Documenti dell'ANED di Milano

LA SORTE DEGLI ZINGARI

Per affrontare l'argomento vaI forse la pena di porsi una domanda: perché anche gli zingari? Perché anche e proprio gli zingari? Con quali motivazioni la forsennata, martellante, mistificatrice propaganda nazista è riuscita a scatenare contro di essi l'odio della nazione e creare le condizioni per "adeguati provvedimenti" portati alle estreme conseguenze? Quale pericolo essi, una minoranza di poche decine di uomini, donne e bambini pacifici ed inermi, potevano rappresentare per la sicurezza di 65.000.000 cittadini del Terzo Reich? Reggeva anche per essi il sospetto e l'accusa di essere pedine di una fantomatica congiura internazionale decisa a distruggere la Germania? Quale forza politica, quale influenza culturale o economica, quale capacità rivoluzionaria si nascondeva in questo popolo per destare tanta avversione e provocare feroci reazioni? Se vogliamo capire dove, anche nel caso degli zingari, affondavano le radici di una politica che, per affermarsi, aveva bisogno di alimentare l'odio, inventando responsabilità inesistenti, escogitando pretesti pur di distrarre l'attenzione del proprio popolo dai suoi veri problemi, dobbiamo chieder ci quale fosse il grado di informazione di quel popo­lo, la sua capacità critica per resistere al plagio e alla distorsione della realtà. E se qualcuno avesse osato esprimere qualche dubbio sulla linea ufficiale del partito, avrebbe corso il rischio di esser considerato nemico e traditore. Con la prevaricazione e l'intimidazione - metodo largamente usato dai nazisti - venne creato un problema dagli sviluppi imprevedibili. Persone che non avevano modo di difendersi vennero additate al pubblico disprezzo ed entrarono nel vortice della persecuzione. Perché? Perché erano dei “diversi” e per loro non c'era posto nel Terzo Reich nazista. Hitler, infatuato dalla sua assurda, maniacale convinzione che l'umanità fosse da dividere su due livelli di cui uno, rappresentato dalla "Herrenrasse" (la razza dei signori) che avrebbe avuto il diritto e dovere di esercitare la propria superiorità sull'altro, quello degli esseri inferiori "Untermenschen" (sotto-uomini) ai quali, bontà sua, prometteva che li avrebbe "fatti scomparire dalla faccia della terra". Lo ha annunciato nel suo libro programmatico "Mein Kampf" l'ha detto e ridetto in mille occasioni. Secondo lui, testualmente: "gli ebrei sono la nostra disgrazia", i bolscevichi "i nostri eterni nemici" e gli zingari "pattume puzzolente, parassiti pericolosi che campano sulle spalle del prossimo". Gli zingari, in particolare, erano anche nomadi, fedeli ad oscure tradizioni tribali, alloro modo di vestire, di educare i figli, di esprimersi in una propria lingua, incapaci di inserirsi nella società civile per esercitare un qualsiasi mestiere convenzionale. Per giunta, erano anche sporchi, portatori di malattie infettive. Tanto bastava perché la loro stessa esistenza entrasse in rotta di collisione col mondo nazista. Anche per loro la vecchia ricetta del falso storico imposto come verità rivelata, già sperimentata sulla pelle degli ebrei, è risultata valida ed efficace. E l'abile propaganda del Dr. Goebbels ha manovrato cinicamente argomenti capaci di scaldare l'atmosfera ed allargare l'area di quel consenso corale del quale il nazismo aveva bisogno per conseguire i propri obiettivi. La "grande Germania dei mille anni" non poteva correre il rischio d'essere inquinata da elementi impuri. Se già nel periodo della scalata e della conquista del potere contro ebrei ed avversari politici si scatenò un crescendo di violenze e di vessazioni, gli zingari beneficiarono di una temporanea tolleranza in attesa di decisioni dall'alto. E queste non si fecero attendere. Nel maggio 1938 il Reichsführer Heinrich Himmler, comandante generale delle SS e capo delle varie polizie, istituisce a Berlino una Direzione Generale che si occuperà esclusivamente degli zingari. Fino a quel momento gli zingari, quando incappavano nelle maglie del codice penale, avevano da fare con la polizia giudiziaria, la Kriminalpolizei che, a meno che non si trattasse di reati particolarmente gravi di competenza dei tribunali, li spediva in un campo di concentramento con un semplice provvedimento amministrativo. Mentre Gestapo e SS, stroncando con la "Schutzhaft" (arresto protettivo) qualsiasi tentativo di opposizione democratica incrementava giorno per giorno la popolazione dei campi di concentramento, la Kripo, per non scomodare i giudici e non affollare le prigioni, spediva negli stessi campi tutti coloro che venivano considerati degli "asociali" cioè vagabondi, truffatori, magnaccia e prostitute, omosessuali e, naturalmente, zingari. Per distinguerli tra loro, nei KZ (dizione gergale del termine Konzentrationslager) alle diverse categorie furono attribuiti, oltre al numero di matricola, dei distintivi triangolari di diverso colore: rosso per i politici, verde per i delinquenti comuni, rosa per gli omosessuali, e viola per gli zingari. Gli ebrei dovevano aggiungere un triangolo giallo in modo che i due simboli, sovrapposti, formassero una stella di Davide. Questa classificazione scatenò fra i vari gruppi lotte furibonde delle quali furono protagonisti soprattutto i verdi dei quali le SS si servivano affidando loro compiti di responsabilità per la gestione quotidiana dei campi. Agli zingari toccò anche in queste condizioni la parte peggiore, emarginati come erano dai loro stessi compagni di sventura. Si trattava comunque di situazioni individuali alle quali subentrò ben presto un'azione persecutoria collettiva. Con la promulgazione delle leggi di Norimberga per la "difesa dell'onore e della purezza del sangue ariano" anche la sorte degli zingari subì un giro di vite essendo anche essi considerati potenziali inqui­natori di quel sangue benché si conoscano solo pochi casi di matrimoni "misti" con conseguente nascita di piccoli bastardi. Sembra che Himmler, in un primo tempo, ipotizzasse di riunirli tutti in una specie di enclave, lontano da occhi indiscreti. Poi optò per una soluzione più semplice imponendo loro l'obbligo di una residenza stabile dalla quale nessuno avrebbe potuto allontanarsi senza specifica autorizzazione della polizia. Il provvedimento consentiva un primo tentativo di censimento degli zingari, in pratica la loro schedatura. Contemporaneamente un Istituto universitario di ricerca genetica ebbe l'incarico di stabilire con rigore scientifico l'ascendenza degli zingari. Ma gli accademici scoprirono non senza qualche imbarazzo che i veri ariani, discendenti in linea diretta dagli antichi popoli indogermanici, erano, forse, proprio gli zingari. Il segreto venne gelosamente custodito e protetto da severe norme di sicurezza, ma le conseguenze per gli zingari della Germania furono disastrose perché c'era una ragione di più per sbarazzarsi al più presto di loro. Dopo l'aggressione e l'occupazione della Polonia, una volta istituito il Governatorato Generale, fu deciso di trasferirvi in massa gli zingari rastrellati nelle loro residenze coatte e rinchiuderli nei ghetti creati per gli ebrei a Varsavia, Lodz e altri centri minori. Ma quella fu soltanto una tappa intermedia perché la vera destinazione era nei campi di sterminio di Auschwitz, Majdanek, Treblinka e Sobibor. A Birkenau (cioè Auschwitz 2) venne allestito un campo speciale nel quale gli zingari furono reclusi per famiglie intere. Là li raggiunsero le comunità zingare catturate in Francia, Belgio, Olanda. Si hanno vaghe notizie di una carovana zingara intercettata nelle vicinanze di Napoli che sembra sia transitata per il Brennero per ignota destinazione con un convoglio speciale svanito nel nulla. A Birkenau il Dr. Mengele effettuava le solite selezioni per le camere a gas, ma si è anche accanito nello sfruttare l'insolito "materiale umano" per i suoi ignobili esperimenti pseudoscientifici dedicando la propria attenzione particolarmente a bambini e adolescenti gemelli. Dai suoi rapporti a Berlino, ritrovati fortunosamente, trapela qualche notizia su questa vicenda e su quella degli zingari in genere. L'estendersi della guerra nell'Europa orientale e balcanica dove gli zingari erano centinaia di migliaia, fece emergere nuovi aspetti del problema della loro eliminazione. Le condizioni di ingorgo delle vie di comunicazione, per ferrovia o per strada, in relazione alle esigenze delle operazioni militare, la minore disponibilità di uomini necessari per la cattura e la sorveglianza dei prigionieri, la stessa capienza dei campi di concentramento e di sterminio oramai sovraffollati, sconsigliavano anche e soprattutto dal punto di vista logistico, un massiccio aumento di deportati. C'era sì la prospettiva di un apporto di nuove forze di lavoro, aggravato però dalla zavorra dei familiari inabili. Si optò allora per la soluzione più semplice e radicale: gli zingari di quei paesi dovevano essere “fatti scomparire dalla faccia della terra” subito, con ogni mezzo, nel più rigoroso segreto, e senza lasciar tracce. Ebbero l'incarico di procedere nell'operazione le “Einsatzgruppen”, quei reparti speciali delle SS creati per garantire la sicurezza delle retro vie alle spalle delle unità combattenti sui fronti orientali. Esse hanno assolto questo compito massacrando intere popolazioni inermi, radendo al suolo fattorie e villaggi, rubando saccheggiando, incendiando per futili motivi, per rappresaglia, infierendo so­prattutto sugli ebrei. Adesso a questo compito che è stato eseguito con scrupolo, se ne aggiunse un altro, prioritario, anche se irto di difficoltà operative. Ma l'ordine era perentorio "Sonderbehandlung" cioè trattamento speciale. Siccome la parola morte non compare mai in nessun documento delle varie polizie naziste, gli addetti ai lavori sapevano benissimo come interpretare la chiave di lettura del codice segreto. L'ordine, tradotto in termini chiari, significava inequivocabilmente: sterminateli tutti, ovunque si trovino! E siccome, data la dimensione dell'impresa, gli uomini delle SS non bastavano più, fu chiesto il contributo dell'Esercito. Ad onor del vero vi furono ufficiali, graduati e semplici militari che si rifiutarono di diventare da combattenti, assassini. E pagarono davanti ai plotoni d'esecuzione il rifiuto di partecipare al crimine. Non cosi i vari collaborazionisti agli occhi dei quali si presentava un'occasione per manifestare la propria devozione al nazismo e sfogare, col pretesto della caccia agli zingari, antichi rancori e vendette personali che con il problema degli zingari non avevano nulla a che fare. Di quali esplosioni di atrocità, di ferocia bestiale siano stati capaci gli "ustascia" croati di Pavelic, i "nylas" ungheresi di Szalai, gli squadristi slovacchi di monsignor Tiso e i loro simili in Romania, Lituania e Polonia è meglio non parlare. Perfino le SS che pur avevano senza batter ciglio riunito migliaia di uomini donne e bambini sul ciglio delle fosse dove poi li hanno crivellati con le mitragliatrici e bruciati col lanciafiamme, protestarono indignati per gli eccessi dei loro amici. È stato un bagno di sangue, un massacro indiscriminato, lo sterminio di un popolo. Di questa terribile vicenda si sa solo quello che hanno narrato i pochi superstiti. Notizie frammentarie, in gran parte incontrollabili. L'omertà di chi ha visto, ha saputo o addirittura partecipato non aiuta certo a stabilire con esattezza quello che è successo, né quando né dove. L'assoluta mancanza di dati attendibili impedisce di stabilire quantitativamente la dimensione di questa tragedia. Ma se si potesse esprimerla in cifre, sarebbero certamente cifre con molti zeri. Il silenzio è calato su una folla di esseri umani sacrificati sull'altare di un mito assurdo che ha plagiato mezzo mondo, con gli esiti che sappiamo, ma al quale ancora oggi qualcuno si riferisce con caparbio dispregio delle sue spaventose conseguenze.

Da La libertà e i suoi costi, quaderni a cura dell'ANED di Milano e della Provincia di Milano, 1991

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