Triangolo rosso

BEN 650 MILA FRANCESI MANDATI A LAVORARE NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO IN GERMANIA: PER TRE QUARTI NON CI FU RITORNO

Le nostre storie

Gli “schiavi” della Todt. I nazisti chiedevano, i francesi rifornivano di uomini i campi di lavoro

 

di Pietro Ramella

 

Assieme all’inumano progetto dei campi di sterminio, i nazisti programmarono lo sfruttamento come forza lavoro di oltre 7.000.000 di stranieri prelevati da tutti i paesi europei occupati per le esigenze della loro economia di guerra, compresi i militari fatti prigionieri nel corso delle operazioni di guerra, in particolare polacchi, francesi, olandesi, belgi, norvegesi. I russi non furono mai considerati lavoratori ma semplicemente schiavi. Qualificandolo come “crimine di guerra, crimine contro l’umanità”, la più alta giurisdizione internazionale, il Tribunale militare internazionale di Norimberga costituito per il processo ai grandi criminali di guerra, definì tale programma “la più grande e la più terribile impresa di schiavitù che si sia mai vista nella storia”. Poiché non è possibile nel breve contesto di un articolo ricordare vicende che interessarono tutta l’Europa, qui ci si limita a quanto accadde in Francia dove fu lo stesso governo nazionale che volle gestire lo sfruttamento dei propri cittadini.

 

Un milione e mezzo di francesi in mano tedesca

All’atto dell’armistizio con la Germania del 22 giugno 1940 non fu sollevato, da parte francese, il problema del milione e mezzo di prigionieri di guerra, che si trovavano in mani tedesche, fu convenuto che sarebbero stati liberati con la firma del trattato di pace. La norma non aveva suscitato particolari eccezioni perché, secondo Pétain, la Gran Bretagna sarebbe stata sconfitta nel giro di poche settimane, la guerra sarebbe finita ed i prigionieri francesi sarebbero ritornati a casa. Ma le cose andarono diversamente: l’Inghilterra resistette, combatté e vinse la battaglia aerea che avrebbe dovuto prima fiaccarne il morale e poi favorire l’invasione dell’isola, mentre il generale De Gaulle, superata la diffidenza britannica, riusciva ad aggregare attorno alla sua persona la Francia che non si riconosceva vinta. L’anno seguente fu decisivo per le sorti del conflitto, infatti, Hitler il 22 giugno iniziò l’invasione dell’Urss e il 7 dicembre il Giappone attaccò gli Stati Uniti dando così al conflitto un carattere di guerra totale che allontanava ogni speranza di pace, procrastinando il ritorno a casa dei prigionieri. La Germania, duramente impegnata sul fronte dell’Est e nel mantenere il controllo dei paesi occupati, dove i movimenti di resistenza diventavano sempre più attivi, fu costretta a chiamare sotto le armi i tedeschi che fino ad allora per necessità legate all’industria bellica erano stati esonerati dal servizio militare, ma per: - mantenere gli elevati ritmi di produzione dell’economia di guerra in Germania, - consentire all’Organizzazione Todt di portare a termine il Vallo Atlantico, sistema di fortificazioni atte a contrastare un eventuale sbarco alleato sulle coste francesi e di supportare le installazioni militari (riparazioni d’aerodromi, porti, linee ferroviarie, strade, ecc. danneggiati dai bombardamenti aerei), ricorse al reclutamento forzoso di lavoratori dai paesi europei occupati. L’Organizzazione Todt prendeva il nome dell’ingegnere tedesco che l’aveva creata nel 1933 per combattere la disoccupazione in Germania. Aveva dapprima costruito grandi opere pubbliche (rete d’autostrade), poi la linea di fortificazioni Sigfrido sul confine francese, ora aveva il compito di innalzare il cosiddetto Vallo Atlantico, opera difensiva che partendo dai Paesi Bassi arrivava fino al confine con la Spagna sull’Oceano Atlantico. Comprendeva oltre a trincee, fortini, installazioni di batterie d’artiglieria anche basi per sottomarini che operavano nell’Atlantico contro i convogli provenienti dall’America diretti in Inghilterra. La Germania era diventata un’immensa fabbrica che impiegava tra tedeschi e stranieri circa 40 milioni di persone nello sforzo bellico, senza considerare i deportati nei campi di sterminio, il cui utilizzo era relativamente breve per le disumane condizioni in cui erano costretti a vivere. La razzia di mano d’opera organizzata dai tedeschi in tutta Europa toccò anche la Francia di Vichy, ma il governo di Pétain e Laval non volendo abdicare alla sua sovranità nazionale, il 16 giugno 1942 stipulò con il gauleiter Sauckel, il negrerio d’Europa, un accordo di scambio, la Relève, che prevedeva il rimpatrio di un prigioniero di guerra ogni tre lavoratori inviati in Germania. L’Etat Français si impegnava a fornire entro fine anno 250.000 lavoratori (di cui 150.000 specializzati) ai tedeschi, ma voleva farlo con proprie leggi. Fu emanata la legge 4.9.1942 che stabiliva: “Tutte le persone di sesso maschile di più di 18 anni e meno di 50 e tutte le persone di sesso femminile di più di 21 anni e meno di 35 possono essere assoggettate ad effettuare tutti i lavori che il governo giudicherà utili nell’interesse della Nazione.”

Il “Service du Travail Obligatoire”...

Malgrado una intensa campagna propagandistica per radio, sulla stampa e con manifesti rivolta ad operai, giovani e anche donne per convincerli che il lavoro volontario in Germania era necessario all’avvenire della Francia, i risultati furono mediocri. Neppure l’appello ad arruolarsi per permettere la liberazione dei prigionieri di guerra ebbe effetto: solo 163.726 francesi risposero all’appello di Pétain. Nel gennaio 1943 Sauckel richiese 500.000 lavoratori, di cui la metà da mandare in Germania, per cui visti i deludenti risultati della precedente operazione su base volontaria, il governo francese istituì con legge 16 febbraio 1943, il Service du Travail Obligatoire - STO che dal settembre fu esteso anche alle donne ed ordinò la mobilitazione delle classi 1920, 1921, 1922. Ora i giovani francesi diventavano coscritti soggetti ad una semplice chiamata riprodotta, nel riquadro qui sopra. Il reclutamento forzato ottenne i risultati prefissati, mentre la propaganda governativa esaltava gli alti salari, il buon vitto, la sistemazione confortevole, ecc.

…esteso agli uomini dai 16 ai 60 e le donne dai 18 ai 45

Quando nel giugno 1943 fu avanzata da parte tedesca la richiesta di altri 220.000 lavoratori, il clima generale era cambiato, quelli tornati in permesso dalla Germania avevano raccontato che la vita era tutt’altro che idilliaca, come la propaganda la decantava, il salario era molto basso perché decurtato di ogni spesa (vitto, alloggio,…) le sistemazioni pessime, l’orario di lavoro pesante infine il pericolo rappresentato dai bombardamenti alleati sempre più frequenti e micidiali. Per tutto ciò molti dei rientrati decisero di non ripartire. All’ultima chiamata rispose appena il 60% dei reclutati, tanto che Sauckel nel gennaio 1944 avanzò una nuova richiesta di 855.000 elementi. Per far fronte a ciò il governo emanò la legge 1° febbraio 1944 in cui venivano ampliate le classi di requisizione comprendendovi gli uomini dai 16 ai 60 anni e le donne senza figli dai 18 ai 45 anni. Le autorità amministrative francesi si sforzarono in tutti i modi di ostacolare le richieste tedesche che disorganizzavano la vita sociale, pregiudicavano la produzione industriale, mettevano a rischio l’agricoltura ma soprattutto mandavano dei giovani francesi incontro ad un destino pieno di pericoli. I medici cercarono di esonerare quanti più potevano, molti furono arruolati nei corpi esentati dalla chiamata come polizia, vigili del fuoco, ferrovie o anche nella Todt, in quanto almeno lavoravano in territorio francese. Molti s’iscrissero all’Università, altri s’impiegarono in fattorie agricole, o anche in miniere... o si arruolarono nel servizio di sorveglianza di strade, ponti e ferrovie, per scongiurare eventuali sabotaggi da parte dei partigiani. Tutti questi esoneri, anche se corredati da un crisma di regolarità, irritarono le autorità d’occupazione che aumentarono la pressione sul governo francese, quasi ormai privo d’ogni autorità, dopo che i tedeschi avevano occupato, in seguito agli sbarchi americani nel Nord Africa nel novembre 1942, anche la zona libera e dopo l’8 settembre 1943 la parte della Francia prima controllata dagli italiani. Le cattive notizie, che filtravano attraverso la censura, circa la pericolosità della vita nel Reich e la propaganda della radio inglese e dei giornali clandestini, che ripetevano slogan quali: «Un uomo che parte è un ostaggio nelle mani del nemico, un uomo nel maquis è un soldato contro il nemico.

La figura dei “refractaires”

Se non volete subire angherie né morire sotto le bombe inglesi non partite per la Germania», indusse la maggior parte dei richiamati a non rispondere alle convocazioni ed a darsi alla macchia, tanto che Sauckel venne definito il miglior reclutatore della Resistenza. Nacque la figura del réfractaire, cioè di chi non rispondeva alla precettazione; sui treni in partenza per la Germania diminuì sempre più il numero dei volontaires mentre aumentava esponenzialmente quello dei requis, cioè di quelli obbligati con la forza a partire. La repressione tedesca contro i refractaires fu come sempre dura e non fece che accentuare l’ostilità della popolazione nei confronti dell’occupante e dei collaborazionisti. Vi furono manifestazioni di protesta alla partenza dei treni per la Germania, le lacrime dei familiari, i canti della Marsigliese e dell’Internazionale, i pugni levati, le scritte con il gesso sulle porte dei vagoni: Laval assassino, Laval al muro, viva De Gaulle. A Montlucon i precettati fuggirono dal treno, protetti dalla folla e dai ferrovieri che ne avevano ritardata la partenza. A Lione nel marzo 1943 le proteste furono così violente che la polizia vietò l’accesso alla stazione dei familiari. La misura fu presto generalizzata, infatti, il ministero degli Interni inviò a tutti i prefetti un telegramma che prescriveva: «Vietare accesso stazioni e luoghi limitrofi al pubblico e alle famiglie al momento partenza o passaggio treni scambio». Dei circa 650.000 i francesi mandati in Germania, 60.000 non tornarono, tre quarti morirono vittime dei bombardamenti alleati, per denutrizione e fatica, 15.000 furono fucilati, impiccati, decapitati per aver sabotato la produzione o appoggiato la Resistenza. Alla fine della guerra i reduci dai campi si unirono in un’associazione denominata Fédération nationale des déportés du travail, FNDT, che divenne nel 1978 la Fédération nationale des victimes et rescapés des camps nazis du travail forcé in quanto la Corte di Cassazione stabilì che solo i deportati resistenti e i deportati politici potevano vantare il diritto al titolo di déportés. La Federazione si fece promotrice per ricordare questi forzati del lavoro. I loro nomi vennero incisi sulle lapidi dei Mourts pour la France e numerosi monumenti ne ricordarono il sacrificio. Il 22 giugno 1947 le spoglie di un travailleur requis inconnu furono inumate al cimitero Père-Lachaise, presso il muro dei Federati, dove il 21 giugno 1970 venne eretto un imponente monumento, altre steli e monumenti sorsero in tutta la Francia, molte nella stazioni da cui partirono. Anche in Germania furono ricordati, con un grande monumento a Dortmund, erettonella foresta di Bittermarck, dove erano stati inumati 347 deportati, la maggior parte francesi massacrati il venerdì santo del 1945, una targa sulla facciata della stazione di Brandenburg, ricorda undici ferrovieri francesi decapitati il 13 settembre 1944 per fatti di Resistenza, mentre un monumento è stato eretto a Grossbeeren dove era la fossa comune di 800 lavoratori forzati di tutta Europa (tra cui 185 francesi) massacrati in più volte dai nazisti.

 Da Triangolo Rosso, marzo 2003

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