LA STATUA
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Debutto in prima nazionale al Teatro Nuovo di Napoli
con Umberto Bellissimo e Enzo Pierro
Scene Clelio Alfinito
Costumi Flavia Santorelli
Musiche Enzo Gragnaniello
1998 Ripresa al Dionysia Festival (Roma)
“La Statua” è una storia di un barbone anziano e uno giovane, due
creature in difficoltà oggettive e il rifiuto della realtà concorrono a
determinare una condizione di totale emarginazione. La commedia non vuole
essere una indagine sociologica sulla condizione del clochards, né tantomeno
inclinare al pietismo. Essa tenta di cogliere e di descrivere, ricorrendo a una
metafora fantastica, il desiderio di assoluta libertà e forse anche l’incapacità di
convivere con “la fine del sogno” che sono alla base di scelte estreme, spesso
incomprensibili. I personaggi de “La Statua” sono due barboni; uno giovane
e uno anziano. Sullo sfondo una città varia e contraddittoria, la Napoli dei nostri
giorni. Il protagonista, il barbone anziano, è uno dei tanti diseredati che trascorrono
le loro lunghe e solitarie giornate nei giardini della Villa Comunale. Quest’uomo ha
però un segreto, una ragione di vita: l’amore. Ma l’oggetto del suo sentimento è una
creatura fredda e immobile, una statua. Questa figura femminile è la donna della sua
giovinezza trasformata in statua da un sortilegio che ha incatenato la sua anima. Solo
l’amore di un uomo potrà salvarla. La vita del vecchio barbone si svolge intorno alla
statua in una lotta estenuante per proteggere la “sua donna” dagli assalti del barbone
giovane, uomo privo di valori che tenta di svilire il sogno del vecchio accusandolo di
essere pazzo. Nel finale anche il barbone anziano si trasformerà in statua nell’inutile
tentativo di proteggere il suo mondo da una realtà che distrugge la fantasia degli uomini.
Ma è stata la realtà ad uccidere la fantasia o invece questa è diventata forte come il marmo?
La soluzione è bene lasciarla ai singoli, confidando in una buona regola che
affida alla favola la sconfitta del male.
Leggere “La Statua di Fortunato Calvino, mi ha fatto subito entrare nel mondo “interiore” che
sempre mi ha affascinato. In particolare la figura del barbone così sporca di fuori e, (quasi sempre)
pulita di dentro, è una figura che mi è molto cara. Cara al punto da dedicargli un pezzo “Cardone”,
nel mio primo Lp. Non a caso Fortunato è dei Quartieri Spagnoli come me. Conosce bene tematiche
trite e ritrite, ma purtroppo sempre esistenti, come la violenza, i falsi valori e l’emarginazione. Ed è
in queste condizioni che si annida la solitudine. La solitudine che ha portato il vecchio barbone ad
avere come unico punto di riferimento affettivo una statua, che ama come e più di una donna vera.
Non riesce a confrontarsi con altri “umani”, anzi, ha con loro rapporti conflittuali, pur vivendo la
stessa condizione.
Tutto questo mi ha molto colpito e affascinato. Come se Fortunato fosse riuscito a tradurre in prosa
teatrale quello che io traduco in musica. Perciò ho trovato che il suo teatro, e la mia musica, fossero
un connubio perfetto. E mi ha fatto inoltre considerare che un barbone(e chissà quanti altri personaggi come
lui), non ha la possibilità di far comprendere la sua “essenza” interiore.
Fortunato Calvino diventa, in questo caso, la sua voce.
LA STAMPA
“…la vita è sogno ed i sogni non sono follia ma bisogno di poesia. Fortunato
Calvino ha scelto per il suo apologo l’espressività e l’umoroso impasto
del dialetto napoletano, che dà soprattutto spessore all’affabulata narrazione
di racconti popolareschi che percorrono il testo…”.
Il Mattino – Franco de Ciuceis
“…costruita secondo un evidentissimo taglio metaforico. “La statua”, rivela con
inequivocabile mediatezza l’equazione storico-sentimentale con Napoli. La città
è immobile come la statua, fredda come il marmo(…), di possibili declinazioni
della similitudine tra la pietra inanimata e la pelle cristallizzata di una metropoli
che schiaccia i suoi figli nel brutale inorbamento del corpo e della mente…”
il Giornale di Napoli – Ruggero Cappuccio
“…un racconto fantastico, una fiaba, una metafora sul cui sfondo una Napoli sfumata e come
sognata diventa altro oggetto per un impossibile amore senile, in un acceso desiderio carnale
(…), nella quotidiana battaglia dei due barboni e sottende il racconto, città dolce e crudele che
trasforma in marmo il cuore di chi l’ama…”
la Repubblica – Giulio Baffi
“…questa settimana è di scena appunto ”La statua”, scritto e diretto dal giovane regista
napoletano, impegnato da due anni in spettacoli molto interessanti(…), originali protagonisti
della commedia sono due barboni, ai quali, in realtà, il teatro offre poche possibilità di
autorappresentazione…”. Roma- Luisa Basile
“…la Statua, ultima fatica dell’autore e regista napoletano Fortunato Calvino, è lo spettacolo
con cui si inaugura questa sera la rassegna ”I cortili del teatro”, organizzata nelle splendide
corti delle ville di Portici(…), lo spettacolo era già stato presentato, con successo al “Dionysia
festival” di Roma, un prestigioso appuntamento di teatro dedicato ai paesi del
Mediterraneo…”.
Corriere del Mezzogiorno- Stefano de Stefano
“…prende il via a Villa Piccolomini il “Dionysia Festival” una manifestazione incentrata
sul tema del fine millennio che ospiterà artisti da quei paesi dove più si è sentita l’influenza
islamica sulla cultura giudaico-cristiana. Apre il festival l’atto unico di Fortunato Calvino
“La statua”…”.
la Repubblica- Cecilia Cirinei
“…Calvino, per l’occasione rappresenterà l’Italia, sarà in compagnia di registi provenienti
da Spagna, Algeria, Armenia, Marocco ed Israele(…), del resto i temi sociali sono molto
cari a Calvino, che con “Cravattari” ha ottenuto importanti riconoscimenti…”.
Corriere del Mezzogiorno- Donatella Cataldi
“…la apertura de la muestra correspondiò a La estatua, escrita y dirigida por Fortunato
Calvino. En ella intervienen dos mendigos napolitanos, de los cuales, el màs viejo,
establece un vìnculo amoroso con la estatua de una mujer en los jardines de Villa
Comunale…”.
Primer acto – Miguel Angel Giella
“… from Naples comes The statue, about two tramps who fall in love with a statue of
Venus ; a curious mixture of bleakness and sentimentality, the play doffs its cap to
Beckett…”.
Financial Times – Anthony Everitt
“… la Statua viene portata in scena domani ad Amalfi, nel quadro della rassegna teatrale
“Scenari” con la direzione artistica di Alfonso Guadagno. Calvino, che ha sempre guardato
dal suo punto di vista autorale e registico, con un occhio sensibile alle tematiche riguardanti
l’emarginazione, tocca con questo lavoro, un mondo poetico che ha poco di reale, attraverso
una soluzione altamente surreale, tanto da sfiorare nel lirismo teatrale…”.
Senzaprezzo – Gianni Mattioli
“…oltre all’Italia dialettale della Napoli di Fortunato Calvino(in scena con “La Statua” interpretata
da Umberto Bellissimo, Rosa Fontanella e Enzo Pierro su musiche di Enzo Gragnaniello),
quest’anno abbiamo coinvolto, il Marocco, l’Algeria, Sirya…”.
Italia sera- Bianca Vellella
“…un’emarginazione sociale pressochè irreversibile, vissuta sullo sfondo di una Napoli degli anni ’90,
contraddittoria ed anarchica. Tra i due si stabilisce una rapporto estremamente violento e conflittuale,
la differenza di età, infatti, rende inconciliabile qualsiasi tentativo di relazionarsi. Il più anziano- nei
cui panni (o stracci) ritroviamo un Enzo Pierro impeccabile. Umberto Bellissimo ne ha ricoperto il
personaggio, caratterizzandolo con una robusta dose di cinica superficialità…”
Roma – Francesco Urbano
“…è un piacere parlare di teatro con Fortunato Calvino. Si finisce per ragionare sulla vita, che
costituisce la linfa, la fonte d’ispirazione primaria per l’esperienza artistica di questo giovane
regista-drammaturgo(…), ci piace ricordare che Calvino e Gragnaniello vivono entrambi, a pochi
isolati di distanza, nell’altra Napoli, la Napoli dei Qartieri Spagnoli che tanto spesso occupa spazi
di cronaca poco felice…”.
Enne- Nino Biccari