Triangolo rosso

Sistemando l’archivio dell’Aned di Roma viene alla luce il comportamento agghiacciante dei militi della Rsi

Le storie della deportazione

“Ritorneremo”, scrivono le carogne fasciste. Ma i Di Veroli non sono mai tornati

 

di Aldo Pavia

 

“Caro Carlo, spero avrai ricevuto la precedente lettera di Ugo, con la quale ti chiedevamo d’inviarci col mezzo più rapido possibile lire 1.500. per noi tutti. Noi stiamo bene: passiamo molto tempo all’aria aperta; Ugo spesso lavora, così si distrae e s’irrobustisce. Non sappiamo fino a quando resteremo qui: per questo ti abbiamo chiesto i denari con tanta urgenza. (………….)”.

 

Queste parole sono parte di una lettera datata 28 aprile 1944. Si potrebbe pensare che chi scrive si trovi in una piacevole località di villeggiatura, a godersi il sole e l’aria buona con i propri familiari. La lettera, invece, è scritta su di un foglio che reca questa intestazione: Campo di concentramento – Fossoli. E chi la scrive è un ebreo romano. Il suo nome Giacomo Di Veroli e con lui si trovano la moglie Rosa Erminia Manasse ed il figlio Ugo. La mattina del 27 marzo SS e fascisti avevano fatto irruzione nel loro appartamento di Via Candia 137 , a Roma, li avevano arrestati e rinchiusi nel carcere di Regina Coeli. Da Fossoli partirono il 16 maggio per ignota destinazione e per un viaggio senza ritorno. Ad Auschwitz Giacomo e Rosa Erminia vennero subito avviati alle camere a gas. Di Ugo non si ebbe più alcuna notizia.

Il tranello per altre famiglie di ebrei

Ho ritrovato questa storia che si potrebbe definire di “ordinaria deportazione” sistemando l’archivio della Sezione Aned di Roma. Tuttavia quando mi sono trovato tra le mani le fotografie di questa tre vittime, quando ho letto la copia della lettera scritta da Fossoli ho sentito come un brivido gelarmi. Tre visi tranquilli mi guardavano da fotografie certamente scattate quando nemmeno lontanamente i Di Veroli potevano pensare, non dico ad Auschwitz ma nemmeno a Fossoli. Per poi, tra stupore e rabbia, trovare le copie di due foglietti, di due scritte. Sicuramente le SS e i fascisti sapevano esserci in Via Candia altri componenti la famiglia. Da perfetto burocrate il tenente Müller lasciò un messaggio: “presentarsi Via Porta Pinciana albergo Eliseo Ten. Müller ore 9 domani mattina”.

Lo spavaldo biglietto con l’agghiacciante “M”

Molto meno cortesi, certamente più determinati ad arrestare gli ebrei, i fascisti, fedeli servitori e appassionati collaboratori dello stermino. Il loro messaggio era inequivocabile, scritto su di un foglietto da bloc – notes a quadretti: “RITORNEREMO!”. E come firma agghiacciante la M mussoliniana. Oggi ci viene detto che bisogna riconciliarsi e che, dopo tutto i repubblichini hanno fatto quel che hanno fatto perché credevano in profondi ideali. Di questi valori della RSI, questo è uno. Fu un foglietto profetico. I fascisti, magari in doppio petto sono tornati. La famiglia Di Veroli purtroppo no.

Da Triangolo Rosso, marzo 2003

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