LO SFRUTTAMENTO ECONOMICO DEI PRIGIONIERI

 

ARBEIT MACHT FREI (Il lavoro rende liberi)

stava scritto all’ingresso dei lager nazisti.

 

Questa cinica scritta, che promette la "libertà" attraverso il lavoro, mentre nei lager si attuava lo "sterminio" attraverso il lavoro, identifica una delle funzioni principali dei campi di concentramento: infatti, i detenuti furono un’immensa risorsa di manodopera per il regime nazista e per l’industria tedesca.

Fino al 1937 le attività svolte dai detenuti erano tutte connesse alla vita interna dei KL (manutenzione dei campi, produzione di beni e servizi destinati al consumo interno: ad esempio, vestiario per gli internati e per le SS, coltivazione di prodotti agricoli…).

Dalla costruzione di Buchenwald (1937) in poi, i detenuti erano stati utilizzati anche per la realizzazione di nuovi campi e delle strade che conducevano ad essi: il loro lavoro si era quindi esteso al sistema delle costruzioni e si svolgeva in cave e fornaci per la produzione di laterizi, comunque rimaneva ancora nell’ambito dell’apparato concentrazionario.

Nel 1938 si verificò un salto di qualità a livello organizzativo: la manodopera dei lager venne inserita in vere e proprie imprese commerciali e produttive create dalle SS (la DEST e la DAW), anche se, fino a tutto il 1941, le risorse delle imprese SS continuarono ad essere destinate ad un programma edilizio esclusivamente civile.

Le imprese SS erano gestite dal loro Ufficio economico e amministrativo (VWHA), diretto da Oswald Pohl.

Fin dal 1940, inoltre, l’economia tedesca fece ricorso a manodopera straniera, costituita da lavoratori civili reclutati nei paesi soggetti al Reich attraverso l’Organizzazione Todt (così chiamata dal nome del ministro tedesco degli armamenti) e da prigionieri di guerra (da non confondere con i deportati rinchiusi nei lager).

Dall’ottobre del 1941 questi lavoratori furono impiegati anche nei settori dell’economia bellica, in aperta violazione delle convenzioni internazionali.

Tra il 1940 e il 1941 i KL diventarono sempre più dipendenti dal VWHA (Ufficio economico e amministrativo delle SS), ma cominciava anche ad esserci un parziale impiego dei detenuti nell’industria bellica non dipendente dalle SS.

Ad esempio, la scelta del sito di Auschwitz da parte della IG-Farben per la costruzione della fabbrica Buna (febbraio 1941) fu certamente determinata dalla possibilità di utilizzare come manodopera i detenuti di quel lager.

Nel 1942 il dominio nazista raggiunse la sua massima espansione, ma l’entrata in guerra degli Stati Uniti (dicembre 1941) e l’estensione dei fronti richiedevano all’economia bellica tedesca uno sforzo intenso.

Era infatti fallita l’ipotesi strategica della guerra breve (Blitzkrieg) e la Germania, quando ancora dominava gran parte dell’Europa, era già all’affannosa ricerca di risorse materiali e umane per far fronte ad una guerra che si prolungava.

Le sconfitte militari che si susseguirono a partire dalla fine del 1942 e l’avvicinamento dei fronti di guerra ai confini del Reich, oltre agli attacchi aerei inglesi e americani che distrussero le città industriali tedesche, acuirono le difficoltà dell’economia nazista. Aumentava il numero dei paesi mobilitati contro la Germania (dall’autunno del 1943 ci sarà anche l’Italia) e si doveva potenziare l’esercito (Wehrmacht), ma si dovevano anche ricostruire le fabbriche bombardate (si pensò di farlo in gallerie sotterranee, puntando sul progetto, poi abbandonato, della creazione di armi micidiali come i missili V1 eV2).

La necessità di uomini che sostituissero gli operai tedeschi incorporati nell’esercito spinse i gerarchi nazisti ad intensificare lo sfruttamento della manodopera straniera: furono così trascinati in Germania, entro la fine del 1944, circa 7 milioni di "schiavi" per l’economia tedesca, ai quali si devono aggiungere 2 milioni di prigionieri di guerra costretti al lavoro.

Le fughe e gli atti di sabotaggio di questi lavoratori coatti venivano puniti con l’internamento nei campi di concentramento.

Parallelamente, a partire dall’autunno del 1942, Himmler e il VWHA di Pohl cercarono con ogni mezzo di incrementare il numero dei deportati da adibire al lavoro e di intensificarne lo sfruttamento.

Tale sforzo era però in buona parte vanificato dal tasso di mortalità spaventosamente elevato all’interno dei lager, dovuto alle condizioni di vita (freddo, sottoalimentazione…) e di lavoro (turni che arrivavano a 12 ore), alle quali si aggiungevano atrocità di ogni genere, dagli atti di sadismo agli esperimenti pseudoscientifici condotti su cavie umane.

Si può quindi, a pieno titolo, parlare di "sterminio attraverso il lavoro".

 

Le contraddizioni

Nello sfruttamento dei detenuti, i vantaggi degli imprenditori erano notevoli, perché la tariffa che dovevano pagare ai comandanti dei campi come compenso per il lavoro di un detenuto rappresentava appena un terzo del salario di un lavoratore tedesco di qualifica equivalente.

Ma i guadagni maggiori andavano all’Ufficio economico e amministrativo delle SS (VWHA), che era al tempo stesso fornitore di manodopera alle industrie private (dalle quali riceveva un compenso) e datore di lavoro tramite le società SS.

Ci furono forti contrasti tra il VWHA (Ufficio economico e amministrativo delle SS) e il RSHA (Ufficio centrale per la sicurezza del Reich) che perseguivano obiettivi diversi, soprattutto rispetto ai deportati razziali: lo sfruttamento produttivo (il VWHA) e lo sterminio (il RSHA).

Un caso in cui la contraddizione tra lavoro e sterminio risulta evidente è quello della deportazione, nell’aprile del 1944, di oltre 100.000 ebrei ungheresi che avrebbero dovuto, secondo gli ordini di Hitler, essere impiegati nella costruzione di fabbriche sotterranee di aeroplani, proprio nel momento in cui più feroce e sistematica era l’attuazione della "soluzione finale".

Forse il fatto che i deportati razziali in grado di svolgere un lavoro produttivo siano stati almeno temporaneamente risparmiati per essere prima sfruttati fino all’ultima risorsa fu dovuto in parte al prevalere dell’ipotesi del VWHA, in una situazione che per la Germania si faceva sempre più disperata.

 

Le responsabilità

La responsabilità dello sfruttamento economico degli internati, come di quello dei lavoratori stranieri e dei prigionieri di guerra, uno sfruttamento tremendo che finì per coincidere con lo sterminio, ricade certamente sui gerarchi del regime hitleriano e sulle SS, ma ricade in buona misura anche su tanti imprenditori privati tedeschi, grandi e piccoli.

IG-Farben, Krupp, Siemens, Bmw, Steyr, Messerschmitt, Heinkel, Volkswagen…: sono solo alcuni fra i nomi più noti in una lista di imprese che costruirono le loro fortune approfittando cinicamente e spregiudicatamente della massa di schiavi che il potere nazista metteva a loro disposizione.

Nei numerosi processi del dopoguerra, infatti, saliranno sul banco degli imputati, oltre ai gerarchi nazisti, anche numerosi industriali e dirigenti di aziende.

 

arrowb3.gif (1338 byte) UN VIAGGIO NELLA MEMORIA