I BERSAGLIERI E LO SPORT

CARLO ORIANI

Un bersagliere al Giro

 

 
     

  Carlo Oriani nasce a Balsamo (Cinisello) nel novembre del 1888 da famiglia non certo ricca (lo chiamavano "Pucia" dall’atto di pulire il piatto con la mollica) ma in bicicletta andava davvero forte. All'alba inforcava la bicicletta, anche con la nebbia e via sfide con quelli di Cinisello che andavano al lavoro. El Pucia non aveva rivali, ma mentre correva lavorava anche, a Sesto da muratore, tanto che nel circondario lo conosceranno come il campione di Sesto. I balsamesi pedalavano su bici costruite dall'artigiano locale Palladini mentre a Cinisello si correva con le Fumagalli. Le salite delle disfide erano "il Briansa o la Sirtori” e al 21enne Carlo in quel 1909 non passa nemmeno per la testa di rinunciare a quella nuova corsa che si prospetta partente da Milano (e ritorno) che chiamano Giro d’Italia. Si parte il 13 maggio (si corre il 16/18/20 /23/25/27/30 maggio) dal rondò di Loreto alle 2,53 di notte per coprire i quasi 250 km fino Bologna (sarebbero meno ma sicuramente hanno fatto strade improbabili: oltre 14 ore di corsa, si partiva col buio e si arrivava al tramonto con medie non paragonabili alle odierne: lampade accese fissate sui berretti o lampadine in tasca all’uopo. Non c'era assistenza e per ogni cosa ti dovevi arrangiare). Vi partecipano 127 corridori di sei squadre (la sua la Stucchi Pirelli). I favoriti tanti, lui non escluso che all’ippodromo di Bologna entra in testa finendo malauguratamente a terra e lasciando la vittoria a Dario Beni. Replica di errori nella Bologna-Chieti che va a Giovanni Cuniolo seguito da Luigi Ganna, classe 1883, uomo pericoloso. Nella terza tappa Chieti Napoli non si poteva dire che la fortuna fosse dalla sua. Quattro forature e un distacco di 51 minuti primi (11°) da Giovanni Rossignoli vincitore di tappa su Galetti e Canepari (ma si corre a punti e i distacchi non sono decisivi). La Napoli-Roma, una passeggiata a confronto di quanto fin qui corso, ma Ganna regola proprio lui, Oriani, in volata mentre gli altri arrivano per la prima volta staccati. A Ganna, il primato in classifica generale, che ora non perderà più fino a Milano.

Da notare che questa rivista di sport del 1884 non considera il ciclismo

   
  Si corre un’altra lunga tappa (346 km) da Roma a Firenze e Ganna mette un’altra volta gli avversari in fila. Firenze-Genova e Genova-Torino sono per Ganna di tutto riposo (vince a Torino alla penultima giornata della corsa dopo aver perso 13 minuti a Genova. A Milano, ai punti, Oriani coi suoi 71 si classifica 5° davanti a Ernesto Azzini e dietro Canepari, Rossignoli, vincitore morale se si fosse corso a tempo e Galetti. Un piccolo dramma si era consumato a 75 km dall’arrivo quando Ganna forava e i suoi diretti avversari, compreso Oriani, prendevano il largo staccandolo di 4 minuti. Un passaggio a livello chiuso a Casorate Sempione permise a Ganna di recuperare e la tappa si decise con una volata vinta dal romano Dario Beni, su Galetti e lo stesso Ganna. I passaggi a livello si rispettavano. La Gazzetta descrive, e non solo, decanta le gesta del giovane Oriani che nella tappa del 21 maggio (ma pensiamo sia quella del 20 la Napoli Roma) "contende, solo, la vittoria a Ganna imponendo il suo nome fra i grandi campioni della strada". Solo Oriani riesce, nella frazione, a raggiungere il varesino, "dopo un inseguimento accanito, ma non può strappargli la vittoria. Ganna è superbo: sente che è venuto il suo momento e morirà piuttosto che cedere. Ma ciò nonostante Oriani compie una corsa degna di ammirazione e di entusiasmo".

 

   

Ganna

  La descrizione dell'arrivo poi a Milano del primo Giro d'Italia all'Arena esalta la figura del vincitore, Ganna, ma non trascura gli altri protagonisti. Descrivendo la "passerella finale", la Gazzetta scrive:" intanto il plauso assordante delle migliaia di spettatori non cessa, e nel momento in cui le automobili pilotano a bordo Ganna prima e dopo altre con Beni, Galetti, Rossignoli, Azzini e Canepari per il giro d'onore le acclamazioni risuonano più entusiastiche che mai specialmente al passaggio di Oriani, che, col cappello piumato da bersagliere, compie il giro in bicicletta".
Del 1910 sappiamo poco di Oriani perche non ha squadra ed è ancora sotto le armi e per gareggiare deve sempre chiedere il permesso. Il giro è dominato da Galetti su Pavesi, Ganna e Corlaita. Nel 1911, 50° dell’unità d’Italia, il giro parte ed arriva a Roma. Oriani (Bianchi) è secondo nella tappa Torino-Milano e il giro va a Galetti (classe 1882) un’altra volta come lo andrà anche quello del ’12. Oriani è solo 11° in classifica generale e 14° alla Milano Sanremo ma per partecipare aveva dovuto prendere la solita licenza. Il giro del 1912 si corre a squadre e lo vince l'Atala, di Ganna (ritiratosi alla 5a tappa), Galetti, Pavesi e Micheletto, La classifica individuale a tempi, non ufficiale, vede primo Galetti con 100h.02'57". Quell’anno Oriani che è ritornato alla Stucchi vince in volata il Giro di Lombardia (
la prima grande vittoria della sua carriera) e l'anno seguente su cicli Maino si aggiudica il Giro, conquistando la testa della classifica al termine della dura tappa appenninica di Ascoli Piceno. Al parco Trotter di Milano, davanti a centomila spettatori entusiasti il suo trionfo. Ma prima di raccontare del giro un piccolo excursus sulle condizioni delle strade e dei mezzi sulle quali e con i quali si corrreva.
     
LE STRADE - Terra battuta e ghiaietto con polvere di frantoio in pianura; si mangiava polvere o fango. In montagna c'erano anche i sassi, ed era peggio. Se in buono stato, la strada bianca era migliore di una acciottolata tenuta male. Solo nel 1934/35 comparvero i primi pezzi di strada in bitume. Date le circostanze si montavano tubolari  pesanti anche mezzo chilo l'uno.

primo giro

 

 

Alla Milano-Sanremo del 1910, la scalata del Turchino avviene in mezzo al gelo e al nevischio. L’inviato del Corriere, Rossini descrive il passaggio dalla vetta del francese Eugène Christophe: “Bianco di neve, non aveva più figura umana. Il ghiaccio aveva formato strani contorni alla sua fisionomia. I baffi biondicci, spioventi, avevano addensato e rappreso uno strato di neve congelata” . I passaggi sul Turchino danno la misura della grandezza di quell'avventura: primo Van Hauwaert, secondo Christophe a 10 minuti, terzo Ernest Paul a 19, quarto Ganna a 22, quinto Pavesi a 28, sesto Albini a 36 minuti. Van Hauwaert si ritira. Al controllo di Voltri, Albini è in testa con 4 minuti su Ganna e 7 su Christophe; quest'ultimo, supera Ganna all'uscita dal paese, presto raggiunge e stacca Albini, che non oppone resistenza. A Savona, 190 km, Christophe è solo al comando della corsa con un quarto d'ora su Ganna. Davanti a lui ci sono ancora 100 km. Christophe arriva solo a Sanremo con il più grande distacco della storia. Alle sue spalle si salvano solo tre corridori: Giovanni Cocchi, secondo a 1h00′, Giovanni Marchese a 1h17′00″, Sala a 2h06′00″. Raggiungono Sanremo anche Ganna e Lampaggi, ma vengono squalificati: il primo è stato visto a bordo di una automobile, il secondo è salito sul treno già prima del Turchino, mentre Sante Goi giunge fuori tempo massimo. Christophe resterà per un mese in ospedale dopo la gara e impiegherà due anni a riprendersi in pieno. Ad un certo punto Christophe era entrato in un’osteria, ordinato un minestrone caldo, comprato della biancheria asciutta e pulita, un paio calzoni nuovi e ricominciato a scendere. Di 63 corridori partiti da Milano alla fine ne arriveranno a Sanremo solo sette. ma gli ultimi 3 non contano

LE BICICLETTE - La bici pesava quasi 20 kg. Il primo manubrio in alluminio si vide nel '36, ma molti continuarono a montare quello in acciaio. Fino al 1937 i cerchi erano in legno. Parallelamente allo sviluppo del telaio e della trasmissione a catena, in Francia i fratelli Andrè e Eduard Michelin, produttori locali di articoli in gomma, ebbero l'idea di dividere il pneumatico in due parti: un tubo in caucciù munito di una valvola, inserito in un altro tubo più spesso e resistente, facilmente smontabile dal cerchione. Per riparare una gomma forata, dunque, bastava estrarre la camera d'aria e rappezzarla o sostituirla con una nuova. Il tutto rigorosamente da solo, pena squalifiche.

Il Giro d'Italia 1913 venne anticipato al 6 maggio in nove tappe dal 6 al 22 (si correva un giorno si e uno no ormai da anni per recuperare forze), per un percorso totale di 2932 km. Su 99 partenti, arrivarono al traguardo finale in 34. La classifica sempre a punti. Gli uomini da battere gli Azzini, Pavesi, Ganna, Rossignoli e un certo Girardengo agli esordi. Oriani, che corre ora su Maino, è secondo nella Roma-Salerno, 3° nella Bari-Campobasso e di nuovo 2° nella Ascoli Piceno-Rovigo dietro il compagno di squadra Lauro Bordin* e nella Rovigo-Milano. La sua regolarità gli da il titolo con 37 punti davanti a Pavesi (6 punti), Giuseppe Azzini (11), Pierino Albini, Luigi Ganna e il 20enne Girardengo in squadra con lui. Non ha vinto tappe.

     

  *E di quella tappa Bordin diceva… Da Ascoli il via avvenne all’una dopo mezzanotte. Vento e grandine’investirono’ i corridori verso Ancona, poi …sole e polvere a rendere asfissiante la traversata della Romagna. Oriani, il suo capitano e primo in classifica davanti a Pavesi, cadde e …addio Giro d’Italia, pensava Bordin. Ma Oriani poi si riprese e ‘la sua squadra’ dopo essere rientrata sui primi a Bologna, a 15 km dall’arrivo prese la testa e …non la mollò più... quando imboccammo l’anello dell’Ippodromo di Rovigo le forze si moltiplicarono alle grida dei 30.000 spettatori che in coro mi incitavano a vincere. A 400 metri dall’arrivo un urlo solo:"Forza Lauro". E Lauro raccontò poi che …gli parve di aver volato sin sul traguardo. Fu portato in trionfo , vittorioso tra i suoi polesani: e la soprano Gargiulo gli offrì la palma della vittoria.
     
Altri risultati
1908 3° nella Tre Coppe Parabiago
1909 2° nella Coppa del Re
1912 2° nella Coppa Pasquali di Ferrara
1914: 12º Milano-Sanremo
1914  23° Lombardia
1915: 12º Milano-Sanremo
  Alla vigilia dei grandi appuntamenti agonistici, i suoi tifosi, quelli più caldi, amavano ripetere:" Che crepa la vacca, ma che 'riva el Pucia". Che, tradotto, voleva dire: "Che muoia pure la mucca, ma che vinca il Pucia". Per quegli anni, immersi ancora nella civiltà contadina era una frase molto forte, da ultras della bicicletta. Nel giro del 1914 Oriani è costretto a ritirarsi dopo il 3° posto alla Lucca Roma (430 km la tappa più lunga mai disputata) vinta da Girardengo. C’è un altro bersagliere in Corsa Lucotti che alla fine sarà 3° dietro Albini e Calzolari. Il giro del '14 fu anche chiamato il Giro del diavolo. Dopo ci sarà solo la guerra.
     

La Bianchi da corsa degli anni di Oriani

  Purtroppo la Grande Guerra interrompe bruscamente la sua carriera. Carlo Oriani viene chiamato nei bersaglieri ciclisti e nel 1917, il 3 dicembre, muore all’ospedale di Caserta per i postumi di una broncopolmonite presa nell’attraversare a nuoto il Piave, ma più probabile il Tagliamento, durante la ritirata di Caporetto (chi dice anche che doveva far saltare un ponte) o atto di eroismo per salvare un commilitone ?, avvolto un po' nella leggenda e dai confini incerti mai definiti, che gli affrettò la fine, costringendolo a essere portato con una tradotta all'ospedale di Caserta al sole del sud dove morì. Acqua, freddo e soprattutto la mancanza di antibiotici, fecero la differenza nella polmonite. La moglie riuscì, appena in tempo, a raggiungerlo prima che spirasse. Secondo altri i fatti potrebbero essere andati così: El Pucia era un portaordini e aveva a disposizione una bicicletta da bersagliere con le gomme piene e quando capì che non c'era più molto da fare saltò sulla sella e iniziò a pedalare. "El Pucia – scrive Ezio Meroni in "Una stella per lo sport - l'ha ciappâ la sua bicicletta, l'ha sullevada de terra e l'ha cuminciâ a 'traversà el Piave a pee. Quand l'acqua la gh'è rivada ai spall, l'ha sbattù püssè luntan pussìbil la bicicletta, che l'è andada a fund come un sass".
     

  Il funerale si fece a Sesto San Giovanni affollato come esequie di Stato. Il bersagliere ciclista Oriani oggi riposa a Sesto nel cimitero vecchio, quello che accoglie i grandi della città, i sindaci e gli assessori del dopoguerra, i parroci e i caduti delle Guerre.

GIRO 1914, IL PIÙ DURO DI TUTTI
Quei temerari delle macchine a pedali
Paolo Facchinetti
Il Giro d'Italia 1914, sesta edizione della "Corsa Rosa" (ma la maglia rosa venne introdotta ani dopo) , si svolse in 8 tappe dal 24 maggio al 7 giugno, per una lunghezza complessiva di 3.162 km, e fu vinto da Alfonso Calzolari. Fu l'ultimo Giro disputato prima dello scoppio della Grande Guerra ed il primo disputato con classifica generale a tempi anziché a punti. È ricordato come il Giro più duro dell'epoca eroica del ciclismo. Oltre a cinque tappe su otto oltre i 400 km (e la lunghezza media di tappa più alta di sempre), nel 1914 ci furono: la tappa più lunga mai corsa al Giro, la Lucca-Roma vinta da Costante Girardengo; la velocità media più bassa, 23,374 km/h; il distacco più alto sul secondo (1 ora, 55 minuti e 26 secondi di vantaggio); il maggior tempo di percorrenza di una tappa, 19h 20' 47" nella Bari-L'Aquila; il minor numero di corridori al traguardo finale, 8 su 81 partiti.
Contro ogni pronostico una “santona” bolognese - la Sampira - aveva consegnato a (Al)Fonso Calzolari una profezia incredibile: “Vincerai il Giro d’Italia, ma prima dovrai patire molte sofferenze e correrai grandi rischi...”. Il Giro 1914, il primo con la classifica a tempi, fu il più duro di sempre. Partirono in 81 e arrivarono in 8. Le proibitive condizioni atmosferiche, le strade dissestate, la lunghezza delle tappe (in media 400 km ciascuna) via via costrinsero alla resa i campioni del “ciclismo eroico” come Ganna e Galetti, Petit Breton e Girardengo, Gerbi e Oriani. Come aveva predetto la veggente trionfò a sorpresa il bolognese Alfonso Calzolari, nonostante gli agguati, le intimidazioni e le scorrettezze di avversari senza scrupoli: a tanto aveva portato la feroce concorrenza fra le aziende produttrici di biciclette. Questo è il racconto di quella storica impresa, di quel memorabile Giro.
     
    IL TEMPO DEI FRENI

bici d'epoca http://www.youtube.com/watch?v=Si30QeClcvU 

  Ernest Monnington Bowden (1860 to April 3, 1904) was an Irishman who invented the Bowden mechanism.
He lived at 35 Bedford Place, London, W.C..His first patent was granted in 1896. The principal element of the Bowden cable is a flexible tube containing a length of fine wire rope that could slide within the tube, directly transmitting pulling, pushing or turning movements on the wire rope from one end to the other without the need of pulleys or flexible joints. The cable was particularly intended for use in conjunction with bicycle brakes. The Bowden Brake was launched amidst a flurry of enthusiasm in the cycle press. Sir Frank Bowden, the founder and owner of the Raleigh Bicycle Company was reputed to have started replacing the rigid rods used for bicycle brakes with a flexible wound cable around 1902. This may be the reason why the invention of the Bowden cable has been popularly attributed to him. It is reported that "on 12th January 1900 E. M. Bowden granted a licence to The Raleigh Cycle Company of Nottingham", whose directors were Frank Bowden and Edward Harlow. At this signing they became members of 'E. M. Bowden's Patent Syndicate Limited'. The syndicate included, among others, Richard Henry Lea and Graham Ingoldsby Francis of Lea-Francis, and William Riley of the Riley Cycle Co. The Raleigh company were soon offering the Bowden Brake as an accessory, and were quick to incorporate the cable into handlebar mounted Sturmey Archer (in which they had a major interest) gear changes. Undoubtedly this is why E. Bowden and F. Bowden are sometimes confused today.

I freni Spoon, sono i freni più antichi in assoluto per la bicicletta e sono caratterizzati dall'azione diretta del freno sul pneumatico della bicicletta. Questo da solo o in combinazione con altri costituì per molti anni l'unica risorsa frenante per chi si lanciava nelle discese. Ma la maniera di fare le discese allora non era confrontabile con quella odierna su una bici leggera su strade levigate e larghe e con freni a disco.

     

Freni Coaster: Inventati nel 1898 noto anche come freno posteriore (o siluro in alcuni paesi), è un tipo di tamburo integrato nei mozzi della ruota libera. Il freno entra in funzione, dopo una frazione di una rivoluzione. I freni a contropedale hanno il vantaggio di essere protetti dalle intemperie e quindi di agire bene sotto la pioggia o neve, indenni dal fango. I freni coaster generalmente senza bisogno di manutenzione diventano più complicati per le riparazioni. Altro aspetto negativo la insufficiente dissipazione del calore sulle lunghe discese.

 

Quella di frenare è una esigenza nata con la bicicletta, anzi con ogni cosa in movimento che necessitasse, in caso di emergenza, di una repentina frenata. Tutti ricordano le diligenze del Far West con un'asta a fianco del conduttore e, operando con questa, si spingeva due zatteroni sulle ruote anteriori a diretto contatto con l'acciaio (cerchione della ruota). Efficace ? meglio di niente.

 

TRENI E FRENI

Dal sito marklin fan club riassumo I primi sistemi erano piuttosto rudimentali. Frenare un treno significa frenare contemporaneamente tutti i vagoni del convoglio. C'era dunque la necessità di collocare su ognuno di essi degli addetti, chiamati "frenatori" che riconoscessero da fischi della locomotiva il comando di frenata. Verso il 1850 i progressi furono sufficienti a consentire l'inserimento di vagoni non frenati all'interno dei convogli, nonché l'affidamento della frenatura di due vagoni contigui a un solo addetto (coi relativi rischi per saltare da una all'altra carrozza). Sebbene il sistema fosse ritenuto sufficiente, dopo il 1860, tuttavia, si riconobbe la necessità di un perfezionamento. Dapprima venne introdotto un gran numero di frenatori. Ma occorreva sempre risolvere il problema matematico del calcolo del numero di vagoni frenanti, dal momento che bisognava tenere conto del peso del convoglio (vagoni carichi e non) e del profilo della linea. Un regolamento preciso determinò quindi il numero esatto di vagoni frenanti affinché ogni treno potesse fermarsi in qualsiasi caso entro un limite di 800-1000 metri.... Dopo il 1870 alcuni incidenti costrinsero ben presto le compagnie ferroviarie in Europa ad adottare il freno detto "continuo" (installato su tutto il treno), funzionante ad aria compressa e comandato direttamente dal macchinista. I freni americani Westinghouse che risolsero il problema. Se questo non poteva essere replicato sulle bici il primo invece lo poteva (vedi foto a sx) comandato a bacchetta o in seguito col filo Bowden. Un altro tipo di frenatura era la contropedale sul mozzo posteriore.

 

Coaster brakes. First invented in 1898, the coaster brake, also known as a back pedal brake or foot brake (or torpedo in some countries), is a type of drum brake integrated into hubs with an internal freewheel. Freewheeling functions as with other systems, but when back pedaled, the brake engages after a fraction of a revolution. Coaster brakes have the advantage of being protected from the elements and thus perform well in rain or snow. Though coaster brakes generally go years without needing maintenance, they are more complicated than rim brakes to repair if it becomes necessary. Coaster brakes also do not have sufficient heat dissipation for use on long descents
Torna all'indice di carneade

   

Torna all'indice