Luigi Cattaneo
1893-1966
Bersagliere (Croce di Guerra al V. Militare), Ingegnere, Storico
Ultimo Comandante dell’U.N.P.A. di Brescia
Le foto personali, come il testo cosi editato in bianco, sono state messe a disposizione da Matteo Cornelius Sullivan, le altre sono d'archivio ma sempre attinenti il racconto. Le fonti d'archivio in calce
Luigi Paolo Fortunato Cattaneo nasce nel 1893 a Cremona da Teresa Guglielmone e da Cesare Cattaneo (1861-1936), di antica famiglia pavese. Il padre si trova a Cremona in forza al 4° Reggimento d’Artiglieria. Il giovane Cattaneo che vuole seguire le orme paterne così narra: “dovevo iniziare il corso allievi nel 1913 per poi fare il servizio di prima nomina nel Savoia (Cavalleria), allora in Brescia; ma siccome si sapeva che Esso doveva lasciare presto la città, così ottenni, (...) di pigliare il posto del figlio del Gen. Reisoli, che aveva iniziato il corso appunto nei bersaglieri ottenendo il trasferimento, lui, alla cavalleria”. Luigi si ritrova quindi nel dicembre 1912 volontario nel 5° Bersaglieri, come Allievo Ufficiale, ascritto alla prima categoria. Un anno dopo è nominato Caporale e, nel dicembre del 1913, è mandato in licenza straordinaria di convalescenza fino al successivo inizio del corso (ndr: Verrà richiamato definitivamente a fine ’14 per il corso sergente con idoneità 25/2/1915 e la nomina ad Ufficiale alla vigilia del conflitto con servizio di prima nomina al 9° Bersaglieri, ma ritorniamo al racconto di Matteo Sullivan ). Il 16 febbraio dell’anno successivo è comandato alle truppe suppletive del 3° Corpo d’Armata in zona di Guerra. Nel 1916, e precisamente il 17 e il 18 luglio “tenne lodevolmente il comando di compagnia durante un combattimento, distinguendosi per calma e coraggio” presso il passo Prighen sul quale “...in visita alle linee nemiche sul Monte Altissimo, il tenente Luigi Cattaneo si trovò nella imbarazzante situazione d’essere immobilizzato con i suoi uomini tra i due fuochi, quello del Regio Esercito e quello dei tedeschi per due o tre giorni privi di scorte e d’acqua; Sopravvissero bevendo l’acqua delle pozze scavate dalle bombe e grazie alla sua fiaschetta di cognac, che sostenne lui e i suoi uomini nella lunga attesa” così recita la motivazione della Croce di Guerra al Valor Militare (det. Min.le 31 maggio 1926- (Brevetto N. 22/1926) e la proposta di concessione. |
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Il 30 luglio dello stesso anno, egli è assegnato al 5° Reggimento
Bersaglieri poi al
9° come Ufficiale Topografo. Ma il 1° Novembre viene ricoverato nell’Ospedaletto
n.115 per ittero catarrale e, il 18 gennaio del 1917, ha 40 giorni di
licenza di convalescenza. Rientra al suo Corpo (9°) il primo marzo e sarà
poi comandato al centro addestramento mitraglieri di Brescia. Il 12
settembre è nuovamente “in territorio dichiarato in stato di Guerra”.
L’anno successivo (1918), il 14 febbraio giunge “in zona di operazioni
presso la 1720a Compagnia Mitraglieri FIAT, aggregata al 2° Bersaglieri.
Probabilmente in questo periodo, “mentre parlava col suo attendente",
cadde una bomba tra i due. Luigi, grazie alla sua abilità, riuscì a
scansarsi ma al suo attendente saltò la testa. Per lo scoppio Luigi rimarrà sordo. Nell’estate riprende servizio a Brescia ma la sua
infermità gli preclude il fronte e viene mandato alla caserma del 2° in
Roma a fine luglio. In una successiva visita medica gli viene concessa una
licenza di convalescenza di un anno. Come è noto le condizioni di vita
nella Guerra di trincea erano molto dure, dunque non c’è da stupirsi dei
molti ricoveri (ebbe poi riconosciute “otto Mutilazioni e l’invalidità
di Guerra). La
Guerra intanto è finita e, oltre alla “Croce di Guerra al Valor Militare”,
d’argento, gli fu concessa una “Croce al Merito di Guerra”. Inoltre, come
a tutti gli altri combattenti gli fu conferita la “Medaglia commemorativa
nazionale della Guerra 1915-1918”, nel suo caso col diritto di apporvi le
fascette corrispondenti agli anni di campagna 1915-1916-1918, ed
autorizzato a fregiarsi della “Medaglia a ricordo dell’Unità d’Italia”,
della “Medaglia interalleata”. Successivamente sarà creato “Cavaliere
dell’Ordine delle Corona d’Italia”. Viene collocato in
congedo dal 15 luglio 1922. Nel marzo del 1922 aderisce al Partito
Nazionale Fascista, come “squadrista” del Fascio di Combattimento di
Palermo, e alla Marcia su Roma.
Facendo un passo indietro, nel 1921, mentre si trovava in licenza di
convalescenza ad Anzio, conosce Maria Concetta Cartaino con la quale
convola a nozze.
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Nota 1: La Val Lagarina, oltre al già conosciuto sbarramento Rivoli, venne rinforzata dagli italiani con un triplo sistema di fortificazioni. Il primo era rappresentato dal Monte Altissimo, con tre ordini di trincee, di cui la terza, la principale, andava dalla sommità del Monte Altissimo alla cima del Monte Vignola, fino al Monte Cornale. Il secondo sistema comprendeva gli sbarramenti di fondovalle tra Serravalle ed Ala. Il terzo sistema - di fatto si trattava della prima linea avanzata -correva tra il fiume Adige ed il Leno di Vallarsa, con la prima linea tra il Monte Coni Zugna e Passo Buole; seconda linea Cima Levante, Cima Posta, sbarramento di Ala e dorsale Carega. Infine una linea leggermente più arretrata che dal Lago di Garda, Monte Baldo, Monte Cerbiolo, Monte Corno d'Aquilio e tutto il margine settentrionale dei Monti Lessini, si congiungeva poi, attraverso il Monte Obante, al sistema difensivo precedente. Fonte “Trincee della Lessiana”, guidetravelitalia.com, 2008 Val Lagarina: Strafexpedition - maggio giugno 1916 …il tenente, pallido ma fermo, ci fece cenno di metterci a terra e riunirci strisciando. Col tascapane pieno di caricatori e bombe a mano, le due scatolette di carne, la pagnotta ed il nostro bravo fucile con baionetta in canna, eravamo signori, meglio che sul Biavena. Il sergente cautamente venne da ognuno di noi, per dirci di stare in gamba, molto attenti e fermi, perché circondati. Questo voleva dire, secondo le istruzioni ricevute, attenzione a un mio cenno. La notte nessuno ci molestò, ma la passammo insonne ed intirizziti mentre continuava la sarabanda in tono minore. Alle prime luci eravamo induriti, indolenziti e truci in volto, smaniosi di combattere per levarci da quella precaria situazione. |
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Cosa avevamo ancora? Una scatoletta di carne e forse una pagnotta per uno, ma speravamo aiuto dal battaglione. Nulla, nessuno si fece vivo e gli austriaci intorno a noi, invisibili fantasmi, come probabilmente noi per loro. Sentivamo gli spari e gli assalti alla baionetta al trincerone non troppo distante, e ciò senza potersi muovere. La rabbia ci soffocava, eravamo idrofobi e incoscienti. Il tenente ebbe il suo da fare per mantenerci calmi, del resto che poteva fare, come disimpegnarsi in una battaglia con un pugno di uomini, circondato da un nemico in forze deciso a tutto. Due giorni erano passati, dovevamo morire di fame? No, mai! . ..Si fece atto di scagliarsi contro il nemico, non servirono le raccomandazioni del tenente e nemmeno quelle del sergente, in quanto accortosene il nemico ci attaccò e fu una mischia, un corpo a corpo; ...... |
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...... senonchè il nemico fu preso alle spalle dal battaglione (ns) che lo disperse, ma i nostri non ebbero campo di unirsi a noi, perché attaccati a loro volta da (altri) reparti nemici. La battaglia continuava furiosa, impari, e l’Adige silenzioso, muto, accoglieva nel suo letto i corpi insanguinati degli uni e degli altri per condurli là, ove il “Supremo” saprà giudicare. Attacchi e assalti alla baionetta si susseguivano in tutta la VaI Lagarina, morti da una e dall’altra parte, ma nessuno dei due contendenti si arrendeva. Vi furono un paio d’ore di tregua, ci adagiammo a terra affranti, senza coscienza. Un giorno senza mangiare e tre giorni senza bere.., le forze venivano meno e la volontà già si offuscava, quando giunse il portaordini con un involto. Il tenente si alzò di scatto e gli corse incontro senza precauzioni, con la speranza di avere qualche ordine formale. Passo passo si avvicinò a noi che pallidi lo guardavamo, ci guardò a uno a uno, slacciò con calma l’involto e vedemmo due pignattini (gamelle), una pagnotta e... del vino. Lo guardammo e voltammo la testa con rassegnazione. Lui, imperterrito si accinse a fare del “tutto” tante parti quanti eravamo, chiamò il sergente, fece distribuire, si accese una sigaretta e se la fumò beatamente, con il sorriso sulle labbra come sua abitudine. Con le lacrime agli occhi prendemmo, in silenzio, quanto ci dette e lo guardammo ancora e ci sembrava vederlo ingrandire e il suo sorriso sempre più soave.Il tenente divenne per noi l’angelo protettore. Svelto, agile, e forte, non comandava, parlava e guardava in faccia tutti, uno per uno; nessuno di noi aspettava l’ultima parola, tutti lo circondavano in attesa di essere scelti, per quella data azione, ci conosceva tutti e sapeva la nostra forza e la nostra debolezza, non aveva altro che scegliere l’uomo adatto e renderlo edotto del suo pensiero. Non attendeva trepidante il ritorno del suo bersagliere, continuava a conversare insegnando, tanto era sicuro del suo uomo. Venne poi l’ordine di ritirata quando il nemico ci incalzava violentemente, fummo gli ultimi ad abbandonare il posto e rientrammo a Serravalle, assieme al battaglione, combattendo accanitamente. La fortezza di Serravalle aveva resistito all’attacco. da un racconto dell'epoca |
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L'Unione nazionale protezione antiaerea (UNPA) l’UNPA, fondata nel 1936 ai
sensi del R.D. 14/5/1936, n. 1062, era costituita da volontari della MVSN
e da anziani esonerati dal servizio militare (per raggiunti limiti di età
o parzialmente inabili) e aveva lo scopo di integrare l’azione degli
organi statali preposti alla protezione antiaerea, provvedendo a
diffondere nel Paese la conoscenza dei pericoli della guerra aerea
collaborando nell’attuazione dei provvedimenti relativi a detta
protezione. L’UNPA, con sede centrale a Roma e attività estese a tutto il
territorio nazionale, era posta sotto la vigilanza del Ministero della
Guerra, che ne determinava l’organizzazione e l’azione per il tempo della
guerra, con direttive mirate. l'UNPA aveva quindi come compito quello di
soccorrere la popolazione civile in caso di incursioni aeree e di educare
la popolazione civile alla conoscenza della guerra aerea e alla sicurezza.
Fin da subito previde l'adozione di procedure per la sicurezza antigas.
Per il suo compito si avvaleva dei capifabbricati, all’uopo nominati, che
erano responsabili della gestione incombente per il ricovero dei
cittadini, abili e disabili, negli scantinati dei palazzi adibiti, con
qualche modifica, a rifugi antiaerei. Si può capire l’importanza della
località quando le richieste di integrazione vitto e di beni quali la
legna da ardere ed altri come sapone, sale etc…da parte dei lavoratori
portarono la Beretta di Gardone V.T ad aprire nel ‘44 uno spaccio di
alimentari a prezzi calmierati in quantitativi che andavano oltre
l’assegnazione delle tessere annonarie. Si attuarono distribuzioni
periodiche anche di patate, scarpe e copertoni per bicicletta a cui i
tedeschi, oltre che non opporsi contribuivano.
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1. L’allarme veniva con sei
suoni di sirena di 15 secondi intervallati da pause di uguale tempo. Il
cessato allarme un fischio di sirena prolungato per due minuti. In caso di
avaria o di mancanza di corrente il suono delle sirene è sostituito da tre
colpi di cannone ad intervalli di 5 secondi.
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La struttura di ogni gruppo dell'UNPA prevedeva cinque squadre (tre di soccorso, una tecnica e una sanitaria) composte da circa otto militi e un capo squadra ciascuna. Nel 1940 i capi fabbricato furono equiparati, con un decreto ministeriale, ai pubblici ufficiali e furono specificati ulteriormente i loro compiti: dovevano assicurarsi della perfetta attuazione dell'oscuramento, della chiusura dei rubinetti di acqua e gas e del ricovero tempestivo dei residenti. Naturalmente in caso distruzioni e incendi era previsto l’impiego dei Vigili del Fuoco. Il ruolo dell’Unpa quindi per il primo soccorso si rivelò fondamentale. Altre organizzazioni si affiancavano per i centri minori, la campagna, gli stabilimenti industriali e per le reti civiche di energia |
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Le sedi istituzionali della RSI [da wikipedia | ||
* Salò: Ministero degli esteri |
Fonti delle notizie Archivio di Stato di Brescia |
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