BOLOGNA

Incidente stradale, morto Andrea Blasi

BOLOGNA, 29 OTTOBRE 2002 - Andrea Blasi, 37 anni, ex playmaker della Fortitudo Bologna e della Viola Reggio Calabria, è morto in un incidente stradale avvenuto sui viali di circonvallazione di Bologna. Blasi era al volante di un furgone che, attraversando l' incrocio tra viale Carducci e via Dante, è stato travolto da un'auto il cui conducente, rimasto gravemente ferito, sarebbe passato con il semaforo rosso.


Originario di Trieste, il giocatore si era sposato pochi mesi fa a Crespellano, nel bolognese, dove attualmente viveva con la moglie Veronique, che stava per dargli un bambino. Lo scontro mortale è avvenuto poco prima delle 7: Blasi, che recentemente aveva aperto una piccola azienda di trasporti, era alla guida di un Ford Transit e procedeva lungo via Dante, con direzione dal centro verso la periferia.


All' intersezione con il viale, il furgone è stato centrato in pieno da una Ford Sierra che proveniva dalla stazione, sembra a velocità sostenuta. In base ai primi accertamenti della polizia stradale, l'auto avrebbe oltrepassato l'incrocio senza rispettare il semaforo.


Nell' impatto, molto violento, il furgone è stato sbalzato dall'altra parte della strada, contro l'impianto semaforico, e Blasi è morto sul colpo. Al volante dell'auto c'era Antonio Gerardo G., 25anni, di Rossano Calabro (Cosenza): il giovane, che era a Bologna per lavoro, è stato trasportato in gravissime condizioni all'ospedale Maggiore, dove è ricoverato con prognosi riservata.


Blasi, dai tifosi soprannominato 'Miciò, ha militato nell' Olimpia Milano, poi nella Fortitudo dal '93 al '97; quindi ha giocato a Sassari, Pistoia, Cantù e, fino al giugno scorso, con la Viola Reggio Calabria. Nella stagione in corso vestiva la maglia del Pontevecchio, in serie C2. Sabato l' ultima vittoriosa partita


 

 

'Un campione semplice'

Il compito più duro tocca al cronista. I giocatori della Fortitudo sono al Marconi. Aspettano di salire sui due piccoli aerei che porteranno la Skipper a Pau. Un'attesa rotta dalla notizia più brutta, quella che nessun giocatore vorrebbe ascoltare. Quella che nessuno vorrebbe commentare.
«Un terribile incidente: è morto Andrea Blasi»: sul volto dei giocatori, anche se nessuno degli attuali fortitudini ha giocato con 'Micio', dolore e tristezza. Giacomo Galanda e Gianluca Basile restano senza parole, gli stranieri che ancora non hanno dimestichezza con la nostra lingua, si fanno tradurre il significato di quei visi improvvisamente rabbuiati.
Matteo Boniciolli è impietrito, così come Guglielmo Roggiani, che ha allenato Blasi agli esordi, quando Andrea era nelle giovanili dell'Olimpia. Roberto Breveglieri, l'altro assistente di Boniciolli, chiede spiegazioni, non vuole arrendersi alla realtà. Lui ha condiviso con Andrea quattro stagioni culminate con due finali scudetto.
Ugo Cavina, il fisioterapista, conosce alla perfezione i muscoli e le articolazioni di 'Micio', conosceva bene Blasi. Ugo comincia a digitare un numero sul cellulare: dall'altra parte dell'etere c'è Claudio Pilutti, oggi a Castel Maggiore, ma grande amico di Andrea. E' una catena senza fine che da Cavina passa a Pilutti e da Claudio raggiunge Cantù, dove gioca e abita Dan Gay, che di Blasi è un fratello di latte.
Quante partite a carte in coppia, quante sconfitte che quei due, Dan e Andrea, appunto, riuscivano a trasformare, a parole (la raccontavano bene) in sonanti vittorie.
Pilutti si attacca al telefonino, spera che si tratti di un errore, di un clamoroso caso di omonimia. «Ci sentiamo più tardi», racconta Pilutti (che avvisa anche Carlton Myers) con la voce strozzata. Quasi 'rassegnata', come è quella di Gay («Non ci posso credere, non ci voglio credere») o, ancora, quella di Pierpaolo Zunarelli, per anni medico dell'Aquila, che non si da pace: «Andrea non era solo un buon giocatore, ma era anche il classico bravo ragazzo».
Senza tanti grilli per la testa: un campione capace di vivere la sua realtà con semplicità. La notizia raggiunge i ragazzi della Fossa dei Leoni e il Gira Ozzano che sabato giocherà con le canotte listate a lutto. Faranno altrettanto quelli della Pontevecchio. «Una storia incredibile — dice la presidente, Manuela Verardi — quando era venuto da noi, in estate, non volevamo crederci, pensavamo scherzasse. Invece lui, con il bimbo in arrivo, aveva preso sul serio questa decisione. Era diventato uno del gruppo, sembrava qui da sempre, anche in una realtà piccola come la nostra. Lui, che veniva dalla serie A. Lui, con quell'atteggiamento così dolce».
Frosini, compagno di Blasi per quattro stagioni, lo viene a sapere al PalaMalaguti, prima dell'allenamento. La sua espressione vale più di mille parole. Andrea non c'è più. Difficile, se non impossibile, rassegnarsi all'idea.

 

 

 

Amico del basket

CHI ERA IL PLAYMAKER ANDREA BLASI

Bologna, 29 ott. (Adnkronos) - A trentasette anni, Andrea Blasi, ‘Micio’ per gli amici, aveva deciso di continuare a coltivare la sua passione in serie D, dopo una carriera in serie A durata quindici lunghe stagioni. E proprio domenica, con i colori della sua nuova societa’, la Feedback Pontevecchio di Bologna, aveva trascinato i compagni a una vittoria esterna nel derby contro la Marvin di Trebbo di Reno, segnando 19 punti e illuminando la squadra.

Blasi, nato a Trieste il 18 agosto 1965, aveva mosso i primi passi nella Pallacanestro Milano passando di li’ a poco nella leggendaria Olimpia, dove debutto’ il 13 ottobre dell’85, in Simac-Allibert Livorno. Esordio fortunato, anche se il minutaggio nella squadra di Dan Peterson fu quello che un ragazzo di vent’anni puo’ pretendere in un gruppo di campioni. A fine stagione, la Simac vinse scudetto e coppa Italia. Due anni a farsi le ossa tra Verona (Citrosil) e Arese (alla Teorema dall’88 al ‘90, con una promozione in A2), poi il ritorno a Milano, subito dopo il passaggio di Mike D’Antoni dal campo alla panchina. Blasi dovrebbe essere il play di riserva per Montecchi, ma a meta’ stagione la sua affidabilita’ e la sua grinta lo portano in quintetto.

Nel ‘92, dopo due stagioni milanesi, finisce in A2, nella Panna Firenze che traballa e a fine stagione (‘92-93) retrocede. Ma intanto la Fortitudo Bologna, che ha lanciato il famoso progetto che dovra’ portarla ai piani alti del basket italiano, gli ha messo gli occhi addosso. Sergio Scariolo ha bisogno di un play disponibile, in grado di dare il cambio a Fumagalli. Andrea e’ l’uomo giusto per il campionato iniziato col pesante handicap del -6 in classifica. E’ il ‘93-94. ‘Micio’ restera’ in Fortitudo quattro lunghe stagioni, diventando uno dei punti di riferimento della squadra che lotta per lo scudetto sotto la guida di Valerio Bianchini. Un ragazzo eccezionale, amico di tanti e soprattutto di Dan Gay, totem della squadra, col quale forma una incredibile e spassosissima coppia di improbabili campioni dei giochi di carte nei momenti di relax del gruppo. Amici nella vita, trascinatori anche in campo, professionisti del basket.

‘Micio’ lascia la Fortitudo nel ‘97-98, passando al Banco di Sardegna Sassari, in A2, e chiudendo la stessa stagione a Pistoia, nella Mabo. Poi passa da Cantu’ e dalla Viola Reggio Calabria. Ma ormai ha deciso che Bologna deve essere il suo futuro: nel 2000 torna in citta’, accettando di giocare in B1 con la Calderini Ozzano. E trova la compagna della vita, sposando nell’aprile di quell’anno Veronique Zunarelli. Si riaffaccia alla Serie A nel 2001-02, tornando per una stagione a Reggio Calabria. Ma ormai a Bologna ha aperto un’attivita’ da piccolo imprenditore insieme al suocero, e bisogna restare vicino a casa. Di qui la scelta di continuare, per passione e per divertimento, a quote piu’ basse con la Pontevecchio.

 

 

Sabato di lacrime per Basket City

Basket City si fermerà sabato mattina. Alle 11, nella chiesa di San Girolamo della Certosa, gli amici (e sono tanti) si mescoleranno alla famiglia di Andrea Blasi e a quella della moglie, Veronique Zunarelli, per tributare l'ultimo saluto a 'Micio', l'uomo e il giocatore che aveva scelto Bologna per mettere su casa. Per vivere con Veronique, sposata nella primavera del 2000, e con quella bambina che nascerà a metà dicembre. Una bambina alla quale tanti potranno raccontare che pasta di ragazzo fosse il babbo, che in borghese, lasciati canotta e calzoncini negli spogliatoi, indossava un paio di occhialini che gli conferivano un aria da intellettuale.
Ci scherzava, Andrea, su quegli occhiali, come sapeva scherzare su quello sport che lo aveva portato ai vertici della specialità. Per questo era entrato subito in sintonia con questa città, così diversa dalla Trieste nella quale pure era nato nell'agosto del 1965. Così differente dalla Milano nella quale era cresciuto come uomo e giocatore, per vincere uno scudetto, nel 1986, prima di cominciare la sua personalissima tournée che gli avrebbe permesso di toccare tappe come Pistoia, Cantù, Sassari, Verona, Reggio Calabria.
'Giramondo' più per necessità — l'obbligo di rispondere alle chiamate dei club che puntavano su di lui, per avere un atleta affidabile e un uomo capace di salvaguardare gli equilibri dello spogliatoio — che per passione. Se è vero che proprio lui, 'Micio', aveva fissato già da alcuni anni, a Crespellano, il suo ritiro.
E sabato, appunto, la Bologna che pare avere accantonato, almeno per il momento, il ruolo di regina dei canestri, si riscoprirà il centro del mondo del basket. Perché non ci sarà solo la Fortitudo, che ieri sera, a Pau, ha giocato con il lutto sulla canotta e il dolore nel cuore, ma anche la Virtus, il Progresso Castel Maggiore, il Gira Ozzano, la Pontevecchio, la società di C2 nella quale giocava quest'anno.
E ci saranno gli amici che, proprio all'ombra delle Due Torri, hanno condiviso con lui i primi anni della gestione Seragnoli, quelli caratterizzati dalla promozione in A1, dal –6 dell'anno successivo, e dalle prime finali scudetto: il capitano di quel gruppo, Andrea Dallamora, ma anche il 'sindaco' Massimiliano Aldi, Roberto Casoli, Claudio Pilutti, Dan Gay, Marcelo Damiao, Vincenzino Esposito, Alessandro Frosini, Roberto Brunamonti, Giordano Consolini. Giocatori, allenatori, dirigenti che hanno potuto apprezzare l'uomo e il giocatore. E poi i tifosi, quella della Fossa dei Leoni, ma anche altri. Quelli ai quali, magari, proprio Andrea, con la sua dedizione alla causa e con la sua serietà, aveva regalato una gioia, un sorriso, un sogno.