Solitudini

di Benedetto Marinuzzi

recensione a cura di Giorgio Barba


Copertina libro

E' più angosciante vivere in isolamento, oppure essere consapevoli di essere soli in mezzo a tanti altri individui che intrecciano tra di loro relazioni di vario tipo, fingendo di vivere con gli altri? A questa domanda cerca di rispondere Benedetto Marinuzzi, un giovane scrittore (è nato a Mottola in provincia di Taranto nel 1968), che ha recentemente pubblicato il libro Solitudini (edizioni Piero Manni, £ 25.000).
Protagonista incontrastata è sicuramente la solitudine, raffigurata in tutte le sue sfaccettature e nella caratteristica di determinare estraniamento, perdita d'identità, egocentrismo, follia.
In maniera brillante l'autore, in dieci racconti, riesce a rappresentare la malattia dell'uomo di ogni tempo, il quale, credendo che tutto il mondo sia stato creato in sua funzione, improvvisamente si accorge che è un nessuno, che la realtà è mistificata dall'apparenza e dall'ipocrisia, diventata la virtù negativa della società di massa. Mentre il tempo scorre in fretta e lo spazio subisce profonde trasformazioni, ogni cosa si evolve lasciando tracce contraddittorie. Il genere umano stesso con un'attività frenetica tende sempre più ad allontanarsi dalla natura fino ad essere vinto dalla solitudine. L'uomo, pertanto, sentendosi schiacciato dal peso incombente dell'anonimato, tenta la strada del successo, cerca di difendere il suo spazio vitale, desidera una rivalsa nei confronti di chi vuole circoscriverlo, ma si ripiega sempre su se stesso, sconfitto e sconsolato. Ogni sua azione è destinata al fallimento; anzi l'insuccesso stesso diventa un alibi per continuare a vivere, sconosciuto tra tanti esseri conosciuti, che si comportano normalmente. I protagonisti dei racconti di Marinuzzi sono perfettamente integrati nel sistema sociale e convinti del ruolo che rivestono, tanto da perdere l'individualità. Il maestro, (Le lacrime del maestro) che vive con l'angoscia e il tormento di un successo derivato da un'opera che non riconosce come sua, l'acuto osservatore (Un'ora in treno e poi…) che un giorno si accorge di essere un perfetto estraneo persino ai suoi familiari più stretti, il soldato (Naja), costretto a prestare il servizio di leva per quattro anni, che non trova il coraggio di uscire fuori della sua condizione di dimenticato, evadendo dalla caserma prigione, l'imbranato Dottor Giorgi (Capro espiatorio), condannato a morte per il bene morale del paese, sono persone talmente normali da diventare casi emblematici di alienazione mentale, derivante da un inconscio anelito di allontanarsi dalla civiltà industriale.
Non è un caso che alcuni racconti si svolgano in ambienti in cui maggiormente l'uomo è portato ad appartarsi e a chiudersi in se stesso, o in un treno (Bari-Taranto), sul quale si ripete per più giorni sempre lo stesso sogno, o in un deserto infuocato e ambiguo (La lunga marcia) in cui tutto può accadere, non solo la perdita della propria identità, ma anche l'oblio della memoria e lo smarrimento del significato delle parole.
Infatti, secondo Marinuzzi, la mancanza di certezze e di significati dei gesti comuni è una conseguenza dell'aleatorietà che assumono le parole, parole in libertà, polisillabi privi di nessi che testimoniano uno sfarinamento dell'esistenza e l'inizio del viaggio nelle "Terre Incognite" del non senso. Dalle molteplici "facce" dell'uomo contemporaneo alla scelta estrema la strada è breve, ma è un percorso interamente psichico che si risolve nel volo ad ali spiegate verso la luna e i suoi inquietanti misteri, nascosti nell'altra faccia, quella che non appare a chi la osserva dalla terra.
Marinuzzi, usando un linguaggio tendente a concretizzare le elucubrazioni mentali dei protagonisti, è riuscito a raccontare con serena disperazione la lucida follia dell'uomo contemporaneo che, per sfuggire alle ansie derivanti dalla convivenza con gli altri uomini, compie l'ultimo passo, varcando quella linea sottile che separa la normalità dalla diversità, la ragionevolezza dalla pazzia, la visione spersonalizzata del mondo da quella personale, solitaria e originale. Non mancano alcune scelte lessicali ardite, espressioni gergali e giochi di sillabe che coloriscono la narrazione e vivacizzano la lettura.


TITOLO:

Solitudini

AUTORE:

Benedetto Marinuzzi

CASA
EDITRICE:

Piero Manni

PAGINE:

144

DATA DI
PUBBLICAZIONE

1999