I LABIRINTI DELLA MENTE

di

Raffaele Vacca

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a cura di Giorgio Barba



Raffaele Vacca nei suoi quadri dà un'interpretazione della vita del tutto personale. Il suo è un mondo solitario in cui l'uomo difficilmente riesce a vedersi vivere e soffre di un'angoscia esistenziale che lo attanaglia. Egli percorre in solitudine un corridoio non lineare, sentendosi sempre in bilico tra l'essere e il divenire, in dubbio se vagare sulla scacchiera della vita in maniera creativa come un cavallo, oppure se attendere fermo il fluire degli eventi come una torre. Non a caso la simbologia utilizzata da Raffaele Vacca ci proietta in un mondo deformato o almeno percepito in maniera deformata, gli oggetti sono disseminati a occupare uno spazio altrimenti vuoto e diventano emblemi di un tragico destino che vede l'uomo come elemento non necessario e indispensabile nella vita stessa. Anzi l'individuo è assente dall'universo di Vacca, pur essendo l'architetto che costruisce quella dimensione abitata soltanto dalla sua anima. Infatti l'anima è raffigurata da una farfalla nei dipinti di Vacca, una farfalla immobile nello spazio con le ali aperte, anelante il volo e fissata in eterno sulla tela nel suo desiderio di sfuggire al meccanismo cosmico che ci avvince.
La solitudine esistenziale e l'angosciante volontà di comunicare i propri sentimenti vengono espressi dall'artista attraverso colori dalle tonalità fredde, da prospettive anamorfiche e deformate, da illusioni ottiche proprie della Op art, che spingono l'osservatore in un labirinto a volte senza uscita, labirinto non solo fisico, ma anche psichico.
Nel dedalo dei desideri e dei sentimenti, l'individuo si aggira senza una meta alla ricerca vana della felicità. La metamorfosi per l'uomo è impossibile. Felix, il gatto dei cartoni animati, con il suo innocente ottimismo non potrà mai prendere il posto della triste e malinconica figura del quadro "Metamorfosi" perché, secondo Vacca, l'uomo è oppresso non solo da ancestrali dubbi esistenziali, ma anche dalla alienante vita quotidiana e dalla società massificante e consumistica che crea miti immaginari, mistificando il reale e concretizzando il virtuale. La via d'uscita è oltre la dimensione umana e solo con la curiosità l'individuo può trovarla e può inventarsi il suo mondo interiore per continuare a vivere.

All'artista abbiamo fatto una breve intervista per conoscere meglio il suo modo di rapportarsi alla realtà circostante e all'arte.


Quale è, secondo lei, il rapporto tra l'artista e la società?

Il rapporto tra l'artista e la società è conflittuale. L'artista è l'uomo che si scava dentro indolente e incurante del confronto con gli altri uomini. E' la scheggia impazzita che indomabile mette il dito nella piaga, che si abbandona delirante e senza compromessi al gusto di chi non crede e si pone sempre in discussione.

Perché utilizza spesso nelle sue tele colori dalle tonalità fredde?

Le tonalità fredde degli ultimi lavori fanno parte dei "periodi", sono necessari processi delle tonalità.

Che cosa rappresenta per lei l'arte?

L'arte è la suprema espressione dell'uomo, svincolata dalle oppressioni e dalle remore. E' uno spiraglio, una boccata d'ossigeno mentale, un travaglio primitivo.

Quale funzione hanno gli oggetti che compaiono nei suoi quadri?

Gli oggetti sono tappe dei percorsi della mente, sono pezzi posti su una scacchiera illimitata, ci addentrano nei labirinti senza necessariamente farci uscire.

Perché in molte sue opere è assente la figura umana?

Lo scopo della mia pittura è raccontare dell'uomo senza necessariamente rappresentare l'uomo.