LA GUERRA  

E IL CINEMA

  Cefalonia

I FILM, LE FICTION


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Trama

Storia di due fratelli altoatesini di lingua tedesca, Wolfang e Helberg (fantasia sfrenata), che hanno scelto le due diverse cittadinanze (tedesca e Italiana) quando Mussolini portò a casa il riconoscimento definitivo delle terre al di qua dal Brennero (dopo la guerra il tutto ritornò in discussione). Nel settembre del 43 i due fratelli si ritrovano sugli opposti fronti a Cefalonia, l'uno, tenente della Divisione Acqui, contro l'altro, ufficiale dei Gebirgsjager. In questa pagina eroica e amara della guerra, rimasta a lungo quasi sconosciuta, si innesta la storia di Wolfang e Helberg divisi da una donna e dalle convinzioni politiche.

I GIORNI DELL'AMORE E DELL'ODIO - CEFALONIA
Regia Claver Salizzato

Attori
Daniele Liotti
Wolfgang
Liberto Rabal
Helberg
Mandala Tayde
Marthe
Sarah Miles
Sissi, La Madre
Ricky Tognazzi
Generale Gandin
Ugo Pagliai
Ten. Col. Barge
Riccardo Salerno
Christian
Francesco Venditti
Soldato Zanni
Anno 2001
Prod: ENZO GALLO PER METROPOLIS FILM
Distr: COLUMBIA TRISTAR FILMS ITALIA
Fotografia
Pino Pinori
Musiche
Paolo Rustichelli
Montaggio
Anna Napoli
Scenografia
Luciano Calosso
Costumi
Stefano Giovani

 

Critica

"Sia chiaro, l'esordio di Salizzato, epopea a basso costo dedicata a 'Blasetti e Leone', era la classica missione impossibile, specie oggi che di film di guerra in Italia non se ne fanno più. Operazioni simili richiedono idee di regia forti e coraggiose. Qui l'unica idea è cavalcare forme e convenzioni del racconto popolare, ma senza averne i mezzi né la capacità. Un po' pochino". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 26 maggio 2001)

"Al calore umano dei personaggi, spesso, data la situazione, esitanti sulle vie da seguire ma alla fine pronti al dovere, si accompagnano, in cifre corali, le descrizioni quasi dal vivo degli scontri e, in ultimo, della carneficina (...). Nei panni dei due fratelli, Daniele Liotti e Liberto Rabal. Al generale Gandin che camandava la Divisione dà volto con mestizia, ma anche con fermezza, Ricky Tognazzi".
(Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 27 maggio 2001)

E' peggio che un'occasione sprecata: un film di una bruttezza così programmatica a tutti i livelli (scelta degli attori, recitazione da filodrammatica, dialoghi da fotoromanzo, scrittura ingessata) da diventare inquietante se si considera che ne è autore un saggista e docente di cinema, impegnato con rozza perversione cinefila nel ricorrere agli schemi più vieti del cinemelodramma. Finanziato con più di quattro miliardi di denaro pubblico. da Il Morandini. Dizionario di Laura, Luisa e Morando Morandini, Zanichelli, Bologna 2001

Improbabile storia di due fratelli, di una donna indecisa e frettolosa, di battaglie con soli venti uomini sul campo, di soldati che respirando riempiono l’aria di nuvole di vapore poco giustificabili nel clima settembrino di una calda isola della Grecia, di prostitute isolane vestite come nel più raffinato dei bordelli cittadini e di una sequela di piccole ma deleterie inesattezze storiche. E se non fosse per la dedica al glorioso battaglione Acqui, verrebbe da credere che si tratti di una parodia di numerosi film tra i quali Salvate il Soldato Ryan. Non fosse altro per i numerosi e subitanei rallenty, per gli strazianti campi e controcampi e per i gli effetti speciali, che garantiscono un sicuro effetto trash, il film è anche penalizzato da una recitazione stentata e da alcune scene che proprio non si possono dimenticare, tra le quali merita di essere ricordata la scalmanata battaglia, in cui Helberg spara con due pistole in stile Terminator. Danila Filippone

locandine e immagini  sono tratte da

 

CEFALONIA

Cast:
Luca Zingaretti è il sergente Saverio Blasco
Luisa Ranieri è Feria
Jasmine Trinca è Elena
Claudio Amendola è Mikis
Corrado Fortuna è Nicola
Valerio Mastandrea è Moreno
Claudio Gioè è il prete Don Liborio
Fausto Paravidino è Gualtieri
Roberto De Francesco è Traina
Ermanno Grassi è Gandin

Regia: Riccardo Milani

Sceneggiatura: Stefano Rulli e Sandro Petraglia

 

  Dal sito rai: Cefalonia, 8 settembre 1943.
In una delle stanze del Comando, il giovane radiotelegrafista Davide crede di non aver capito bene quello che sta ascoltando: l’Italia ha chiesto l’armistizio. Nel clima di euforia che prende tutti, il sergente d’artiglieria Saverio Blasi (Luca Zingaretti) - veterano di troppe guerre - incontra Feria (Luisa Ranieri), la bella italiana che gestisce il Caffè San Marco. Trasferitasi in quell’isola per seguire il marito Michele (Claudio Amendola), che poi è partito per l’America e non è più tornato, ha tirato su da sola la figlia Elena (Jasmine Trinca). Con Saverio si confessano l’attrazione che provano, fanno l’amore, ma presto la speranza del ritorno si trasforma in un incubo: c’è un ultimatum dell’ex alleato tedesco che invita alla resa o alla guerra. Il Generale Gandin (Ermanno Grassi) chiede un referendum da tenersi tra i soldati. Il giovane Tenente Gualtieri (Fausto Paravidino) ordina l’adunata per votare. Ma Saverio non ci sta: dovevano chiamare i soldati a scegliere se volevano o no la guerra, e non se e come vogliono morire. Saverio è isolato. I reparti scelgono di combattere, e poco dopo mettono sotto tiro due imbarcazioni della Wehrmacht cariche di truppe.
Inizia la battaglia. Dopo bombardamenti a tappeto che portano lo scompiglio tra le file italiane, Saverio viene mandato con un camion a tirare fuori dai guai il Tenente Gualtieri e i suoi uomini. Tra loro c’è Nicola (Corrado Fortuna), il giovane di cui è innamorata Elena. Saverio le promette che glielo riporterà indietro, ma in realtà Nicola è ferito e Saverio è costretto ad affidarlo alle cure di un dottore greco che fa parte della Resistenza. Si stringe così, attorno a Saverio e al tenente Gualtieri, un piccolo pugno di superstiti - il marinaio Davide (Flavio Pistilli), il fante-poeta Oreste (Fabio Balasso), il carabiniere Tancredi (Paolo Setta) grande promessa della maratona, il fedele attendente Senise (Antonio Milo) - che cercano di passare le linee per portare al Comando la notizia che alcuni reparti tedeschi stanno tentando una manovra di accerchiamento. Purtroppo, né il disperato coraggio di Saverio né la folle corsa di Tancredi, riescono a impedire che la tenaglia si chiuda. Il gruppo si sgretola, quasi tutti vengono catturati. Saverio si rifugia nel Caffè San Marco trasformato in ospedale da campo, dove Feria assieme al Maggiore medico Moreno (Valerio Mastandrea) e a Elena si prodiga per portare aiuto ai feriti. Appena Elena viene a sapere delle gravi condizioni di Nicola decide di lasciare la sua casa e di raggiungerlo. Saverio, dopo una notte passata accanto a Feria, prova a fuggire ma viene fatto prigioniero. Saverio scopre così, dopo la ferocia del prima, l’inaudita ferocia del dopo.
Il comando tedesco ha stabilito che gli ufficiali italiani vanno considerati traditori. E pertanto vanno giustiziati. Saverio viene obbligato a guidare uno dei camion che vanno alla “Casa Rossa”, pochi chilometri fuori città. Qui, assiste impotente allo sterminio: a quattro a quattro, gli ufficiali italiani vengono fucilati - se ne salveranno soltanto poche decine. Passano i giorni. Dopo i primi pensieri di fuga, i prigionieri a poco a poco si riorganizzano, formano un raggruppamento clandestino: i “Banditi della Acqui”. Tra i promotori del gruppo c’è proprio Saverio, quello che sembrava più disincantato e distaccato, quello che non voleva combattere, quello che pareva senza ideali. Saverio, che mai l’avrebbe voluta cominciare, dice agli altri suoi compagni, per convincerli a resistere che "la battaglia di Cefalonia non è finita.” Con Feria invece, malgrado l’amore che li lega, le cose si complicano. A rendere impossibile la loro storia non è solo la guerra, ma i fantasmi del passato che all’improvvisano irrompono nella vita della donna a scompaginare i sogni di un futuro diverso. La prigionia è lunga, difficile, dura, ma arriva infine il giorno del riscatto. Dopo essere entrati in contatto con un piccolo nucleo alleato sbarcato sull’isola, Saverio e gli altri non si limitano ad aspettare lo sbarco inglese, ma contribuiscono attivamente alla disfatta tedesca.
L’8 settembre del 1944, a un anno esatto di distanza dall’inizio del dramma, Saverio, alcuni ufficiali superstiti e i soldati prigionieri, capiscono che i tedeschi si stanno preparando alla fuga e che hanno minato il porto di Argostòli. Assieme alla Resistenza greca organizzano l’attacco, disattivano le mine, si impadroniscono della città. Altoparlanti di fortuna annunciano ai cittadini l’avvenuta liberazione, la flotta alleata è in vista dell’isola, e sul pennone di quello che un tempo era stato il Comando della Acqui, sale la bandiera italiana. Saverio, ora che è arrivato il momento di tornare a casa, guarda il mare, felice e triste nello stesso tempo. Feria gli va vicino, deve dirgli una cosa...

 

 

 

 

"Ma che domanda! Il coraggio militare italiano non esiste. E' un ossimoro".
Oggi, oltre al cinema, contano in sempre più larga misura le fiction della Tv che in Italia abbondano di agiografiche storie di preti, magistrati e qualsiasi altra categoria delle Forze dell'ordine. I protagonisti sono tutti bellissimi, ammirevole intreccio di umanità, competenza e indomabilità. Delle Forze armate solo brevi e poco convincenti apparizioni. Sorge il dubbio che scene considerate molto violente, frequenti e apprezzate per le Forze dell'ordine non sarebbero loro concesse nel timore di infrangere l'identikit del soldato tenero, romantico e mite che mai li abbandona.
Oggi, nel quadro di un ciclo riformista che coinvolge anche le Forze armate, si offre la figura del soldato italiano in chiave più positiva e il film per la Rai "Cefalonia" ne è il primo esemplare. Questo film pro-militari tuttavia non pare molto diverso dai quelli "contro". Grazie a una sceneggiatura poco esperta di cose militari, parla di un pugno di soldati che, dopo la resa della divisione ai tedeschi, continua a battersi mentre la maggioranza che ha ceduto le armi si fa uccidere per non tradire la Patria.
A corredo di questa storia, un pietoso generale "papà" che preferisce il dialogo e la resa ma si rimette al voto dei suoi soldati che non vogliono cedere le armi ai tedeschi e si fanno uccidere inneggiando alla Patria, alla libertà o cantando "O sole mio". Il tutto in un mieloso impasto di amori e baci, abbracci a profusione, pianti e lacrime per finire con una ribellione vociante, tardiva e tanto scomposta che quattro soldati seri avrebbe impiegato due minuti a sedare. E così via.
Che questo sia il modello militare da proporre alla nazione e al soldato italiano e magari da divulgare anche all'estero, dovrebbe far cadere le braccia. Quale attenuante si potrebbe pensare che si sia sbagliato nell'avere scelto come tema l'eccidio di Cefalonia - episodio tuttora assai controverso - ma si può anche dubitare che non si abbia avuto il coraggio di invertire tendenza e che perciò si mantengano in vita i luoghi comuni di cui si pasce la nostra cultura politica.
Si parla di prova di democrazia quando il generale delega la decisone se arrendersi o meno ai suoi soldati. Si fanno inneggiare i morituri alla libertà anziché alla Patria. Si esalta la morte di migliaia di soldati senza reagire, quasi a promuovere la figura dell'eroe martire che si fa uccidere ma non uccide. Si propone la tesi del dialogo con il nemico che però non rispetta l'impegno. Si offre al protagonista del film il ruolo dell'eroe suo malgrado che detesta la guerra e capeggia per propria scelta i ribelli, quasi che in un gesto conciliatorio si voglia fondere in lui il partigiano e il soldato.
Chiusura con bandiera al vento e stemma sabaudo. Nonostante l'evidente buona volontà di assecondare la retorica corrente, l'Inno di Mameli non ce l'hanno fatta a inserirlo. Non solo continua a latitare l'immagine consapevole e combattiva del soldato italiano ma c'è da chiedersi a che scopo mantenere in vita l'esercito se, come propone il film, lascia ai singoli soldati il decidere se battersi o meno. Interessante sapere che il film è stato più volte plaudito proiezione durante - in occasione dell'anteprima all'Auditorium di Roma - e alla sua conclusione. E' da arguire che è così che gli italiani vedono l'esercito e i suoi soldati?
Il fatto è che con l'ausilio del cinema - ma non solo - nel dopoguerra si è subliminalmente diffusa fra gli italiani la convinzione di essere soggetti poco affidabili e poco coraggiosi e, in quanto tali, militarmente perdenti Il fenomeno è così diffuso che, alla domanda rivolta ad accademici italiani da uno storico canadese sul coraggio italiano, le controparti sono sbottate in una fragorosa risata: "Ma che domanda! Il coraggio militare italiano non esiste. E' un ossimoro". Questa poco gratificante sindrome collettiva non è scomparsa, anzi continua a influenzare, in modo più pervasivo e più subdolo, la debole opinione di sé che molti Italiani gelosamente e caramente conservano. Gen. Luigi Caligaris (da www.paginedidifesa.it)

Il mandolino del Capitano Corelli

Titolo originale: Captain Corelli's mandolin - Nazione: Usa
Anno: 2001
Regia: John Madden
Sito ufficiale
: www.captain-corellis-mandolin.com
Cast: Nicolas Cage, Penelope Cruz, John Hurt, Christian Bale, David Morrissey, Irene Papas
Produzione: Tim Bevan, Eric Fellner, Kevin Loader, Mark Huffam

   
 

 

 
 
     
 

 

   
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