Diario

Una foto all’improvviso

di Marcello Pezzetti

 

La redazione di Diario stava confezionando il suo quarto numero speciale dedicato alla Memoria, quando, sabato 17 gennaio su internet è apparsa una fotografia che ci ha convinto a cambiare il nostro impaginato. La fotografia mostra il campo di Auschwitz - Birkenau come appariva dall'alto a uno sconosciuto pilota ricognitore inglese della Raf (Royal Air Force) alle 11 di mattina di un limpido mercoledì 23 agosto 1944. In alto a sinistra dello scatto compare una colonna di fumo. Ingrandimenti resi possibili dalle moderne tecnologie mostrano moltissimi altri particolari, tra cui una fila di prigionieri in mezzo alle baracche. La «memoria» - di questo stiamo parlando: della sua importanza - ci permette ora, con la più grande emozione, di poter dire qualcosa su quel giorno: in quel fumo sono riconoscibili i nomi stessi degli uccisi. Marcello Pezzetti, che da trent'anni studia lo sterminio attuato ad Auschwitz, ci ha mandato queste sue prime riflessioni.

«Quando mi recai per la prima volta a lavorare negli archivi del Museo Statale di Auschwitz agli inizi degli anni Settanta, mi imbattei in tre immagini sconvolgenti (scattate dai Sonderkommando - i prigionieri ebrei addetti alla gestione delle camere a gas - e fatte uscire dal campo perché il mondo sapesse). In una si vedeva un gruppo di donne, nude, uscire di corsa da un boschetto adiacente il Crematorio V di Birkenau, sicuramente sotto pressione di guardie delle SS; nelle altre due, agghiaccianti, si distinguevano delle persone intente a bruciare dei cadaveri in una grande fossa comune, di fianco allo stesso crematorio, da cui si sprigionava una gran massa di fumo. Immediatamente risultava chiaro che la popolazione locale sapesse, quasi nei dettagli, quello che stava avvenendo; ma, ancor più, che gli Alleati, avendo fotografato a più riprese dall'alto tutto il complesso del campo, non potessero essere all'oscuro dello sterminio ebraico. Nel corso degli anni ho esaminato tutto il notevole materiale alleato, prevalentemente americano. Auschwitz, infatti, è stato fotografato innumerevoli volte a partire dal 14 aprile del 1944. Ma solo alcuni giorni fa, quando ho avuto sotto gli occhi quella foto scattata dalla Raf, sono rimasto senza fiato, di fronte al cuore della tragedia e all'affronto nei confronti della storia dell'umanità. Quel fumo presente nelle immagini scattate, paradossalmente, da uomini del Sonderkommando era lì, davanti ai miei occhi increduli, nitido e comprensibilissimo anche se visto da diverse migliaia di metri d'altezza. Provo ad analizzare il significato di quella fotografia. Si tratta di una vista d'insieme del campo di Birkenau estremamente chiara, come del resto lo sono circa trenta immagini aeree americane, ma, differentemente da queste, con un elemento sconvolgente: la presenza del fumo nei pressi del Crematorio V. Il 23 agosto del 1944, alle 11 di mattina funzionavano a Birkenau ben cinque installazioni di messa a morte: i Crematori II e III, dotati ognuno di una camera a gas sotterranea gigantesca perché in essa venivano ammassati dai 1.500 ai 1.700 ebrei per essere uccisi col gas Zyklon-B (acido cianidrico) durante ogni «Sonderbehandlung» («Trattamento speciale», eufemismo nazista) e, a livello del suolo, forniti di una serie impressionante di forni crematori (15); i Crematori IV e V, dotati ognuno di tre camere a gas, a livello del suolo, più ridotte, capaci di uccidere circa 1.000 persone per volta, con annessa una serie di forni crematori (8). Agli inizi dell'estate, a causa del previsto arrivo degli ebrei deportati dall'Ungheria, le autorità del campo avevano anche rimesso in  funzione un'altra camera a gas, composta da due locali, chiamata «Bunker2», utilizzata nel primo periodo dello sterminio (giugno 1942 - aprile 1943) e priva di forni, ma con annesse fosse comuni di cremazione a cielo aperto. Occorre sottolineare che la capacità di cremazione dei cadaveri nei forni era comunque sempre inferiore alla capacità di messa a morte. In una giornata si potevano uccidere nelle camere a gas oltre 4.000 persone, ma i forni non avevano la capacità di bruciare un numero così alto di corpi, per cui i nazisti furono «costretti» ad attivare delle fosse comuni, ben cinque, poste, per ragioni di spazio, accanto al crematorio V. La massa di fumo visibile nell'immagine scattata dalla Raf proviene, appunto, da fosse scavate nel terreno adiacente lo stesso crematorio, tra le camere a gas e il reticolato esterno. Si tratta delle stesse fosse visibili dalle immagini scattate dai membri del Sonderkommando. La grande deportazione dall'Ungheria, in quella data, è in corso, come è in corso la «liquidazione» dell'ultimo grande ghetto ancora in vita: il ghetto di Lodz, la grande città nel centro della Polonia. I cadaveri che vediamo nella fotografia e il fumo che vediamo nello scat­to della Raf quasi sicuramente sono la fine degli ebrei di Lodz, particolarmente sfortunati: sono stati sfruttati per oltre quattro anni dalle imprese tedesche ed ora, a pochi chilometri dall’Armata Rossa, che nel frattempo ha raggiunto Varsavia (ma inspiegabilmente attende), vengono selvaggiamente rastrellati per essere uccisi ad Auschwitz. La ricostruzione storica dice quello che successe in quei giorni. Il 21 agosto giunge un convoglio dal ghetto di Lodz con un numero imprecisato di ebrei (presumibilmente 40 vagoni). Solo 131 uomini sono immatricolati e inseriti per il lavoro schiavo, contrassegnati con i numeri di matricola che vanno da B-7566 a B-7696; tutti gli altri sono uccisi nelle camere a gas. Il 22 agosto giunge un altro trasporto di 40 vagoni dallo stesso ghetto; solo 64 uomini, contrassegnati con i numeri da B-7697 a B-7760, e 2 donne, contrassegnate con i numeri 87095 e 87096, vengono inseriti nel campo, mentre tutti gli altri vengono immediatamente uccisi subito dopo il loro arrivo. Lo stesso giorno giungono altri due trasporti, uno proveniente dal KL-Mauthausen con 853 ebrei di varie nazionalità presenti nel campo, 759 dei quali inviati subito nelle camere a gas e uno proveniente dalla Francia, precisamente da Lione-Montluc, con 308 prigionieri che, tuttavia, sono immessi nel campo, nel settore di transito BIIc. Il 23 agosto non giungono altri convogli. Certamente non si poteva comprendere immediatamente dalla sola fotografia aerea della Raf ciò che stesse accadendo nei dettagli a quelle povere vittime (si pensi che le fotografie americane conservate negli archivi governativi vennero analizzate solo nel 1978 (!) da Dino Brugioni e Robert Poirier, ma certo era possibile una comparazione di materiale vario. Innanzitutto le fotografie scattate dai Sonderkommando, fatte uscire dall' organizzazione di resistenza dal campo il 3 settembre e inviate il giorno successivo a Cracovia presso il Comitato di aiuto ai prigionieri dei campi di concentramento (PWOK), ma poi anche tutte le notizie fatte giungere al governo polacco in esilio a Londra avrebbero dovuto dare il via a un'azione che impedisse la continuazione delle deportazioni, come avevano più volte chiesto i due leader sionisti Chaim Weizmann e Moshe Shertok, rappresentanti ufficiali dell'Agenzia ebraica per la Palestina, proprio al primo ministro britannico Winston Churchill attraverso il ministro degli Esteri inglese Anthony Eden». Alcune altre notizie, stimolate dalla presenza di questa foto. Il campo funzionò fino alla fine di novembre con una stimabile uccisione di tremila persone al giorno. Tra agosto e novembre 1944 continuarono ad arrivare convogli, particolarmente dall'Ungheria, ma anche da molte altre parti d'Europa, tra cui Trieste e Bolzano. Le linee ferroviarie naziste per Auschwitz (vulnerabilissime) non subirono bombardamenti da parte degli Alleati. La fila di persone che si vede nell'ingrandimento si riferisce alle baracche in cui erano detenute donne ebree ungheresi «in transito». Il campo venne liberato la mattina di sabato 27 gennaio 1945 da un reparto dell'Armata Rossa. La data, 157 giorni dopo la foto scattata dal ricognitore della Raf e dalle fotografie fatte conoscere agli Alleati dalla resistenza interna al campo, è oggi ricordata come «giorno della memoria».

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da «Diario del mese», 23 gennaio 2004, per gentile concessione

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