L'inquietudine di Cesare Piscopo



Movimento di vita, inch. su carta, 1995Un quadro è un frammento visibile dell'anima, un pezzo irregolare di specchio che riflette in modo parziale e sfumato i sentimenti che non prendono forma e consistenza, ma restano vaghi e indefiniti, aleatori e casuali. Quando un artista si mette davanti a una superficie pittorica, ha di fronte a sé una dimensione vuota, che risucchia in maniera centripeta la luce e il buio, la materia e l'antimateria. L'abilità dell'artista sta proprio nell'invertire la forza di attrazione e nel fare uscire dalla tela o dalla carta l'invisibile, l'innominabile, l'inconoscibile, ricorrendo ad una forza centrifuga che materializzi i sentimenti e dia sostanza alle immagini proteiformi che vagano nell'inconscio alla ricerca di una identità, mediante un processo che arreca tormento ed estasi, gioia e dolore, delusione e felicità.
Ed è con questo stato d'animo che Cesare Piscopo, nella sua ultima produzione pittorica, affronta la marea bianca della tela e da essa trae figure come in sogno, figure in attesa, pronte a venir fuori dalla grezza materia, a prendere colore e a urlare la loro serena disperazione. Emblematica a questo proposito una sua poesia, Attesa, tratta dalla recente pubblicazione Dal profondo Sud:

"Ombre in fuga verso il paese

Volti di pietra
plasmati dal sole

Fiori che gridano
il loro dolore"


Come non riconoscere in questi versi l'arte di Cesare Piscopo? Infatti i visi delle donne dipinti dall'artista sembrano scavati nella pietra, tormentati e angosciati da paure ancestrali e dal timore di un futuro privo di umanità e dominato dal caos dell'incertezza e della bestialità. In quei volti e in quei corpi si possono percepire le pulsioni dell'anima e le inquietudini oscure della mente.