La storia è racconto attraverso i libri  

Il primo testo che accompagna la presentazione è in genere quello diffuso dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati. Se non diversamente indicati sono del sito.

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LA GRANDE GUERRA IN ALTA VAL DEGANO

di PierLuigi Giampaoli

Aviani & Aviani Ed. Udine www.avianieditore.com

 

Premessa - Presentazione

Non scrivo nulla di originale. Ho scopiazzato a destra ed a manca per fare quella che oggi chiamano "ricerca" ed ho aggiunto pochissime confidenze ascoltate quando non esistevano i registratori; i primi registratori erano troppo voluminosi ed insospettivano gli schivi interlocutori locali. Oramai quegli interlocutori, che furono testimoni perché assoldati a scavar trincee o a costruire strade in questa valle, furono poi inviati a combattere in altre valli ed ora non ci sono più. È quindi giocoforza ricorrere a quanto è già stato scritto.
Ho pertanto attinto dai pochi scritti esistenti sulla zona che comprende il Sottosettore Alto Degano, dal Peralba al Coglians, aggiungendo alcuni avvenimenti dei limitrofi Sottosettori Visdende e But che hanno inciso sul Sottosettore Degano - con travasi di truppe, sia nostre che austroungariche - o con concorsi in operazioni in ambienti assimilabili più a quelli dell'Alto Degano che a quelli dell' Alto But.
Ma degli avvenimenti nei Sottosettori Visdende e But esiste una maggiore raccolta libraria, diari e appunti perché vi combatteva gente locale, cadorini o camici, mentre in Val Degano combattevano reparti alpini piemontesi, bersaglieri e fanti di ogni regione e gli scritti dei loro ricordi sono dispersi nelle case di tutta Italia. Per cui mi sono rivolto nella ricerca principalmente ai "Diari Storici" dei Reparti che hanno vissuto in zona. I "Diari Storici" sono scritti a mano, con una grafia a volte discreta, bella o pessima a seconda delle condizioni del momento - nemico ed atmosfera - così pure la descrizione a volte è telegrafica, a volte scorrevole. Si passa dalla descrizione dei fatti dal passato al presente, con l'effetto di vivere intensamente l'avvenimento descritto. E, come succede generalmente, lo scritto talvolta è influenzato dalla visione del Comandante. Da ambo le parti se un contendente occupava una cima, l'altro scriveva di aver occupato l'anticima (anche se di parecchie centinaia di metri più in basso e certamente non anticima); i colpi di artiglieria amici erano efficacissimi e provocavano gravi danni, quelli della parte avversa invece non provocavano quasi mai danni ed erano poco efficaci. A volte i nomi delle località sono talmente storpiati da essere irriconoscibili per le tante somiglianze dialettali nel raggio di pochi chilometri. Pertanto l'interpretazione dei diari presuppone una ottima conoscenza dei luoghi. Ma non basta. Neanche un conoscitore a volte riesce ad interpretare o a trovare la località che ha cambiato nome da molti anni.
Lo scopo del libro è unicamente quello di raccogliere il maggior numero di notizie riguardanti la Grande Guerra nell' Alta Val Degano per tramandare con facile lettura gli avvenimenti storici di questa area, così dimenticata, in cui la guerra si svolse in un ambiente particolarmente ostile per le asperità del terreno ed il clima.....

Il col. Pierluigi Giampaoli è nato a Buja (Ud) il 21/6/1941. LA NEVICATA
 Dopo aver frequentato fino alla seconda elementare la scuola di Codesio a Urbignacco, si è trasferito a Roma con la famiglia, dove nel 1959 ha conseguito la maturità classica.
Nell'ottobre dello stesso anno è entrato alla Accademia Militare di Modena dove ha frequentato il 160° corso e successivamente la Scuola di Applicazione d'Arma di Torino. Ha partecipato al corso di specializzazione per le Truppe Alpine presso la Scuola Militare Alpina di Aosta ed i corsi di sci e roccia, ottenendo la qualifica di Istruttore Militare di Sci.
Nell'ottobre 1963 è stato assegnato alla 72a compagnia del btg. Alpini Tolmezzo a Venzone, dove ha comandato il plotone ottenendo ottimi risultati nelle valutazioni delle prove a fuoco.
Trasferito al btg. Alpini Mondovì 11a cp. a Forni Avoltri, ha comandato il plotone fino all'autunno del 1966, ottenendo altrettanto brillanti risultati nella valutazione delle prove a fuoco dei plotoni. Ha partecipato al soccorso delle popolazioni della Val Visdende nell'alluvione del 5/9/1965.
Ha comandato dal 1966 al 1978 le seguenti cp.:
· 11a cp. fucilieri a Forni Avoltri organizzando i soccorsi alla popolazione e contribuendo a portare in salvo il patrimonio faunistico della Stalla Sociale e alle ricerche delle persone mancanti, il 4 novembre 1966
· La compagnia Comando Reggimentale 2° Alpini a Cuneo.
· La 71a compagnia fucilieri btg. Gemona a Pontebba.
· La 167a compagnia Mortai btg. Cadore a Tai.
· La 264a compagnia Alpini Arresto "Val Cismon" a Santo Stefano di Cadore.
Ha partecipato alle operazioni anti terrorismo in Alto Adige, svolgendo turni alla diga di Val Daora a San Candido, ma soprattutto a Luttago in Val Aurina. E stato vice comandante del btg. Tolmezzo a Paluzza e comandante per 5 mesi. Ha comandato il distaccamento della Brigata Alpina Julia di Sappada dal 1981 al '83 e dal 1984 al '86 il btg. Val Brenta a Brunico. Infine, trasferito a Udine, al Comando Brigata Alpina Julia, ha seguito l'addestramento e si è occupato del servizio Meteomont e delle valanghe, inviando all'Istituto Geografico Militare le carte delle valanghe delle tavolette di Forni Avoltri, Monte Coglians, Val Pesarina e Comeglians. Ha ottenuto la laurea di Dottore in scienze strategiche presso l'Università di Torino. E’ stato presidente dell' A.S.M. Coglians nel biennio 1983-84. E stato responsabile dello sci da fondo del Comitato Carnico Giuliano della FISI nel biennio 1989-90.
Presidente della Sezione Carnica dell' A.N.A. dal 1990 al '99. È stato per vari anni Vice Presidente della sezione C.A.I. di Forni Avoltri. Si è dedicato alla ricerca di reperti e manufatti della Grande Guerra nel territorio del Comune di Forni Avoltri , contribuendo al nascita del Museo "Forni Avoltri nella Grande Guerra".

L' 8 novembre calò sulle Alpi il pieno inverno con tutti i suoi rigori, che imposero una tregua alle operazioni militari. La neve seppellì le trincee, bloccò i camminamenti e le strade. I muli affondavano fino al petto ed i loro giornalieri trasporti si interrompevano, così i viveri, le munizioni ed j materiali arrivavano in trincea solamente a spalla. Parte della compagnia Volontari fu scaglionata lungo le mulattiere per spalare la neve ed aprire la pista, mentre gli altri Volontari si concentrarono a Bordaglia di sotto. Da qui ogni notte, spingendosi sulle pareti occidentali del M. Volaia, sorvegliavano il vallone del Rio Volaia trasformato dalla neve e dalle valanghe che ininterrottamente vi si accumulavano, in un largo corridoio, che invitava gli sciatori austriaci a tentare, con rapida discesa, incursioni nelle nostre linee. Per 13 giorni, perdurando il maltempo, gli uomini del presidio di Spina Pasce, non potendo essere riforniti di viveri, si ridussero a mal partito. Due Volontari Alpini, nel generoso tentativo di portar loro un sacco di pane, precipitarono dalla parete nel sottostante vallone di Bordaglia. Il soffice tappeto di una recente nevicata li salvò. I compagni accorsi riuscirono, dopo immani sforzi, a portarli felicemente dentro le nostre linee. Il maltempo riprese con violente bufere di neve. Nevica otto giorni di seguito ininterrottamente. Le falde si accumulano alle falde e lo strato della neve si alza a vista d'occhio. Le montagne si gonfiano, aumentando di altezza e prendendo un aspetto uniforme. Lavine di neve e sassi precipitano nei canaloni spazzando via i ricoveri e seppellendo quanti soldati il destino ha fatto trovare sul loro passaggio. Tutti i combattenti delle Alpi vivono sotto l'incubo delle valanghe ed ogni rimbombo della valle dà loro una stretta al cuore, con l'angoscia di sentire l'urlo dei compagni travolti. Le mulattiere ed i sentieri scompaiono. Non si tenta neppure più di aprirvi una pista. In qualche punto si passa attraverso gallerie scavate nella neve. Causa le difficoltà dei rifornimenti, il presidio di Spina Pesce viene ridotto ad un ufficiale e 5 uomini. Si danno il cambio Volontari della compagnia di Gemona ed alpini del 3° Reggimento (btg. Alpino Val Dora). Quei sei uomini sono attaccati alla vita solo dalla speranza e dalla loro indomabile volontà. Notte e giorno lottano con l'impraticabilità del luogo, col nemico, col freddo, con le valanghe col sonno e, talora, con la fame. Tesi in uno sforzo continuo, senza riposo, sono costretti giorno per giorno, ora dopo ora a conquistarsi la vita. Sfogliando il diario della compagnia in questo periodo, al 5 dicembre 1916 e per sei giorni di seguito leggiamo sempre la stessa nota: neve, neve, neve e vento, neve e tormenta. La guerra sulle Alpi resta così sepolta nella massa grigia della neve. I soldati si muovono, lavorano, dormono, vegliano, combattono e muoiono nella neve. Innumerevoli provvedimenti si devono adottare contro il freddo; i Volontari non trascurano nulla e così non dovranno lamentare alcun caso di assideramento. A Spina Pesce non si può più salire. Al piccolo presidio non arriva più da mangiare, il dilemma è morire sfiniti sulla posizione o scendere. Il 6 dicembre giunge dal Comando della Zona Carnia l'ordine di lasciare la posizione e di ricoverare gli uomini nelle ridotte di Casera Bordaglia. Quei valorosi si preparano in silenzio con lo strazio nel cuore. Quelle rocce, bagnate dal sangue generoso dei loro compagni caduti, erano diventate sacre per essi, mentre il nemico, una volta lasciato l'avamposto avrebbe potuto occuparlo rendendo vano il sacrificio di tante vite. Fissata per un capo la corda e gettato l'altro lungo la parete, calano prima gli zaini, gli attrezzi, le munizioni. Poi quando tutto l'equipaggiamento è al sicuro, messo il fucile a tracolla vengono giù anche loro. Scendono ad uno ad uno nel vuoto aggrappati alla corda diaccia. Per ultimo scende l'ufficiale. Nevica.

Diario di Mussolini – I ciclisti sulle vette della Carnia

- 27 Marzo 1916 - Da Rigolato a Forni Avoltri ci sono 7 km. e mezzo di strada maestra. A Forni c’è il comando del mio battaglione. Lungo la strada, il solito movimento delle retrovie: biciclette, carri, camions. Incontriamo una piccola automobile della BRC inglese, guidata da uno chauffeur coll’inevitabile pipa corta in bocca (Era un piccolo distaccamento che dipendeva da Tolmezzo). A Forni, dove giungiamo verso le 11, ci dicono dove si trova la mia compagnia. Ci mettiamo al seguito della colonna dei muli che portano i viveri. Di rimarchevole a Forni non ho visto che un palazzo delle scuole elementari, quasi grandioso. Siamo una decina di bersaglieri: con noi l’aspirante ufficiale Baldesi, toscano. Tre ore di marcia lungo una mulattiera che attraversa un’abetaia così folta, che impedisce al sole di giungere a terra. A quota 1576, alla destra del torrente Bordaglia, che nasce dal laghetto omonimo, trovo il 1° plotone della mia compagnia (33° btg dell'11° reggimento). Sono arrivato. Il plotone è ricoverato- insieme con altri bersaglieri ciclisti del 10° - in una baracca di legno a tre piani. Di fianco c’è la cucina e uno sgabuzzino, sulla cui porta sconnessa sta scritto pomposamente: Sala convegno per fumatori. C’è il fumo, ci sono i fumatori, ma quanto alla sala è un’esagerazione. La stanchezza mi concilia rapidamente il sonno.

- 3 Aprile. - Grande sole. Stamani nella solita «ricognizione» ci siamo spinti ancora più in là. Erano con me i caporali Pietroantonio, un giovane abruzzese tornato dall’America per fare il soldato, e Serrato Antonino, un valido e animoso siciliano del distretto di Cefalù. Verso le 11, l’artiglieria nemica ha battuto con granate shrapnels le nostre posizioni della Selletta fra il But e l’Ombladet. Le granate, scoppiando, schiazzavano di nero la neve. Pomeriggio di silenzio alto, interrotto soltanto dal rombo delle valanghe. Le quali non sono le valanghe dirò così -classiche- che si formano col « sasso che dal vertice» rotola giù nella valle. Sono, invece, grandi strati di neve che slitta dai costoni più ripidi, per effetto del vento o del peso della neve stessa. Qua e là, la montagna comincia a mostrare le sue rocce. È la primavera? Un tenente del battaglione ciclisti mi regala, come suo ricordo, una fotografia delle posizioni del Passo di Giramondo e del Volaja. Ieri, mentre gli alpini operavano il «cambio » dei piccoli posti in Bordaglia Alta, furono scoperti dalle vedette austriache. Tre morti dei nostri sono caduti nel camminamento, fra la neve."

- 4 Aprile.- Ricognizione mattutina al valico del Volaja. - Erano con me il tenente Santi e tre alpini della “compagnia volontari alpini”. Indossavano il camice bianco. Questi volontari sono in gran parte carnioli e friulani. Gente del paese. Di tutte le età. Di tutte le condizioni sociali. Sbarrando i passi ai confini d’Italia, essi difendono le loro case, le loro famiglie, i loro villaggi che sarebbero i primi a subire le violenze dell’invasore. Gente simpatica. Siam giunti al laghetto di Bordaglia (da Forni con strada forestale verso Nord), completamente gelato. Dal laghetto ha origine il torrente omonimo che si getta a Pierabech nel Fleons o Degano, dopo aver ricevuto, come confluente, il Volaja. Il tenente Santi - che oltre ad essere il mio superiore, è un mio amico carissimo - ci ha fatti sostare per alcuni minuti in posizione conveniente per vedere, senza essere visti, le linee nemiche. Col binocolo si vedono benissimo, anche nei dettagli, i «blockhouses» austriaci che presidiano il Passo di Giramondo. Il tenente Barnaba, territoriale, della compagnia dei volontari alpini, è stato lieto di incontrarmi, e ci ha offerto un sorso di cognac.

I VOLONTARI ALPINI

pag 318... È più che giusto e meritato prendere in particolare considerazione le gesta della Compagnia Volontari Alpini Gemona per quanto hanno saputo fare in questa Regione. Non esiste allo SME un diario storico della compagnia. Immediatamente dopo la fine della Grande Guerra il Ten. Col. Raffaele Marconi dopo accurata ricerca ed avvalendosi della testimonianza di alcuni superstiti compilò una copia dattiloscritta di 75 pagine conservata dalla famiglia del Volontario Alpino Castellani.
Sul periodico della Sez A.N.A. di Udine "Alpin jo mame" è comparsa in sintesi la STORIA E GESTA DELLA COMPAGNIA VOLONTARI ALPINI DI GEMONA, che trascrivo parzialmente e con qualche aggiunta in quanto è uno dei pochi scritti su questa zona del fronte.
"Nei primi anni 1900, con l'acuirsi delle spinte nazionaliste in Europa, che porteranno alla Prima Guerra Mondiale, negli ambienti universitari e studenteschi dell'Italia settentrionale, sorsero alcune formazioni paramilitari, tra cui il Corpo Volontari Alpini, con lo scopo di preparare i giovani alla vita militare.
Il 16 febbraio 1908 la legge n. 49 ne decretò l'esistenza ufficiale. Nel 1912 sorse la Compagnia Volontari Alpini Gemona-Cividale che raccoglieva cittadini al di sopra dei 16 anni, liberi da vincoli militari, e residenti nei mandamenti di Gemona e Cividale. Il comando della compagnia venne affidato il 15 maggio 1914, su autorizzazione del Ministero della Guerra, al Tenente dell'8° Alpini in congedo Bulfardo Gropplero di Troppenburg, di Gemona. Si riunivano la domenica mattina per l'attività di addestramento al tiro, esercitazioni tattiche lungo il torrente Vegliato ed addestramento alla marcia in montagna. Nello stesso anno il Ministero della Guerra chiese a tutti i componenti della compagnia la dichiarazione che in caso di guerra avrebbero assunto servizio volontario. Per i minorenni era previsto il consenso dei genitori, e molti, nel timore non venisse loro concesso, falsificarono la firma pur di rimanere nei ruoli. La Compagnia Volontari Alpini venne quindi riconosciuta dal Ministero ed entrò nei ruolini di mobilitazione dell'8° alpini tra i reparti da costituire in caso di guerra presso il centro di mobilitazione del btg. "Gemona". Un gruppo analogo, costituitosi nel mandamento di Cividale, fu assegnato anche esso alla Compagnia Volontari di "Gemona" che raggiunse una forza complessiva di circa 150 uomini, per i quali vennero dati in carico al Centro di Mobilitazione del btg. "Gemona", fin dal 1914, l'equipaggiamento ed i materiali. Cappella all'ex cimitero di Pierabech
Dal 3 al 15 maggio 1915 la compagnia, richiamata per ordini superiori, venne sottoposta all'esame per l'impiego in guerra e dichiarata idonea. Il 23 maggio 1915 al Tenente Gropplero giunse l'ordine di mobilitazione dei volontari, che si presentarono alla caserma Piovega di Gemona con sollecitudine, ma vennero inviati a casa i ragazzi al di sotto dei 18 anni con gran disappunto degli interessati. Una 70ina furono selezionati ed inviati a Maniaglia per l'organizzazione del reparto, e completare l'equipaggiamento. il Tenente Gropplero fu destinato ad altro incarico ed il comando del reparto venne provvisoriamente assunto da un sottufficiale. Dopo aver sfilato per le vie di Gemona tra l'entusiasmo generale, la compagnia il 29 maggio raggiunse Tolmezzo in ferrovia e qui si accantonò per circa due settimane onde perfezionare l'addestramento, al termine del quale venne passata in rassegna dal Comandante la Zona Carnia Gen. Lequio.
Il 12 giugno con una marcia di 28 km. raggiunse Rigolato destinata al Sotto settore Val Degano in qualità di riserva. Il 15 giugno raggiunse la zona di Pierabech ed i volontari furono impiegati con compiti di sorveglianza e di costruzione di posti di sbarramento nella Valle di Fleons. All'inizio di agosto partecipò, sempre come riserva, alla sfortunata azione per la conquista del Passo di Sesis e del Peralba. Rimase sempre in attesa dell'ufficiale comandante e proseguì il suo compito in prevalenza logistico e di lavoro a favore dei reparti in linea. Durante la stagione invernale la compagnia si accantonò a Forni Avoltri. Recava gli ordini ai reparti in prima linea, e riconosceva itinerari e terreno che sarebbero serviti poi. All'inizio del 1916 il comando fu assegnato al Ten. Nino Barnaba di Buja, discendente da antica e nobile famiglia che con Domenico, Pietro e Barnaba aveva partecipato con onore alle lotte risorgimentali. Il fratello Pier Arrigo, ufficiale del btg. "Gemona" e poi del "Val Fella", dopo la ritirata di Caporetto si fece paracadutare nel Friuli invaso per trasmettere notizie al comando; il primo Alpino Paracadutista per questa rischiosa operazione venne decorato di M.O.V.M.
Il 17 marzo 1916 arrivò l'ora anche per i Volontari: sotto una fastidiosa tormenta di neve, la Compagnia Volontari Alpini Gemona-Cividale raggiunse il Monte Navagiust per dare il cambio alla 81a cp. del btg. Dronero del 2° Reggimento Alpini. Qui i Volontari si diedero subito da fare per rafforzare le posizioni ed effettuare un valido pattugliamento. Per il loro spirito generoso, per la conoscenza del terreno acquisita nell'anno di permanenza a Pierabech furono incaricati anche ad accompagnare le pattuglie degli altri reparti in zona.

Di lassù, lo sguardo abbraccia un panorama di montagne meraviglioso. Le Dolomiti della sinistra del Cadore lanciano al cielo le loro guglie sottili. L’anima, dinanzi a questa visione, si dilata e si esalta. La montagna, come il mare, fa « sentire » l’immensità."

- 12 aprile 1916.- Questa è la guerra del buio, della notte. Le giornate trascorrono in una grande tranquillità: le notti invece sono sempre movimentate. Si comincia a combattere nel crepuscolo e si continua a tenebre alte.Questa notte fuoco vivo di fucileria in Bordaglia Alta. Lo scoppiettare secco dei fucili era, di quando in quando, coperto dal fragore delle bombe a mano. Stamani leggera nevicata. Poi, sole. Siamo andati a ultimare le trincee. Quando si tratta di questi lavori i soldati non battono la fiacca. Le due trincee dominano tutta la valle del Volaja. Me lo ha detto il cap. Ricchieri, dei bersaglieri ciclisti, che conosce a meraviglia queste posizioni. Poiché l’ultima trincea in alto è stata disegnata da me e scavata sotto la mia direzione, il cap. Ricchieri mi tributa un piccolo elogio. Ho preparato due tabelle di legno, che abbiamo inchiodato su due tronchi mozzati, i nomi delle trincee. La più lunga, che è quella più in basso sarà chiamata d´ora in poi il Trincerone dei bersaglieri, quella in alto Trincea Cadorna in onore del nostro generalissimo."




 

Al centro del paese in un edificio del XVIII secolo già sede del Municipio oltre alla mostra "Forni Avoltri nella Grande Guerra" è allestita la collezione etnografica "Cemout chi èrin" al suo interno vi sono ricostruiti gli ambienti domestici, cucina, camera da letto e del lavoro tradizionale, a documentare gli antichi mestieri. Si possono inoltre ammirare costumi ottocenteschi, corredi nuziali, oggetti suppellettili. Ai piani superiori la mostra permanente del famoso fotografo di Forni Avoltri e della Carnia, Gino Del Fabbro, le cui opere sono state pubblicate in molte riviste e giornali italiani ed esteri ed esposte in varie mostre. Un ampia sala è a disposizione per l'allestimento di mostre itineranti che variano ogni anno: lo scorso anno ha avuto successo "1944 i rivo iu Cosacs". Questa "Mostra" vuole essere un messaggio di Pace alle genti, per ricordare e dimostrare la tragicità e l'insensatezza della guerra narrando la storia del primo conflitto mondiale nell'Alta Val Degano fatta di lutti, dolori e sofferenze subiti dai semplici soldati e dalla popolazione civile uniti da un unico destino di chi quella guerra dovette subirla. Una significativa sezione è dedicata alla documentazione reperita nell'archivio comunale (ricerca non ancora terminata) che va dal 1914 al 1919, centinaia di documenti inediti, che mettono in luce un lato quasi sconosciuto della guerra da cui emerge chiaramente la drammaticità delle condizioni in cui la popolazione civile era costretta a vivere e che vorremmo ulteriormente evidenziare.
Entrando sulla sinistra vi sono alcuni quadri con copertine originali delle "Domenica del Corriere", uno ricorda l'attacco italiano al Passo di Val d'Inferno il 25 maggio 1915 primo giorno di guerra. Fu concessa all'occasione la prima medaglia d'argento della prima guerra mondiale. Alcune vetrinette raccolgono gavette, borracce, posate, ramponi, elmetti e oggetti personali sia di italiani che austriaci rinvenuti sui monti circostanti a Forni Avoltri. Molte fotografie dell'epoca sono esposte, abbinate a foto attuali per dare all'escursionista una visione più corrispondente alla realtà. Nel settembre 2007 dopo aver scoperto in cresta Navagiust una galleria, che conteneva 5 posti a castello per un corpo di guardia che controllava le Valli Sissanis e Bordaglia con il prezioso lavoro di alcuni volontari è stata riprodotta fedelmente la galleria con una coppia di lettini che testimoniano le dure condizioni di vita, di allora. ella stessa stanza è stato ricostruito l'interno di un baraccamento con una portatrice, arredato con oggetti originali, cartoline illustrate, e in franchigia, con foto e riviste dell'epoca. Documenti, foto ed elenco delle 90 portatrici del paese, testimoniano il loro importante ruolo di supporto alle truppe combattenti. Erano adibite a rifornire la linea del fronte, trasportando con le caratteristiche gerle viveri, munizioni, medicinali ma anche rotoli di filo spinato, carta catramata o qualsiasi tipo di materiale con carichi di 30-40 kg percorrendo sentieri impervi con dislivelli anche di 1.000 metri con un compenso per viaggio di l lira e 50 centesimi pari a 3-4 € attuali avevano un età dai 15 ai 70 anni. Con la Legge 263/1968 alle portatrici è stata conferita l'onorificenza di Cav. di Vittorio Veneto come ai militari combattenti con cui dal 1915 al 1917 avevano condiviso gli stessi disagi e la stessa sorte. Nel 1992 a Timau è stato inaugurato il monumento alle portatrici dedicato a Maria Plozner Mentil che fu colpita a morte a Malpasso di Casera Pramosio e "riposa" al tempio ossario di Timau accanto ai resti di 1764 combattenti. li I° ottobre 1997 il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro gli conferì "motu proprio" la medaglia d'oro al Valor Militare.

Il fronte Alta Val Degano
Allo scoppio della Grande Guerra l'abitato di Forni Avoltri si trovò inevitabilmente a ridosso della prima linea del fronte che correva dal Peralba al Coglians. Area di confine trasformata in campo di battaglia e come tale devastata dalla tremenda bufera che qui imperversò per 30 lunghissimi mesi. Un fronte di circa 20 km che si sviluppava quasi interamente sui crinali e creste oltre i 2000 metri di quota presidiati da centinaia di uomini ricoverati in baracche, trincee, gallerie scavate nella roccia, reparti riforniti dalle portatrici carniche. Fu un fronte inevitabilmente statico dove non potevano operare grandi masse di soldati. Le operazioni belli che ridotte a semplici ma violenti scontri tra pattuglie, per uno spuntone di roccia si scatenavano dei violenti corpo a corpo che terminavano in carneficine, la conquista di un punto ritenuto strategicamente importante spesse volte diventava una vera e propria impresa alpinistica. La situazione climatica, l'ambiente severo e l'asperità dei luoghi hanno ampiamente contribuito a rendere più dura la vita delle truppe. Nei lunghi inverni le valanghe, le tormente e i congelamenti mietevano più vittime dei combattimenti.

ORARI di APERTURA LUGLIO - AGOSTO
Dal martedì al sabato: 17.00-18.30 • 20.30-22.00 Domenica: 10.00-12.00 • 16.30-18.30 Lunedì chiuso • Ingresso libero
Per eventuali aperture straordinarie in altri orari o nel resto dell'anno rivolgersi alla ASSOCIAZIONE TURISTICA PRO FORNI AVOLTRI Corso Italia, 24 - 33020 Forni Avoltri (UD)
Tel. 0433 72202 - Fax 0433 727821 e-mail:
infoforniavoltri@libero.it  o al responsabile Giacomo Pinna 3334307827

La Valanga – 21 novembre 1916
… Era il 1916 da più di un anno si combatteva una dura e logorante guerra di posizione su quelle montagne impervie. La linea del fronte si snodava in quote superiori ai 2.000 metri con tutti i problemi logistici e climatici che ne derivavano e l’inverno che si avvicinava sarà uno dei più terribili del secolo. Basti pensare che su tutto il fronte alpino quell’inverno a causa delle basse temperature e del forte innevamento (6/10 metri) le numerosissime valanghe cadute e le tormente causarono ai due schieramenti circa 20.000 tra morti e mutilati per congelamento. Sul crinale del Monte Gola a quota 1930 metri era posizionata una batteria, la 179a del 2° reggimento Artiglieria da Fortezza con pezzi da 149 che batteva la zona Bordaglia-Passo Giramondo, Volaia, Cresta verde, Cellon, Pal Piccolo. Gli artiglieri provenienti da diverse parti d’Italia alloggiavano in una baracca costruita sul versante sud del Monte Gola sui pascoli alti di Malga Plumbs. La baracca venne edificata anche con l’apporto di mano d’opera locale che avrebbe sconsigliato di costruire in quel posto per pericolo di valanghe. I comandi non tennero in considerazione i pareri discordanti per la necessità di avere gli uomini vicini ai pezzi e forse anche considerando la poca distanza tra la baracca e il crinale. In novembre iniziarono nevicate abbondanti che portarono a un distacco del manto che precipitò sulla baracca seppellendola con tutti gli occupanti che morirono soffocati. Il destino volle ghermire anche il Barbiere (del Genio) che era salito lassù da Collina per il servizio. Il trasporto delle salme fu fatto con le slitte dei paesani resisi disponibili. L’esercito non aveva in dotazione questi mezzi, ma solo portantine. Furono portati alla chiesa di San Michele di Collina allineati sul nudo pavimento e senza bare: furono poi inumati sul sagrato della chiesa disposti su due file dove ancora oggi troneggia la grandiosa lapide che li ricorda...
Giacomo Pinna 0524574770
 

l'immagine e l'elenco dei caduti http://www.graffitidiguerra.it/easyne2/LYT.aspx?Code=GRAG&IDLYT=574&ST=SQL&SQL=ID_Documento=90

   
 

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