La storia è racconto attraverso i libri  

Il primo testo che accompagna la presentazione è in genere quello diffuso dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati. Se non diversamente indicati sono del sito.

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Pompilio Trinchieri
     Peripezie di un Bersagliere tra guerra e lager
 

"Gli zoccoli di Steinbruck"

a cura di
Marco Palmieri, Mario Avagliano e Rita Trinchieri

 

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Ed. Marlin

 

Premessa dai risvolti di copertina: Le memorie si aprono con un primo scritto che copre il periodo dal 6 luglio al 3 agosto 1942, con la cronaca del lungo viaggio di andata e ritorno dal fronte, per una missione di rifornimento all'Armata italiana in Russia. Si tratta di un documento di grande interesse, dal quale emergono ampie tracce del tipo di guerra totale voluto da Hitler: Una guerra spietata e violentissima, combattuta non solo al fronte ma nelle retrovie contro la popolazione civile, e intrisa di quell'odio razziale che permeava l'ideologia nazista. Una guerra non convenzionale da parte dei tedeschi, della quale, dopo l'armistizio dell'8/9/43, Pompilio cessa di essere spettatore impotente e diviene vittima, subendo la deportazione e la prigionia nei lager per aver rifiutato l'adesione alla Repubblica Sociale di Mussolini. Ed è proprio a questa esperienza di fame, maltrattamenti, punizioni che è dedicata la seconda più ampia parte del libro. Un diario memoria della prigionia basato su annotazioni e appunti presi mentre si svolgono i fatti, con grave rischio personale, dall'animoso bersagliere romano .......

 

Pompilio Trinchieri era nato l'11 agosto 1915 a San Vito Romano. Trasferitosi nella capitale nel 1937 fu chiamato alle armi nel 2° reggimento Bersaglieri (quello di Trastevere). Richiamato alla vigilia dell'ingresso in guerra dell'Italia, fu destinato al fronte in Albania, Grecia e Russia. Nel 1942 sposò Luciana Casadei, da cui ebbe 4 figli. L'8 settembre del 1943 si trovava in Grecia a Khalkis (isola Eubea dove stanziava il 2° bersaglieri ). Catturato dai tedeschi, fu portato in Germania e internato nello Stalag III B (il 6 dicembre 1943 sarà trasferito nello Stalag IXC a Bad Sulza) con il numero di matricola 310778, per aver rifiutato di aderire alla RSI. Sottoposto al lavoro obbligatorio, durante la prigionia fu condannato a due mesi di detenzione nel campo di punizione di Steinbruck. Dopo la liberazione rientrò in Italia e fu assunto come impiegato dal comune di Roma. Passione della sua vita fu il calcio: grande tifoso della Roma, durante il servizio militare giocò nel Padova e successivamente fu anche arbitro e commissario di campo. E' morto a Roma il 18 giugno 2011 all'età di 95 anni.

 

Partendo dalla prima parte del libro (la scorta) il curatore di questo sito ha svolto una ricerca atta ad allargare lo scenario storico concomitante in particolare per il trasporto (o tradotta) di rifornimento ( in partenza dalle basi del Veneto per uomini, mezzi e scorte alimentari), verso le basi russe del Corpo d'Armata Alpino, della divisione Celere del XXXV C.d.A. del Generale Messe ex Csir. Le località attraversate descritte a volte in modo impreciso da Pompilio sono state sottoposte (a campione) a una attenta analisi onde dare al lettore la possibilità di seguire lui stesso su una carta geografica dell'Europa l'avventuroso viaggio. I rivolgimenti politici di questa parte d'Europa hanno comportato diversi problemi nel lavoro poichè molte località hanno perso il vecchio nome tedesco per acquistarne uno polacco, poi Russo ed infine Ucraino o Bielorusso. Può esserci sfuggito anche altro perché Pompilio segnava le stazioni di giorno o quando non era impegnato nella sorveglianza). La particolare grafia tedesca e Polacca (e forse a volte l'uso del Gotico nella segnaletica, poi del cirillico in Russia) ha fatto si che molte località differissero di poco dal reale e il curatore le ha corrette direttamente. Per le differenze più grosse si è provveduto col marker giallo e l'esatta scrittura. Ho anche cercato di spiegare il perché della scorta e dei pericoli reali a cui si andava incontro nel 1942 (lo stesso Pompilio ce lo dirà). Il racconto viene integrato dalla testimonianza orale e scritta di altri che facevano lo stesso percorso. Per il resto delle memorie si rimanda al libro.

 

Ogni tradotta era composta da un vagone comando (carrozza tradizionale passeggeri con corridoio laterale) ove, oltre alla fureria, con il relativo personale, stava il Comandante di scorta (scompartimento letto e ufficio) e un ufficiale operativo, seguiva una carrozza passeggeri di quelle del tipo con corridoio centrale, e/o un vagone merci chiuso con portone scorrevole, per alloggio della truppa (in genere 10/15 militari fissi per i servizi della tradotta (più il personale del treno, macchinisti, manovratori ed eventuali ospiti). Per organizzare il trasporto di materiali, ma anche di truppe, seguivano poi due vagoni merci adibiti uno a cucina e uno a cambusa (magazzino): I fornelli della cucina erano con fuoco a legna, lignite o carbone. Il vagone cambusa comprendeva il serbatoio dell’ acqua e viveri vari per poter sfamare, per circa 20 giorni durante il viaggio, anche 200 - 300 persone usando la dotazione di viveri di riserva (pasta, pancetta, conserva di pomodoro, forma, zucchero e scatolame vario). Questi quattro vagoni erano, in alcuni casi, collegati a soffietto per poter passare da un vagone all’ altro anche durante i viaggi. A seguire in numero molto vario vagoni merci per trasportare solo truppa, oppure truppa e materiali, oppure solo materiali ed armamenti a pianale scoperto; per accedere a questi vagoni, non essendovi collegamento interno, bisognava che il treno fosse fermo; i vagoni per l’ alloggio della truppa avevano dei semplici strati di paglia nelle zone di testata; anche per i quadrupedi, in particolare per i muli delle batterie someggiate, erano previsti vagoni con paglia su pavimento e possibilità di allineare gli animali con sicurezza....

dalla Prefazione della figlia Rita

  Le tradotte scortate - perchè ?

... In realtà ho avuto conferma dalle sue memorie che Pompilio Trinchieri è stato importante di per sé, al di là dell'essere mio padre, dal momento che è stato utile per tante altre persone e soprattutto ha contribuito a formare un pezzetto di quella storia che si studia a scuola, forse con noia e indifferenza. I libri trasmettono fatti, avvenimenti, notizie e situazioni collettive: poco le storie nella Storia. Tuttavia mi preme sottolineare che una certa storia si sfuma in concetti che si confondono tra loro. Scrive l'autore che il deportato non è solo un prigioniero, e il campo di punizione, il lager, non ha nulla in comune con il campo di concentramento. La storia fatta non solo da date e da avvenimenti, ma da persone può arrivare a noi solo attraverso la voce inquieta di coloro che sono la nostra memoria storica. …..Allora, subito dopo la Liberazione, la drammatica vicenda dei soldati che non vollero aderire alla Repubblica di Salò è stata addirittura disprezzata, e gli IMI (Internati Militari Italiani) sono stati marchiati come collaborazionisti del regime nazifascista. Oggi, grazie anche a loro, questa storia sta uscendo dal dimenticatoio. lo concordo perfettamente con i due ottimi storici: quella degli IMI è stata una scelta di resistenza....

 

Come magistralmente raccontato da Mario Gandini (a sx sotto e da Pompilio stesso più avanti - ..... Ieri sera abbiamo avuto, per la prima volta, 1'ordine di introdurre il caricatore nella scatola-serbatorio del moschetto personale, senza, però, mettere la pallottola in canna. Oggi, invece, l'ordine è di introdurla ed essere pronti a ... ) la ferrovia per il fronte si inoltrava nelle foreste della Bielorussia poi nelle paludi del Pripet o Pripyat (1/3 dell'Italia oggi regione famosa per l'incidente nucleare di Cernobil) quando si lascia la Bielorussia per inoltrarsi in Ucraina.  Qui per motivi "di natura ambientale" trovavano facile rifugio sbandati dell'Armata Rossa e partigiani locali oltre ad Ebrei che erano riusciti a sfuggire all'Olocausto. 

DA I PARTIGIANI ITALIANI IN BIELORUSSIA - PATRIA INDIPENDENTE 20 GIUGNO 2004 (rivista “storica” dell’ANPI)

… La resistenza nella Bielorussia ebbe dunque inizio con le stesse caratteristiche che storicamente l’accomunano agli altri movimenti di liberazione, man mano che procedeva l’occupazione nazista, ma lo spontaneismo – chiamiamolo così – fu di breve durata. Intervenne ad organizzare i vari gruppi, un centro operativo istituito presso gli alti comandi dell’Armata Rossa, con funzioni strategiche per rifornirli di armi, munizioni, vestiario, e nello stesso tempo coordinare le azioni, simili del resto a quelle dei partigiani italiani – sabotaggi, imboscate, eliminazione di spie e collaborazionisti. La guerra partigiana crebbe di intensità a partire dalla fine del 1942 e fu definita per i percorsi ferroviari come "La guerra delle rotaie": Nella regione di Bryansk nell'estate del 1942 i partigiani controllavano vaste aree alle spalle del nemico e coprivano un territorio di più di 14.000 km² con una popolazione di oltre 200.000 persone. I partigiani della regione erano comandati da Alexej Fëdorov, Aleksander Saburov e contavano oltre 60.000 uomini. Già dal maggio del 1942 queste formazioni furono in grado di molestare le truppe tedesche che operavano ai bordi dell’area. Attraverso il corridoio di Vitebsk affluivano quadri militari regolari, armi, pubblicazioni politiche patriottiche e defluivano malati, operai specializzati. Particolarmente ampia è stata l’Operazione "Rail War" per la massiccia distruzione delle comunicazioni ferroviarie del nemico: oltre 11.000 treni (forse carrozze, non esageriamo) deragliati. Nonostante le limitazioni le forze di sicurezza tedesche erano per lo più in grado di contenere le azioni offensive dei partigiani durante le prime fasi della campagna. Lo hanno fatto utilizzando un atteggiamento prevalentemente difensivo, che è stato concentrato lungo le principali linee di comunicazione e presso importanti installazioni come i depositi. Per contrastare i partigiani ad esempio veniva tagliata la vegetazione per 400 metri ai lati della ferrovia (ma non tutte le testimonianze la danno così estesa).Una serie di fortini venivano costruiti ad intervalli regolari, con torri di avvistamento per permettere di osservare lunghi tratti di linea (ma non di notte). I treni spesso viaggiavano in convoglio e in vista l’uno dell’altro e portavano una scorta armata a bordo in caso di attacco. Un'altra tattica usata per proteggere la locomotiva era di porre un carro pieno di sabbia davanti ad essa per far esplodere qualsiasi mina sulla linea.

Il 1943 fu l’anno peggiore per le armate del Reich. Stazione ferroviaria Osipovichi, a sud di Orel. La scala delle distruzioni è stata così grande che tutto il traffico su quella linea ha dovuto essere sospeso per quasi 4 settimane. Le indagini hanno rivelato che una mina magnetica era stata attaccata, presumibilmente da un ferroviere locale, ad uno dei carri cisterna (benzina) di un treno. Quando la mina è saltata è andato a fuoco l’intero treno. Un treno fermo ai lati è saltato in aria e così via con tutto quello che c’era nelle vicinanze uomini e animali compresi.

Una tradotta italiana

 

Pompilio Trinchieri pag 23 e segg.. ..Queste esposizioni si riferiscono ad alcuni viaggi effettuati per raggiungere il fronte russo, con partenza dalla base tradotte di Padova, per recapitare il necessario materiale bellico agli uomini di rinforzo del nostro Corpo Militare, ch'era lì combattente unito ai tedeschi, allora nostri alleati. Inizio le mie peripezie, quindi, alla base di Padova: dal 6.7.42 al 27.7.42.

http://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/trinchieripompilio.htm alcune vecchie mappe per avere una idea del teatro delle operazioni e dei viaggi

Per facilitare il lettore ho intervallato i brani di Pompilio con note esplicative sulle località e i luoghi attraversati (evidenziati in giallo se differiscono molto nella grafia) ed eventuali altre annotazioni utili al lettore per meglio comprendere la storia della seconda guerra mondiale. I brani originali sono in neretto e le annotazioni del redattore sono in verde eventualmente anche a lato

http://www.youtube.com/watch?v=AfbVslWgvyI

  IL VIAGGIO 
Un treno corazzato tedesco apri convoglio

 

LEUNA

BASF - Badische Anilin und Soda Fabrik

(Fabbrica di Anilina e Soda del Baden)
Lipsia-Halle-Bitterfeld-Merseburg erano le località che alimentavano il MEGA complesso di Leuna. Per il petrolio di sintesi (qui lavorato) sono in concorrenza due procedimenti. Si può idrogenare il gas di carbone a una pressione quasi ordinaria: è il procedimento Fischer-Tropsch. Oppure, sotto forte pressione e alta temperatura gli oli di catrame estratti dalla lignite, carbone naturale abbastanza abbondante oltre Reno: è il sistema del Dottor Bergius risalente al 1913 e che venne utilizzato dalla IG Farben. Nel 1939 la produzione di petrolio sintetico (Benzina etc.) raggiunse 2 milioni di tonnellate (1,3 t con il sistema Bergius e 0,7 con il sistema Fischer-Tropsch). Un totale che raggiungerà i 5 milioni nel 1943 (3,7 con il B. e 1,3 con il F.), quindi ai circa 6 milioni (4,6 e 1,3), prima di scendere con le sfortune della Germania (e i bombardamenti) a fine ’44. Leuna copriva una superficie di ca. 3 miglia quadrate (5 kmq) con 250 edifici. Vi lavoravano direttamente 35.000 persone (compresi 10.000 prigionieri o altre categorie). La Flak responsabile per la protezione aerea del comprensorio, delle linee ferroviarie aveva 28.000 soldati e personale antincendio composto da 5.000 fra uomini e donne. Il complesso rimase comunque tranquillo fino al maggio 1944, quando gli alleati pianificarono la distruzione delle fonti energetiche tedesche.

 

Il l° luglio giungiamo a Verona, sede principale della nostra base. La sera del 6 luglio abbiamo intrapreso il viaggio di migliaia di chilometri, in mezzo a tante avversità. Ci spostiamo a Bronzolo (Bronzoll - Bolzano) alle ore 22 per fermarci, poi, nel capoluogo fino alle 23 del 7. Alle 4,30 attraversiamo il Brennero e alle 7 giungiamo a Innsbruck, qui trovo il modo di inviare due cartoline a casa. Si riparte alle 9 e si giunge a Schwaz alle 9,40. Da Innsbruck, posto in mezzo a grandi e stupende montagne, abbiamo costeggiato per due ore e mezzo il fiume Inn. Alle 9,55 giungiamo a Jenbach; alle 10,05 Buxlecc (Brixlegg); alle 10,12 Kundl; alle 10,24 Worgl; alle 10,30 Kirchlilc; alle 10,40 Langhampfen; alle 10,46 Chaston; alle 10,53 Kufstein. Da qui si riparte alle 1l,00 e alle 11,18 siamo a Reisfeirsfen. Alle 11,24 Eberandorf (Oberaudorf); alle 11,33 Juckbech, alle 11,38 a Bronnenburg  (Brannenburg). Qui finiscono le montagne. Alle 11,45 Romblich (Raubling); alle 11,55 Rosenheim. Qui sosta e distribuzione del primo rancio.

Kufstein è l'ultima località che si fa in treno fra Germania e Austria e dove una volta si faceva il controllo passaporti. Ricordiamo che all'epoca le due nazioni si erano unite. Oggi nell'ambito dell'unità europea non esiste più nessun controllo stradale o ferroviario.

Si riparte alle 12,30. Alle 12,42 Grosfacolinfen; alle 12,56 Astermuncher (Ostermünchen); alle 13,06 Assling; alle 13,13 Oreoltofenas; alle 13,20 Grafing-Hbahn; alle 13,45 Gronsdorp Mu Trudenng. Alle 13,50 colloquio con alcuni prigionieri inglesi catturati a Creta dai tedeschi, mentre espletavano il loro lavoro lungo le ferrovie. Si riparte alle 15,03 da Ludingsfeld. Non posso annotare tre piccoli paese per scarsa visibilità. Ore 17 Arigsburg- Haaf, con sosta di un' ora per la distribuzione del secondo rancio. Ore 18,14 Gablingen (siamo oltre Augsburg); ore 18,18 Longomein; ore 18,27 Meitingen; ore 18,32 Melfendolf; ore 18,35 Nordendorf; ore 18,44 Mertingen. Altra sosta di 12 minuti.

Il treno ha raggiunto Monaco ma utilizza la cinta ferroviaria delle periferie e dei sobborghi (oggi città) e anche il controllo delle località diventa difficile.  Sarà così per molti altri centri sul percorso.
Dalle 4,30 di stamane, cioè da quando abbiamo attraversato il Brennero, fino alle ore 11, ho scorto altissime e belle montagne, con qualche alto piano. Poi abbiamo attraversato soltanto immense pianure, tutte coltivate a cereali e patate. Tempo nuvoloso e temperatura afosa. Giunti a Baumenhein alle 19,02, per toccare Danamartl alle 19,04. Alle 19,30 Mundling; alle 19,57 Kunfsteffen; alle 19,43 Wotten-Willibin; alle 19,46 Gundelsheim; alle 19,54 Mohrem. Alle 19,57 Treufsteffen: 30 minuti di sosta. Alle 20,27 Majfemburg; alle 20,39 Ellingen; alle 20,45 Eleindeld (Pleinfeld); alle 20,55 Goergnmun: alle 21,03 Roht; alle 21,06 Buschembachi alle 21,13 Schwabach; alle 21,35 Norimberga, dove abbiamo sostato fino alle 23. Per oscurità dovrò cessare le annotazioni delle località 'che attraverseremo da ora in poi.

La tradotta punta decisamente a nord accostando la Cecoslovacchia perché probabilmente non esiste un passate Nord Sud  in Boemia (ricordiamo che all'epoca delle grandi ferrovie Austria e Germania non erano proprio amiche).  Si Sosta poi a Norimberga: ai cittadini italiani che non seguivano i cinegiornali Luce probabilmente sfuggiva il ruolo di questa città nella Germania Nazista. Qui erano state promulgate nel 1935 le leggi sulla razza (che escludevano da subito gli ebrei dalla cittadinanza) e qui si svolgevano le grandi adunate, le sfilate. Norimberga, nonostante le distruzioni, fu anche scelta espressamente per la celebrazione del processo ai criminali nazisti. Nella notte del 2 gennaio 1945, 525 bombardieri Lancaster inglesi sprigioneranno una pioggia di fuoco e distruzione seconda solo a quella di Dresda. Le ultime vestigia della Norimberga medioevale e nazista erano in polvere.
Questa mattina, 8 luglio 1942, alle ore 5,30 riprendiamo il nostro viaggio con il seguente itinerario da Prowitzella (Probstzella): ore 6,10 Ockeroda; 6,15 Eichicht; 6,50 Saalfeld, dove abbiamo preso un caffè per ripartire alle 8. Alle 8,07 Runfauh; 8,ll Schurna; 8,14 Guhtralle; 8,15 Rodostaldve (Rodolfstadt) Eilgust; 8,21 Rihaalpich; 8,26 Uhlstadt; 8,31 Zeutschel; 8,36 Oilamun; 8,44 Rahla; 8,50 Rothensteining; 8,54 Gotngtrin; 9,00 Iena Paradies; 9,03 Iena. In questa bellissima città abbiamo sostato soltanto sette minuti.

Nella notte, come dice Pompilio, non si accorge che passano da Coburgo e quindi si portano ancora più a nord a Jena. Ricordo anche che molte città di notte piombavano nell'oscurità per evitare la nuova tornata di attacchi aerei scatenata coi bombardieri Halifax e Lancaster del Maresciallo dell'Aria Arthur Harris detto il Macellaio e degli americani Marauder, Liberator e B-17 Flying Fortress da poco entrati in servizio. Il primo bombardamento a tappeto riuscito sulla Germania fu quello notturno di Lubecca del 28 marzo 1942. Jena è famosa oltre che per la sua università in cui si laureò Karl Marx, per la battaglia vinta da Napoleone nel 1806.
Alle 9,10 Postendorf; 9,14 Domburg; 9,21 Gambur; 9,29 Grofhering; 9,35 Modkusen; 9,42 Naumburg; 9,50 Schonburg; 9,59 Leissling; 10,10 Weissenfels; 10,21 Blockstelle; 10,26 Grohffilarhta (in questa bella località vi è una grande industria da far sbalordire: La tradotta di Pompilio è letteralmente transitata dentro il più grande complesso industriale tedesco dell'epoca noto come Leuna di cui diamo una piccola descrizione a fianco). Alle ore 10,36 Masseburg (Merseburg); alle 10,42 siamo a Schkopau: qui abbiamo sostato 18 minuti. Alle 11 siamo ad Ammendorf ed alle 11,20 ad Halle, bella città industriale difficile da dimenticare (vedi foto sotto della stazione a sx).

The 14th Flak Division (antiaerea) responsible for protecting Leuna had 28,000 troops, 18,000 RAD personnel, 6,000 male and 3,050 female auxiliaries, 900 Hungarian and Italian 'volunteers', 3,600 Russian Hiwis, and 3,000 others, thus making up a total of 62,550 persons. A total of 6,552 bomber sorties over 20 Eighth Air Force and 2 RAF attacks dropped 18,328 tons of bombs on Leuna. As the most heavily defended industrial target in Europe, Leuna would become so dark from flak, German smoke pots, and exploding oil tanks that "we had no idea how close our bombs came to the target." (Tom Landry, B-17 co-pilot and later Dallas Cowboy coach). On clear days, only 29% of the bombs aimed at Leuna landed inside the plant gates; on radar raids the number dropped to 5.1%. During the first raid of the Oil Plan, 126 Leuna workers were killed. However, after defenses were increased, only 175 additional workers were killed in 21 subsequent raids. Leuna bombing from May 12, 1944 to April 5, 1945 cost the Eighth Air Force 1,280 airmen. The Eighth Air Force dropped 12,953 tons of explosives on Merseburg

Stazione di Halle

 

foto aerea recente di Leuna, un abitato in basso adestraOgni piccolo centro abitato di questi luoghi ha la sua importante industria. Scarsa, invece, è l'agricoltura, grano compreso, si scorgono persino zone incolte, mentre potrebbero esserci coltivazioni d'ogni ben di Dio, essendo le zone piane e rigogliose. Da notare che le ciliegie stanno maturando e l'agricoltura, in genere, è di almeno un mese in ritardo rispetto alla nostra. Il cielo è nuvoloso, come ieri; la temperatura è abbastanza gradevole, ricordiamoci che è luglio e, pertanto, non può far freddo. Qui l'inverno non è piacevole, è difficile vivere in questi luoghi paragonandoli alla nostra Italia. È giustificata la forma piramidale dei tetti delle case, per far slittare, ovviamente, la massa nevosa che vi si accumula. Molte abitazioni sono rivestite di legno, per ripararsi dall'eccessivo freddo invernale. Ancora da notare che l'acqua potabile è quasi completamente ghiacciata, c'è da sentirsi male a berla. Si riparte da Halle alle 13,20, dopo la consumazione del rancio (riso e fagioli) e dopo aver fatto rifornimento di acqua potabile, carbone e legna.
Alle 13,30 siamo a Paisseu; 13,40 a Collma; 13,45 a Klit Shmanr e alle 13,50 ad Aushong. Alle 13,55 Delichr; 14,04 Nohrhda; 14,07 Kreinfik, 14,25 Eilenburg; 14,48 Donerschutz; 14,55 Maikkienn, 15,00 Klitzchen; 15,10 Dargan (Torgau); 15,23 Falkenberg; 15,31 Dolernen; 15,37 Cabun; 16,00 Eicpom; 16,30 Glinzing-Cotbus. Trascorse due ore sul treno, abbiamo attraversato una località dominata da vastissime zone boscose, per lo più pinete ed abetaie, con piccoli tratti seminati a cereali. Alle ore 19,40 siamo a Teuplitz (Dopo Cotbus è la prima città ora in terra polacca col nome di Tuplice ma all'epoca Germania poichè apparteneva al Brandenburgo); poi alle 19,50 a Eincherode; alle 20,00 a Linderade; alle 20,05 a Chonwolde, dove sono grandi coltivazioni di kartoffen (patate). In terra d'Austria non si notano che kartoffen, poiché la maggior parte della zona è boscosa, vi sono pioppi e arbusti vari e, qua e là sparsi, piccoli spiazzi di grano.

Pompilio ha allargato il suo punto di vista. Gli sterminati paesaggi e la dimensione di questo paese cominciano ad impressionarlo.  La tradotta non ha una velocità alta poi è soggetta a fermate ma i giorni passano ed è sempre Germania.  Da questo punto in poi gli incontri che si faranno, più o meno palesi, non riguarderanno solo Russi come dice nel prossimo paragrafo, ma anche Ebrei ai lavori forzati. La linea ferroviaria che punta ad Est (non è la sola) serve al grande movimento di truppe e materiali tedeschi verso l'Ucraina (ed ora anche verso il Caucaso) è quindi giustificato che grandi fasci di binari siano presenti in molte stazioni anche minori, ove far incrociare i convogli in caso di binario unico od effettuare carichi.  La tradotta italiana non ha una priorità assoluta e deve il passo spesso a quelle tedesche. Sulla stessa linea ricordiamo passa la benzina di Leuna

Alle 20,12 arriviamo a Sorau; 20,19 a Marsdorf (zona boscosa). Alle 20,25 attraversiamo il fiume Hammerbachi. Un'ora di sosta a Sagon (Zagan). Alle 21,20 incontriamo treni con profughi russi, d'ambo i sessi, in evidente e completo stato di miseria. Alle 21,30 attraversiamo altro fiume, di cui non rammento il nome. Tutta la zona è dominata da boschi, il 40% da grano e patate.  Sono due giorni che attraversiamo il territorio austro-germanico, non abbiamo mai scorto vigneti, oliveti, o altre vegetazioni che invece eravamo abituati a vedere in patria. Non abbiamo più visto neanche il granturco ad eccezione che nel Tirolo, in cui vi erano abbondanti coltivazioni. Lasciate le Alpi, dalle ore 12 del 7 luglio non ho più notato montagne vere e proprie. Volgendo lo sguardo tutt'intorno, se non fossero i boschi ad interrompere le sterminate pianure, l'intero territorio del Reich sembrerebbe un Oceano. Alle 21,35 Bukwald; alle 21,44 Sprohan (Szprotawa (in tedesco Sprottau); 21,50 Ekersdorf; 22,00 Waldersdof; 22,10 Oberquelle; 22,15 Klopschen (Klobuczyn).

MARIO GANDINI - da La caduta di Varsavia

 

Anche oggi sono costretto a mettere da parte il taccuino a causa dell'oscurità. È evidente la differenza di fuso orario: alle 21,50 da noi è notte fonda; qui, invece, c'è ancora la luce del giorno. Nella speranza di poter riprendere il mio diario all'alba, fiducioso di poterlo arricchire di particolari, ricordando il nostro servizio trasporto-truppe, nato per rafforzare il nostro Corpo di spedizione in Russia, ci accingiamo a riposare cercando, possibilmente, di dormire. È il giorno 8 luglio 1942  (il treno deve aver viaggiato molto nella notte perché salta un lungo tragitto che possiamo solo supporre facendolo passare prima di Ostrowo da Krotoszyn: accadrà spesso quando nel sono senza impedimenti il treno viaggi per Km. A ventanni si dorme anche su un sacco di Juta: io ci ho dormito.
Il giorno 9, alle ore 5,30: sveglia. Dormito benino, benché sopra un sacco di juta ed una coperta con il continuo fischio e i sobbalzi del treno in corsa. Alle 5,55 siamo giunti alla città di Ostrowo (O. Wielkopolski) , dopo avervi sostato oltre venti minuti e preso il rituale caffè. Alle 6,45 giungiamo a Szekanow. Sono 36 ore che non scorgiamo più montagne, anche qui la stragrande coltivazione dei campi è dominata da cereali: grano, orzo, avena e, ovviamente, kartoffeln. In mezzo a questo mare agricolo, si scorgono grandi pennacchi di isolotti boschivi di pini, abeti, querce e pioppi. Da tutte le parti, da est a ovest, da nord a sud, si scorgono grossi fumaioli in tutte le direzioni, con fumate di convogli di treni. Ciò dimostra ampiamente la fittissima rete ferroviaria di cui è ricchissima la Germania. La più piccola stazione è composta di decine di binari con centinaia di vagoni fermi, per carichi e scarichi.  Alle ore 7 siamo a Sli, alle 7,04 a Skelmier Schut. All'una di questa notte abbiamo varcato il confine con la Polonia.

Pompilio dice che solo ora è sicuro di essere in Polonia e quindi dovremmo d'ora in poi avere solo nomi polacchi ma non sarà sempre così (a un certo momento parlerà di nomi scritti in cirillico, ma crediamo sia sempre il gotico perchè la Bielorussia è ancora lontana. La Polonia amministrativamente, ricordiamo, era un Governatorato Generale (per esteso Governatorato Generale per le aree occupate della Polonia, in tedesco Generalgouvernement für die besetzten polnischen Gebiete) e vi abitavano molti tedeschi (mischiati ai polacchi). Nonostante il principio di nazionalità inaugurato da Wilson, presidente Americano la Germania aveva perso la guerra e aveva dovuto rinunciare a terre dove viveva qualche milione di tedeschi.

Nella terra polacca si notano molte coltivazioni, che però sembrano molto indietro come maturazione rispetto a quanto abbiamo visto finora e, sicuramente, rispetto all'Italia. Il grano è verdissimo come era due mesi fa nella nostra terra. La temperatura è rigida, il cielo è sereno. Lungo il percorso abbiamo incontrato molti prigionieri, in maggiorana russi, che "lavorano" sulle ferrovie. Ogni tanto passano treni carichi di profughi, che saranno internati e usati come mano d'opera, provenienti dal fronte dell' est. Questi profughi, di cui tantissime donne e bambini, sono in uno stato pietoso.  Distruzioni a Kalisz nella Grande GuerraHo parlato con alcuni di loro usando cenni e fraseggi. .. internazionali e mi sono informato circa il modo in cui erano trattati. Hanno risposto: "Malissimo, solo italiano bono e umano". Dichiarazione piacevole per quanto ci riguardava ma assai dolorosa per ciò che rivelava relativamente alla loro situazione. Chissà quanto pagherebbero costoro per essere nostri "prigionieri"! Ad un inglese ho dato una galletta, mezza affumicata e ammuffita (così erano le nostre) col timore che qualche guardia tedesca avesse notato il mio gesto. Il prigioniero se l'è nascosta prontamente sotto la cinghia fra la camicia e il dorso (l'avrebbe mangiata in pace più tardi). Da tenere presente che la camicia è quella sua inglese, di due anni prima, ossia la indossa da quando lo hanno fatto prigioniero. Non aveva parole per ringraziarmi, per la paura di finire nel mirino di una guardia del Reich, la sua gratitudine era nei suoi occhi lucidi di lacrime. Era un ragazzo di circa vent'anni. Ricorderò per sempre questo momento.  Qui in Polonia, come m'informa un nostro soldato-interprete presso il Comando, tutti (i civili) sono muniti di tessera per tutte le cose: è importante che nessuno sia privo del necessario. Il pane è bianco come il latte, tutto ciò che è necessario è genuino. Alle 7,35 arriviamo a Kalisch (Kalisz), cittadina carina anche architettonicamente. Kalisz (Kalisch in tedesco) è una città polacca nel voivodato della Grande Polonia. Kalisz è considerata la città più antica della Polonia, in quanto è citata da Tolomeo con il nome di Calisia (greco Καλισία) ovvero Strada dell'Ambra.

 ..Anche troppa foresta, e magari poteva chiudersi da un momento all'altro sul taglio insignificante e stretto dove luccicavano le rotaie. Come il mar Rosso quando Mosè passò con gli ebrei; una spaccata stretta e diritta fra due muraglioni liquidi e verdastri, e in mezzo Mosè e gli ebrei che non dovevano sentirsi troppo sicuri. Qui i muraglioni erano di tronchi, di ombre, di foglie, di rami, ma gli alberi sparavano, l'ombra sparava, il treno correva su traversine di dinamite, il terrapieno catapultava via le locomotive a schiantare i primi tronchi della foresta. Era I'inferno qui. Carri bruciacchiati nell'acquitrino, locomotive sventrate a ruote in aria, respingenti che spuntavano come funghi di ruggine dall'erba, rotaie strappate e contorte. L'inferno.....Nella foresta il muschio ricopriva le cortecce, c'era ombra e umidità, e poi profumo di resina, di foglie e di radici marce. A noi che venivamo dalla steppa sembrava un profumo particolare, ma era il solito profumo di tutte le foreste e di tutti i ,boschi del mondo a primavera. Le cantoniere della ferrovia sembravano però fortini, avevano palizzate di tronchi tutto attorno, e dalle feritoie sbucavano le canne brunite delle armi. Foresta voleva dire partigiani, e c'erano palizzate e sentinelle anche all'ingresso dei ponti. Sulle rotaie passava la guerra, treni di cannoni e di carri Tigre andavano lentamente verso il fronte di Orel, e lunghi convogli di materiale contorto e bruciacchiato tornavano lentamente in Germania.

 

Tradotta italiana deragliata

 

Allo scoppio della prima guerra mondiale Kalisz, che si trovava a pochi passi dal confine russo-tedesco, venne travolta dalle armate del Kaiser. Tra il 7 ed il 20 agosto 1914 la città fu rasa al suolo e, l'anno seguente, dei suoi 68.000 abitanti originari, solo 5.000 erano rimasti. Nel 1939 fu di nuovo invasa dai tedeschi che ne sterminarono la numerosa comunità ebraica, circa 20.000 persone. 

Kalisz was for centuries a border town between Poland and Germany. One of the oldest cities in Poland, Kalisz also played an pivotal role in Polish Jewish history: in 1264, Prince Boleslav V, Duke of Krakow, was the first to grant a charter to the local Jewish community, giving them settlement rights as well as certain religious and financial freedoms. This "Statute of Kalisz," expanded by later Polish rulers, provided the legal foundation for Jewish rights in Poland. There had probably been Jews in Kalisz since the twelfth century, when refugees from the Crusader massacres fled to Poland from the Rhineland.From 1815 until 1914 Kalisz was under Russian rule. Russian authorities expelled Jewish residents who lacked Russian citizenship from Kalisz in 1881. A few years later, by 1897, the Jewish population of the town numbered 7,580 or about one-third of the total population. Kalisz had a population of 15,300 Jews (almost 30 percent of the total population), according to the 1931 Polish census (censimento). In 1937, Jews were forced to set up shop in a separate area in the town market, and Polish nationalists stood guard to ensure that Christians did not patronize Jewish-owned stalls. A year later, Kalisz was transferred to the Poznan district, where kosher slaughtering was prohibited. Even after intensive lobbying, the Kalisz slaughterers were permitted to produce only a small amount of kosher meat, which did not suffice for the Jewish population. In 1939, on the eve of the German invasion, the Jewish population of Kalisz numbered over 20,000.

     

Alpini in Russia

  Sosta fino alle 9,15 per effettuare i necessari rifornimenti. Mentre si ripartiva ho notato alcuni bambini di 8/10 anni, che conversavano amichevolmente coi nostri soldati. Alla guida del treno vi era un manovratore tedesco. Appena questi ragazzi si sono accorti di lui, sono scattati come razzi e fuggiti via come se avessero scorto il demonio! Nessun commento. Ciò fa pensare al terrore propagato in Polonia dai nazisti! Alle 9,30 abbiamo attraversato un altro fiume (non ho letto il nome). Alle 9,44 Opatowek. Da quanto si può capire, in Polonia la terra è assai fertile e totalmente coltivata, soprattutto si notano delle estensioni di frumento che si perdono a vista d'occhio, insieme alle, non meno grandi, coltivazioni di patate, cavoli ecc ... È pochissimo abitata se si fa il paragone dei paesi di cui ho parlato precedentemente della Germania. Non ho potuto prendere appunti di tutto quanto a causa della eccessiva velocità del treno. Insomma la Polonia, benché enormemente vasta, risulta poco densa come abitanti. Sono tante le ore che attraversiamo il territorio polacco senza vedere una montagna ma soltanto vastissime pianure ricoperte di ogni ben di Dio. Dall'interprete, che occupa il mio stesso vagone, ho fatto chiedere a un tedesco, non militare, perché i bambini fuggono quando vengono a contatto con persone tedesche? La risposta: "I polacchi sono ignoranti': Ma questa osservazione non mi ha soddisfatto, anche perché avevo avuto modo di conoscere diversi polacchi ed avevo, quindi, tutt'altra impressione. Forse i tedeschi li odiano perché hanno opposto resistenza alla loro avanzata quando hanno invaso questo Paese? Ma forse neanche questo è completamente vero in quanto la Polonia ha resistito solo venti giorni, dopodichè bonariamente e docilmente tutta la nazione è tornata ai propri lavori. Ore 10,30, dopo 36 minuti di sosta a Radliczicce, lungo i terreni circostanti la ferrovia si scorgono moltissimi campi pieni di bestiame, quasi tutti bovini. Di strade ve ne sono poche e sono anguste, con fondo naturale (terra pressata). Durante il percorso in territorio tedesco le accoglienze per noi sono state affettuose: donne e bambini, uomini e soldati si sono prestati a porgerei gli auguri e la riconoscenza di tutto il Reich. Ci ha fatto molto piacere. In Polonia si vede poca gente circolare, la maggior parte sono donne, quasi tutte al lavoro nei campi o a pascolare bovini. Le lavoratrici, appena venute a conoscenza che non eravamo tedeschi, ma italiani, ci hanno lanciato fiori con gesti amichevoli, in segno di simpatia. Ciò ci ha fatto enormemente piacere, non lo dimenticheremo. Spesso devo tralasciare, forzatamente, di prendere appunti per sbrigare il servizio. Ma le località mi piacciono e di conseguenza cercherò di trascriverle tutte. Anche se è tanto difficile interpretare le scritte, per la enorme differenza tra il nostro italiano e il loro cirillico !!!. Farò attenzione.
Alle 10,35 siamo a Blaszki; alle 10,55 a Setzice. Si attraversano piccoli centri abitati le cui case sono ricoperte interamente con paglia, come si verificava una volta in Italia, leggendo certi libri. La prima strada asfaltata l'ho notata a Setzice, non molto ampia ma abbastanza liscia e su questa passavano carri agricoli trainati da bei cavalli.

Già nel settembre 1941 l’ufficio tedesco che gestiva il collocamento della manodopera comunicò che oltre 2,6 milioni di posti di lavoro erano scoperti; solo nell’agricoltura ce n’era 1/2 milione, oltre 300.000 nel  metalmeccanico, 140.000 nell’edilizia, 50.000 nell’industria mineraria. Secondo quanto dichiarò Oswald Pohl, capo dell’Ufficio Centrale per l’Economia e l’Amministrazione della SS, nel corso del processo al Tribunale militare americano di Norimberga, alla fine del 1944 il numero complessivo dei deportati che si trovavano nella rete concentrazionaria dipendente dalla SS era di circa 600.000; tra loro ben 480.000 risultavano adatti ad impieghi produttivi (arbeitseinsatzfähig). In base alle valutazioni dell’ex generale SS, 400.000 erano stati effettivamente assorbiti, all’epoca, dall’apparato produttivo del Terzo Reich. 130.000 li utilizzava l’Organizzazione Todt (OT), in lavori di fortificazione e cantieri edili di vario genere; altri 140.000 lavoravano nell’ambito della cosiddetta Commissione speciale Kammler (Kammler Sonderstab); ed infine 230.000 erano impiegati dall’industria privata (quasi totalmente nei settori della produzione di armamenti – Rüstungsindustrie – e della chimica). 400.000 lavoratori schiavi SS (nella quasi totalità non tedeschi) estratti dai K.lager erano sicuramente una quantità in sé cospicua, ma rappresentavano appena il 5% dei circa 8.000.000 di stranieri !!! che  lavoravano in Germania.

  Il bestiame se ne scorge sempre di più, come pure frumento, cereali, orzo, avena e patate. I prati sono anch'essi numerosi e piacevoli da vedere, formicolanti di abbondante bestiame variopinto. Alle 11,15 Sckierak (Sieradz). Alle 11,20 abbiamo attraversato un altro fiume. Grandi pascoli con bestiame di ogni specie. Alle 21,25 Plox Kriesgrube, in cui ho notato la prima collina, dopo dieci ore. Le case più alte, che ho visto finora, sono composte dal pianterreno e primo piano. Alle 11,31 Wola Menka.

Il racconto di Pompilio si fa sempre più dettagliato quasi che l'annotazione delle stazioni non sia più una urgenza o una necessità. E' proprio in queste righe, da pochi paragrafi che veniamo a sapere molte cose sulla Polonia occupata, sull'attualità di quel momento ed altre notizie che in Italia nemmeno si sanno o si possono dire. Cominciamo col clima completamente diverso dal nostro e la loro estate che entro un mese finirà. L'allevamento e altre colture è comunque fiorente e la popolazione visibile poca. Ecco un aspetto semisconosciuto di questa campagna: il "bisogno" dei tedeschi di impadronirsi delle piane Ucraino-polacche per sfamare la prossima generazione di tedeschi.  Secondo punto da ricordare i "profughi" a volte identificati come prigionieri. Secondo le stime dell'United States Holocaust Memorial Museum (USHMM), circa 3,3 milioni di prigionieri di guerra sovietici morirono in custodia nazista, su un totale di 5,7 milioni catturati e spicca a confronto con la morte in prigionia di soli 8.300 britannici e statunitensi su un totale di circa 231.000, con un rateo di morte del 3,6%. Solamente il 5% dei prigionieri sovietici che morirono erano di etnia ebraica.  Ma esisteva un'altra categoria di "prigionieri" i collaborativi che Pompilio non può più riconoscere perchè vestono tedesco e mangiano il tedesco. Sono gli Hiwis (da Hilfswillige) che raggiunsero la cifra di circa 1,5 milioni non compresi nei numeri di sopra.  Nel luglio 1942 la 162a divisione tedesca in via di scioglimento venne interamente riordinata con soldati di estrazione russo-orientale (Armenian, Azerbaijan, Georgian, North Caucasian, Volga-Tartar and Turkestan). Molti di questi battaglioni (12) verranno trasferiti anche in Italia dove a Reggio Emilia, nel 1944, operavano contro le bande partigiane (li chiamavano mongoli) in Montagna. Il loro capo era Andrey Wlassow oVlasov. Lui e i suoi scampati furono impiccati il 2 agosto 1946 a Mosca. Terza considerazione dagli appunti: la linea ferroviaria coi suoi scali attraversa parallelamente la Polonia e le città sono belle, caratteristiche a differenza della campagna descritta sommariamente ma meglio comprensibile dall'immagine a lato sotto. Sempre lungo questa linea e dai suoi raccordi dipendeva poi la maggioranza di lager per la detenzione e la eliminazione degli Ebrei.  

Pur essendovi qui zone boscose, la maggioranza delle coltivazioni è rappresentata da cereali. Alle 11,35 Zechy; 11,45 Sdunska Wola; alle 12,00 Lask. Qui sostiamo venti minuti. Alle 12,05 siamo a Lolamna, poi alle 12,31 a Dabron; 12,40 Pabianice, paesello all'italiana (alle porte di Lodz);

 

 

- Discordanze temporali nel diario non ci hanno permesso di verificare e/o riscontrare per intero questo brano  

Tipico vilaggio polacco ucraino

Łódź venne direttamente annesso al Reichsgau Wartheland e la città venne rinominata Litzmannstadt. Il ghetto venne trasformato in un importante centro industriale a basso costo di manodopera per la Germania (per l'esercito tedesco). A causa dell'elevata produttività il ghetto riuscì a sopravvivere fino all'agosto 1944. Al momento della sua chiusura nel 1944 vi si trovavano 160.320 ebrei trasferiti ad Auschwitz

 

13,05 Chojny ? (siamo molto lontani da Lodz), grossa città industriale, la prima vera da quando abbiamo varcato il confine polacco-tedesco. Alle 13,20 scorgiamo il primo rottame di treno distrutto durante l'avanzata tedesca; sui muri di varie case, si notano moltissime spaccature causate da proiettili di cannoni e di aerei. Alle 13,23 siamo a Widzew (quartiere di Lodz. Sosta a Chojnp ? fino alle 15,30 dove si consuma l'odierno primo pasto.  È giunto un treno ospedale dalla Russia, pieno di feriti tedeschi, tra i quali vi è anche un nostro ufficiale medico, leggermente ferito per una caduta mentre scendeva da una tradotta in una fermata, poco prima del fronte. Prestava anche lui, come noi, servizio sulle tradotte per il C.S.I.R. Da alcuni particolari ho appreso che l'offensiva è tuttora in pieno svolgimento e per niente favorevole. Di feriti ne abbiamo un'infinità, ma non potrebbe essere diversamente in questi luoghi e in questi tristi e bruschi momenti. Alle 12,50 abbiamo attraversato in treno una grande città che in un primo tempo non ho appuntato sul taccuino, non avendo trovato il nome scritto, ma poi, con ricerche "insistenti" e informazioni varie, sono venuto a sapere che si trattava di Litzmannstadt che è molto industrializzata. (Litzmannstadt nome tedesco dato a Lodz poteva vantare un ghetto secondo solo a quello di Varsavia: i Tedeschi scelsero la parte settentrionale della città e la più trascurata (quartiere Baluty e Stare Miasto). Quando le forze tedesche occuparono Łódź (settembre 1939), la città contava 672.000 abitanti dei quali circa un terzo (220.000) era composto da ebrei). Vi sono anche decine di cimiteri !!. La temperatura è come quella di marzo-aprile in Italia. Il cielo è nuvoloso, ma niente pioggia. Alle 15,44 siamo ad Andrzesow (Andrespol sul tracciato? Andrzejów molto indietro); alle 15,50 Iustinow (Justynow); alle 15,55 Galkawek (Gałkówek); alle 16,00 a Zakoroice ?; alle 16,07 a Koluszki (sul tracciato).  Pochi minuti di sosta. Gruppi di fanciulletti si avvicinano, chiedendo ci, naturalmente, pane ed anche sigarette. Queste ultime le chiedono per se stessi e per i loro genitori.

     

Il treno passa  da Ursus famoso quartiere operaio  per la fabbrica di trattori che vi opera e che continuerà a funzionare nel dopoguerra pur non sviluppando macchine tecnologicamente sofisticate. Gli operai dell'Ursus  parteciperanno alle rivolte operaie anticomuniste di Solidarnosc e, a causa di investimenti sbagliati, la fabbrica sarà costretta a ridurre drasticamente la produzione negli anni 90. Risorgerà in anni recenti con grandi investimenti internazionali

furgone Fiat Balilla Polacco 1934

 

Ciò perché l'intero Paese ne è quasi sprovvisto, stando ai loro discorsi. Da un militare tedesco delle SS ho saputo che il nostro servizio avrà termine verso il prossimo 2 agosto, ossia ancora un paio di viaggi.
Alle 16,35 arriviamo a Rogow; 16,58 Plyciwia; 17,00 Skrenierwice (Skierniewice); 17,41 Ravka; 17,56 Radziwilaw (Radziwillow). Da questo momento sull'intero territorio a nostra vista prevale boscaglia di piante miste. Alle 1 8,20 ancora boschi frammisti a coltivazioni di cereali. Ore 18,25 Sprardow. Sosta fino alle 18,45.Alle 18,50 Miedzbrow; alle 19,07 Groozisk; 19,12 Milanowek. In questa città soltanto la stazione ferroviaria è allo scoperto, il resto (case, ecc.) si trova in mezzo ai boschi. È caratteristica la punta dei tetti, tutti a forma di cono, sporgenti sopra le piante, da sembrare campanili.
Alle 19,20 Brwinow; 19,30 Pruszkow; 19,35 Plastow; 19,40 Ursus (il quartiere più occidentale); 19,43 Warszawa (Varsavia Warschau Hbf). Si scorgono fabbricati senza tetto, rasi al suolo. Muri forati: sono trascorsi ben tre anni dal passaggio della guerra. Di Varsavia non abbiamo visto molto, poiché il treno passa sotto la galleria presso la città, è 1'8 luglio 1942. Che disastro ancora dopo tre anni!
Warschau-ost (Varsavia ovest) alle ore 20,07. Ripartiti da questa città alle 23,15. Dopo una notte trascorsa discretamente, ha suonato la sveglia alle 6 precise a Liedece. Preso il caffè e fatte le necessarie pulizie personali, siamo ripartiti alle ore 7,00 del giorno 9 luglio 1942. Lungo la ferrovia vi erano treni fuori binario, distrutti dai bombardamenti aerei, durante settembre-ottobre 1939. Ce lo hanno riferito alcuni polacchi del posto. Da quando siamo entrati in Polonia non abbiamo mai visto montagne e neppure colline, soltanto vaste pianure a non finire. La coltivazione agricola, a parte Varsavia, non è molto progredita; il 90% è tutto boschi e praterie. Quindici minuti di sosta. Il cielo è coperto, la temperatura è fresca. Nel percorso effettuato, la produzione di cereali prevale di molto sulla boscosa terra, si notano campi di bestiame, molto di più che nelle altre località della Polonia.

Alle 9,05 Zukow, zona boscosa, fornisce il 50% del raccolto utile al fabbisogno della popolazione locale. Eccetto alcune cittadine incontrate, le abitazioni sono per la maggior parte capanne, ricoperte di paglia. Ve ne sono anche nelle grosse città, ovviamente meno numerose. Sono abbondanti, invece, nella periferia di Varsavia, ex capitale della Polonia. Chissà come la chiameranno in futuro?

Alle 8,20 del 10 luglio siamo giunti a Szanyawi. Alle 8,27 Bronoski, 8,38 estesissima zona di terreni incolti. Ore 8,40 Miedzyrzec Podlaski (oltre Lukow). Se l'Italia avesse le caratteristiche della Polonia, si potrebbe definire il Paese più ricco del mondo, per la produzione alimentare e lignifera. È così importante espandersi, per vivere meglio! Sarebbe bello accontentarsi e vivere più tranquillamente.

Pompilio è arrivato "solo" a Varsavia: ci sono ancora centinaia di Km per il fronte. I tedeschi lo sapevano: ogni chilometro d'ora in poi è pericoloso: si lasciano alle spalle popolazioni ostili che nelle aree più impervie anche della Polonia andavano organizzando la resistenza. Fu formato l'Esercito della nazione (in polacco: Armia Krajowa o AK), leale al governo polacco in esilio a Londra e a quello segreto polacco. Dal 1943 l'AK, competeva con la più piccola Armata Popolare (in polacco Armia Ludowa o AL), spalleggiata dall'Unione Sovietica e controllata dal Partito del Lavoratori Polacchi (Polska Partia Robotnicza o PPR). Nel 1944, l'AK contava circa 380.000 uomini,  poche armi: l'AL era molto più piccola, in quanto poteva contare su soli 30.000 uomini. I gruppi partigiani polacchi (Leśni) uccisero circa 150.000 soldati dell'Asse durante l'occupazione. Il piano tedesco il Große Planung Più di 6 milioni di cittadini polacchi, circa il 21,4% della popolazione della Polonia,  morì tra il 1939 e il 1945.Più del 90% delle morti avvenne per motivi non militari. Nel raggio di 10 anni, il piano prevedeva lo sterminio,  l'espulsione, la riduzione in schiavitù o la germanizzazione di gran parte dei polacchi e degli slavi orientali che ancora vivevano sul confine. 250 milioni di tedeschi sarebbero andati a vivere nel Lebensraum ("spazio vitale") esteso del Reich Millenario. Cinquant'anni dopo la guerra, secondo il Große Planung, il Generalplan Ost prevedeva l'espulsione finale e lo sterminio di più di 50 milioni di slavi oltre gli Urali. Riguardo ai polacchi, nel 1952 solo 3-4 milioni avrebbero continuato a vivere nell'ex Polonia, ma solo per fungere da schiavi per i tedeschi. Ad essi doveva essere impedito il  matrimonio, e il divieto ad accedere a qualunque tipo di aiuto medico doveva essere esteso, in modo tale da far cessare di esistere il popolo polacco (creduto dai nazisti come Untermensch, cioè sub-umano). riassunto da wikipedia   Ore 8,57 Sojule. Ora che ho attraversato quasi tutta la Polonia, posso dire che ha grandi estensioni agricole, dal centro verso la Russia e, pertanto, la sua terra potrebbe essere molto di più lavorata e la bellezza del suo suolo sfruttata. Per l'intera popolazione di questa nazione, il raccolto che si ricava potrebbe essere sufficiente. La vita in Italia è molto diversa da qui, la popolazione (mi dispiace affermarlo) non è organizzata come da noi. So benissimo che tanto è dovuto alla situazione attuale e al disastro causato dalla guerra, ma ho anche la netta impressione che dipenda anche da un'organizzazione del posto, lo vedo anche semplicemente da come pascolano gli animali e dal contatto che c'è con gli stessi. lo abitavo in un paese agricolo e so come si trattano gli animali che lavorano per noi.
Alle 9,15 raggiungiamo Biala Plodoska (Podlaska: siamo ormai vicini al confine odierno con la Bielorussia ex Russia ma ancora lontani dal vecchio confine storico acquisito con la grande guerra); 19,35 Chaplow, oltre la città di Clotplow ?, dove si trovano vaste zone incolte. Da quanto possiamo sapere, informandoci, la terra in questi posti non dovrebbe essere particolarmente fertile. I segni della guerra aumentano man mano che ci avviciniamo all’Unione Sovietica. 
Si trovano con più frequenza i resti di quelli che furono i treni russi e si scorgono molti rottami, rovesciati sui binari. Anche per questo le coltivazioni non sono floride; le terre sono abbandonate: la guerra ha sterminato tutto! Ora il 90% non è che boscaglia incolta di pini e arbusti vari. Sostiamo due ore e venticinque minuti a Malaszewice, per consumare il primo rancio della giornata che, come al solito, consiste in riso e fagioli, mi pare buonissimo. Stiamo effettuando un buon viaggio, come itinerario, e siamo giunti a 14 km da Brest Litoski, città che ha fatto molto parlare di sé, durante questa guerra. Sono le 12,35. Il convoglio si è mosso con spavalderia. Alle 13,15 Terespol (oggi ultima città polacca), dove abbiamo sostato per un quarto d'ora. Alle 13,20 abbiamo attraversato un altro fiume sopra un grande ponte (Bug). Alle 13,35 arriviamo a Brest Litovski. Vi è molto materiale da guerra ammucchiato: cannoni, macchinari vari ed altro, tutto preso dai tedeschi ai russi lo scorso anno.  Ripartiti da Brest  alle 15,30. La Polonia sta per terminare, non si vede una sola montagna né una collina.  Ora siamo in terra russa (così mi hanno suggerito, da solo non avrei potuto accorgermene perché il territorio presenta le stesse caratteristiche). I vestiti della gente sono uguali a quelli visti precedentemente.
Alle 16,10 raggiungiamo Zhabinka. Lungo la ferrovia abbiamo scorto delle croci di legno, sotto ad ognuna vi è un soldato sepolto (tedesco? russo?).
Alle 16,55 raggiungiamo Teqwle. Da Zabinka a Tewle non vi sono che foreste con qualche spiazzo di grano. Accanto ai binari vi sono numerosi treni rovesciati, carri armati immobilizzati, macchine di ogni tipo. Sostiamo per 25 minuti ad Oranczyce. Si riparte alle 18,35; di nuovo sosta di 10 minuti. Alle 20,20 a Bereza Kartska. Ripartiti in nottata per Baranowitsche-Hbf; giunti alle 5, abbiamo sbrigato le dovute pulizie personali. Si riparte alle 8,10 verso la Russia.  In stazione troviamo una enorme quantità di materiale da guerra: treni squarciati, carri armati d'ogni genere e peso. Ci sono auto da turismo e carri da trasporto d'ogni dimensione. Insomma un grosso cimitero di materiale da guerra distrutto e ammucchiato. A Baranowitsche (Baranavicky), come pure in altre stazioni, vi sono molti ebrei, specialmente donne, che sono contrassegnati sul petto o sulla spalla destra da una stelletta di tela gialla a sei punte, per distinguerli dagli altri. Lavorano, poveretti, come schiavi, e molti lavori a cui sono destinati sono addirittura inutili, tanto per non tenerli inattivi. Questo, come tante altre cose più brutte, in Italia non avevo mai visto. Spero di non vederne mai più: è il mio desiderio di cristiano, amico di tutta la gente appartenente a tutto il mondo. Di questa gente disgraziata, profughi polacchi ed ucraini, ne abbiamo incontrati tanti sui treni in Germania, provenienti dalle zone sopra indicate; tutti mostravano tangibili segni delle sofferenze subite. Naturalmente seguiranno la sorte di molti altri disgraziati di Baranowitsche. Man mano che ci avviciniamo alla Russia, s'incontrano accumuli formati da carri armati immobilizzati in mezzo a sterminate pianure.  S'incontrano enormi masse di prigionieri russi che lavorano lungo i binari delle stazioni: gente rassegnata a sottostare ad ogni tipo di lavoro pur di mangiare. Anche costoro sono contrassegnati da stelle di tela gialla e con la sigla del proprio Paese (i russi hanno la sigla U.S.). Ora che sta per terminare il territorio polacco posso tirare le mie conclusioni su quanto ho visto di questa nazione: è molto ricca di terra, con sterminate pianure, poverissima d'acqua. È molto ricca di bestiame, in prevalenza bovini, scarsa la popolazione in proporzione alla vastità del territorio. La poca gente che s'incontra è in condizioni pietose. L'ignoranza, dando per un momento ragione ai tedeschi, abbonda.
 
 
     

Mulino russo

  Ho notato soltanto una strada grande che collega la Germania a Varsavia. Parte di essa è asfaltata, il resto in selci e pietra (pavè). Non è neanche molto ampia. Vi sono viuzze che non permettono neanche a due biciclette di circolare contemporaneamente. Le abitazioni sono fatiscenti con altezza non superiori a 3 metri (tetto a punta) e costruite la maggior parte in legno. Poi viene la copertura che è di paglia. Di tali abitazioni in Italia non ne ho mai viste.  Non riesco a capire come si possa vivere in queste capanne. È vero che sono ricchi di animali e cereali, ma per vivere occorrono altre cose: ospedali, ambulanze, negozi, ambulatori, ritrovi pubblici e chiese. In Polonia di queste cose non ne ho mai viste. La vita qui è veramente misera, io non auguro neanche ad un nemico di vivere in questo modo. Gli abitanti danno qualsiasi cosa in cambio di pettini e sigarette. In genere tendono ad offrire uova. Questa mattina mi volevano offrire cinque marchi per mezza saponetta, del valore di quaranta lire, vale a dire una settimana di lavoro in Italia. Non ho accettato la proposta perché non potevo e soprattutto non mi piace approfittare della miseria. Il sapone occorre anche a me, poiché quello che ci viene consegnato è scarso e, quindi, neanche sufficiente alle nostre pulizie personali.
Si riparte. Alle 9,05 siamo a Browerowo; alle 9,35 a Horodzier dove abbiamo fatto una breve pausa e scorto un'infinità di materiale da guerra e da trasporto distrutto completamente, accatastato sui treni, non tutti russi. Il cielo è sereno, certo non come il nostro, ma è bello. La temperatura si è lievemente scaldata. Alle 9,55 Sawonie. Siamo in piena Russia, l'ho capito dalla coltivazione dei campi diversa, il 90% di queste sterminate piantagioni è rappresentato dal grano, quasi pronto per la mietitura. Sugli sfondi di queste immense vallate si scorgono piccole torri, alte 4/5 metri, con delle grandi eliche a quattro pale. Servono per far ruotare, quando spira il vento, le macine del mulino, per la macinazione dei cereali (vedi foto a fianco).
Alle 10,10 attraversiamo un altro fiume, alle 10,20 giungiamo a Stolpce: cittadella carina dotata di una bella stazione. Non più costruzioni in legno coperto di paglia, ma case con solidi muri con coperture di materiale come da noi. Scrivo una cartolina alla mia signora ed una ai miei genitori che vivono a S. Vito Romano. Sono le 17,55, stiamo ancora fermi a Stolpce (ultima cittadina prima di Minsk capitale della Bielorussia), dove abbiamo fatto un bel bagno e ci siamo cambiati la biancheria intima. Piove a dirotto e soffia un forte vento. Altro particolare da notare è che la mattina alle 2,30 dei nostri orologi qui è giorno, mentre la sera alle 19,30 è completamente notte. Dunque lo spostamento del fuso orario rispetto all'Italia è di 2 ore e mezzo circa. L'acqua potabile in Polonia scarseggia, così anche in questi luoghi sovietici. Questa acqua sembra birra per il suo colore giallognolo. La popolazione, compresi i soldati tedeschi, la fanno bollire prima di berla, come ora facciamo anche noi. lo ne ho ancora un po' di quella tedesca, per il resto ci arrangeremo, come si dice nel gergo militaresco, con altre bevande, ad esempio caffè allungato. Sono trascorse sei ore e tre quarti da quando siamo fermi in questa stazione. Il cielo è tetro e piove. Ciò non ci ha impedito di mangiare una doppia pastasciutta con marmellata, accompagnata da gallette, è infatti questo il nostro pane. Comunque sono buone, di colore bianco.
     
Stolpce in Polish (Stoŭbcy in bielorusso, Stolbtzy in Russian and Shteibtz in Yiddish). It lies about 72 km SW of Minsk on the banks of the Niemen River and according to an elderly resident it was founded by Jews in the 1600s. Abbiamo dato, come già fatto, diversa grafia dei paesi attraversati. D'ora in poi difficilmente si troveranno città scritte in tedesco. In questo caso diamo la versione in lingua bielorussa o russo bianco perchè ora è la lingua ufficiale. Successivamente lo faremo anche per la lingua ucraìna appartenente al sottogruppo delle lingue slave orientali (russo, bielorusso, polacco e slovacco).   Ieri sera abbiamo avuto, per la prima volta, 1'ordine di introdurre il caricatore nella scatola-serbatorio del moschetto personale, senza, però, mettere la pallottola in canna. Oggi, invece, l'ordine è di introdurla ed essere pronti a ...  sventare qualunque insidia si presentasse durante il tragitto da percorrere per giungere a destinazione: ci troviamo "in casa del nemico". Pur essendo ben preparati per qualunque evenienza, procediamo cauti e pieni di preoccupazione, cercando di captare a destra e a sinistra eventuali movimenti. Accanto a me dorme un collega bersagliere, del 20 Reggimento. Lui è toscano, si chiama Poggetto M., ci troviamo tanto bene. Ci procuriamo di poter stare tranquilli, mettendo sacchi ripieni di terra contro le pareti del vagone, come paraschegge e ferma-pallottole. La prudenza non è mai troppa! Pur espletando appieno il mio dovere, come sempre, cerco di ricordarmi sempre il detto: di pelle ne abbiamo una sola. La tromba ha suonato l'adunata per la partenza, sono le 19,30. Il treno si muove verso il cuore dell'Ucraina. Oggi, 10 luglio, è il compleanno di mia sorella Cortina.  Un caro pensiero va a lei che si trova a migliaia di chilometri di distanza da me. Fra un mese sarà, invece, il mio, ed esattamente il 27simo, sperando, con l'aiuto dell'Onnipotente, di trascorrerlo se non in casa con i miei familiari, almeno in modo tranquillo da queste parti. Il treno si è fermato di nuovo, perché? Comunque è ripartito quasi subito, mentre l'orologio segna le 20,20.
Alle 21,15, quasi un'ora, l'abbiamo trascorsa in treno da Stolpce, senza incontrare treni di sorta. Abbiamo incontrato solo boschi e boschi. Due stazioni senza alcuna scritta. Lungo il percorso cresce il materiale bellico fuori uso, mentre quello riparabile viene trasportato in Germania, per riattivarlo. Ci siamo fermati in una stazione circondata da capanne e poche sono lo costruzioni solide. Ieri sera eravamo partiti alle 2,20 sempre più guardinghi per il nostro bene e la nostra tranquillità. Per fortuna è andato tutto come speravamo.
Sveglia alle 5,30 del 12 luglio 1942, al solito le pulizie personali, il caffè. Siamo fermi a Puchowichi fino alle 6,40. Dovrebbe trattarsi di una grossa cittadina, considerando le numerose costruzioni, anche se la maggior parte sono di legno. Si riparte alle 6,53. Abbiamo attraversato da poco un fiume dell'ampiezza del nostro Tevere. Piove e l'aria è come la nostra. Alle 7,20 Bk Bluska. Alle 7,27 il treno ha effettuato una brusca frenata, ci siamo impressionati seriamente. Invece si sono soltanto bloccati i freni (così ci hanno detto). Un bel po' di paura ma tutto prosegue regolarmente.
     
Tradotta tedesca   Ripartiti alle 7,45, raggiunta Talka, poi alle 8,55 Wereizu zona boscosa. Abbiamo notato il primo treno russo catturato, fermo sui binari. Alle 9,20 Osipowitsche-Hbf (Hauptbahnhof), grande nodo ferroviario. Poi abbiamo raggiunto 2,30 Takarka; alle 13,02 Iasen; alle 13,50 Miradino; alle 14,35 Brabiusik.(Babrujsk). Piccole stazioni intermedie, che non ho annotato perché il tempo a disposizione non era sufficiente. Alle 16,30 Banhetrabswerk Sclobin (Zhlobin), importantissimo centro ferroviario e carbonifero: qui sono visibilissimi i segni della guerra. Giungiamo sulla linea "Stalin", al bivio che porta verso Gomel (Homyel) e da questo a Kharkhov. Sono le 23,05. È un'ora che facciamo la guardia al nostro vagone, perché da ora in poi il percorso è tutto pericoloso. Molte tradotte militari e treni merci sono rovesciati, nessuno appartiene a noi. Alcune tradotte sono state mitragliate, quindi il servizio deve essere rigorosissimo.
È il 13 luglio e siamo fermi dalle tre di questa notte nella città di Gomel. Alle 9 abbiamo effettuato un'accurata pulizia personale. Il cielo è chiaro, con un caldo sole. Ieri e durante tutta la notte ha fatto molto freddo, come il mese di gennaio a Roma. Nei giorni passati abbiamo creduto di essere entrati nell'Ucraina, invece non era affatto così, perché ci hanno fatto cambiare itinerario. L'Ucraina non l'abbiamo neanche sfiorata: siamo stati deviati verso i Balcani. Ora si converge verso sud. Siamo stati informati che per raggiungere la nostra meta, mancano ancora trecento chilometri. Chissà! Le abitazioni anche qui sono prevalentemente di paglia, persone vestite come zingari e tutti scalzi. Donne e bambini lavorano presso le ferrovie.  Per farci comprendere da loro, dovevamo gesticolare: la loro scrittura è cirillica, sorella della greca, quindi ... A differenza della Germania e della Polonia, le richieste della popolazione, qui, riguardano gli orologi, che vengono pagati anche un buon prezzo, addirittura superiore al valore reale. Gomel, oltre ad essere una grande e bella cittadina, è un importantissimo centro ferroviario. La selvaggina è come in Germania: lepri, anitre se ne scorgono in grande quantità. Accanto a noi ci sono dei reparti della cavalleria ungherese; a noi sembravano prigionieri inglesi, per il colore delle loro divise (kaki), ma osservandoli bene da vicino ne abbiamo accertata la nazionalità. Ripartiti da questo luogo, alle 15,50 facciamo subito una pausa noiosa. Intorno alle 16,00 abbiamo attraversato due cittadine, ed alle 16,10 il fiume Beresina, che ci ricorda Napoleone. Una città che non può passare inosservata è Nowobeliwa, qui non vi è più niente in piedi; è un grosso disastro di guerra! Moltissimi convogli russi rovesciati e bruciati, ne ho contati ben cinquantadue: altro che disastro! Si è intanto scatenata una grossa bufera temporalesca. Sono le 16,45.
Non si scorgono più fitti boschi, che ci facevano sentire meglio per la loro bellezza. Sono le 17,00 e raggiungiamo Terjricha. Un momento emozionante: una mina posta sui binari del nostro treno! Ci sono in questi paraggi i partigiani? Niente di tutto questo, si è soltanto (sic) sganciata la motrice del nostro treno, ed abbiamo avuto un grosso sbalzo di treno e ... di paura. Poi tutto è tornato normale.
   
 

Come dice Pompilio siamo in Ucraina o lo si capisce quando cerca di trascrivere la localita Bepkubka dichiaratamente in cirillico. Secondo una mia stima sono passati dalla periferia di Kiev e hanno proseguito per Poltawa incontrando sulla strada Pyryatyn.

 Pompilio riprende il viaggio di ritorno. Il percorso non è sempre lo stesso di andata (per motivi di affollamento). E' una estate densa di scontri e il tentativo tedesco di sfondare sul Caucaso verso i pozzi petroliferi non andrà in porto. Anzi i russi si riorganizzeranno dopo un anno di ritirate e rintuzzeranno di li a qualche mese sia i nostri sforzi sul Don che quelli tedeschi a Stalingrado. E' girata la fortuna di Hitler ed è iniziata un'altra storia.

Il Treno arriva al Brennero e la scorta viene spogliata e disinfettata poi prosegue per Verona dove arrivano alle 6 del 3 agosto 1942. Dopo una pausa di riposo il servizio dovrebbe riprendere ma niente ci viene raccontato nel libro. Tutte le notizie ulteriori le abbiamo dal suo stato di servizio che ci dice del suo coinvolgimento col 2° Bersaglieri nell'attacco alla Grecia nel novembre 1940. Viene ricoverato nel marzo 1941per malattia e trasferito in Italia alla colonia Dante di Cervia. Il 4 luglio riprende servizio nel battaglione complementi poi frequenta un corso sull'utilizzo delle nuove armi presso il 34° Fanteria. Rientrato al corpo viene trasferito al deposito fino al 9 maggio 1942 quando prende servizio alla 3a base tradotte di Padova.

 

Alle 18,20 Ophoctaerk; 18,25 Rophoctaebken; alle 18,35 una succosissima pastasciutta, seguita dalla solita ottima marmellata, ha finalmente rotto la monotonia della vasta steppa. Fermi ad una stazione (senza nome) ho purtroppo "visitato" la devastazione della guerra, dove una volta doveva esservi una grossa stazione ferroviaria.  È il 14 luglio 1942, siamo ripartiti alle ore 5,00. Alle 7,00 raggiungiamo Bepkubka; alle 7,15 Meschin, breve sosta. Ripartiti alle 12,30. Finora la parte della Russia attraversata, possiamo classificarla, per quanto riguarda lo sfruttamento del suolo: 5% grano, 10% avena, 5% orzo, 2% altre produzioni, mentre il 15% a patate, 30% boscaglia ed il resto steppa e terreno arido e incolto. Abitazioni: 95% capanne, 5% in legno e muratura, con casette non più alte di cinque o sei metri. Continua la strage di materiale da guerra, ne incontriamo un'infinità, con prevalenza materiale ferroviario. Il cielo è coperto, la temperatura è fredda (ricordo che siamo nel mese di luglio).
Alle 16,00 raggiungiamo Piriat (Pyryatyn ?); alle 16,25 Darniza Grebenka. Piove ancora. Ripartiamo alle 18,20 dopo aver consumato uno straordinario rancio (per i tempi che corrono  è cosa eccezionale). Il 15 luglio 1942 c'è un fortissimo vento accompagnato da scrosci di pioggia, quasi gelida. Oggi dovrebbe essere l'ultimo giorno del viaggio di andata. Abbiamo trascorso nove giorni "tremando" sul nostro treno- tradotte. Non ho potuto annotare le località russe attraversate perché non c'è più in piedi una stazione o qualcosa su cui poter leggere il nome delle località toccate. Una stazione si è salvata dai bombardamenti tedeschi, ma io non riesco a leggere il nome, che è scritto in cirillico. Alle 7,00 abbiamo attraversato un altro fiume, poi siamo giunti a Ereski. Ora è sicuro: siamo in Ucraina. Però non sembra proprio il granaio europeo descritto da molti. Sì, vi è grano ma non molto, e non sembra neanche tanto eccezionale, mancano ancora quindici giorni alla mietitura (c'è molta differenza con il nostro nello stesso periodo). Il granturco qui è alto, sì e no, un palmo da terra, mentre il nostro è oltre un metro. Ma la ricchezza di questi posti è rappresentata dal bestiame: si contano migliaia di capi d'ogni specie. Finora non abbiamo mai notato coltivazione di viti. Fa freddo ed è umido, con un vento forte.

Si riparte alle 12,45 da una località della quale non vi è alcuna indicazione per poterla aggiungere alle mie annotazioni. Abbiamo consumato un appetitoso rancio, questo lo ricordo bene! Alle 13,10 Poltawa altro anonimo fiume ed altra tappa in questa località, fino a quando? ... Fino alle 21,00, cioè fino al momento di "avanzamento" in territorio sovietico. Abbiamo appreso che la "meta" prefissata dal Comando non la possiamo raggiungere nella giornata odierna, come era previsto in un primo momento. Mancano ancora alcuni giorni per raggiungere Stalino e non più Charchow, come era stabilito nell'itinerario dì partenza. Ripartiti da Poltawa alle 21,00 per Charchow.
Notte insonne per preoccupazioni di varia specie. Raggiungiamo Rachmina alle 6,30 del 16 luglio 1942. Oggi, al contrario degli altri giorni, fa molto caldo, quasi estivo. Ho scattato alcune foto. Restiamo ancora fermi su un binario morto a Rachmina, ad una trentina di chilometri da Charchow. Non sappiamo quando si ripartirà. Intorno alle 10,00, approfittando della lunga sosta, abbiamo lavato la nostra persona e cambiato la biancheria intima. Ripartiti alle 15,00 da Charchow, per giungere poi a Ljubotyn alle 16,00. Ripreso il viaggio alle 9,10 del 18 luglio 1942. Ieri e l'altro ieri ha fatto molto caldo, oggi è freddo e il cielo è coperto. Questa mattina abbiamo appreso che una tradotta della nostra IIIa Base è saltata in aria in Polonia e, per fortuna, tutto il nucleo (il 117) si è salvato al completo, riportando solo lievi fastidi.
Alle 9,25 altro piccolo paese senza nome. Alle 9,55 Merefa; alle 11,45 Bespalawnka. Pioggia battente e freddo. Alle 14,30 Panjutino, ove si nota un'infinità di cataste di materiale da guerra, tutto fuori uso. Alle 14,45 raggiungiamo Lasawaja. Ci appaiono sui binari di questa stazione ancora mucchi di treni carichi di ogni cosa di guerra e no, montagne di elmetti ed altro tipo di materiale destinato ad uso bellico, arraffato e reso inutilizzabile dai tedeschi. Riprendiamo a viaggiare alle 19,30 per giungere in nottata a Nikitowka a 14 chilometri da Stalino (oggi Donetsk - La conquista di Stalino risaliva ad  ottobre 1941). Il 19 luglio 1942 è una giornata piena di sole. Finalmente siamo giunti alla mèta.  Il nostro fondamentale compito è quello di rifornire di tutto l'occorrente le nostre truppe, ovvero di uomini, viveri ed armamenti che possono servire alle nostre Divisioni dell'ARMIR, in servizio al fronte russo (Le divisioni di cui è stato deciso l'invio a maggio del '42 stanno ancora affluendo. Il corpo d'Armata alpino completerà gli arrivi in Agosto) Sono le Divisioni Julia, Cuneense, Tridentina, e da non dimenticare la Pasubio, ammirata e in parte odiata da tutta Europa, anzi potrei dire da gran parte del mondo. Sono le ore 5,00.

Ed è qui dal 9 maggio 1942 che viene impiegato nelle tradotte. Non sappiamo quanti viaggi ha compiuto. Inviato in licenza premio in dicembre viene subito dopo il rientro ricoverato all'Ospedale militare di Padova e ritrasferito al Reggimento il 26/2/43 per "esuberanza" di personale. Non servono più tradotte per la Russia. L'8 settembre 1943 viene catturato dai tedeschi sull'Isola Eubea in Grecia dove stanzia il 2° in servizio d'occupazione. Rientrerà dalla Germania il 14 giugno 1945.

  attentati partigianiScaricati in fretta uomini e materiale, riprenderemo il viaggio di ritorno perché la nostra "prestazione" termina, appunto, con la consegna sul luogo indicatoci dal Comando delle nostre Forze Armate.  Immediatamente riprenderemo a viaggiare all'inverso dell'andata. Però non ripercorriamo per intero il viaggio di andata.  È stato un viaggio fiabesco, misto alla paura d'ogni specie. Pericoli continui ovunque. Però, ringraziando il Signore, ne abbiamo scampate tante e possiamo tornare con calma e tranquillità alla nostra Italia e raggiungere la nostra Base-tradotte di Padova ... Il 20 luglio 1942, quindi, riprendiamo il viaggio di ritorno. Sono le 11,45. Alle 12,05 abbiamo incontrato una gran moltitudine di prigionieri russi sdraiati lungo l'unica strada asfaltata di questi luoghi, l'unica in tutta la Russia percorsa. Ore 15,15 Kramatarskaia (Kramatorsk). Fermi fino alle 16,30. La città di cui sopra è ricca d'impianti industriali, attraversata da un fiumiciattolo. Alle 17 a Slawiaski, per giungere a Losewaje in nottata. La giornata è bellissima, come da noi quando è bel tempo.
     
Nei primi mesi del '42 (gennaio/marzo) il CSIR aveva già ricevuto rinforzi con nuove unità giunte dall'Italia: Battaglione alpini sciatori Monte Cervino, 6º Reggimento bersaglieri che va ad aggiungersi al 3° nella Celere in sostituzione dei Cavalieri, 120º artiglieria. Il 4 giugno 1942 il CSIR passò alle dipendenze della 17ª Armata tedesca; dal 9 luglio, infine, il CSIR entrò a far parte dell'ARMIR con la nuova sigla XXXV CdA. A partire dal giugno 1942 viene inviato in Russia il 2° C. d’A. con le Divisioni di Fanteria Cosseria, Ravenna e Sforzesca. Tre Legioni di Camicie Nere ( Montebello, Leonessa e Valle Scrivia ) sono messe a disposizione dei Comandi di CdA. Ad agosto sono raggiunti dal CdA. Alpino Divisioni Tridentina, Cuneense e Julia e dalla Divisione di Fanteria Vicenza da occupazione. Queste nuove Unità, insieme a quelle già presenti in Russia, costituiscono l’ARMIR ( Armata Italiana in Russia) al cui comando è posto il Generale Gariboldi. In totale 229.000 uomini male attrezzati e con mezzi scarsi e inferiori a quelli del nemico (e anche dell’alleato: spiccano i 25.000 quadrupedi).  

Itinerari
Il viaggio si svolgeva partendo (tutti) dalla stazione di Verona (dopo aver caricato truppe e/o materiali vari), per transitare poi dal Brennero e risalire poi a Monaco, Berlino, Varsavia e ancora più a nord talvolta fino a Vilnius e scendere poi sul retro del fronte Vitebsk, Minsk, Smolensk, Bobruisk, Kursck, Kantemirowka fino a Voronez e Rossosch ; il ritorno in Italia si effettuava nella zona sud dell’Europa, scendendo fino a Millerovo poi, con tracciato vario, fino a Gorlovka, Dnjepropetowsk (o con variante per Charkov e Kijev) fino alla Romania, Bulgaria, Austria e infine l’ Italia. Dal giugno 1942 al Gennaio 1943 ho effettuato sette viaggi di andata e ritorno da Verona al fronte russo: Rossosch, che si trova in destra del Don alle spalle dello schieramento delle divisioni alpine Tridentina, Julia e Cuneense....… Per quanto mi riguarda, i conflitti a fuoco furono pochissimi, di breve durata e senza esiti. Una volta fermato il treno, scendemmo tutti com’era prudente fare e provammo a reagire al fuoco..Dopo Varsavia si dovevano attraversare molti chilometri di zone disabitate, di foreste, di paludi ove, per ridurre il danno di eventuali mine poste da dei sabotatori sotto alle rotaie, su consiglio del macchinista polacco, provvedemmo a ricercare nel vasto piazzale di deposito di materiale ferroviario alla periferia di Varsavia un carro ferroviario tipo pianale da mettere davanti alla locomotiva (il che era possibile spingendo a mano il pianale attraverso una grande serie di scambi e contro scambi). Con il treno così protetto gli eventuali danni, di solito modesti, avrebbero interessato solo il pianale e non la locomotiva....
Viaggi d’Inverno
Quando il treno era in viaggio si potevano fronteggiare i meno 20, meno 30, meno 35 e più coprendosi ed auto abbracciandoci in quanto l’ unica piccola stufa serviva a molto poco. Un problema era invece il ghiaccio negli sportelli e condensato sui vetri cosicché non era più possibile rendersi conto di com’ era l’esterno e di individuare le località di sosta, se eravamo in una stazione o semplicemente fermi in mezzo a delle lande sconfinate. Impossibile scongelare i vetri, solo avvicinando la bocca al vetro era possibile con l’ alito caldo fare un piccolo buco d’ ispezione del diametro di due – tre centimetri e profondo anche due - tre centimetri; problematica anche l’ apertura delle porte ghiacciate.
... pag 26 La situazione bellica richiedeva urgentemente nuovi sforzi e i tempi venivano accelerati, con due brevi soste di 8/10 giorni venivano completati il quinto e sesto viaggio che si concludeva verso il 20 Dicembre 1942 e dopo un’ulteriore brevissima sosta, il giorno di S. Stefano (26 Dicembre), aveva inizio il settimo viaggio. Viaggio particolarmente impegnativo e rischioso ove un insieme di coincidenze fortunate, ha permesso alla tradotta di uscire indenne dal fronte e di sfuggire all’accerchiamento dei Russi che, con puntate di carri armati, penetravano in profondità nel retro del fronte giungendo a Charkov il 25 Gennaio (a Rossosch i Russi irruppero il 15 Gennaio mentre con la mia tradotta ne ero uscito il 12 o forse il 13). A Charkov invece, sono transitato quando la città era in allarme e i piazzali della ferrovia erano pieni di barelle e di feriti che attendevano il carico su treni ospedale o su qualsiasi altro vagone disponibile.
Ricordi….ricordo il freddo e il nevischio dei piazzali adiacenti alla ferrovia, ricordo anche i feriti e di alcuni fotograficamente vedo le fasciature, le immobilità ed anche l’ espressione di qualche viso sofferente. Il settimo viaggio che è stato l’ultimo dei miei viaggi; avevo trasportato degli elementi di complemento per le divisioni in linea; avevo con me fanti della “Torino” e della “Ravenna” e alpini della “Julia” . Di questo settimo viaggio ho chiarissime due date: il 1 Gennaio 1943 sulla Vistola a Varsavia, (come già ho precisato) e il 20 (?) Gennaio a Charkov, ormai fuori dalla “sacca” completata dai Russi alle spalle del nostro schieramento; ricordo che questi sfortunati soldati scesi dalla mia tradotta, si trovarono così isolati a Rossosch in attesa di poter raggiungere i propri reparti che non raggiunsero mai perché già erano impegnati nei combattimenti della ritirata. E qui si ricollega una coincidenza veramente strana: parlando con un altro reduce della Russia (Gamberini di Monghidoro), mi sono accorto che le date relative al mio arrivo a Rossosch (e all’abbandono delle truppe scaricate rimaste così in attesa degli ordini che non arrivarono mai), coincidono con le date ricordate da Gamberini, concludendo il proprio destino con la cattura da parte dei Russi e la conseguente dolorosa prigionia. Coincidenza: mai avrei pensato, dopo oltre sessant’anni, di trovare a Monghidoro proprio uno di quelli che probabilmente io ho portato in Russia e che avrei potuto salvare; non lo feci per rispettare gli ordini che erano solo di scaricare tutto e tutti e di ripartire immediatamente.
Varsavia
La tradotta probabilmente si era fermata in qualche stazione secondaria alla periferia della città, ed era pertanto visibile soltanto un settore che risultava completamente distrutto, con cumuli di macerie e strade impraticabili. Vi erano al lavoro delle donne intabarrate con giacconi, con sciarpe, con coperte, che rimuovevano le macerie dalle strade per renderle praticabili. Avevano puntato sul petto un piccolo pezzo di stoffa che forse un tempo era di colore giallo, si trattava di un piccolo straccio senza forma (e non di una stella o di un triangolo come viene più spesso riportato). Erano donne ebree che avevano avuto la “fortuna” di non essere per il momento inviate nei campi di sterminio, ma solo impiegate in lavori pesanti. A proposito di campi di sterminio e di forni crematori, anche in viaggio in Polonia e in Russia, nulla era trapelato attraverso la censura tedesca e nessuno di noi sapeva la verità. Assolutamente nessuno anche sulla base dei contatti, sia pure saltuari, che era possibile avere con la popolazione del luogo; preciso anzi, che quando dopo l’8 Settembre ebbi ”l’ onore” di essere ospite in un campo di concentramento tedesco a Biala Podlascka, anche nei campi di concentramento nessuna notizia in merito ai campi di sterminio era trapelata.
Facile è oggi domandarsi come mai nessuna delle donne ebree adibite allo sgombro delle macerie tentasse di fuggire, la sorveglianza infatti era molto rada, i tentativi sfociavano in un’immediata fucilazione. E poi? Dove andare, dove rifugiarsi? Ho in proposito anche un preciso ricordo di due donne che non so come riuscirono a rifugiarsi in un vagone del mio treno; la cosa mi venne comunicata dal mio sottoufficiale… e adesso cosa ne facciamo? Per prima cosa diamo loro da mangiare, poi si vedrà. Come è andata a finire, io non lo so; erano ospitate in un vagone, in uno dei vagoni di coda e per molte tappe restarono nostre ospiti, finchè un giorno mi venne comunicato che erano scese ed erano scappate. Dove? È una domanda senza risposta.

Tarozzi Mariano - RUSSIA 1942 – 1943... http://www.alpinimonghidoro.it/tradotta_61.pdf
..il 30 maggio 1942, da poco promosso Tenente di Artiglieria, venivo richiamato (ero da un anno in congedo per esami) a domanda, ossia volontario, presso quella che era allora la seconda base tradotte CSIR con sede a Vicenza (una delle tante tradotte predisposte per il trasferimento dell’Armir in Russia) - nella maggioranza dei sette viaggi (un viaggio al mese per i sette mesi di: giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre, novembre, dicembre 1942 e con un prolungamento il mese di gennaio 1943), il personale era lo stesso; ricordo il nome del Comandante: Maggiore Feletti Pietro, ufficiale richiamato, che in pace era notaio a Ferrara; il direttore operativo ero io che a quei tempi ero Tenente (e che dovevo anche arrangiarmi come interprete con i Tedeschi).

Tradotta “62” - dispersa
Forse non era la 62 ma un’altra successiva alla mia, che non è mai rientrata alla base. Eravamo a metà gennaio: in Russia imperversava una bufera di neve e i russi che avevano sfondato il fronte molto più a sud, risalendo alle spalle delle divisioni attestate sulla riva destra del Don, erano arrivate anche a Rossosch all’alba del 18 Gennaio 1943 (?) . Malgrado il momento fosse veramente tragico, nelle retrovie c’era solo un diffuso senso di preoccupazione e anche di paura ma ciò in un contesto di serena incoscienza e di normalità che non prevedeva la ineluttabilità degli eventi. Tutte le forze erano concentrate nella guerra combattuta con movimenti del fronte, mentre nelle retrovie gli eventi normali continuavano a svolgersi in una “normale” incosciente e inconsapevole normalità. È così che una tradotta, (l’ultima tradotta che ha raggiunto il fronte), provenendo da nord dopo aver superato Vilnius, Minsk, Smolensk e aver percorso parallelamente al Don la linea da Voronez a Rossosch, attraversando Popowka in un tratto di ferrovia, che forse già era stato attraversato dalle divisioni alpine in ritirata, giungeva appunto in stazione a Rossosch e le truppe scesero dal treno per trovarsi di fronte a truppe e carri armati russi che avevano sfondato il fronte molto più a sud, ed erano risalite sul retro delle altre divisioni italiane, sbaragliando anche alcune divisioni tedesche di carri armati, per giungere fino a Rossosch ad accogliere gli sfortunati viaggiatori della tradotta. Per gentile concessione di Gilberto Tedeschi

 
     

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