Documenti dell'ANED di Milano

«L'ansia dei familiari 

del deportato»

di Ermete Sordo

La guerra è finita. A Bolzano e a Trento arrivano i  camions che portano in Patria i relitti dei campi di concentramento nazisti. Larve umane, ancora inebetite nello spirito e sanguinanti nel corpo, varcano il temuto confine respirano l'aria di casa e attendono l'ultima grazia: rivedere, abbracciare e tranquillizzare i propri cari da tanto tempo in trepidante attesa. Per troppi familiari questo incontro è atteso invano. Nei centri di raccolta, nei comitati di assistenza, attorno ai camions, uomini, donne e bambini girano ansiosi, cercando un caro volto, implorando notizie, supplicando un cenno consolante. Quante desolate risposte! Mauthausen, Gusen, Ebensee, Dackau, Buchenwald, Belsen, nomi d'inferno coi loro blocchi di inumane sofferenze, coi bestiali cantieri di lavoro, con le infermerie e le ambulanze della morte, con le camere a gas e i terrorizzanti camini dei forni crematori. Le piaghe e le sofferenze evidenti dei poveri reduci passano nel corpo e nell'anima dei molti familiari, vi rimangono vive come la memoria del loro caro. Quante notti insonni dalla sua partenza, quante notti ancor oggi passiamo rievocando dai racconti e dai libri le loro terribili inumane sofferenze! La ricerca insaziabile di notizie continua per un particolare, per una speranza che non sia vera la notizia, qualche volta contrastante. Le croci nei cimiteri, i forni crematori, le docce a gas ci toglieranno purtroppo l'ultimo barlume di questa esilissima speranza. Sarà questo il completamente delle nostre sofferenze, dopo aver provato lo strazio dell'arresto del nostro fratello, del nostro padre, del nostro sposo, del nostro figlio. Ceffi patibolari, armati fino ai denti, minacciosi e spavaldi, incuranti di suppliche e di pianti, senza lasciare nemmeno il conforto della destinazione e del fagotto di viveri e indumenti, hanno strappato il nostro caro al nostro grande amore. Molte volte si trattava di innocenti, di sospetti, di lievi colpe, ma per le feroci SS non si trattava che di numeri da cancellare dal consorzio umano. Quanto peregrinare da un ufficio all'altro per avere notizie, per portare viveri e indumenti, quanto supplicare un colloquio che poteva essere l'ultimo, quanta ansia al turno delle chiamate per il trasporto oltre il Brennero. Per migliaia di italiani è arrivata la sentenza fatale. Da quel momento più nulla del nostro caro, fina alla fine. Spose trepidanti che sfidavate i pericoli e i disagi del viaggio per poter intravedere il vostro sposo oltre i reticolati di Fossoli; sorelle che in pieno inverno compivate oltre cento chilometri a piedi per portare una coperta o un pacchetto di viveri al fratello chiuso nel blocco E di Bolzano, mamme che avete inutilmente implorato il permesso di un colloquio col figlio ammalato in partenza per la Germania, figli e fratelli che avete corso il pericolo di seguire la stessa sorte del vostro caro per tentare di salvarlo, avete veramente sofferto e meritate di essere compresi e confortati! Quante volte il vostro martire, nei momenti delle più dure privazioni, delle più terribili sofferenze, della più bruciante umiliazione, avrà trovato conforto nel vostro ricordo e la sua ultima preghiera rivolta a Dio sarà stata per la sua anima e per la vostra salvezza. Chi si recherà sui luoghi del dolore ricambierà la preghiera, piangerà su quelle terre bagnate del loro sangue e dalle loro lacrime, e ascoltando i particolareggiati racconti dei superstiti rivivrà le tappe del, loro martirio, ma avrà assolto al più doveroso sentimento di compianto, di commemorazione, e di eterna venerazione. La prima visita di familiari a Mauthausen e a Ebensee è stata fatta dalla signora Lepetit ancora nel 1945, che individuò vicino al blocco di riposo di Ebensce una fossa comune di cadaveri. Nel 1947 la signora Lepetit ritornò ad Ebensee, e ritrovata la fossa comune nella quale era il suo povero marito Dott. Roberto Lepetit morto il 4-5-1945, vi fece iniziare la costruzione di un monumento, inaugurato nel 1948 con la partecipazione di 150 ex-deportati e familiari arrivati in pellegrinaggio da Milano e Torino. Attorno a questo monumento vennero poi riuniti i motti di altri cimiteri, e gli italiani furono raccolti vicino al monumento Lepetit. Nel novembre 1948 la sezione di Torino mandò una delegazione che collocò una targa dell'Associazione sulla parete sacrario del forno crematorio e trasportò al cimitero di Torino una salma di deportato ignoto. Da segnalare che i Russi, i Polacchi e soprattutto i Francesi sono i più diligenti nella visita ai campi di concentramento, nella raccolta di notizie, nel rimpatrio delle salme e nel pellegrinaggi annuali.  

Dal fascicolo «L'oblio è colpa», a cura dell'ANED di Milano, numero unico, s.d., per gentile concessione

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