Triangolo rosso

RITROVATO IL SUO DIARIO A SESSANT’ANNI DALLA MORTE NEL CAMPO DI STERMINIO DI SOBIBOR

L’olandese Helga Deen sorellina ideale di Anna e Dawid

 

I. P.

 

Le ultime parole che conosciamo di Helga Deen, una ragazza olandese di 18 anni, assassinata dai nazisti, assieme a tutti gli altri componenti della sua famiglia, nel campo di sterminio di Sobibor, sono queste: “Ho visto stamattina un bambino morire, sono sconvolta. Ma tutto è meno importante di un’altra cosa: si prepara un nuovo trasporto e questa volta faremo parte del viaggio”. Un viaggio che lei sapeva perfettamente che sarebbe stato senza ritorno Questo disperato messaggio venne inviato da Helga dal campo di raccolta di Vught al proprio fidanzato, Kees van den Berg, in una mattina del mese di luglio del 1943. Il messaggio è contenuto in un diario di una ventina di pagine tenuto segreto fino ai nostri giorni e fatto conoscere soltanto ora dal figlio dell’allora ragazzo di Helga, che l’ha fatto avere all’Istituto reale olandese di ricerche sulla guerra, che lo renderà pubblico il prossimo maggio, in occasione del sessantesimo anniversario della liberazione del lager. Helga come Anna Frank, come Dawid Rubinowicz, come un altro milione e mezzo di adolescenti ebrei assassinati dai nazisti. Tre storie diverse, eppure tanto eguali, di queste tre vittime di cui conosciamo i precedenti del loro martirio. Le due ragazze erano olandesi, il piccolo David polacco. Di famiglia borghese le ragazze, figlio di un contadino il fanciullo. Ma avrebbero potuto essere anche Einstein o Freud, per i nazisti contava soltanto che fossero ebrei e tanto bastava per dargli una caccia spietata e per ucciderli. Celebre la risposta di Goebbels a Furtwangler che sosteneva la causa di Bruno Walter: “Sarà anche un ebreo, ma è soprattutto un grande musicista”. E la replica di Goebbels: “Sarà anche un grande musicista come dice lei, ma è soprattutto un ebreo”. Da eliminare, evidentemente, o per strada o in un carcere oppure in una camera a gas. Per fortuna Walter riuscì a sfuggire ai nazisti e poté, negli Stati Uniti, dirigere i maggiori complessi orchestrali. Ma una tale fortuna non toccò alle due ragazze olandesi né toccò al ragazzino polacco. Mai dimenticare le loro storie. Trovandomi a Varsavia come giornalista, ho avuto il privilegio di far conoscere agli italiani il Diario di Dawid Rubinowicz, che fu trovato, per puro caso, da una insegnante, nel cassonetto della spazzatura. Scritto su quaderni scolastici e trovandosi, per fortuna, alla sommità dell’immondizia, attirò l’attenzione, diciamo così, professionale, dell’insegnante, che, lette le prime righe, non tardò a rendersi conto dell’eccezionalità di quella scoperta. I quaderni erano finiti lì perché un muratore li aveva trovati in un anfratto di una parete che stava riparando, dove erano stati nascosti, e li aveva gettati nel cassonetto, senza rendersi conto del loro valore. Pubblicato in Polonia alla fine degli anni Cinquanta venne tradotto in molte lingue e, in Italia, venne fatto conoscere prima dal giornale in cui scrivevo, l’Unità, e successivamente dall’editore Einaudi. Le ultime parole di Dawid, nel diario sono terribili: “Questa mattina due ebree erano andate in un villaggio, erano madre e figlia: Per sfortuna, dei tedeschi venivano da Rudki a Bodzentyn per le patate, e hanno incontrato queste due ebree. Quando loro hanno visto i tedeschi hanno cominciato a scappare,ma quelli le hanno raggiunte e acchiappate. Le volevano fucilare subito nel villaggio, ma il sindaco non l’ha permesso, allora le hanno portate al bosco e lì le hanno fucilate. La polizia ebraica è andata subito col carro per seppellirle nel cimitero. Quando sono tornati, il carro era tutto sporco di sangue”. Così la maestra ricorda Dawid: “Era un bimbo curioso. Una sola volta l’ho visto triste: piangeva. Fu quando gli dissi che i tedeschi avevano proibito ai ragazzi ebrei di frequentare le scuole”. Le ultime parole di Anna Frank sono del 1° agosto 1944, tre giorni prima dell’arresto e sono, come sempre, indirizzate alla “cara Kitty”: «Non sopporto, quando si occupano tanto di me, allora sì che divento prima sfacciata, poi triste e alla fine torno a rovesciare il cuore, giro in fuori la parte brutta e in dentro la parte buona e cerco un modo per diventare come vorrei tanto essere e come potrei essere se... nel mondo non ci fosse nessun altro». Sfortunatamente in quel mondo c’erano “altri”. C’erano i delatori che indicarono ai tedeschi l’indirizzo dell’alloggio segreto dove per due anni erano sopravvissuti Anna e gli altri e c’erano gli aguzzini nazisti che davano una caccia spietata agli ebrei per poi assassinarli nelle camere a gas. Nel maggio del ’44 Anna aveva scritto: “Il mio più caro desiderio è di diventare un giorno giornalista e poi scrittrice”. A giudicare dal suo Diario Anna sarebbe diventata una grande scrittrice. Helga, chissà; Dawid, in ogni caso, un onesto cittadino polacco. Tante vite stroncate. Mai dimenticare. Nel Dizionario dell’Olocausto pubblicato da Einaudi c’è scritto: “Dei sei milioni di ebrei che morirono nell’Olocausto, un milione e mezzo erano bambini, in gran parte al di sotto dei quindici anni”.

Da Triangolo Rosso, dicembre 2004

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