontrati con i ragazzi della Scuola media statale «Berther» di San Zeno Naviglio e di Bagnolo Mella che hanno potuto comprendere le diverse modalità di approccio al tema e le scelte esercitate dagli autori sotto il profilo «narrativo». 

  Dopo alterne vicende belliche si verificherà la caduta di Gialo il 24 ed io finirò prigioniero in India dietro il reticolato nel più completo isolamento culturale e creativo. Soltanto dopo anni potrò tornare a casa e all’attività pittorica in piena libertà».

La nostra conversazione si chiude mentre un cielo grigio sembra stemperare le punte più aspre dei suoi ricordi, stendendovi un velo avvolgente. Ed anche gli aspetti dolorosi della memoria si trasformano in motivi acquietanti. Lascio Oscar Di Prata mentre ritorna alle sue tele lambite dal deserto che ormai non è più minaccioso e predatorio, ma che fa da sfondo ad una rosa deposta sopra un capitello e ad un volo gioioso di uccelli mentre una folata di azzurro spazza via le nubi nere. Gianni Quaresmini dal Giornale di Brescia  http://digilander.libero.it/avantisavoiait/SPWAW%20Difendete%20Gialo!.htm  

AffrescoDi Prata raffigura il momento della conversione di Paolo, il volto dei sofferenti ed il vento del mutamento.   Nota Storica:

L’VIII Btg. Bersaglieri Motociclisti (Il battaglione moto era stato considerato fuori misura per la guerra del deserto, poco armato e vulnerabile) era stato sciolto. Per l’esplorazione si preferiva un veicolo protetto come le blindo inglesi, che comunque non era molto diffuso fra le unità italiane e un supporto d’arma ai battaglioni che non esisteva se non a livello divisione. Per questo il battaglione riparte (divide) le 3 compagnie, (una sola resta al reggimento in cui entrano compagnie di armi antiaeree, controcarro e mortai) fra il comando Div.“Trento” e il Corpo d’Armata di manovra (CAM poi XX). A fine settembre 42, alla vigilia di El Alamein, il 7° reggimento (meno un btg. di formazione su spa 38, che viene dislocato nella sperduta oasi di Gialo) è chiamato a sostituire a Ras el Medeuar (sud-ovest di Tobruk) il 155° Rgt. Fucilieri tedesco. Dopo disperata resistenza e crudeli perdite, il presidio di Gialo aveva dovuto cedere a una colonna di un centinaio di autoblindo, rinforzate da artiglierie e protette da bombardieri, apparse improvvise in quella zona desertica.

 

Ricordo; dal Giornale di Brescia VENERDÌ 6 DICEMBRE 2002 

«Un anno fa è morto il mio caporale, il giornalista Fabrizio Gabella. Ha rifiutato i calmanti prima di morire, voleva sentire le mani di sua moglie Eva che stringevano le sue». Il dott. Carlo Zamboni dirotta per un momento ogni presenza domestica. El Alamein gli soffoca il pensiero, i suoi 25 uomini gli passano davanti come all’alba di quei mesi del 1942, appena svegli. 

Gli viene in mente il povero conterraneo Giacinto Becchetti, suo grande amico e l’altro «immenso africano», il più buon uomo del mondo, Oscar Di Prata, il pittore. «Loro erano nell’oasi di Gialo - dice -, quante volte abbiamo ricordato le nostre parti di Africa. Giacinto Becchetti raccontava sempre di quando, sotto attacco nemico, l’Oscar gli veniva a dire che gli uomini in battaglia avevano volti bellissimi, che avrebbe voluto avere lì la tavolozza....».

Il dott. Carlo Zamboni toglie dalla cassaforte della memoria un inedito, una lettera consegnatagli da una madre bresciana due anni fa. È l’ultima lettera che il figlio scrive alla madre. Il nome non lo può fare, è una promessa, ma la poesia è un atto di amore. 

 

«Cara madre, qui la battaglia è furibonda ed io sento che la mia fine è vicina. Non preoccuparti perché non soffrirò. Ormai non ho più corpo, distrutto dagli stenti. Mi è rimasta solo l’anima, che affido a te, e l’orgoglio di comportarmi da Uomo anche di fronte alla morte.
Tuo figlio...». 

Molti dei miei soldati, prosegue, erano analfabeti: per loro avevo organizzato una scuola nella trincea, in un mese i romani insegnavano ai calabresi a leggere e a scrivere»  

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