Il diario di Oscar Bonomi

Un ragazzo a Caporetto

Storia di un aspirante ufficiale durante la Grande Guerra in Val Raccolana (Cregnedul)

A cura del figlio Raffaele

dal sito http://www.mclink.it/personal/MD4624/memorie_e_scritti/un_ragazzo_a_caporetto/riordinavo_una_libreria.htm

 

Bonomi Aspirante Ufficiale

     

Il racconto, concesso dall'Ing. Raffaele Bonomi, percorre tutta la vita militare del Padre ufficiale alpino al battaglione Val Fella dell'8°. Per ragioni di spazio ci limitiamo ad alcuni capitoli, mentre altri passi sono ai capitoli della "Ritirata di Caporetto" e il testo completo al link soprastante. Il nostro racconto comincia con la relazione (a destra) dallo stesso rilasciata al rientro dalla prigionia e dai passi dell'internamento in Austria. Di rilevante testimonianza, modi e tempi del soccorso delle famiglie ai prigionieri per il tramite  della Croce Rossa Internazionale. Walter Amici

Riordinavo una libreria    

Riordinavo una libreria nella vecchia casa di campagna quando, tra libri ingialliti, riviste da macero, documenti di cui si era perso il ricordo, misi le mani su un pacco di scartoffie contenute in una cartella di cartone nero legata con delle fettucce. C’erano appunti manoscritti, schizzi, ritagli di giornale, cartoline, e dei quadernetti scritti con una calligrafia regolare, ordinata. Man mano che le sfogliavo, da quelle carte vecchie di più di ottant’anni uscivano le vicende di un aspirante ufficiale, un ragazzo di 18 anni mandato a combattere in una trincea sulle montagne della Carnia, pochi giorni prima della rotta di Caporetto. Via via che procedevo, la lettura mi interessava sempre di più, perché quel giovane ufficialetto, le cui vicende rappresentavano così bene quelle di tanti suoi coetanei, si chiamava Oscar Bonomi: era mio padre. Mi tornarono in mente aneddoti che mi aveva raccontato quando io ero ancora un ragazzo, poi altre notizie che mi aveva riferito mia nonna e mi si delineò tutto un filo conduttore. Sistemai allora in fretta la libreria e mi accinsi a riordinare le tessere di questo mosaico.

Udine, estate 1917. La città era a meno di 40 chilometri dal fronte dell’Isonzo ma la vita vi si svolgeva tranquilla come in ogni altra città di provincia. Uffici, fabbriche, scuole, tutto funzionava alla perfezione, nei caffé le “sciantose” rallegravano le serate degli avventori con le loro canzonette, non c’erano bombardamenti, i generi alimentari non erano razionati. Il Capo di Stato Maggiore, generale Cadorna aveva stabilito proprio ad Udine il suo quartier generale e ciò doveva rassicurare non poco gli abitanti: “Se hanno piazzato proprio qui l’Alto Comando vuol dire che possiamo stare tranquilli che il nemico non potrà mai arrivare fino ad Udine.” La gente, come in tutto il resto d’Italia non si curava troppo delle vicende della guerra, forse perché in due anni, nonostante le tante offensive scagliate da entrambe le parti, il fronte si era spostato di ben pochi chilometri. I civili non capivano e non si immedesimavano nei sacrifici dei combattenti, inchiodati da due anni nelle trincee tra fango e pidocchi, ne avevano ancora ben chiaro il tremendo tributo umano che i combattimenti esigevano, sebbene per tutti quei due anni ci fosse stato un continuo stillicidio di perdite ed ogni offensiva costasse migliaia di giovani vite. Udine dunque viveva una vita normalissima e i corsi scolastici proseguivano regolarmente. In aprile, con un certo anticipo sulla fine dei corsi lo studente Oscar Bonomi aveva ottenuto la licenza di V° ragioneria in seguito alla quale aveva conseguito il diploma di ragioniere. (Il Rag. Oscar Bonomi, classe 1898, nacque a Savona. Suo padre Raffaele (senior, per non fare confusione con lo scrivente, suo nipote) di origini marchigiane era un funzionario dell’Ufficio Imposte Dirette. Il ministero ogni due o tre anni gli cambiava sede e, per finire, era approdato ad Udine dove da ragazzino era diventato un giovanotto.

  Relazione del 14 -12- 1918 presentata a Modena alla commissione interrogatrice P.l.
36° Divisione:Generale Taranto e Della Rocca 8° Regg.to Alpini Col. Cavarzerani Cav. Costantino Batt.Val Fella Maggiore Urbanis Cav. Conte Giuseppe 270° Compagnia Capitano Alliata Sig. Pietro

Azione militare-Quota m. 2282 Monte Cregnedul
Il sottoscritto ufficiale soprannumero, verso le 20 del giorno 27 ottobre 1917 partì dalla quota 2282 per scendere nelle posizioni di fondo valle coi soldati completamente equipaggiati con zaini affardellati.
Essendoci stato per tutto quel giorno un fortissimo attacco contro le trincee di fondo valle, dove avevano resistito ed arrestato l'assalto due compagnie de1 133° Regg.to  fanteria, pensò si andasse a rinforzare quella posizione e fece portare da un soldato il bagaglio al comando di battaglione.
Quando passò dinanzi alle baracche di questo vide la sua cassetta abbandonata assieme alle altre vicino alla stazione della teleferica ed osservò che il comando, benché illuminato, era completamente deserto e che a fondo valle bruciavano gli appostamenti delle artiglierie. Quando giunse laggiù seppe che bisognava ritirarsi in subito ed in posizioni non ancora precisate. Ai soldati del battaglione vennero distribuite gallette e scatolette in quantità.
Aveva appena ottenuto il diploma e subito, due giorni dopo, frequentava la scuola allievi ufficiali di complemento Già l’anno precedente si era arruolato nei “Volontari ciclisti” assieme a vari suoi compagni tra i quali un Etelredo Puppini di cui era amicissimo, ma la loro attività si ridusse a qualche allenamento domenicale senza alcun impiego effettivo, mentre ora era servizio militare in piena regola, e di quelli duri, non in qualche ufficio, ma nei reparti operativi. Oscar quindi fu inviato alla scuola allievi ufficiali di Parma. Ci restò cinque mesi: tempo più che sufficiente per trasformare un giovane ragioniere in ottima carne da macello. Di quel periodo ricordava soprattutto la rigida severità dei sergenti che plasmavano gli allievi con l’osservanza di una ferrea disciplina. Addestramento pratico modesto: qualche marcia, un po’di tiri nel greto del fiume Parma in secca, studio dei regolamenti. Finito il corso, il 3 di ottobre, Oscar fu nominato aspirante ufficiale e rimandato al distretto militare di Udine che lo assegnò al battaglione “Val Fella” dell’8° Rgt. Alpini. Dopo qualche giorno di licenza partì per il fronte assieme ad altri giovani colleghi: destinazione la valle Raccolana, in Carnia. Presero il treno fino a Chiusaforte, dove si fermarono a dormire e il giorno seguente si incamminarono per raggiungere la loro destinazione alla testata della valle, dalle parti di Sella Nevea.. Queste memorie, scritte durante il tempo della penosa prigionia che sempre torturò l’animo di prigionieri i quali si vedevano trattati nel modo più iniquo e camorristico, sono poche facciate di storia intima e veritiera.   Cominciò così la ritirata improvvisa giacche quasi nulla si sapeva dell’affare di Caporetto. Il 28 a sera si giunse a Pecol ed il 29 alle due antimeridiane a Chiusaforte. Essendo il battaglione l’ultimo a ritirarsi dalla val Raccolana, appena attraversato il Fella il genio fece saltare il ponte che univa Chiusaforte e Raccolana. Riordinati e fatto l’appello ai soldati continuò la marcia verso la Stazione per la Carnia ove giunse verso le 16 dello stesso giorno. Il 30 ottobre arrivò a Tolmezzo ed il battaglione prese posizione sul Tagliamento a "Villa di Verzegnis". La stessa notte fu di servizio sul Tagliamento ove ispezionò i piccoli posti notando solamente gravi incendi in Tolmezzo, ed il 1° novembre fu assegnato quale ufficiale addetto al rancio per la truppa poiché non aveva un proprio comando di plotone essendovi effettivo ad esso il sottotenente Frerejan E.

Ci sarà qualcuno che non crederà a certi particolari delle tristi peripezie alle quali eravamo sottoposti noialtri prigionieri. Ma se c’è uno scettico che sarà incredulo a quel che dico, lo domandi senz’altro a qualche mio compagno di sventura e si faccia dire da lui la pura verità. Io non sono scrittore ne a tanto aspiro; perciò se la purezza della lingua non è troppo osservata è dovuto al fatto che per la mia giovane età non mi sono ancora approfondito nella perfetta conoscenza della lingua. Per quello che riguarda i fatti essi sono esposti nell’ordine col quale sono avvenuti e descritti senza alcuna parzialità. Con ciò chiudo questa breve prefazione e lascio libero il lettore di sfogliare queste memorie a me tanto care e piene di ricordi dolci e dolorosi. Bonomi Oscar. Wegscheid bei Linz, li 10 dicembre 1917

29/10/1917............ Da Chiusaforte a Stazione per la Carnia
Giungemmo a Chiusaforte alle due del mattino. lo credevo, e del mio pensiero erano pure molti altri, che la nuova linea fosse sul Fella, ma quando vidi che degli autocarri caricavano soldati e che i borghesi cercavano di salvarsi il più presto possibile, compresi senz'altro il disastro accaduto. Lo spettacolo che vidi a Chiusaforte fu terribile. In mezzo al buio completo, rischiarato di quando in quando dal chiarore dei vasti incendi vicini, si vedevano soldati ubriachi gettati per terra con la bottiglia dell'acquavite ancora in mano, i borghesi e specialmente le donne piangevano e si disperavano non essendo state avvisate prima  della nostra
ritirata.

   Rimase sul Tagliamento fino al 4 novembre a sera e ricominciò la marcia di ritirata. Dopo una notte di continuo cammino giunse a "S. Francesco" col battaglione che formava l’ultima retroguardia di tutta la divisione. Quivi fu distribuita alla truppa quel poco che i muli avevano portato. Il "Val Fella" passò quasi in testa alla 36° divisione e ricevette l'ordine di portarsi al paese di Pielungo per continuare e sostenere l’assalto. Verso le 16 cominciò a vedere i primi feriti che tornavano dalla linea del fuoco e prima di giungere a Pielungo trovò gli artiglieri massacrati vicino ai cannoni assieme a dei plotoni di cavalleria.

 

Tutti cercavano di portar via qualche cosa, anzi più che potevano e caricavano sulle gerle materassi, utensili, formaggio, vino, viveri, insomma quello che credevano fosse più utile in quella fuga disastrosa. Gli armenti abbandonati muggivano e correvano per le vie del paese,. qualche alpino inseguiva un vitello per portarselo dietro, altri aiutavano i borghesi a caricare la roba. Passai col battaglione senza nemmeno sostare nel paese in subbuglio e si continuò la marcia verso Stazione per la Carnia. I soldati già stanchi per le faticose marce del giorno innanzi e digiuni si trascinavano per la strada come esseri che non abbiano più la forza di stare in piedi. Ogni mezz'ora si faceva un alt ed allora si vedevano i soldati gettarsi per terra ai due Iati della strada e quasi subito si addormentavano. Allorché si riprendeva la marcia bisognava gridare, scuoterli e svegliarli per farli nuovamente camminare. lo avevo tutta la vista annebbiata; mi pareva che un peso di piombo mi calasse sugli occhi e mi impedisse di aprirli: camminavo curvo sotto il peso del sacco alpino inzuppato di acqua e andavo avanti a caso barcollando e chiudendo gli occhi di quando in quando... La marcia penosa e dolorosa nello stesso tempo, continuava ostacolata sempre più dal maltempo continuo e dalla stanchezza che cresceva ad ogni istante.
Attraversavamo borgate e villaggi ove il grido d'allarme lanciato per le valli era già arrivato prima di noi e le case colle porte spalancate, dai cui vani uscivano in serpi lunghe ed arruffate, biancheria e masserizie, indicavano tutti i terribili drammi avvenuti in seno alle famiglie ancora pacifiche nella sera innanzi e mostravano lo strazio profondo col quale gli abitanti si erano distaccati violentemente da esse, lasciandosi dietro tanti cari ricordi, tanti affetti, tante gioie passate. Quella mura vuote ed improvvisamente desolate, quelle mura che poche ore prima racchiudevano tante persone care e affezionate ad esse e che forse celavano nella modesta quiete alpina tante trepidazioni provate dai familiari per i cari lontani, colpivano il cuore come tanti strali e lo facevano sanguinare riempiendo di lacrime gli occhi stanchi.

  Molti cannoni ( una ventina circa) erano rotolati in fondo ad una conca erbosa. Allorché scese la sera il battaglione procedette avanzando cautamente con le baionette inastate verso una boscaglia di castagni costeggiante la strada. AI 6 mattina quando il 49° Regg. to fanteria distrutto durante la notte non fu più in grado di combattere il "Val Fella" entrò in azione ed il sottoscritto col sottotenente Frerejan partecipò all’assalto alla baionetta, in testa al 2° plotone. Il sottotenente Frerejan colpito subito da due pallottole esplosive al basso ventre cadde gravemente ferito. Preso di fronte e sul fianco sinistro il sottoscritto riportò una discreta lacerazione in direzione del ginocchio sinistro, lacerazione prodotta da una scheggia di pallottola esplosiva che tuttavia gli permise di fare il suo dovere. Causa le forti perdite avute il battaglione arrestò L’ assalto ed occupò una posizione migliore poco distante.
Essendo morto il sotto tenente Delù il sottoscritto prese il comando dei superstiti del 1° e del 2° plotone. Ridotti senza cartucce e non potendo quasi più sparare si costituì una linea di difesa e si chiesero rinforzi e altre munizioni che non giunsero mai. Rimasti a pochissimi uomini si rimase passivi sparando a lunghi intervalli quelle poche cartucce che ancora restavano. Ogni tanto qualche altro soldato cadeva assottigliando di più la debole linea dei difensori.

La guerra, ecco il suo artiglio formidabile! travolgeva d'un tratto in un vortice inesorabile con la possanza di un gigante immane tutte le speranze accumulate in trenta mesi di lotta, sconvolgeva famiglie, portava la distruzione in quelle floride regioni, e con la distruzione la fame, la miseria, la morte ... Tali gli effetti di una ritirata in guerra. E avanti, avanti con la nostra marcia, senza trovare ancora una linea sulla quale fermarsi, una linea adatta per poter fare un gagliardo dietro front, mostrare ancora le animose facce al nemico e lanciargli nuovamente il fatidico grido alpino: " Di qui non si passa! " Eravamo stanchi, affamati ma possedevamo ancora un fucile, poche cartucce ed un animo pronto a tutto che poteva all'occasione sbalordire noi stessi. Quando, quando sarebbe venuto quel momento? Fra un 'ora, fra un giorno, fra una settimana? Mistero. Noi non lo sapevamo, i nostri comandanti non lo sapevano, forse anche gli stessi capi lo ignoravano!
La marcia continuava sempre! Gruppetti di alpini si staccavano, li spingevamo avanti con un cenno, con parole di conforto, con dolci speranze,. li facevamo accodare alle compagnie, al battaglione, ma poi a poco a poco quel gruppo alpino, quel tutto organico composto di tre battaglioni alpini, due di bersaglieri e sei di fanteria, quella compattezza mantenuta sino allora cominciava a disgregarsi,. I 'inevitabile frammischiamento fra i diversi reparti cominciava a dilagare, i ritardatari si moltiplicavano ed ecco tutte le truppe sciogliersi inavvertitamente a poco a poco e dividersi a drappelli che grossi dapprima, si assottigliavano sempre più strada facendo. Era il momentaneo, inevitabile dissolvimento di una piccola armata che si ritirava fra i monti.

  Verso le quindici per ordine superiore si lasciarono in linea dodici bersaglieri giunti allora, i quali dovevano sparare con frequenza tutte le cartucce per mostrare al nemico che erano giunti rinforzi e gli ufficiali del "Val Fella" coi pochi uomini che restavano ( un centinaio ancora validi) di portarsi indietro e di raggiungere 11 Piave coi mezzi che ognuno credeva più opportuni.
Ma essendo completamente circondati i superstiti furono fatti segno dalle mitragliatrici dei tedeschi. Il sottoscritto rimase a fianco del suo maggiore fino alla fine cercando di salvarsi con lui ma invano, tanto che non potendo più resistere i resti della divisione cedettero le armi. Fatto prigioniero il sottoscritto giunse fino a Bischoflack (Lubiana) a piedi quindi in treno raggiunse la città di Linz e fu internato nel campo di Wegscheid. Avendo tentato di fuggire e scoperti i preparativi della fuga fu fatto partire immediatamente il 7 aprile 1918 assieme ad altri compagni per il campo di Braunau Boemia ove rimase fino al 2 novembre 1918 cioè fino al giorno in cui il campo si ribellò ed abbattuti i reticolati prigionieri fuggirono in tutte le direzioni per raggiungere la patria.

Bonomi Volontario Ciclista

Bonomi Sottotenente a fine guerra

   Il sottoscritto arrivò a Pontebba il giorno 11 novembre e parte a piedi parte in camion arrivò a Padova il giorno 18 e si presentò al comando di Tappa di detta città. Nel tempo che rimase prigioniero in Austria non fu mai punito e non ricorda di aver ricevuto torti da nessun inferiore, collega o superiore. All'atto della cattura non aveva con se fondi speciali appartenenti  alla Amm. Militare. Della 270° compagnia caddero prigionieri 11 capitano Alliata, il tenente Albona, il sottotenente Oderda, e del battaglione il maggiore Urbanis. Aspirante Oscar Bonomi

Wegscheid bei Linz - Traun
Il cimitero Militare Internazionale di Guerra si trova alla periferia della città di Linz, capoluogo della Regione dell'Alta Austria e già nel Comune di Traun che è situato nei pressi della stazione ferroviaria di Kleinmiinchen in località Wegscheid bei Linz. Nel cimitero Militare, costruito a fianco dell'allora campo di prigionia, vi sono sepolti 5.163 soldati di varie nazionalità. Nel riquadro italiano del cimitero Militare sono custoditi i resti mortali di 1.360 militari, deceduti in prigionia. Indirizzo Traun, Lessingstrasse 34

Volontario ciclista  

Ufficiale nel dopoguerra

 

....... I prigionieri di Pradis

 

I prigionieri di Pradis furono incolonnati ed avviati verso l'interno dell'impero austro-ungarico. Il trasferimento fu lungo e faticoso perché attraverso la pianura friulana e le montagne della Slovenia dovettero raggiungere Lubiana sempre a piedi (170 Km. circa) e senza mangiare. Qui furono caricati sui treni e portati a destino.

Con altri ufficiali mio padre fu destinato al campo di concentramento di Wegscheid bei Linz, nell’Alta Austria; dove scrisse le note che sono già state riportate più sopra. Il ricordo che conservava di quel lungo periodo di prigionia fu di fame e di freddo ma non di umiliazioni. Quel campo era riservato agli ufficiali e forse il trattamento ai prigionieri era un po' più signorile che non nei campi per la truppa, ma si ha ragione di credere che neppure ai soldati fossero inflitte umiliazioni gratuite, salvo magari qualche sfottitura da parte dei guardiani di bassa forza. Nulla comunque di paragonabile al calvario inenarrabile passato dai nostri soldati caduti prigionieri in Russia o nelle mani dei tedeschi dopo l’8 settembre '43. Fame però sì, e tanta.

Durante la prima guerra mondiale le comunicazioni tra familiari e prigionieri erano abbastanza rapide e frequenti e non così incerte o del tutto inesistenti come nella seconda, efficienti al punto che i prigionieri riuscirono qualche volta a spedire dei telegrammi a casa. Così il 7 dicembre, un mese dopo la cattura, arriva a Savona la notizia che il figlio Oscar era sano e salvo, anche se prigioniero. Possiamo immaginare la gioia della madre e della sorella che dovevano aver passato un mese d'angoscia e che immediatamente inviano un telegramma al padre presso l'intendenza di finanza di Bologna: 

 

Wegsheid bei Linz 29-1-18 - Carissimo Dedè, fino ad oggi non ho ancora nessuna notizia da parte tua; tuttavia ho la speranza di riceverne presto. Hai ricevuto il mio telegramma? Se fosse successa qualche disgrazia avvisatemi ugualmente. In ogni modo fa sapere a mamma e papà che oltre all’abbonamento del pane alla Croce Rossa mi mandino anche un po’di cioccolato, formaggio, salame, burro, pasta, minestre Maggi, riso e condimenti, frutta secca, sapone e biancheria. Fa coraggio a mamma e dille che non abbia alcun pensiero per me. Adalgisa cosa fa? Io sto bene come pure spero sia di voi tutti. Ricevi tanti affettuosi baci e saluti e credimi aff.mo fratello Oscar.

-BONOMI RAFFAELE PRESSO INTENDENZA FINANZA BOLOGNA SAVONA 146-18-7 -15H55 VISTATO OSCAR SCRITTO ESSERE PRIGIONIERO BUONA SALUTE INVIERA' INDIRIZZO BACI DA TUTTI BONOMI -

La famiglia si iscrisse immediatamente alla " Lega fra le famiglie dei prigionieri di guerra" in Bologna, il cui scopo era quello di alleviare le sofferenze dei prigionieri e i disagi che i familiari incontravano per inviare loro notizie e pacchi viveri. L’Italia era infatti un paese molto più favorito, dal punto di vista alimentare, che non l’Austria e tramite la Croce Rossa si potevano inviare dei pacchi di vettovaglie ai prigionieri di guerra. La Lega, dietro pagamento mensile di lire 7,50, si impegnava a fornire un pacco di 3 Kg. di pane ogni quindici giorni; il pane arrivava a destinazione dopo un mese o un mese e mezzo ed era secco come il legno, ma era comunque il benvenuto perché veniva divorato dopo essere stato immerso nella brodaglia che passava l'amministrazione del campo. Altri viveri o indumenti potevano essere spediti direttamente dai familiari passando attraverso la Croce Rossa Italiana, dopo aver ritirato una speciale tessera annonaria; non era gran cosa quello potevano mandare, tuttavia contribuiva a calmare un po' l’appetito dei prigionieri. Tutto questo via vai di notizie ed invio di pacchi avveniva passando attraverso la Svizzera che era neutrale e che confinava sia con l’Italia che con l’Austria. La corrispondenza era scritta su speciali cartoline postali approntate dalla Croce Rossa. E' commovente leggere come il nostro giovane aspirante cerchi di tranquillizzare i familiari dicendo di non preoccuparsi perché lui stava benissimo di salute, ma poi cedeva al bisogno e compilava lunghi elenchi di generi di prima necessità:

«ISPETTORE BONOMI RAFFAELE INTENDENZA FINANZA BOLOGNA BGL BRAUNAU BHM738 2628 10 PG VISTATO - PREGOVI INTERESSARVI SPEDIZIONE PANE BOLOGNA AMICO SOTTOTENENTE PIETRO MACCIONI ABBONATO GENNAIO MAI RICEVUTO NULLA BACI ASPlRANTE BONOMl OSCAR PG»

  Braunau (di Boemia) 18 -VI- 1918 - Carissimi genitori, il 16 giugno ho ricevuto un pacco di pane da Bologna: era un po’ammuffito ma l’ho trovato ottimo lo stesso. Ho anche ricevuto un pacco viveri da Savona col burro, 2 scatole di latte, 2 di dadi Maggi, 8 minestrine ecc.. Insomma c’era tutto tranne il lardo. Quando continuate a mandare pacchi ricordatevi anche della conserva e del formaggio da grattare. Metteteci anche un certo numero di scaldaranci che sono una specie di compresse circolari. Inviate pure guanti di lana, passamontagna di lana, sciarpe ecc. .perché bisogna cominciare a pensare anche all’inverno. Voialtri come ve la passate ? lo me la passerei meglio se avessi da fumare delle sigarette che spero mi manderete in certa buona quantità. Alla qualità non ci tengo, Qui di tutto ci vuole quantità. In salute sto benissimo. Ho ricevuto cartolina dai Siena, ringraziateli. Ricevete carissimi genitori tanti affettuosi baci e saluti e credetemi per sempre vostro aff.mo figlio Oscar. 8°A-36°Div.

Il campo era un normale campo di concentramento composto da baracche di legno circondate dal filo spinato. I prigionieri non dovevano lavorare, potevano passeggiare per il campo, ma più spesso se ne stavano rintanati in baracca, a letto, in modo da sentire meno freddo e meno fame. La disciplina era rigorosissima, come si conviene per un campo di prigionia, ma impostata sul metro della più rigida etichetta di stile ancora ottocentesco e improntata al più rigoroso rispetto reciproco, anche se molto formale. Tutte le gerarchie e i gradi militari continuavano a valere, pertanto i soldati ed i graduati austriaci erano tenuti a salutare militarmente gli ufficiali italiani i quali a loro volta dovevano salutare quelli austriaci di grado superiore. Un giorno un caporale austriaco passò davanti ad un tenente italiano senza salutare. Quest'ultimo lo redarguì richiamandolo ai suoi doveri al che l'austriaco disse che mai più avrebbe salutato uno sporco italiano, allora il tenente che doveva avere la testa un po' calda gli sparò un gran calcio nel sedere e scoppiò il finimondo. Sedato il putiferio, il comandante del campo punì il tenente con alcuni giorni di arresti di rigore, che in definitiva si riducevano a starsene da solo in una baracca invece che con i compagni, ma molto peggio andò al povero caporale che fu trasferito al fronte là dove più infuriavano i combattimenti.

Verso la fine di marzo (1918) il nostro aspirante insieme a parecchi altri tentò di fuggire sperando di poter tornare in Italia. Nel progettare la fuga disegnarono anche una carta dell'itinerario da percorrere: Linz, Salzburg, Bishofshofen, Innbruck, Landeck, nell'intento di riparare in Svizzera e di qui essere rimpatriati. Come potessero pensare di poter percorrere quasi 500 chilometri senza abiti borghesi e senza soldi e sperare di farla franca, non lo si capisce proprio. Naturalmente il tentativo di fuga fu sventato sul nascere ma ai fuggitivi non fu inflitta una dura punizione, infatti furono solo trasferiti in un altro campo più lontano dai confini con l'Italia: a Braunau in Boemia. Evidentemente la vicenda era stata considerata solo poco più di una monelleria. Il trasferimento avvenne in treno, un normale treno passeggeri, e senza scorta, con i prigionieri affidati unicamente alla sorveglianza di un anziano tenente richiamato alle armi. Costui, resosi conto che non poteva assolutamente garantire la sorveglianza dei prigionieri che erano una quindicina, li riunì e disse loro che se qualcuno fosse fuggito, cosa fattibilissima, lui avrebbe passato dei guai seri, pertanto li invitava, se erano dei veri gentiluomini, a giurare che non avrebbero tentato di scappare durante tutto il trasferimento; arrivati a destinazione poi, sarebbero stati considerati sciolti da ogni impegno al riguardo. Gli ufficiali prigionieri si misero sull'attenti e giurarono e il viaggio si svolse come un normale viaggio di cittadini civili.

  Braunau 21- VI- 1918 -Genitori carissimi, colla mente sempre rivolta a voialtri che mi avete voluto tanto bene, e solo ora purtroppo capisco che cosa siano i genitori per i figlioli " io non ho parole per ringraziarvi per quello che avete fatto e che continuate a fare per me. Tuttavia ho bisogno di seccarvi ancora con altre richieste da parte mia. Ho bisogno di una divisa,. mandatemela da truppa che acquisterete presso un deposito. I pantaloni larghi e comodi e la giubba quella normale. Inviate cappello e fasce perché del primo sono senza. ... censurato... censurato..  (passi censurati). Inviate pure passamontagna di lana, guanti, sciarpa, ventriera perché fa ancora freddo: cosa sarà durante l'inverno? Dicono che cadano più di qualche metro di neve. io in salute sto benissimo, ma me la passerei meglio se voi foste tanto compiacente di dire a mamma di mettere nei pacchi parecchie sigarette e qualche pacchetto di tabacco Maryland, lo capisco sono troppo petulante. Saluti per Tarchini. Ricevete carissimo babbo tanti affettuosi baci e saluti e credetemi aff.mo Oscar.

          

  Braunau 28 -8 -1918 -Babbo diletto, il 24 vi scrissi cartolina nella quale enumeravo il totale dei pacchi ricevuti, assommanti a 35. Ora vi prego di una cortesia. Io ho il desiderio di studiare un po’di più ( se quello che faccio si chiama studio!) e vorrei appunto qualche libro adottato dall’Università Bocconi per dare qualche esame al mio ritorno e tali sarebbero: storia e geografia commerciale e qualche altro libro di scienze economiche e commerciali. Se potete fatelo pure, In quanto a lingue ho cominciato l’inglese, cerco di migliorarmi nella tedesca e mi esercito nella francese. Quanto prima comincerò anche la spagnola, tanto avanti di tornare a casa, chissà quanto tempo ci vorrà, Rinnovando gli auguri a voi e ad Adalgisa ricevete carissimo babbo tanti affettuosi baci e saluti da farne parte a tutti e credetemi per sempre vostro aff. mo figlio Oscar.

Dopo la guerra ai battaglioni Gemona, Val Fella, Monte Canin venne conferita  la Medaglia d'Argento: Motivazione -
Per il fulgido valore e la granitica  tenacia dimostrata in condizioni  difficili, su cime impervie ed in mezzo  ad inenarrabili sacrifici, dai Btg Fella, Gemona e Canin riaffermanti ognora le virtù guerriere della forte gente friulana.
Carnia 24/5/1915-6/11/1917

A Braunau la permanenza fu ancora più dura che a Wegscheid. Un po' per il clima che era più rigido, tant’é che alla fine di giugno i prigionieri pativano ancora un freddo cane, ma soprattutto la fame. A causa del trasferimento e del cambio di indirizzo infatti, i pacchi dall'Italia subirono dei gravi ritardi mentre la già misera razione giornaliera che passava l'amministrazione del campo si ridusse sempre più fino a diventare praticamente inesistente. L’Austria e con essa l’Ungheria, la Boemia, la Croazia e tutti gli altri territori dell'impero, erano allo stremo in fatto di risorse alimentari e molti dei suoi abitanti morivano letteralmente di fame. Fu per questa ragione che in giugno sferrarono quella tremenda offensiva che avrebbe dovuto sfondare la linea del Piave e permettere loro di mettere le mani sulla pianura padana e sulle sue ricchezze agricole, e infatti dietro le divisioni di combattimento avevano organizzato degli speciali reparti di requisizione pronti a vuotare depositi e magazzini. Venne denominata la battaglia del solstizio e fu la più terribile combattuta sul fronte italiano perché per entrambe le parti era una questione di vita o di morte e così entrambe le parti misero in campo tutte le risorse materiali ed umane che avevano. Tornando al campo di Braunau, per esemplificare le disperate condizioni in cui si trovavano gli austriaci riporteremo un episodio altamente significativo ed umanamente drammatico. Un giorno il comandante del campo, un maggiore, chiamò gli ufficiali prigionieri più elevati in grado. Era molto provato ed esitante, poi disse che aveva due figli, due bambini ancora piccoli, e che non aveva nulla di che sfamarli, cosicché stavano per morire di fame. Ebbene, lui si vergognava profondamente di dover chiedere ai propri prigionieri, ma siccome i signori ufficiali italiani ricevevano dei pacchi viveri, domandava se potessero dargli qualcosa da sfamare un po' quelle due creature. Gli ufficiali presenti si guardarono costernati, comprendendo bene il dramma di quell’uomo che doveva umiliarsi a chiedere un poco di cibo al nemico vinto, poi dissero che avrebbero riferito a tutti gli altri e che qualcosa sarebbe stato offerto. Tutti si dichiararono disposti a privarsi di qualcosa, pertanto quando arrivavano dei pacchi, chi dava una pagnottella, chi un pezzetto di burro, una scatoletta di carne, una cucchiaiata di marmellata e i due bambini poterono sfuggire all'inedia. Occorre riconoscere che gli austriaci si comportavano tutti, dagli ufficiali ai soldati semplici, da perfetti galantuomini: quando arrivavano i pacchi e procedevano alla distribuzione, mai che abusassero della loro posizione e che sottraessero alcunché. A volte il pacco giungeva piuttosto malconcio e lasciava intravedere il contenuto: i soldati addetti alla distribuzione guardavano avidi e famelici ma mai che si azzardassero ad arraffare qualcosa. In quelle circostanze l’aspirante Oscar Bonomi si ricordò di una frase che suo padre gli diceva quando, ancora ragazzino, faceva il sofistico circa i piatti serviti in tavola:" Mangerai anche i pidocchi!". Era un rimbrotto, ma in quel campo di prigionia e in quei frangenti appariva una profezia. La Russia era completamente crollata come avversario e i prigionieri russi in attesa di essere rimpatriati, erano adibiti a manovalanza del campo e potevano uscire e rientrare per servizio. A volte riuscivano a procurarsi delle pagnotte di pane nero dai contadini dei dintorni, e per nasconderle le infilavano tra pelle e camicia, poi le barattavano con gli italiani contro sigarette e tabacco. Sulle pagnotte restavano fatalmente attaccati dei pidocchi, ma i prigionieri le pulivano alla buona soffiandoci su e le mangiavano senza fare troppo gli schizzinosi.

 

 

Braunau  5 -10 -1918 - Mio carissimo babbo, il 1-10 ricevetti vostro telegramma da Mantova riguardo Maccioni; divisa e cappello già ricevuti. Il 2-10 ricevetti cartolina mamma del 1- 7; vi del 1-6 e 25-8; il 3-10 una cartolina del 10-2 di Tarussio e una vi del 22-4 che mi è riuscita graditissima benché arretrata. In seguito ai pacchi ricevuti, la salute da diversi mesi è andata sempre migliorando, la cera è bella ed anzi sono un po' , ingrassato per il dolce far niente. Dite a mamma che non ho ricevuto fotografia della nipotina, avevo anzi chiesto anche (delle) vostre, quando ricevetti cartolina riguardo acquisto libri dico la verità mi sono commosso. Non vedo l’ora di tornare in Italia per ricomprare quelli che mi piacciono di più, rilegarli, allinearli in una libreria, leggerli, studiarli, ecco quello che amo fare al mio ritorno che spero sia vicino. La mia salute è ottima come spero sia pure di voi tutti. Auguri per le feste di Natale. Ricevete, carissimo babbo i miei migliori baci e saluti ed auguri da farne parte a tutti e credetemi sempre vostro aff.mo figlio Oscar.

http://www.pibond.it/memorie_e_scritti/favole_e_raccontini.htm

Chi stava peggio in fatto di appetito era un compagno di baracca di mio padre, un certo S. Tenente Pietro Maccioni da Nuoro del1 ° alpini, il quale pur essendo nelle liste degli iscritti alla Lega dei prigionieri non riceveva mai nulla e doveva patire una fame indiavolata, al punto che mio padre inviò al riguardo un telegramma per sollecitare delle ricerche. Per riempire quelle vuote giornate di prigionia l'aspirante scrive delle poesie, inoltre, dimostrando forza d'animo e sguardo al futuro pensa anche di potersi mettere a studiare qualche libro per sostenere, a prigionia ultimata, qualche esame presso 1’Università Bocconi, naturale proseguimento dei suoi studi di ragioneria. Il papà Raffaele si fa carico dei desiderata del figlio e scrive alla Università Bocconi per farsi indirizzare sull'acquisto di alcuni libri e questa risponde ma ormai è troppo tardi: è il 4 novembre 1918, giorno della firma dell'armistizio tra Italia ed Austria. L’ultima cartolina che abbiamo è datata 5 ottobre e indica che nulla ancora faceva presagire ai prigionieri l'imminente fine della guerra. La missiva è interessante anche perché dimostra che la corrispondenza era sì abbastanza frequente, ma che spesso sopportava dei disguidi enormi. Il 24 ottobre, esattamente un anno dopo l'attacco di Caporetto, il Comando italiano lancia la sua offensiva. Obbiettivo: oltrepassare il Piave e riconquistare almeno in parte i territori persi un anno prima. La battaglia è durissima ma già dopo i primi due o tre giorni il fronte austriaco comincia a vacillare e a disgregarsi. In realtà oltre il fronte si sta disgregando tutto L’Impero austro-ungarico sotto la spinta delle varie nazioni che, approfittando della crisi militare, vogliono diventare stati sovrani. Si stanno verificando diserzioni in massa, intere divisioni si ammutinano, gli ungheresi sono i primi a rifiutarsi di combattere, i croati si portano via la flotta, è tutto un marasma che si ingigantisce man mano che la pressione italiana aumenta; alla fine di ottobre gli austriaci chiedono di trattare un armistizio. II 4 novembre l'armistizio viene firmato.  I prigionieri non potevano sapere esattamente come stavano le cose, tuttavia intuirono che tutta l’organizzazione austriaca era in crisi, la sorveglianza diminuita, i carcerieri demoralizzati; così il pomeriggio del 2 novembre ruppero gli indugi e abbatterono i reticolati. Stranamente però non fuggirono subito, bensì se ne andarono a spasso per il paese di Melghorf ; la effettiva partenza per l'Italia avvenne il giorno 5. Dalla Boemia all'Italia a piedi la strada non è poca, tuttavia arrivarono al valico di Tarvisio in meno di una settimana. La confusione doveva essere veramente enorme: prigionieri italiani che cercavano di tornare a casa diretti verso sud, soldati austriaci sbandati diretti verso nord, reparti italiani che tentavano di farsi largo in mezzo a quel bailamme di uomini, di animali, di treni stracarichi, per cercare di portarsi il più avanti possibile. Fu per un caso veramente fortuito che mio padre incontrò Traverso, il cognato del fratello; 1’uno era diretto verso l’Austria da conquistatore, l'altro verso l'Italia da reduce. Il Traverso domandò a mio padre come stava a salute e a soldi: la salute andava abbastanza bene, quanto ai soldi non aveva un centesimo. Gliene diede il Traverso e il reduce entrò in Italia.  

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