2° INCONTRO dei GRUPPI FAMIGLIA a Castello di Godego
22 Novembre 1998

DIALOGO TRA LA COPPIA E CON GLI ALTRI
COME PARTECIPAZIONE ATTIVA ALLA SOCIALITA’

Dr. Giovanni Scalera

Questo tema rappresenta lo spirito che dovrebbe animare tutto il nostro modo di esistere e di comportarci, in rapporto alla relazione uomo-donna ed alla relazione tra noi e gli altri.
Mi sono un po’ orientato immergendomi in quella dimensione che è propria della cultura classica filosofico-letteraria, ossia la consapevolezza di esistere. Quando qualcuno parla di "coscienza di sé", non parlo di coscienza interiore ma di coscienza sotto l’aspetto intellettuale, sappiamo che ci riferiamo a questa dimensione: la consapevolezza di essere vivi. Questo ci porta a considerare il noi in relazione agli altri ed il noi degli altri in relazione al gruppo.
Quali sono queste dimensioni?
- la consapevolezza di sé
- la consapevolezza dell’altro
- la nascita del gruppo

- la competizione (l’aspetto competitivo che anima qualunque forma di scambio, di rapporto o di relazione). Ci hanno sempre raccontato fin da quando eravamo bambini la stupenda storia di quella specie di mito, di leggenda che è scritta nel Genesi. Il Signore, appena fatto l’uomo, disse: "Non è bene che l’uomo sia solo". Il Signore Dio ci raccomanda di non rimanere soli. Anche nei libri sapienziali si trova la stessa espressione: " Guai all’uomo solo!, significa che la persona che vive da sola perde i connotati delle dimensioni della consapevolezza di sé, dell’esistenza dell’altro, della consapevolezza del gruppo.
C’è una cosa affascinante nel vivere in mezzo agli altri, e cioè nel momento in cui l’uomo si rende conto di non essere solo e di avere accanto qualcun altro, incominciano a venire fuori i problemi, quei problemi che dipendono dai confini (es. comando io, comandi tu / ho ragione io, hai ragione tu).
Questo modo di rapportarsi agli altri pone immediatamente l’uomo la dinamica della difesa perché viene messa a repentaglio la propria sicurezza.
Facciamo una distinzione in tre ordini:
- problemi
- bisogni
- desideri
Problema
è qualcosa che si pone e a cui bisogna dare una risposta attraverso una soluzione.
Bisogno, nella nostra dinamica, è rappresentato da un ricorrere in maniera abbastanza ciclica di qualcosa che si ripropone con regolarità.
Desiderio è l’esigenza che c’è in ognuno di noi di scoprire continuamente delle strade diverse. Secondo un’etimologia fatta da alcuni pensatori è l’esigenza di sperimentare da parte dell’uomo strade nuove, per cui l’uomo cerca sempre di raggiungere qualcosa che ancora non conosce o non ha provato.
Quando ci si incontra e si entra a far parte bene o male di un gruppo tutti questi aspetti della "turbolenza umana" vengono fuori.
L’uomo sta male quando è solo e quando inizia ad essere accanto all’altro tira un sospiro di sollievo, emette il grido di gioia come fece Adamo quando, svegliandosi, si trovò accanto la sua compagna. "Finalmente! Era proprio quello che cercavo! Non un cavallo, un albero ma una persona; volevo una cosa diversa, questa è proprio osso delle mie ossa, è della mia stessa natura".
Il grido di Adamo ha cominciato a dare all’uomo l’esigenza di organizzarsi e con l’organizzazione ecco i primi problemi. La conoscenza di se, la conoscenza dell’altro, la conoscenza del gruppo presuppongono quelli che noi comunemente chiamiamo "i percorsi esistenziali".
Cominciò Socrate un bel po’ di anni fa a dire: "Conosci te stesso!", ma conoscere se stessi non è una cosa facilissima, anzi conoscere se stessi è difficile. Noi conosciamo una parte di ciò che ci sta davanti e tendiamo a vedere degli altri ciò che noi vogliamo vedere. Ci tappiamo gli occhi invece tutte le volte che non ci piace, o per lo meno siamo portati a non voler considerare ciò che non ci è gradito. Io credo che ognuno di noi abbia fatto esperienza di "visioni emotive". Le emozioni ci portano a fare una selezione delle cose facendoci apparire giuste anche cose sbagliate e viceversa. Una partita vista da due tifosi delle due squadre viene vista in modo diverso da ognuno di essi. Per conoscere se stessi spesso ci immettiamo in strade che comportano grosse fatiche.
Entrare in se stessi per questo processo di conoscenza è arduo perché noi non possiamo stare di fronte a noi stessi, non abbiamo dunque il mezzo concreto per arrivare alla conoscenza di sé. Quando poi dobbiamo conoscere il gruppo ci troviamo di fronte ad alcuni aspetti che descriviamo con termini che ormai sono di uso comune.
Il primo di questi termini è il disagio. Il disagio è l’incapacità di stare al passo con gli altri. Quando parliamo di disagio ci si riferisce a quelle persone che automaticamente vengono emarginate o si emarginano quando c’è un problema. Sono persone che vanno alla deriva ai margini della corrente sociale., così come per conto proprio.
Ci sono anche i casi di anomia e di devianza.
Anomia è la situazione in cui le persone vivono al di fuori della legalità, della prassi usuale: senza regole, senza norme: le devianze ricorrenti in particolare nel mondo giovanile, ma che poi si trasferiscono anche in quello degli adulti. Il fatto stesso che in una famiglia gli adulti non si rendano conto che i loro figli vivono o viaggiano in situazioni di sofferenza, di disagio o di devianza sta a significare che manca qualsiasi forma di dialogo, che manca soprattutto la compartecipazione (il mettere insieme un problema che potrebbe essere facilmente risolvibile se esiste un po’ di buona volontà da parte di tutti). In questi percorsi esistenziali o terapeutici che siamo portati spesso a considerare vediamo che l’aspetto più importante è quello che ogni persona si faccia carico di una piccola forma di progettualità.
Sempre più spesso oggi le coppie si sposano senza il requisito fondamentale per un matrimonio: la gioia, che potrebbe anche essere chiamata amore. Amore e gioia sono due realtà inscindibili, purtroppo spesso in tante persone manca la gioia. Ci sono persone che decidono di vivere insieme o di sposarsi per motivi che non hanno niente a che fare con la coppia e con la sua progettualità. Ci si sposa per evadere dalla famiglia, per avere i propri spazi di libertà, per esercitare una sessualità in tutta tranquillità fuori da qualsiasi controllo o in un luogo più confortevole,... Se manca ogni forma di progettualità sminuisce ogni altro valore, gioia compresa.
In che cosa consiste questa progettualità? Non sicuramente nei propositi alla Pinocchio, che sono i propositi di molti diari di giovani: "Da domani basta!", "Da domani vita nuova!". Queste frasi denotano soltanto che si è stanchi di qualcosa, i nostri traguardi, i nostri progetti si possono invece raggiungere soltanto se noi ci proponiamo di fare piccoli passi (non i grandi passi). I piccoli passi sono quelli che portano lontano, con i grandi passi ci si stanca subito.
Se ci capita di incontrare una persona che vive davvero un disagio, non possiamo noi mettere ordine nella sua vita, sarebbe un abuso e sarebbe soprattutto un’azione che non aiuta. La vita è sua, se la deve mettere a posto da se,... "ma è una vita disordinata!". E’ come entrare in una stanza dove ci sono oggetti sparsi dappertutto, dove non si capisce più né capo né coda. Allora si invita a cominciare da una parte a fare qualcosa di poco conto purché sia fatto. Fare qualcosa tutti i giorni e non tornare indietro, solo così si riesce a dare un copro, un senso, uno scopo alla vita.
Invece si vede un’infinità di persone che vivono senza sapere esattamente che cosa vogliono fare e che cosa vogliono trovare.
Qui nasce l’esigenza d’incontro: l’uomo che mette ordine nella propria vita decide di andare incontro a qualcuno. L’incontro rappresenta una tappa della vita che non si dimentica più: Noi siamo soliti a festeggiare gli anniversari, ma se ci pensiamo bene gli anniversari sono sempre ricorrenze di qualcosa che è incominciato (una nascita, una conoscenza, un fidanzamento, un matrimonio). E’ sempre qualcosa che ha dato inizio ad una esperienza e che poi è piacevole ricordare.

Tra tutti gli incontri, quello della coppia è l’incontro più importante. Come nasce la coppia?
Possiamo vederlo secondo una visione antropologica, molto affascinante mettendo in evidenza tre momenti fondamentali, tre scadenze che nel corso dei millenni essa è diventata quella che è oggi.
In un primo momento la coppia si è distinta dalle coppie animali dal momento in cui ha capito che doveva sottomettere l’estro, la pura attrazione fisica. Gli animali hanno la stagione degli amori, l’uomo non ha una vera e propria stagione. Forse per ragioni di praticità, di difesa od altro si è cominciato a capire che l’estro doveva essere sottomesso alla volontà dell’uomo.
Il secondo momento avviene quando l’uomo, ereggendosi in piedi, ha compiuto lo spostamento dei segnali sessuali guardandosi faccia a faccia, uno di fronte all’altra.
Ma il momento più bello in cui l’uomo ha realizzato il salto di qualità è stato la nascita del linguaggio (terzo momento).Un teorico inglese dice che il passaggio grosso è avvenuto quando l’uomo è passato dai grugniti, i morsi, i graffi ad un linguaggio articolato che fosse capace di esprimere anche un sentimento. Inoltre l’uomo ha scoperto il linguaggio simbolico, il linguaggio sottile attraverso il quale egli è in grado di dire di una cosa che essa esiste. Attraverso situazioni che apparentemente erano contraddittorie e paradossali l’uomo è riuscito ad esprimere verità universali. In questo senso l’uomo ha dato una dimensione diversa al proprio linguaggio e si è scorporato di quelle realtà che venivano comunemente definite come falsificazione della realtà. Noi conosciamo questa falsificazione della realtà attraverso dei processi di simbolizzazione che vengono rappresentati soprattutto dall’arte e dalla poesia. Questo si realizza quando l’artista, falsando la prospettiva od i colori di un quadro riesce ad esprimere un sentimento che in altri modi non sarebbe possibile. L’animale non riesce invece a distinguere quelle che è realtà da quello che non è. Si possono usare delle espressioni concrete per dire ad un "tu" come egli è, e nello stesso tempo come vorremmo che fosse. L’architetto non si accontenta di costruire un tetto sopra la testa che fa da riparo, ma crea uno stile personale e bello; non ci si accontenta di mangiare per saziare la fame, ma si crea un’arte che dia soddisfazione, l’uomo non si accontenta di accoppiarsi per riprodursi ma ha bisogno di stare accanto a qualcuno. Ci si può innamorare e proprio la presenza dell’altro suscita la reciprocità dei sentimenti, e la parola veicola i sentimenti.
Sotto questo aspetto abbiamo molti pregiudizi, spesso giudichiamo le persone ancora prima di aver comunicato con loro, mentre non si può arrivare alla risposta senza aver prima ascoltato la domanda. Questi pregiudizi portano moltissime persone ad essere lontane da non riuscire a cambiare. Solo la parola può superare i pregiudizi e mettere l’io e il tu in contatto, in sintonia anche affettiva.
Quando noi ci rendiamo conto di esistere lo facciamo sapendo che io esisto perché esisti tu, non riusciamo a parlare se qualcuno per primo non ci ha parlato. Allora paradossalmente possiamo dire che esistiamo perché c’è una parola che ci fa vivi. Tutto questo va riferito alla coppia per continuare il percorso che porta verso una comunicazione che non ha solo lo scopo di trovare un’intesa tra due persone e di escludere automaticamente gli altri, o escludere tutte quelle realtà che potrebbero inserirsi nell’intimità di coppia.
Propongo una proiezione curiosa per esprimere il cammino di una coppia destinata ad incontrarsi o ad incontrarsi male. E’ una proiezione curiosa che mette in successione alcune lettere alfabetiche.
A = coppia che all’inizio è disgiunta, poi ha dei vincoli in comune dati in genere dal matrimonio, ma spesso il vincolo è rappresentato dalla presenza di un figlio.
H = coppia che si potrebbe definire a "binari del treno", una coppia che inizia in maniera disgiunta e per tutto il tempo del suo percorso non si avvicina mai più di tanto; è tenuta insieme da dei legami che sono piuttosto estranei a loro (figli, famiglie, aspetti economici,...), qualcosa che mette la coppia in contatto ma che non gli permette mai di assaporare il senso della gioia.
O = coppia che gira continuamente su se stessa fino alla morte.
S = coppia che vaga in cerca di felicità che non trova perché la cerca dove non c’è; cerca un traguardo più lontano di dove si trova, e rifiutando la realtà presente la rende vuota.
V = coppia che inizia molto unita ma ben presto si separa; è la coppia che troviamo molto spesso legata inizialmente dall’attrazione sessuale, attrazione che è spesso solo un anestetico di fronte alle difficoltà. L’intesa a letto non può cancellare le difficoltà che poi riemergono sempre in maniera dirompente (è come tirare fuori gli scheletri dall’armadio per rinfacciare continuamente gli errori l’uno dell’altro).
X = coppia che inizia distante, dopo un po’ di tempo si ritrova ma poi ognuno riprende la sua strada dopo brevi momenti di felicità.
Y = coppia che inizia bene, sembra unita ma dopo alcuni anni emergono difficoltà che sono fatte soprattutto di interessi diversi; persone che con il tempo scoprono l’individualità. Si inizia insieme, poi sopraggiunge la noia, non si ha il coraggio di fare scelte diverse, non si ha nemmeno il coraggio di fermarsi a considerare cosa succede perché preferiscono che questa situazione ristagni.
Accanto a questa proiezione letterale possiamo aggiungerne altre due: una letteraria ed una numerica.
La proiezione letteraria è quella proposta dalla nostra letteratura nell’immagine di un’infinità di coppie. Queste coppie rappresentano i tratti deboli dell’uno e dell’altra e forse mettono a fuoco le ragioni di tanti fallimenti. Ovidio ci racconta nelle "Metamorfosi" di Orfeo ed Euridice. Euridice è morta, Orfeo riesce a convincere con il suo flauto il guardiano del regno dei morti a rimandarla in vita. Plutone mette una condizione: "Non devi voltarti indietro". Orfeo non riesce a stare ai patti ed Euridice viene trasformata in una statua. Quante coppie non riescono a mantenere fede ad un impegno o a vivere la pazienza di attendere per voler anticipare tante esperienze!
La storia di Enea e Didone insegna che non si può decidere di non reinnamorarsi magari di un’altra persona. La storia di Romeo e Giulietta che non sono riusciti a scrollarsi di dosso il peso delle famiglie d’origine, non sanno lottare per scegliere la libertà, scelgono invece la morte comune. Lucia del Manzoni nel momento del grande dono d’amore fa il voto di castità, è come avesse detto: "Voglio così bene a Renzo che ci rinuncio per tutta la vita". L’amore se è davvero grande ha la gratuità totale, nel caso di Lucia però non sembra proprio, è piuttosto staticità e paura dell’ignoto.
Quanto si è detto fa capire quanto nella coppia il momento dell’incontro è più distante di quanto non possa sembrare a motivo della capacità e della voglia di trasformare la semplice relazione in qualcosa di più importante.
La coppia numerica. Quante volte abbiamo sentito dire: la mia metà.
1+1=2 in matematica, ma nel matrimonio ci sono molti modi di fare uno più uno.
1+1=2: ha come proiezione la lettera H, siamo due ognuno per la sua strada e con qualche legame
1+1=1: perché si diventa una cosa sola e si rischia la sterilità perché la coppia così ben unita si accorge ad un certo momento di essersi impoverita.
1+1=0: coppie belle all’inizio poi via via si annullano.
1+1=1 : la coppia elevata a potenza n è quella coppia in cui quello che mi manca mi viene dato dall’altro e anche se l’altro non me lo potrà dare, sicuramente mi fa sentire che io posso essere qualcuno, importante, con tutta la mia dignità. Elevarci a potenza perché la famiglia nel proprio nucleo è troppo stretta, bisogna quindi andare anche al di fuori, uscire allo scoperto incontro agli altri.

Una tribù indiana si tramanda una strana storia sulla creazione del mondo: il Creatore, dopo aver creato tutto disse tra se che le cose erano riuscite proprio come lui le voleva. Alla fine pensò di fare anche una creatura a sua somiglianza, perciò prese dell’argilla, gli diede una forma e poi parlò a ciò che aveva fatto. Dopo diversi, inutili tentativi di ottenere una risposta il Creatore alitò nella sua bocca, gli parlò e questi rispose.
L’immaginoso racconto ci può far capire che la relazione uomo-donna diventa una relazione in cui siamo gli interlocutori di Dio. Il presupposto è di una tale importanza e dignità da poter dire: " Ecco, a questo punto io posso anche uscire allo scoperto per diventare interlocutore degli altri".
In questo rapporto con gli altri dobbiamo chiarire due concetti: alterità e alienità.
Alterità: ognuno di noi diventa se stesso grazie alla presenza degli altri, l’io esiste perché esisti tu. Il fondamento della nostra esistenza è soltanto la reciprocità; noi esistiamo perché esistono gli altri, l’altro è l’essere che mi si rivela indipendentemente dalla mia intelligenza. Non c’è bisogno che io faccia qualcosa di particolare, mi si rivela così com’è. Io devo riconoscere l’altro per quello che è. Chi è l’altro? E’ il povero, l’emarginato, il bisognoso,...è comunque una persona che chiede che gli sia risposto ad un suo bisogno fondamentale.
Secondo una delle teorie i bisogni fondamentali sarebbero tre: essere manipolato, essere riconosciuto.
Essere manipolato, toccato da qualcuno che ci riesce simpatico, caro.
Bisogno di essere riconosciuto: non c’è umiliazione più grande per una persona di quella di essere ignorato; ma è fonte di gioia profonda accorgersi che una persona, a distanza di tempo e in luoghi diversi, ti riconosce. L’altro è colui che chiede di essere riconosciuto.
La scoperta dell’altro avviene attraverso i mille volti della verità. Non è un semplice catalogo in uomini e donne, bisogna arrivare alla scoperta dell’altro attraverso il superamento della solitudine dove si riesce a realizzare quella vocazione che è in ognuno di noi facendoci prossimo nei confronti degli altri. E’ qui che la coppia si dimostra 1 .
Opposto di alterità è alienità. L’alieno è la persona che non vogliamo. In questa nostra società non conosciamo più il senso dell’amicizia, della condivisione, abbiamo perso anche gli elementi fondamentali della solidarietà, manca addirittura la più elementare conoscenza del nome di persone che abitano lo stesso palazzo.
Le contraddizioni del nostro tempo, del nostro vivere oggi le possiamo chiamare paure fondamentali che ci portano a diffidare sempre e costantemente di chi ci sta intorno.
Troviamo poi mille giustificazioni che ci portano a fare la scelta dell’avere piuttosto di quella dell’essere. Essere cioè delle persone che vivono l’alterità, e avere dei beni materiali o altro che ci portano verso l’alienità. Abbiamo dei doveri che sicuramente arricchiscono un poco il nostro tempo che dovrebbero portarci a farci sentire che cos’è esattamente la solidarietà. Solidarietà è una parola che ora stiamo riscoprendo e viene da molto lontano. Una volta si parlava di solidarietà come di qualcosa che rappresentava un compromettersi per aiutare uno in difficoltà di denaro; pago un debito e quindi estinguo qualcosa. Solidarietà dunque è legarsi nel bene e nel male in solido a qualcuno che ha dei problemi. Ma c’è una forma di solidarietà che non è solo il riscatto, risarcimento indiretto, esiste anche la condivisione ed essa ci porta un po’ più lontani, più verso gli ultimi, gli sfruttati, gli oppressi, le persone del terzo mondo.
La chiesa lungo i millenni di storia ha creato le più grandi strutture di solidarietà: ospedali, scuole, istituti, monti di pietà, tutte strutture basate sulla solidarietà che poi sono diventate soltanto strutture vuote di significato ed hanno pure esonerato persone, coppie, famiglie a non occuparsi della solidarietà vera. Ora ognuno di noi può e deve prendersi le proprie responsabilità di alleviare e sollevare un pochino gli altri dai loro problemi. Così si diventa coppia 1+1=1 volte.