TESTIMONIANZE di SOPRAVVISSUTI

Pietro Pascoli: I Deportati - pagine di vita vissuta (1960)

presentazione di Ferruccio Parri

Note biografiche

di G. Sermann

Un uomo gentile, aperto, alla mano, sempre pronto a condividere i nostri giochi di bambini o a raccontare quell’ unica, lunga fiaba che gli chiedevamo continuamente.  Un uomo con un rapporto intenso con la terra, specialmente per la "sua Carnia", e con innumerevoli  amicizie. Ricordo la meraviglia, ai funerali, per tutta quella gente, e le bandiere; ed i discorsi. Avevo allora dieci anni e nulla sapevo della vita di mio nonno, se non quella fettina che avevamo percorso insieme. Fu più tardi, leggendo i molti documenti che scelse di lasciare, che scoprii la sua storia e, con quella, la storia di un'epoca.

 

Pietro Pascoli nacque a Quinis, piccola frazione del Comune di Enemonzo, tra le Alpi Carniche, il 3 dicembre 1896, in una casa poverissima. Come spesso accadeva allora ebbe in dote fame, miseria e tanto, duro lavoro. Suo padre, cinque figli a carico, era emigrante e ben presto lui lo seguì; dapprima a Cornions in una bottega di tessitura a mano dove la giornata lavorativa durava 14 ore, poi, a 10 anni, in Austria apprendista muratore in Carinzia e nello Steiennark. Nell'inverno del 1911 iniziò a frequentare, dopo il lavoro, i corsi serali della scuola di arti e mestieri. Allo scoppio della prima guerra mondiale venne richiamato in Italia dal padre, e proseguì gli studi professionali a Tolmezzo, con eccellenti risultati. Fu proprio questa caparbia volontà di elevarsi culturalmente a determinare, indirettamente,l'intero percorso della sua vita: nell'autunno del 1915 fu chiamato alle armi e, in virtù delle sue conoscenze tecniche, assegnato all'Aeronautica quale disegnatore presso la direzione tecnica del Corpo a Milano. Qui ebbe l'occasione di frequentare un ambiente colto e prese forma la sua passione politica che lo accompagnerà sempre. Nel 1917 si iscrisse al Partito Socialista e negli anni successivi seguì i corsi di Marxismo e cultura Socialista tenuti, tra gli altri, da Filippo Turati e Claudio Treves. Nel 1919 partecipò attivamente alla campagna elettorale per le elezioni politiche e subì il primo processo, presso il Corpo d'Armata, su denuncia di un sottotenente fascista che terminò con un'assoluzione, grazie anche alla solidarietà offertagli da alcuni ufficiali del suo reparto. Dopo il congedo ritornò in Carnia ed iniziò una intensa stagione politica. Nel marzo 1920 divenne segretario della Camera del Lavoro della Carnia e del Canal del Ferro ed entrò a far parte dell'esecutivo della federazione Socialista. Dello stesso periodo la collaborazione con il settimanale "Lavoratore Friulano" diretto da Felice Feriglio e Chino Ermacorà. L'attività Sindacale di quell'anno si concretizzò nello sciopero generale della zona montana e nell'occupazione delle Miniere di Antracite di Fusea (Tolmezzo), ottenendo, con l'intervento del Ministro Nitti, un nuovo contratto di lavoro sul modello delle "Trade Union" inglesi. L'anno successivo organizzò l'occupazione simultanea di tutti i Comuni della Carnia, del Canal del Ferro e della Val Canale con l'intento di richiamare l'attenzione del Governo sulle drammatiche condizioni economiche e sociali della zona, priva anche della risorsa emigrazione a causa del blocco delle frontiere ancora in atto. L'azione ebbe risonanza nazionale; il Gazzettino titolò a cinque colonne "Trentasette Repubbliche Sovietiche proclamate in Carnia". Il processo per 400 imputati che ne seguì fu chiuso in sede istruttoria, né i fascisti della zona osarono intervenire data la straordinaria partecipazione popolare. Nelle elezioni amministrative di pochi mesi dopo la sinistra conquistò gran parte dei Comuni ed al Consiglio Provinciale furono eletti tre consiglieri sui quattro assegnati ti quella zona. Al Congresso di Livorno fu delegato per la Corrente Massimale con Scoccimarro e Feruglio. Dopo la scissione aderì al Partito Comunista assieme a Scoccimarro. In giugno frequentò a Milano un corso di Studi Sindacali e di Previdenza, tra gli insegnanti Rigola, Supino, Colletti, Luzzato, Gonzales, Oberdorfer, Pagliari. Terminati gli studi fu chiamato a guidare la Camera del Lavoro di Gradisca prima, e di Gorizia poi. Fu membro del Direttivo del Sindacato Edili della Venezia Giulia, del Direttivo Regionale del P.C.d'I., collaboratore del"Lavoratore" di Trieste, il quotidiano allora più diffuso della Venezia Giulia. Partecipò all'organizzazione dell'occupazione delle fabbriche dell'agosto del 1922. Era il periodo in cui imperversavano le squadracce fasciste. In occasione dell'incendio della Camera del Lavoro di Gradisca ad opera di una banda dei Cosulich fu arrestato per futili motivi, processato, e ancora una volta assolto. Proseguì nella sua attività fino alla primavera del 1923, in pieno Fascismo. In aprile si sposò con rito civile con Margherita Deotto. Con lei tentò la via dell'emigrazione in Francia, ma gli venne negato il Passaporto dalla Questura di Udine perché iscritto nella Lista Speciale dei Vigilati Politici presso la Direzione Generale della Pubblica Sicurezza a Roma. Durante il ventennio subì oltre 50 perquisizioni a domicilio, dodici arresti, quattro processi, e anni di disoccupazione forzata. Nel 1926, per essersi rifiutato, di svolgere attività politica, per non aggravare le condizioni familiari, viene radiato dal Partito. Due anni più tardi nacque la prima figlia. Nel 1932, non essendo iscritto al P.N.F., perse nuovamente il lavoro. L'anno successivo fu indotto a prendere la "Tessera del pane" in occasione dell'ingresso aperto ai combattenti. Nel 1934 ottenne il Passaporto. In quegli anni scrisse alcuni articoli di carattere tecnico e di terza pagina sulla stampa a Udine, a Parigi, dove conobbe Montanelli, e ad Armara dove trovò lavoro per alcuni anni. Nel 1938 nacque la seconda figlia, mia madre. Rientrato definitivamente dall'Africa, in diciotto mesi, da privatista superò gli esami ed ottenne il Diploma di Geometra. Nel 1942 fu riammesso al Partito Comunista. All'epoca dell'Armistizio si dedicò alla lotta Partigiana nelle formazioni "Garibaldi Friuli" dove svolse attività di collegamento per i "Comitati di Liberazione" di Udine e Gorizia e, per conto di questi ebbe contatti con il "IX Korpus", formazione Partigiana operante in Venezia Giulia. Il 13 dicembre 1944 fu arrestato dalle "SS" in zona partigiana e dopo un mese di reclusione nelle carceri giudiziarie di Udine venne deportato in Germania, quale prigioniero politico, nei campi di Flossenburg, Hersbruk e Dachau, dove si ammalò, di tifo petecchiale, dopo la liberazione. Rientrato in Italia e, rimessosi dal grave stato di denutrizione, causato dalla prigionia, riprese  l'attività lavorativa, quella politica e si iscrisse all'Albo dei Pubblicisti. Ma la guerra, l'esperienza dei Campi di Sterminio, l'avvento delle Armi Nucleari, i Colpi di Stato avvenuti nell'est Europeo, la formazione dei due blocchi che divisero il mondo e, soprattutto, la convinzione che la Dottrina Marxista. fosse insufficiente ad interpretare la complessa realtà dei rapporti umani e del processo storico evolutivo dell'uomo e della società, lo portarono a maturare una coscienza pacifista e a pensare ad un'Europa neutrale, edificata su basi democratiche e con metodo democratico, indipendente dai blocchi militari contrapposti. Nel 1947 si iscrisse al PSIUP, dove presto, però si scontrò con l'arrivismo e le bassezze che a volte caratterizzano l'animo umano al di là degli ideali perseguiti e delle convinzioni manifestate e si trovò accusato di fatti non commessi. Nonostante il buon esito della vicenda e il sostegno ottenuto in quell'occasione da molti e dallo stesso Nenni, fu vinto da un profondo disgusto e, a parte una fugace presenza nel PSU, si ritirò dalla politica militante. Non significò, comunque, la fine del suo impegno personale, che, anzi, proseguì senza interruzioni "Per la causa della Democrazia e del Socialismo", per usare parole sue. Nel 1953 si affiancò al "Movimento di Autonomia Socialisti in Friuli" e a "Comunità Popolare", in cui militava anche Calamandrei, nella campagna contro la "Legge Truffa"; si dedicò alla sezione Friulana dell'Associazione Nazionale Ex Deportati; fu attivo nel "Sindacato Dipendenti Consorzi Agrari" e stese la prima versione del libro "I deportati" in cui narra l'esperienza dei campi di sterminio nazisti. Quest'opera vedrà la luce in due edizioni nei primi anni sessanta e sarà presto esaurita. Nel 1959 prese la decisione, che sarà poi definitiva, di iscriversi al PSI. Da allora e fino al 1973 fu direttore responsabile del "Lavoratore Socialista", periodico della Federazione di Udine, e corrispondente dell'Avanti. Nella sua attività di giornalista ritroviamo i segni degli interessi e delle passioni che lo avvinsero tutta la vita. Numerosi e puntuali gli interventi sulle condizioni di lavoro, in particolare i servizi sulle Miniere di Raibl, vicino Tarvisio, per l'elevata morbilità dei lavoratori. Era questo soprattutto il campo in cui sentiva indispensabile operare per i principi di equità sociale ed in favore di una concreta possibilità di sviluppo della persona. Il secondo ambito di interesse era rappresentato dallo sviluppo economico e culturale sulla terra: lottò per l'autonomia dello Sviluppo Regionale (la Regione Friuli Venezia Giulia è istituita solo nel 1964), molti articoli riguardarono aspetti del Turismo e della Cultura, svolse inchieste diverse, prima fra tutte quella sull'alluvione che colpì Latisana nel 1967. Infine dedicò molte pagine alla rievocazione di misfatti storici del periodo della guerra, quale l'incendio dell'abitato di Forni di Sotto ad opera dei nazifascisti, con l'intento di alimentare una memoria collettiva che permettesse alle generazioni successive di non piombare più nel baratro della miseria intellettuale rappresentato dai "Lager" e dalla violenza gratuita. Nel 1972 esordì la malattia che lo portò all'altro capo della vita una notte di novembre del 1974.

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