La storia è racconto attraverso i libri 

Il primo testo che accompagna la presentazione è in genere quello diffuso dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati. Se non diversamente indicati sono del sito.

56

I TRADITORI

 

di  VITTORIO NARDI

dalla prefazione -  Sulle navi che trasportavano i soldati americani verso la Sicilia, fu letto dagli altoparlanti il discorso del generale Patton: "se si arrendono quando tu sei a 2/300 metri da loro, non badare alle mani alzate. Mira tra la terza e la quarta costola, poi spara. Nessun prigioniero! È finito il momento di giocare, è ora di uccidere! Io voglio una divisione di killer, perché i killer sono immortali!". Alcuni testimoni riferirono anche che Patton aveva detto: "più ne prendiamo, più cibo ci serve. Meglio farne a meno". Fra il 12 e il 14 luglio 1943, il sergente Horace West, ammazzò personalmente 37 italiani; il plotone di esecuzione del capitano John Compton almeno 36. Gli atti del Tribunale che svolse il processo riportano che: "tutti i prigionieri erano disarmati e collaborativi".
Il giornalista britannico Alexander Clifford fu testimone oculare di due eccidi: all'aeroporto di Còmiso sessanta italiani catturati in prima linea furono fatti scendere da un camion e massacrati con una mitragliatrice. Dopo pochi minuti la stessa scena fu ripetuta con una cinquantina di tedeschi. A Canicattì la popolazione assaltò la Saponeria Narbone Grilli per saccheggiarla. Il colonnello di un reparto americano arrivato sul luogo, ordinò di sparare sulla folla e poiché i soldati rimasero interdetti impugnò la pistola ed esplose ventuno colpi, cambiando caricatore tre volte. Il processo svoltosi nel 1944 assolse tutti i sottufficiali e ufficiali per avere obbedito agli ordini.
Nel 1973 si trova una traccia nei diari di Patton e nel 1983 la prima descrizione completa nell'autobiografia del generale Omar Bradley. Vent'anni fa nel volume dello statunitense Carlo d'Este sullo sbarco di Sicilia, la questione era relegata in un capoverso. Nel nostro paese la vicenda è stata sostanzialmente ignorata. Solo recentemente due scritti di storici siciliani nel volume di Alfio Caruso. Mai però un'iniziativa per ricordare quei soldati, rimasti senza nome.
   

Montedit - Cas. Post. 61 - 20077 MELEGNANO (MI) e Club degli Autori

 http://www.montedit.it/5/collana-scheggen  info@club.it

Ci fu un tempo in cui si moriva cantando. Quando morire per la patria e per l'onore sembrava un gesto sublime. Coloro che fecero quella scelta non sapevano, allora, di compiere una scelta sbagliata. Fu comunque una decisione che distinse gli uomini dai vigliacchi. Gli attendisti si nascosero nei conventi o in Vaticano o in altri posti sicuri, lontani dalla guerra, in attesa del vincitore, quale che fosse. I partigiani combattenti furono settantamila: quando entrarono nelle città con i fazzoletti rossi al collo, gli attendisti chiesero agli anglo americani di disarmarli per prendere loro il governo, che non hanno più lasciato. Qualcuno è anche diventato senatore a vita.

  CAP.1

Per saperne di più:
Gianfranco Ciriacono, - le stragi..., Comune di Vittoria, 2003.
Alfio Caruso, - Arrivano i nostri, Longanesi, 2004.
Giuseppe Federico Ghergo - 14 luglio 1943: il massacro di Biscari - su Storia Militare N° 133 Ottobre 2004 (pagg. 4-7).


Il mattino del 15 luglio il tenente colonnello W.E. King, cappellano della 45a divisione, trovò una fila di cadaveri sulla strada che dall'aeroporto portava al paese di Biscari, a pochi metri da una grande quantità di bossoli americani, per un totale di 34 italiani e 2 tedeschi. Il T.Colonnello Cappellano King trovò altri cadaveri allineati, quindi, presumibilmente, fucilati, prima di giungere all'aeroporto, dove venne a conoscenza di un ulteriore gruppo di militari italiani fucilati. La testimonianza del cappellano permise lo svolgersi di un regolare processo, dal quale emerse la colpevolezza del sergente Horace West. Effettivamente colpevole, West fu condannato all’ergastolo, ma non scontò neppure un anno della pena che gli era stata impartita. Washington infatti era terrorizzata dalla possibilità che la notizia di quei delitti potesse diffondersi nel mondo. L'immagine americana poteva essere fortemente compromessa, soprattutto davanti all'Italia, con la quale gli Stati Uniti avevano da poco concluso l'armistizio (8/9/1943). Il capitano John Compton, che si difese dicendo di aver eseguito soltanto gli ordini di Patton, al contrario di West, venne assolto dall'accusa di aver compiuto il massacro (ma dovrebbe essere morto a Salerno). È noto (attraverso dichiarazioni rilasciate da decine di soldati ed ufficiali, i quali testimoniarono al processo sui crimini di Biscari), che il generale Patton avrebbe detto ai suoi militari prima dello sbarco. “kill, kill, and kill some more"

Seduto a terra Rodolfo fumava con la schiena appoggiata alla parete liscia di cemento. Si udivano da fuori gli smorzati scoppi delle granate e ogni tanto una più vicina delle altre.
"Cos'è?" chiese un soldato vicino a Rodolfo.
"Niente" rispose Rodolfo. "Cusin parla dormendo."
"In malora" disse il soldato. "Questi bombardamenti mi rendono nervoso. Non posso dormire. E tu, non dormi?"
"Fra poco sarò di guardia."
L'uomo si levò a sedere, stirandosi: "è una brutta sera per andare di guardia, ragazzo. Fa caldo là fuori. Mi dai una sigaretta?".
Rodolfo gli passò il pacchetto. Il soldato ne tolse una e lo restituì: "grazie. I fiammiferi li ho". Accese un fiammifero e avvicinando il fuoco al viso mostrò i suoi baffetti rossicci, spioventi, i capelli ispidi, scomposti nel sonno. Sospirò, lanciando una lunga boccata di fumo davanti a sé.
"Che vita" disse e bestemmiò in sordina.
Rodolfo sorrise: aveva il viso infantile, occhi ingenui, sempre sorridente; Mario aveva lineamenti diritti, maturi, occhi grigi. Vestivano entrambi l'uniforme grigioverde e sul bavero della giacca avevano le mostrine a due punte crèmisi dei bersaglieri. "Credi che faranno un attacco?" chiese Rodolfo.
"È molto probabile. Ormai siamo ai ferri corti."
"Mia madre è sola ed ha il fronte tanto vicino."
"E tu sei scappato da casa. E tuo padre?"
"Era in Africa, adesso è prigioniero. Forse lo hanno portato in India."
"Se ci è arrivato è stato fortunato! Le notizie su come gli americani trattano i prigionieri non sono confortanti."
Mario tacque un po', poi disse: "la mia famiglia è in Sicilia. Non ne so più niente."
Rodolfo gettò il mozzicone della sigaretta lontano, nel centro del camerone: "c'è sempre il pericolo di prender fuoco, qui. Non si potrebbe far niente".
"Non sarebbe male una disinfezione con fuoco. Siamo pieni di pidocchi. Bà, in fondo la guerra è questa:pidocchi e dissenteria".
"Forse è qualcosa di più" disse Rodolfo.
"Per voi pazzi. Per me sono anni perduti."
"Perduti per che cosa? Non facevi niente."
"Perduti per gli studi, i viaggi, le gare sportive, le donne. Tanti anni, mesi, attimi perduti di profumo di donna, il delicato profumo di una donna. Tu, ragazzo, non sai che cosa sia una donna con la pelle fresca, liscia e bianca, non sai che cosa sia toccare quella pelle,sentire quel profumo, baciare una bocca morbida come un frutto."
"Io so che c'è la guerra e dobbiamo combattere per la patria."
"Per la patria!" rise Mario.
"Per la patria! La patria è l'Italia, la mia casa, mia madre e mio padre, siamo noi."
"Cose bellissime ma pericolose. Sono i fanatici incoscienti come te che fanno le guerre" disse Mario.
"E sono gli snob come te che le perdono. Il meglio che ti possa capitare è morire in combattimento. Quando tutto sarà finito non ci sarà più posto per tipi come te."
"Quando la guerra sarà finita noi saremo tutti morti e non ci saranno eroi per questa guerra di vigliacchi e non ci sarà una nuova Italia o un ordine nuovo. Svegliati, figliolo. La patria! In tutti i tempi si sono trovate idee per far massacrare i giovani entusiasti, però, che io ricordi, non vi è mai stata cosa più sudicia e malfatta di questa."
"Tu sei un disfattista. Tu sei un antifascista" disse Rodolfo.
"Né l'uno né l'altro, ragazzo, ma anche se ti spiegassi, non capiresti."Patch da manica della 45a divisione Usa fino al 1930
- Tu non puoi capire - pensò Mario - sei troppo giovane per sapere quanto sia bella la vita. Tu non hai mai visto il mare di Palermo e respirato la sua aria, come me, che sono nato là. Tu non conosci Elisa e il suo corpo e i suoi capelli e quegli occhi e le labbra. Una donna che ti fa maledire chiunque ti allontani da lei un attimo. E invece di Elisa ci sono state le steppe di Russia e tutto il resto. La patria, l'idea, la grande nuova Italia, il nuovo ordine. E la nostra giovinezza perduta e i visceri lasciati sulla neve e i mucchi di morti congelati. Non hai visto abbastanza morti, ragazzo, per amare la vita. Forse sarai tanto fortunato da morire subito. Gli idealisti sono fortunati e muoiono subito, quasi tutti. I fanatici non muoiono mai, ma sono fortunati lo stesso perché si sentono martiri per tutta la vita. Eppure quando cominciò credevamo tutti, anch'io. E forse non mi è passata completamente, altrimenti invece di essere qui sarei al sicuro da quella troia che voleva tenermi nascosto a Firenze.
Si aprì la porta del camerone ed entrò un altro soldato. Aveva l'elmetto e il cappotto bagnati e un mazzetto di piume come quelle di un galletto spelacchiato legate all'elmetto con filo di ferro, gocciolavano sulla spalla.
"Salve, sergente" disse Rodolfo: "piove?".
"Comincia ora. Preparatevi: fra poco tocca a voi."
"Sono pronto".
"Prendete il telo da tenda" disse il sergente, "vi farà comodo."
Rodolfo obbedì: mise l'elmetto, prese il fucile e si avviò: "ciao, Mario, buon sonno".
"Buona guardia."
Uscirono nel buio profondo. Rodolfo concentrò nello sguardo la sua volontà e seguì il sergente che pratico del sentiero, camminava spedito. Pioveva forte, il terreno era diventato viscido e i due scivolavano facilmente. A brevi intervalli regolari, una bomba cadeva sul campo dove erano i carriaggi, e più indietro, in cerca di case fortificate, ammassamenti di truppe. Boati e lampi scuotevano e illuminavano l'intera zona collinare....

 

 

  Torna all'indice libri