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4° INCONTRO dei GRUPPI FAMIGLIA a Vallà (TV)
16 Gennaio 2000

PUDORE E CONTROLLO DELLE IMMAGINI DI NUDITÀ
Iniziazione selvaggia della sessualità. La prostituzione: fenomeni culturali e sociali.

Don Battista Borsato (vedi anche Piccin_00_13.html)
Premesse e interrogativi.
Riflettendo su questo tema penso di proporre la seguente scaletta:
1° Come viviamo oggi il tema della sessualità "selvaggia", pornografia, erotismo, prostituzione? Come viviamo queste realtà in linea globale?
2° Vorrei soffermarmi sull’idea di erotismo, a cui è congiunta la pornografia. Vorrei cogliere qual è il significato, il senso di erotismo oggi. Il tema che vorrei approfondire è quello della prostituzione, visto che oggi ne siamo inondati, travolti sia nelle città che nei paesi e quartieri. Come vederla e come porsi?
3° La sessualità, l’erotismo in campo cattolico come è vista?
4° L’idea e il senso del pudore.

Dico subito che la mia riflessione vorrebbe essere un invito a riflettere più che a dare tutte le soluzioni.
Cerchiamo allora di chiarirci il senso dell’erotismo, del pudore, della sessualità per avere dei punti di riferimento. Sempre come premessa, oggi dobbiamo constatare che viviamo di fronte ad una grossa e continua provocazione o inondazione di "fatti erotici". Quali sono gli atteggiamenti di fondo davanti a questa realtà? Vedrei tre atteggiamenti contrapposti:

L’erotismo.
Vorrei che il discorso sull’erotismo fosse abbastanza "approfondito". Il vero senso di questa parola non ha un significato negativo come noi siamo soliti attribuire quando parliamo ad esempio di film erotici. Erotismo significa eros, attrazione, desiderio, piacere che sono realtà positive. Noi però ora lo intendiamo più nel suo senso negativo, come viene comunemente inteso. Per cogliere l’erotismo nel suo senso negativo, problematico riporto una definizione che si trova nell’enciclopedia europea dei francesi del ’71 (edita anche da Garzanti nel ’77): L’erotismo è un atteggiamento che privilegia le forme della vita sessuale in modo da proporle come valori assoluti. Ritengo questa definizione illuminante perché il corpo e la sessualità non sono visti negativamente. Cioè tutto sommato dice che l’erotismo privilegia, ossia c’è più accentuazione della sessualità che però rimane una realtà positiva. Dove sta il problema? Che assolutizza le forme come fossero valori assoluti. Quindi viene staccata la sessualità dalla persona. Una realtà positiva staccata dalla persona non giova più alla persona. L’assoluto è la persona, non il corpo e neppure l’anima: anima e corpo sono relativi alla persona. Qui c’è un punto, io dico, molto importante da cogliere: ciò che fa crescere la persona è valore, sia per quanto riguarda il corpo e lo stesso per l’anima perché tutto è orientato a far crescere la persona, a maturarla, a ingrandirla, a evolverla, a sprigionarla. Tutto ciò che serve alla persona per crescere è positivo, anche il copro, la sessualità, il piacere, … Questo vale anche per la coppia in campo morale ed etico. Ciò che fa crescere la coppia, che porta comunione, intesa di coppia: capirsi, dialogare, perdonarsi,… è valido. La norma ultima è ciò che fa crescere la persona è per la persona, ciò che fa crescere la coppia è per la coppia. Ci si può chiedere chi definisce i limiti di ciò che fa crescere la persona e ciò che può diminuirla? In questo campo lo può decidere solo la coscienza, se è una coscienza retta, illuminata che si interroga. Non ci sono leggi esterne che lo decidono oppure norme etiche. Le normative esterne devono esserci, esse sono regole su cui confrontarsi in modo che la coscienza si possa interrogare, ma alla fine è la coscienza che può discernere, che può decidere. Gesù di Nazareth si è posto contro la tradizione religiosa giudaica che pretendeva di definire il puro e l’impuro attraverso le cose e le leggi esterne. Quella religione stabiliva che c’erano cibi, sentimenti,…puri e impuri. Gesù invece disse che è dal cuore che escono le intenzioni cattive, prostituzioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo. È il cuore nuovo che fa cambiare la vita non le norme esterne. Un cuore nuovo, convertito fa nascere cose nuove e coglie cose nuove, e sa anche discernere dove sta il puro e l’impuro. La Chiesa non dovrebbe preoccuparsi di dare norme e di pretendere norme dal civile (dallo Stato), ma di cambiare il cuore. L’erotismo dunque s riveste di due valenze opposte: c’è la valenza della liberazione sessuale avvenuta in questi ultimi due secoli a partire dalle idee illuministe e c’è l’altra forma carica di negatività che vede la sessualità come un fatto proibito od al massimo legato alla procreazione.
Questo anelito di liberazione della sessualità, avvenuta in questi secoli soprattutto attraverso Freud, diciamo che va vista anche con perplessità. Oggi a livello dell’erotismo e quindi della pornografia ci sono due atteggiamenti presenti. Il primo popolare: la gente vuole oggi che vi sia libertà di pensiero e di atteggiamenti a tutti i livelli. Le norme restrittive del vestito o dello spettacolo che tendono a limitare sono viste come limiti alla libertà. Vige il criterio: faccio quello che voglio. Però in ambiente scientifico e professionale sta spuntando un altro atteggiamento, e non solo in ambiente cattolico ma anche laico. Si dice che la sessualità selvaggia crea più problemi di ingrovigliamento psicologico di prima quando la sessualità era tabù. I ragazzi e i giovani in particolare sono in qualche modo disturbati da questo tipo di sessualità selvaggia. Si pone perciò il problema di cercare il senso della sessualità. La sessualità è una realtà umana che domanda di essere espressa secondo le sue leggi interne, che vanno coltivate, colte e capite al di là delle barriere religiose. Le persone impegnate oggi in questo settore, anche di cultura laica, sono per dire: educhiamo i ragazzi alla sessualità, non per restringerla ma perché possa avere il suo senso relazionale.

Prostituzione.
È un luogo comune dire che essa è antica quanto il mondo. Invece dicono gli studiosi che ci sono dei popoli di cultura antichissima che non hanno avuto questa esperienza; è dunque un modo di dire che non ha riscontri scientifici. Dicono gli etnologi che la prostituzione nasce dentro società un po’ più complesse, meno rudimentali ed antiche, in genere più commercializzate.
Distinguiamo una prostituzione sacra ed una profana. La sacra delle sacerdotesse: secondo le varie epoche erano persone che attraverso la congiunzione con loro ci si congiungeva con il dio e questo diventava fecondità. Avvicinarsi a queste persone significava avere benefici da quel dio che servivano.
Quella profana invece è legata a qualche forma di compenso.
Nelle epoche greca e romana ci sono state tante forme di regolamentazione della prostituzione. Solone, (600 a.C.), già al suo tempo aveva regolamentato la prostituzione perché c’era il problema delle ragazze e dei ragazzi giovani. Anche allora c’era il problema dei minori da difendere e la salute pubblica da salvaguardare. Da sempre nel nostro mondo italiano, in particolare nei secoli scorsi, è esistito il problema delle malattie veneree, pensiamo oggi all’AIDS. Il cristianesimo, attraverso gli imperatori cristiani Teodosio e Giustiniano, si è posto sempre contro la prostituzione, pur non abolendola, senza vietarla ma cercando di dare un regolamento, certamente non l’hanno appoggiata.
Il problema si ripete oggi più che in passato diventando un cruccio per amministratori locali, polizia, …a causa della diffusa e sfacciata presenza di prostitute e prostituti di giorno e di notte. Si pone ancora il problema della salute pubblica ed in particolare di difendere i minori da questa dilagante realtà.
Si dice che la maggior parte di queste persone che si prostituiscono provengono da famiglie disgregate da un disordine familiare o da povertà. Oggi in particolare arrivano dai paesi poveri. C’è dunque la prostituta che lo fa per scelta e quella invece che è schiava di un sistema. Sappiamo che uno dei temi proposti da don Benzi per il Giubileo 2000 è quello della liberazione delle prostitute. Si dice delle prostitute, non dalle prostitute. Don Benzi è convinto che molte di esse sono obbligate a farlo e se dunque viene messa in atto un’iniziativa globale di sostegno molte di esse possono essere riscattate. Come in passato sono stati riscattati gli schiavi così ci può essere il riscatto di questa nuova schiavitù. Caritas ed altre associazioni, in maniera non declamata ma efficace, stanno lavorando per poter dare un appoggio a quelle persone che intendono venirne fuori. I cattolici credenti come si pongono e come si sono posti in passato di fronte a questo problema? Ci sono e ci sono stati atteggiamenti diversi.
Sia chiaro che in campo cristiano la prostituzione è e rimane una realtà negativa a tutti i livelli, sia quella sostenuta da ingaggio affaristico sia quella per scelta personale. Anzi il nostro Papa diceva che anche nel matrimonio, se lo sposo o la sposa va dall’altro soltanto per delle prestazioni fisiche è un atto adulterino, è una prostituzione. Dobbiamo pur sempre ricordare quanto diceva Carlo Carretto che anche l’atto di amore più spirituale è sempre bacato dall’egoismo della ricerca di sé nell’altro per il 50%. È bellissima la riflessione di Gibran proposta all’inizio di questo incontro dove Gesù dice alla Maddalena: "Gli altri ti guardano per loro stessi, mentre io ti guardo per te stessa". Guardare l’altro per se stesso e non per me, questa gratuità del cuore che viene progressivamente perché tutti siamo degli egoisti.
In campo legislativo, politico, statale però come ci si deve regolare? Qui abbiamo tre posizioni:

  1. La prima teoria che si rifà a S. Tommaso (1200), uomo grandissimo, teologo che dice: "Lo stato non può mai approvare il male, ma non può nemmeno eliminare ogni male morale". Deve praticare la tolleranza di alcuni mali morali, è il male minore. Si tollera perché se non si tollerasse sarebbe peggio. Però deve orientare verso forme diverse di comportamento. Sono discorsi che si facevano anche al tempo del referendum sul divorzio. É chiaro che il divorzio è un male da non approvare non solo da parte dei cattolici ma anche dalle persone di buon senso perché non si può approvare un rapporto di rottura. Però di fronte a questo dato di fatto lo Stato non può ignorarlo. Deve trovare un sistema per fare in modo che questa realtà tanto disastrosa possa essere regolamentata, ecco il senso della tollerabilità.
  2. La seconda teoria si rifà alla scuola di Salamanca, monaci Camaldolesi francesi (1700). Questa scuola ha giustificato la teoria della regolamentazione per due motivi. Perché la prassi degli Stati Pontifici l’ammetteva (dal 1400 in poi), perché si doveva salvaguardare la salute pubblica, e per lo scandalo pubblico all’esterno.
  3. La teza teoria. Il divieto giuridico. Moralisti come S. Alfonso Maria de Liguori (1787) ritengono che lo Stato debba proibire la prostituzione. Non potrebbe regolamentarla perché si darebbe spazio all’idea che la donna è oggetto di commercio.

Come conclusione non sempre lo Stato può agire in maniera aprioristica o radicale di fronte ai problemi etici. Aborto, divorzio, prostituzione sono realtà negative, da non approvare, ma da controllare e deve trovare delle vie più opportune se non per eliminare, almeno per lenire e correggere questi effetti negativi. Per quanto ci riguarda siamo chiamati a ricuperare il senso della sessualità. Essa, secondo noi cattolici, e credo comunque che corrisponda alla sensibilità presente anche nei non credenti, riteniamo sia oggetto di educazione. Con il tempo si sono delineate tre concezioni culturali:

Questa idea è presente nella Gaudium et Spes N. 49. Si dice che gli atti con i quali i coniugi si uniscono in casta intimità sono onorabili e degni, e compiuti in modo veramente umano arricchiscono la persona e favoriscono la mutua donazione. Ossia sono atti alimentativi dell’amore. Si dice ancora che questo amore coniugale viene espresso e reso perfetto in maniera del tutto particolare dall’esercizio degli atti che sono propri del matrimonio. Essi perciò sono un fatto importante nella relazione tra uomo e donna e non solo esprime amore ma lo rende perfetto. La sessualità certamente rimane luogo della procreazione, ma in primo luogo è luogo di relazione, è quella realtà che fa diventare la coppia. Se la coppia non è relazionata fra se stessa non deve neppure generare un figlio. La sessualità crea comunione, e quando crea comunione diventa una realtà positiva.

Il pudore
Con le seguenti cinque dichiarazioni vorrei tentare di chiarire che cosa è il pudore, che cosa intendiamo per pudore, qual è il senso del pudore.

  1. Oggi sembra che il pudore sia una realtà non apprezzata e non valutata. La trasgressione in campo sessuale sembra essere più segno di maturità, di libertà che non segno di virtù. Diciamo che il pudore viene eliminato ed escluso. Dove resiste sembra un retaggio della vecchia morale sorpassata o un tabù da vincere.
  2. Siamo stati educati a confinare il pudore nella lunghezza o meno dei vestiti o della quantità di parti corporee esposte. Certamente la disciplina comportamentale è importante ed anche oggi in alcuni luoghi sacri ci sono i guardiani delle gonne corte e camicette scollate. Il pudore però va al di là dei vestiti, tant’è vero che presso alcuni popoli il corpo può essere completamente svestito mentre le persone che si prostituiscono si vestono per attirare di più, per alimentare il desiderio.
  3. Chi vuol difendere il pudore non può farlo abbassando la sessualità e la corporeità. Nel passato la sottolineatura del pudore o la sua accanita difesa era sorretta da una concezione pessimistica della sessualità; in passato si consigliava di non usare il corpo e la sessualità perché cosa contaminata. Ecco allora che il mondo non credente ha eliminato anche il pudore. Si deve invece riscoprire che il pudore è la difesa, è la promozione della sessualità. Qualcuno ha definito il pudore custode della sessualità perché questa non venga abbassata ed infranta, perché non sia ridotta a merce ma rimanga forza relazionale. Alcuni ideologi francesi sostengono che quando manca il pudore il desiderio perde quella vivacità che fa sì che la curiosità venga suscitata e là dove viene meno il pudore la bellezza è degradata. Il pudore è il talismano che tiene l’amante presso la sua amata. Oggi nel mondo americano ed europeo sta decrescendo, sta sciogliendosi il desiderio sessuale negli uomini. Una volta solo la donna soffriva di frigidità oggi invece anche l’uomo. Quando si abbassa il tono del pudore si abbassa anche il tono della relazione e dell’attrazione.
  4. Il senso del pudore. È passare dall’essere guardati al guardarsi dentro. La persona che vuol essere guardata o solo essere guardata è una persona che si vende per farsi guardare ed attrarre, che mette la sua consistenza negli altri; e solo allora si sente importante. È un puro fatto commerciale, mercantile. Così la persona dipende dalle esigenze dell’altro, dalle voglie dell’altro, dalle sue attese, ossia diventa oggetto e perde la sua personalità. Il guardarsi dentro è conservare la propria consistenza, è imparare a piacersi più che a piacere, è trattenere il proprio mistero, è rispondere alle proprie esigenze. In questo senso il pudore appare come un essenziale elemento costitutivo della persona. Pudico è chi non si denuda non solo esternamente ma neppure internamente. Il pudore dunque è il rifiuto di presentarsi agli altri totalmente risolti nella propria identità, il rifiuto di essere visti o pensati dagli altri soltanto come corpo e non come persona. Dice Emanuel Mounier: "Il pudore esprime il fatto che tra la mia natura corporea, sociale oggettiva e la mia esistenza non vi è identità", cioè io non sono solo natura corporea ma molto di più. Il pudore esprime il timore della oggettivizzazione del corpo, dei sentimenti, e consiste nella resistenza quasi angosciosa che l’individuo pone per non essere inghiottito dagli altri o dalla società.
  5. Oggi si parla di pudore non soltanto a livello affettivo – sessuale ma anche in campo dell’informazione, della comunicazione, della politica. È importante oggi non lasciarsi invadere dagli altri nel campo affettivo come in quello informativo. Anche tra gli sposi la comunicazione deve essere pudica, deve cioè restare sulla soglia dell’altro, non voler invadere a tutti i costi, non voler "sapere" a tutti i costi. L’altro non è un sacco in cui versare le proprie confidenze a tutti i costi, a tutti i livelli, in qualsiasi tempo. Occorre stare attenti se quello che dico l’altro lo può sopportare. Occorre saper dosare, saper discernere quando la comunicazione è costruttiva e quando crea profonde crisi talvolta irrisolvibili.

Il pudore è un grande valore al quale educarsi non solo circa il tabù della sessualità ma per far crescere una relazione matura a tutti i livelli: sessuale, relazionale tra persone e tra popoli.

Vallà, domenica 16 gennaio 2000
Approfondimenti del relatore, dopo i lavori di gruppo

I giovani e la sessualità
Oggi c’è molto materiale pornografico facilmente disponibile per i giovani, specialmente attraverso internet. Un insegnante mio amico ha rinunciato all’abbonamento per un anno perché una volta è entrato per caso in un sito pornografico ed è rimasto sconvolto dal fatto che si possa accedere con tanta facilità: si entra e si invade spudoratamente, senza che lo si abbia richiesto. Oggi esiste tutto un commercio pornografico, e non solo nel campo della sessualità, ma anche in molti altri ambiti. In quello commerciale si deve vendere a tutti i costi (es. contratti bancari magari anche non molto convenienti, ma imposti dalla struttura della banca).
Non so se si possa dire che i giovani oggi sono meno morbosi; certamente se prendiamo un "affamato" la morbosità è più aggressiva. In passato, quando vigeva il tabù più assoluto, bastava una gonna un po’ più corta per accendere la morbosità. Oggi ci si scandalizza meno, e potrebbe essere un aspetto positivo. Il rischio è che manchino occasioni per far capire questa realtà senza negarla, per comunicare il senso positivo della sessualità che è strumento di relazione con l’altro.
Anche all’interno della Chiesa se si parlasse meno contro i mezzi contraccettivi e di più della grandezza del corpo e della sessualità come relazione, se si educasse a questa positività, si creerebbe una maggiore coscienza e si otterrebbe un risultato migliore di quello che si ottiene con i divieti e si educherebbero meglio anche i giovani.
Nell’approccio con la sessualità è diverso il comportamento dei giovanissimi e dei giovani.
I giovanissimi, dai 14 ai 18 anni, sono portati a fare molte esperienze anche in campo sessuale. I giovani, dai 18 anni in su, cominciano a pensarci; in particolare le ragazze si chiedono: che senso ha, posso vivere la mia vita in questo modo, senza una regola, di qua e di là, con uno o con un altro? Oppure tutto ciò ha un senso? Ecco il risveglio. Le esperienze precedenti non vanno sicuramente incoraggiate, ma vanno accettate come sbagli. L’educatore non deve stroncare, maledire, condannare impietosamente la persona ma richiamare a riflettere sull’esperienza fatta per maturare dei rapporti duraturi, che abbiano un senso.
I giovani quindi avvertono che non si può vivere in maniera selvaggia, che la sessualità tende verso una relazione stabile, e questo diventa un fatto positivo. Essi si accorgono che l’amore è prima del corpo, al di sopra di esso, coinvolge il corpo ma non si riduce al corpo. Se noi trasmettiamo questo senso positivo i giovani lo capiscono. L’amore si nutre del corpo, ma non è solo corpo.
Il corpo è assorbente, dando troppa acqua al corpo si secca l’amore perciò il corpo deve essere dominato e non dominare. I giovanissimi devono essere aiutati a riscoprire i sentimenti affettivi, contrastando la visione del corpo mercificato. Le canzoni degli anni ’60 erano ricche di sentimenti, quelle moderne molto meno. L’uomo deve essere uomo di sentimenti, di emozioni interiori e non solo fisiche. I ragazzi avvertono i valori dell’amicizia, del sentimento, dell’emozione, della meraviglia, anche al di là del corpo.

Il problema della coscienza
Dobbiamo credere alla coscienza.
Coscienza non è "faccio quello che mi sento di fare", inteso puramente come sentire emotivo. La coscienza si chiede "faccio bene o faccio male, mi giova o non mi giova, mi costruisce o no?". Mi impone di riflettere. Il problema è che oggi non si pensa più. Prima di tutto ci devo pensare io, perché uno che scava dentro di sé e vuol vedere se questo gli giova o non gli giova per la vita di coppia, fa già un passo importante.
Dice il Card. Martini che oggi non si può più distinguere più tra credenti e non credenti, bensì tra chi pensa e chi non pensa. Un credente deve prima di tutto pensare e capire se per lui è giusto o non è giusto. Poi si deve confrontare con il partner, moglie o marito, sposo o sposa. Se si confronta con un gruppo meglio. Meglio ancora se si mette in ricerca con dei libri, con teologi o con maestri della chiesa, … Ma prima di tutto si deve riflettere. Ecco che "coscienza" non significa seguire gli impulsi, sarebbe il dominio da parte dell’istintività, invece è fare ciò che si è pensato. Così è già molto, poi viene il confronto con l’esterno che ci può illuminare e prima di tutto il confronto in coppia. Non solo di fronte alla scelta dei figli, anche per chiedersi com’è il rapporto di coppia, com’è il dialogo, se è sufficiente, com’è il modo di esprimersi della coppia, come si vive il sesso, se è una forma di possesso o di dono, se è un fatto di pretesa o di comunione. Da tutto questo nasce e si costruisce la coppia.
Noi invece siamo reduci da una forma di spersonalizzazione della coscienza: era tutto chiaro dall’esterno, in quanto c’erano l’etica, le norme, i documenti.
Prendiamo per esempio una coppia, fedele agli insegnamenti della Chiesa, non consuma rapporti sessuali perché non può usare i metodi naturali e la Chiesa proibisce i mezzi contraccettivi. Dopo 10 anni di astinenza, si crea un clima di freddezza e rassegnazione perché è anche il corpo che alimenta la relazione, che porta la coppia a separarsi. Nell’altra vita Dio domanderà loro:
- "Il tuo matrimonio come è andato?"
- "Male, perché ho ubbidito al Papa ed ai documenti della Chiesa che proibiscono i mezzi anticoncezionali, e non potevo usare i metodi naturali".
Dio risponderà:
- "La tua coscienza dov’era?" Viene prima il Papa o la tua coscienza?
Tutti i maestri della Chiesa dovrebbero aiutare la coscienza a ravvivarsi, non a mettersi al di sopra della coscienza. E’ giusto che il Papa parli dei metodi anticoncezionali, perché solo così ci si può confrontare. Ma sta sempre alla persona fare le scelte più opportune per vivere meglio la comunione. Confrontandosi, certo, non snobbando il Magistero il quale comunque non dirà mai l’ultima parola.
La non unitarietà di indirizzo che può provenire da più voci della Chiesa può disturbare, ma può essere intesa anche come ricchezza di possibilità di confronto tale da permettere alla mia Coscienza di svilupparsi.

La comunicazione di coppia
Ogni coppia ha un suo cammino, un suo percorso, un suo vissuto.
Non credo che tutto ciò che si fa, si debba dire subito al proprio sposo o alla propria sposa. Occorre misurare fino a che punto l’altro riesce a sopportare.
Un esempio: la moglie ha rivelato al marito (sposati da più di 10 anni) di aver avuto un rapporto con un altro uomo. Il marito non ha sopportato questo fatto e si sono lasciati, perché nella mentalità del marito c’era fissa l’idea che quando uno specchio è rotto, è rotto per sempre. Se lui non lo avesse saputo quella coppia avrebbe potuto benissimo andare avanti. Si deve parlare semmai quando ci si accorge che la situazione non è più sopportabile oppure quando non si riesce a vincersi e si chiede perciò aiuto all’altro. Ma se la faccenda è già chiusa, risolta, perché mettere il dubbio nell’altro?
E se poi l’altro perderà la fiducia pensando che rifarai ancora quella mancanza? Perché scaricare su di lui un segreto che tu non vuoi sopportare?
Dobbiamo misurare quando è giusto dirlo e quando non è giusto per non far soffrire oltre misura persone che non devono soffrire. Se il discorso non è superato e tu vuoi chiedere una mano per superarlo è giustissimo. Ma se il discorso è superato e l’altro non può sopportare tu devi il pudore di valutare. Si può sbagliare valutazione, ma almeno ci si è posto il problema.
Non si può entrare dentro l’altro con le proprie confidenze senza saper se l’altro le può in quel momento sopportare perché magari sta poco bene, è ammalato…o per altri svariati motivi.
Altro esempio: un medico si è innamorato di un’infermiera, hanno avuto un bambino da due mesi. Lui le confida che è innamorato di un’altra ragazza. Questa infermiera, già debole per aver appena avuto un bambino, è rimasta schiacciata dal peso di quella rivelazione. Aspettare, saper attendere il momento in cui se ne possa parlare, ma con un po’ di delicatezza, di pudore. Non significa essere insinceri. Anche nella comunicazione e nel dialogo della coppia ci vuole il pudore: quando dirlo, come dirlo, se dirlo. Non perché vogliamo riservarci un nostro segreto. Ma per valutare se la coppia può crescere in quel modo o si allontana e si inaridisce.
A volte anche fra laici e preti manca il pudore quando le accuse e le parole feriscono, abbassano la persona in maniera incredibile. Anche Geremia diceva: "Signore correggimi ma senza ferirmi". Avere il pudore, la bontà di non ferire. Cogliere l’altro nel modo giusto, perché possa sopportare ed essere incoraggiato.

La tolleranza
C’è una morale personale e c’è un’etica statale, pubblica. Non si possono accavallare. Non sempre l’etica personale deve essere anche l’etica statale. Noi possiamo essere convinti che non divorzieremo perché non crediamo nel divorzio ma lo Stato ha a che fare con tante persone con idee diverse, alcune di queste divorziano. Lo Stato deve coordinare un male perché ci siano effetti meno negativi. Ci sono già tante coppie che vivono come concubini, cosa può fare lo Stato, per loro e per i loro figli, pur avendo come idea che il divorzio è negativo?
Perciò la tolleranza non è tolleranza sul principio. Nel ’74 ci sono stati grandi fraintendimenti, perché certi preti, come certi laici impegnati, hanno votato "No", mentre la Chiesa ufficiale si schierava per il "Si" per togliere la legge abortista. Alcuni hanno votato "No" (es. Carlo Carretto), per non imporre la propria morale cattolica su tutti gli altri perché lo Stato deve essere attento alla laicità delle persone e delle coscienze.
La prostituzione è una realtà negativa a tutti i livelli, però lo Stato deve fare i conti con una realtà che esiste. Come comportarsi? Con il senso dell’abolizionismo oppure con la tolleranza? Io personalmente non accetterei le case chiuse, dove si legalizza il commercio del corpo delle persone. Però ci possono essere situazioni ambientali, o di altri popoli, o di altre culture, in cui esiste un cammino verso un principio che passa attraverso la tolleranza. La Bibbia ne è un segno: Dio ha permesso la poligamia e attraverso un cammino educativo, progressivo si è arrivati alla monogamia. Ci sono popoli in cui esiste ancora la poligamia oppure dove i rapporti prematrimoniali sono di norma perché segno di fecondità. Cosa facciamo? Imponiamo la nostra morale di punto in bianco o tentiamo una progressività educativa verso un principio giusto?

Una sintesi di questa relazione è stata pubblicata come DOSSIER sul n.33 di GF.
Per leggerla cliccate qui: anno2000/Dossier33.htm