GIUGNO 97, n. 3 Anno III
FARMACI
VASOATTIVI: COSA USARE ( PARTE PRIMA)
Dr. Ignazio Sfragara
Riprendo in questo numero del Notiziario alcune
riflessioni espresse precedentemente
e relative alla partecipazione agli incontri associativi.
Ormai la nostra associazione è conosciuta a livello nazionale ( APIMO; SOI; Ministro Sanità, altre
associazioni scientifiche, colleghi da varie parti d'Italia, ..), attraverso la
"battaglia" che stiamo portando avanti sul tema della ridefinizione
del profilo dell'ottico.
Dall'altra parte, però, si è assistito negli
ultimi mesi, a livello locale ad un certo calo di interesse per gli incontri
mensili.
Ultimamente anche alla cena associativa, in cui si
doveva votare per il rinnovo del consiglio direttivo, non si è raggiunto il
numero sufficiente per le votazioni. Probabilmente molti sono gli impegni
professionali e familiari che creano difficoltà nel partecipare ad incontri
serali, ma non vorrei che le molteplici assenze derivassero da una certa perdita
di entusiasmo per iniziative di
questo tipo o, peggio,
da una pericolosa chiusura
professionale, presi da eccessiva
competizione nel lavoro o da un latente individualismo.
Si spera che ognuno di noi persegua,
tra gli obiettivi da raggiungere, anche
quello di voler migliorare la propria
professionalità; a
tale scopo diventa utile e
necessaria una
costante verifica di qualità
che passa, ovviamente, attraverso il continuo confronto
con i colleghi .
Nell'ultima riunione associativa
si è deciso, pertanto, di
proseguire le attività con le
stesse modalità intraprese
finora, diradando eventualmente gli incontri associativi e
trasformandoli in bimestrali. Il Notiziario F.O.VE.A. continuerà ad essere
pubblicato, grazie anche all'aiuto e alla collaborazione della SIFI,
proponendo anche una rubrica dedicata ad un caso clinico di particolare
interesse ( NB: chi avesse qualche caso
interessante da far conoscere ai colleghi può segnalarlo alla redazione,
verrà accettato molto volentieri ).
Il 3° corso di aggiornamento si terrà quasi sicuramente
il 29-11-97 e avrà come tema quello della Chirurgia Refrattiva ( sempre quello,
direte ...!!) , ma con risvolti pratici ed essenziali per tutti. ( sottotitolo:
Tutto quello che avete sempre voluto sapere sulla Chirurgia refrattiva e che vi
serve nella pratica ambulatoriale
quotidiana !!). Notizie più dettagliate
le troverete sul prossimo numero, dopo la pausa estiva.
Riguardo la campagna di prevenzione sanitaria, sempre in attesa di ricevere un grosso contributo da un ente locale, è stato richiesto alla SIFI di poter utilizzare la loro Unità mobile per uno screening informativo-dimostrativo sul Glaucoma. L'iniziativa, in collaborazione con la Clinica Oculistica di Verona, potrebbe essere attuata nel periodo settembre o ottobre 97, parcheggiando l'unità mobile in p.zza Brà a Verona, misurando la pressione oculare con tonometro a soffio ( per evitare problemi ) e distribuendo materiale e opuscoli informativi.
Dr.
Fabio Chiavegato
Sono stati condotti numerosi studi clinici
sull’efficacia dei farmaci antipiastrinici, praticamente in tutte le situazioni
cliniche nelle quali il rischio trombotico riveste un ruolo patogenetico
preminente : profilassi secondarie delle malattie cardiovascolari (IMA,
angina instabile, occlusione di by-pass coronarico), profilassi delle malattie
cerebrovascolari (compresa la tromboembolia da fibrillazione atriale), profilassi
delle arteriopatie periferiche.
È stata studiata in Prevenzione
Primaria solo l’Aspirina (300 mg/die).
Esistono 2 studi importanti: - studio americano su
22.000 medici volontari sani di 40 - 80 anni senza precedenti vascolari
- studio inglese su 5.100 medici
La metanalisi dei 2 studi mostra che l’aspirina
pare essere efficace (<30%) nella prevenzione dell’IMA ma non degli eventi
cerebrovascolari.
Studi di
Prevenzione Secondaria
Nella prevenzione secondaria gli antiaggreganti
piastrinici hanno dato prova di chiara efficacia in tutti i quadri a rischio
trombotico sopra elencati. La più recente metanalisi dei vari studi clinici in
merito (circa 100.000 pz. Reclutati) ha evidenziato una riduzione media del
25% delle recidive cerebrovascolari.
I farmaci possono
essere distinti nei seguenti gruppi :
1) quelli
che hanno azione prevalente sulla parete capillare, riducendone la
permeabilità ; questi sono ovviamente più indicati quando prevalgono le
lesioni di natura edematoso - essudativo (più spesso localizzate a livello
maculare) ;
2) quelli che agiscono
sulle proteine plasmatiche e sugli elementi figurati del sangue aumentando la
fluidità di quest’ultimo ; questi farmaci trovano indicazione quando
la retinopatia presenta caratteri prevalentemente ischemici ;
3) quelli che
presentano effetti terapeutici diversi.
Quale
Antiaggregante Scegliere ?
La difficoltà nella valutazione dell’efficacia clinica dei vari
principi attivi nel trattamento delle vasculopatie
in ambito oftalmologico
ed in particolare della retinopatia diabetica dipende da :
- numerosità
di campioni ridotta
- periodo
di tempo troppo breve d’osservazione
- mancanza
di validi sistemi per quantificare i dati iniziali della malattia.
Pertanto, ci si deve riferire a dati relativi ad
altre patologie circolatorie.
D’altro
canto l’efficacia antitrombotica di un prodotto
in un contesto clinico ben determinato non può essere automaticamente
applicata ad altre situazioni patologiche ; buona norma non generalizzare e
non trarre conclusioni affrettate su un nuovo prodotto fino a che esso non sia
stato sperimentato su larga scala ed in tutte le situazioni cliniche in cui può
trovare impiego.
Come considerazioni generali:
- attenzione ai fattori di rischio, controllo
della PAO e diabete e dismetabolismo ;
- attenzione a non determinare ipotensione, anche
valutando la terapia già in corso (attenzione ai
vasodilatatori) ;
- utilizzare i farmaci con un presupposto razionale
fisiopatologico, supportati da studi clinici di sostegno, al costo terapeutico
più basso (minori effetti collaterali, minore spesa).
Vediamo nei dettagli i principali farmaci:
ANTIAGGREGANTI
L’Acido Acetilsalicilico, è
quello con l’attività antitrombotica meglio documentata ; inattiva
irreversibilmente l’enzima ciclossigenasi delle piastrine e interrompe,
quindi, la conversione dell’acido arachidonico a prostaglandina G2 tappa
indispensabile verso la produzione di trombossano A2 induttore
dell’aggregazione.
Inattiva anche la ciclossigenasi endoteliale bloccando la produzione
di prostaciclina, forte antiaggregante, ma l’effetto è meno importante.
L’endotelio è cellula nucleata, a differenza delle piastrine, e ripristina
subito la produzione di prostaciclina. Da ciò si deduce che l’effetto
dell’ASA è dose dipendente : dosi molto basse del farmaco (100 - 300 mg/die)
inibiscono adeguatamente la produzione piastrinica di trombossano A2, con effetti
minimi sulla produzione endoteliale di prostaciclina (effetto di I passaggio
portale).
Gli effetti indesiderati sono soprattutto a livello
gastrointestinale, di solito dose - dipendenti ; gli schemi posologici
consigliati sono in genere ben tollerati. L’uso di formulazioni gastro
protette, inoltre, migliora la tollerabilità .
Altro possibile effetto dose dipendente è
l’allergia all’ASA (asma, orticaria, choc).
SULFINPIRAZONE :
effetti simili all’ASA ma inattivazione
reversibile della ciclossigenasi, quindi azione più debole. Effetti
indesiderati : - intolleranza gastrica dose dipendente,
allergie dose dipendente.
INDOBUFENE,
è inibitore reversibile della ciclossigenasi, efficacia non
rilevante.
Effetti indesiderati : intolleranza gastrica importante.
DIPIRIDAMOLO :
potenzia e rilascio della prostaciclina dell’endotelio vasale, blando
vasodilatatore ; efficacia non rilevante, in associazione all’ASA.
Effetti collaterali : cefalee, eruzioni
cutanee.
PICOTAMIDE :
antagonizza con i recettori piastrinici del trombossano, non interferisce con
la sintesi della prostaglandina
Efficacia non ben documentata ; ben tollerata.
TRAPIDIL :
attiva la produzione di prostaciclina ; efficaci non ben documentata.
Reazioni di ipersensibilità individ.
TICLOPIDINA :
effetto antiaggregante di notevole entità; aumenta la produzione di
prostaciclina dell’endotelio e la sensibilità dei recettori
piastrinici alla prostaciclina stessa. Pur bloccando l’aggregazione non modifica
il metabolismo dell’ac . arachidonico.
Effetti collaterali : ben tollerato a livello
gastrico, può produrre però grave leucopenia (3% revers.) o agranulocitosi 1%
irrev.)
Effetto completo dopo 15 gg. : controllo
emocromo x 3 mesi ogni 15 gg ; è
di 2° scelta.
PENTOSSIFILLINA :
riduce la viscosità ematica
- aumentando la deformabilità dei GR
- inibendo l’aggregazione piastrinica.
Efficacia documentata da numerosi studi clinici, soprattutto
a livello di circolo periferico. (Approvata FDA come I scelta nelle arteriopatie
periferiche).
MESOGLICANO :
esplica la sua attività farmacologica a livello endoteliale e:
- mantenendo l’elettronegatività di superficie
inibisce l’adesione piastrinica,
- attiva l’antitrombina III e blocca
l’aggregazione,
- stimola l’attivatore tissutale del plasminogeno
e attiva la fibrinolisi,
- mantiene la permeabilità selettiva
dell’endotelio con attività antiedemigena ;
ha
un’azione specifica sul microcircolo non viziata da effetti vasodilatatori e
da conseguenti fenomeni di
"furto".
SULODEXIDE :
attiva la liproteinlipasi di parete,diminuisce il deposito di lipidi.
CALCIEPARINA :
l’equilibrio coagulativo è mantenuto grazie
a meccanismi attivi (antitrombina III e protein C reattiva) che
continuamente rimuovono fattori pro coagulanti (trombina, fattore Xia, fattore
Xa).
La eparina, così come l’eparansolfato, ha altra
affinità per l’antitrombina III attivandola, sia a livello endoteliale (bassa
dose) sia a livello plasmatico (alto dosaggio).
- eparina sodica per via endovenosa, effetto
anticoagulante nell’acuto
- eparina calcica per via sottocutanea, effetto
antitrombotico nel cronico.
Lo scopo di essa è esaltare l’attività
antitrombotica riducendo contemporaneamente l’attività proemorragica.
Tutti i tipi di terapia eparinica necessitano di
monitoraggio INR.
Effetti collaterali :
- principalmente di carattere emorragico
- rare reazioni di ipersensibilità.
Nel caso di emorragie in corso di trattamento è
sufficiente sospendere il farmaco ; nei casi più gravi solfato di
protamina 1 mg. Ogni 100 unità. Uso promettente per la terapia domiciliare e
lungo termine delle eparine a basso peso molecolare ( unica somministrazione però
costo elevato).
DEFRIBOTIDE :
interferisce sul metabolismo dell’acido arachidonico promuovendo la
prostaciclina PGI 2, studi clinici in corso, costo alto.
fine
prima parte
Nel
prossimo numero altri farmaci vasoattivi
e tabella completa con nome commerciale, principio attivo, dosaggi e costi.
Dott.
Andrea Palamara
Il trapianto di cornea è un intervento che richiede
dedizione da parte del paziente il quale deve nei primi mesi sottoporsi a
frequenti controlli, ed esperienza da parte dello specialista che li esegue, che
deve sapere come e quando intervenire in caso di problemi, in modo da
non compromettere il risultato funzionale dell’intervento, a cui in genere
il paziente è giunto dopo una lunga ed estenuante attesa e carico di
aspettative.
La cheratoplastica fatta per cheratocono è quella
che pone meno problemi nella gestione postoperatoria del paziente, rispetto ad
altre indicazioni quali le distrofie, le degenerazioni o i leucomi corneali.
Fondamentale per un soddisfacente recupero
funzionale è l’atto chirurgico, che deve essere il più atraumatico
possibile con particolare attenzione ai passaggi e al tensionamento della
sutura, che condizionano in maniera drammatica l’astigmatismo postoperatorio.
In genere il paziente esce dalla sala operatoria con
una lentina terapeutica a scopo protettivo, che viene rimossa in prima
giornata per una migliore ispezione del lembo e per il test di Seidel. Di solito
dopo la visita riapplichiamo la lente e la manteniamo per una o due settimane.
Un modesto Seidel + in prima-seconda giornata è da considerarsi un’evenienza
normale e comunque non preoccupante. L’acqueo può filtrare sia attraverso i
bordi del lembo sia da qualche passaggio della sutura dato troppo in profondità
(perforante).
Nella prima settimana l’occhio viene medicato con
frequenti instillazioni (da 6 a 8 volte al giorno) di un collirio antibiotico
e steroideo. Un midriatico viene pure utilizzato nel primo periodo del decorso
postoperatorio, da una a tre volte al giorno, a seconda della reazione
infiammatoria presente. Altri preparati per uso topico quali il collirio di
ciclosporina, vengono riservati ai trapianti in occhi con neovasi. In caso di
gravi leucomi con importanti neovascolarizzazioni, o in occhi ad alto
rischio di rigetto endoteliale usiamo anche la ciclosporina A per via orale, partendo
da un dosaggio di 5 mg/Kg/die in due somministrazioni giornaliere, che viene poi
modificato in base alla ciclosporinemia. Tale trattamento, che andrebbe
continuato per 4-6 mesi, associato a frequenti controlli della funzionalità
renale ed epatica, non ha dato finora nella nostra casistica alcun problema.
Nei mesi successivi è opportuno scalare
gradualmente la terapia topica steroidea. Noi scaliamo di 1 gtt. ogni 20-30
giorni se il decorso postoperatorio è regolare. Dal terzo mese in genere
abbandoniamo l’antibiotico per passare a solo Desametazone o Betametasone per
via topica. Gli altri corticosteroidi non sono indicati per la loro minor
capacità di penetrazione in camera anteriore e per la minore efficacia. Il
Betametasone è preferibile in caso di ipertono. Dal secondo-terzo mese ci
capita spesso di dover ricorrere anche a lacrime artificiali, per maggior
confort del paziente, oltre che per la frequente presenza di sofferenza
epiteliale puntata del lembo.
Un problema che si pone di frequente nei pazienti
operati di cheratoplastica perforante è quello dell’astigmatismo elevato, che
causa un insoddisfacente recupero visivo nonostante la trasparenza del lembo.
La cheratometria può essere di difficile rilevazione in questi pazienti nei
primi mesi, e può in ogni caso fornirci solo indicazioni di massima. La
topografia corneale ha assunto oggi un ruolo fondamentale per la rilevazione e
la gestione dell’astigmatismo postoperatorio.
Se le condizioni del lembo lo permettono e se
l’apposizione fra letto e lembo è corretta, bisogna agire abbastanza
precocemente sull’astigma- tismo, per intervenire nella fase plastica della
cicatrizzazione. Un atteggiamento di attesa, magari fino alla rimozione della
sutura, che può avvenire anche dopo anni, oltre a peggiorare la qualità
della vita del paziente per tutto questo tempo, in enere non porta a buoni
risultati e può anzi essere controproducente.
Il momento migliore per intervenire
sull’astigmatismo postoperatorio è il 3° mese dall’intervento. I mezzi che
abbiamo a disposizione sono:
·
La
rimozione selettiva dei punti staccati
·
La
ridistribuzione tensionale della sutura
·
L’applicazione
di punti di compressione
·
La
revisione della sutura.
Prima di intervenire sulla sutura bisogna aver
effettuato un accurato esame della refrazione (compresa la cicloplegia) ed avere
sotto mano una mappa corneale recente.
La rimozione selettiva dei punti staccati ha il
vantaggio di essere molto sicura e facilmente eseguibile alla lampada a fessura,
ma non è utilizzabile ovviamente in presenza di una sutura continua, che è
il tipo di sutura più comune, e non è sufficiente per correggere astigmatismi
molto elevati.
Il ritensionamento della sutura può pure essere
eseguito alla lampada se il paziente collabora bene, ma nella nostra clinica si
è preferito fino ad oggi intervenire portando il paziente in sala operatoria,
in anestesia topica. Questo tipo di procedura di correzione dell’astigmatismo
postoperatorio che sembra spaventare molti chirurghi, non ci ha dato finora
problemi particolari, ma la nostra casistica riguardo a questo procedimento è ancora veramente esigua. L’evenienza più temuta, ovvero
la rottura del sopraggitto è, secondo tutti i chirurghi che se ne occupano, in
Italia e all’estero, una evenienza molto remota. D’altro canto è vero anche
che questa tecnica non è in genere sufficiente a correggere astigmatismi
elevati e a volte deve essere associata a punti di compressione.
I punti di compressione sono indicati dunque quando
il ritensionamento non ha avuto i risultati sperati, ma anche quando c’è un
accostamento irregolare fra lembo e cornea, e tardivamente, dopo
l’asportazione della sutura.
La revisione della sutura, vale a dire il suo rifacimento
ex novo, si riserva a quei casi in cui il sopraggitto presenta passaggi
grossolanamente irregolari, o appare lasso, o sono presenti scalini notevoli fra
lembo e cornea.
A distanza di 6 mesi dall’intervento, se la sutura
si presenta lassa, si può in genere asportarla senza ricorrere alla revisione,
e valutare a distanza di qualche tempo l’ametropia residua.
Per quanto riguarda la rimozione della sutura, la
nostra tendenza è quella di lasciarla fino a quando non crea problemi,
soprattutto se la condizione refrattiva è soddisfacente. Il Nylon 10/0 che
noi usiamo in genere si depigmenta in 12-24 mesi, e si rompe entro due-quattro
anni. Indicazioni alla rimozione precoce della sutura sono la lassità dei
punti, che trattengono muco, irritano e richiamano neovasi, e l’ametropia miopica
importante. Una volta rimossa la sutura, dopo la riepitelizzazione dei punti
dove si è intervenuti con la pinza, è opportuno riprendere la terapia topica
con steroidi per qualche settimana, dal momento che lo stimolo irritativo può
favorire una reazione di rigetto.
L’astigmatismo che residua dopo la rimozione
della sutura può essere a sua volta corretto mediante incisioni rilassanti
non perforanti (cheratotomia) o mediante laser ad eccimeri in caso di refrazione
miopica. Per l’astigmatismo ipermetropico post-cheratoplastica non abbiamo
esperienza di risultati soddisfacenti con le tecniche di chirurgia refrattiva
di uso comune. Della apposizione di punti di compressione aggiuntivi si è
già parlato. Va comunque detto che su ogni tipo di indicazione chirurgica
entra in gioco l’alternativa della correzione contattologica
che a volte è in grado di superare i risultati della migliore chirurgia,
a patto che sia ottenibile una buona stabilità della lente, e che questa non
causi traumatismi sul lembo, sulla cicatrice e sulla cornea ospite.
L’evenienza più temibile negli occhi sottoposti a
cheratoplastica perforante è quella della reazione di rigetto che può avvenire
anche a distanza di anni dall’intervento, anche se in genere sopravviene nei
primi 6-8 mesi. Non è questa la sede per descrivere il quadro obiettivo di una
reazione di rigetto, che dovrebbe essere nota a tutti gli specialisti, ma è
opportuno sottolineare che il rigetto in tutte le sue manifestazioni
(epiteliale, stromale, endoteliale) è da considerare un’emergenza in
oculistica e va trattato da subito con frequenti instillazioni di steroidi
topici (anche ogni ora), indirizzando quindi il paziente presso la struttura
dove è stato operato o quella più vicina a lui, per i successivi frequenti
controlli.
A questo proposito ricordo a tutti i colleghi che
presso la Clinica Oculistica di Verona è attivo un Day-Hospital che segue i
pazienti nel primo periodo post-operatorio o in caso di rigetto o altri problemi
di difficile gestione ambulatoriale. Al Day-Hospital si deve pure fare
riferimento se si vuole inviare un paziente candidato all’intervento per essere
messo in lista (Tel. 8072264 Dott. Andrea Palamara). In questo caso il paziente
dovrà esserci inviato provvisto di una relazione oculistica completa.....
Grazie per la collaborazione.
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