6° incontro dei Gruppi Famiglia nel Vicariato di C. di Godego a Vallà
01 Aprile 2001

Genitori non si nasce ma si diventa
I figli crescono parlando con noi… e fanno crescere.

don Pino Pellegrino
Cerchiamo di fare un conversazione seria, ma non troppo. Iniziamo con la trovata di una bambina di quattro anni che dice alla nonna:
"Nonna chiudi gli occhi!"
"Perché devo chiudere gli occhi?" - chiese la nonna.
"Sì nonna! - replica la bambina – Perché quando tu chiuderai gli occhi la mamma dice che noi diventeremo ricchi."
Che c’entra con quanto stiamo dicendo? Perché vorremmo approfondire l’argomento della comunicazione, cioè su come parlare ai figli e con i figli. Oggi viviamo nel mondo della informazione ma non della comunicazione, e non comunicare con i figli è non educarli.
Per educare noi abbiamo tre vie.
La via del dire, la via del buon esempio e la via dell’amore.

[Dire, fare, baciare = educare]
Di queste tre piste la più importante, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, è la via della parola. È vero che l’esempio è importante, ma noi dobbiamo spiegare ai figli perché ci comportiamo in un determinato modo. Se noi non spieghiamo perché andiamo a messa, i ragazzi diranno: vanno a messa perché a loro piace o perché gli è saltato in testa quel ghiribizzo! Se noi motiviamo, solo allora il nostro esempio viene trasmesso nella sua pienezza. Allo stesso modo non basta amare il figlio, bisogna anche spiegare perché lo amiamo in questo modo oppure perché lo castighiamo. Anche il castigo fa parte dell’amore. La parola è la via educativa che noi abbiamo in assoluto, perciò bisogna imparare a parlare perché la parola è una grossa opportunità se la sappiamo maneggiare bene. La parola è più pericolosa di tutti gli altri mezzi che Dio ci ha dato. Ci sono parole che ti abbracciano e parole che ti ammazzano.

[Parole carezza e parole killer]
Tutte le parole possono avere una doppia faccia: luminosa o tenebosa, basta saperle usare.
Racconta un curiosa storiella che quando il buon Dio decise di creare il mondo tutte le lettere dell’alfabeto si offrirono per essere adoperate in questa grandiosa opera. La lettera A disse: "Io sono l’iniziale di amore, prendi me per creare il mondo, che cosa c’è di più bello dell’amore?" Dio ci rifletté un momento, poi rispose: "È vero, però sei anche l’iniziale di arma, non sei adatta. Venne la volta della lettera B: "Io sono l’iniziale di bontà"… "Ma sei anche l’iniziale di bomba". C come carezza, ma anche come calunnia. D dolcezza ma anche danno…. T tenerezza o tradimento. Nessuna parola era buona in assoluto. Ogni parola aveva un aspetto positivo ed uno negativo, quindi la parola è sempre un’arma a doppio taglio. Noi dobbiamo scoprire il valore pedagogico della parola, ossia il suo valore educativo.
Proviamo ora ad approfondire il tema del potere della parola e di come,dove,quando parlare.

I poteri della parola
La parola ha almeno sei poteri:

  1. La parola ha il potere immediato di rendere felice o infelice una persona, ha il potere di cambiare immediatamente il suo stato d’animo. Se si dice ad uno: sei meraviglioso!, questo si sente felice, al contrario: sei un idiota!, quello ha il sangue che gli sale alla testa. La parola fa cambiare il mondo dei sentimenti in modo istantaneo.
  2. La parola ha il potere di far cambiare l’aria in famiglia. Basta per un certo periodo usare in famiglia solo parole belle, calde, affettuose e il clima familiare si trasforma automaticamente. Questo esperimento è stato fatto in una scuola dallo psicologo Leo Buscaglia.
  3. La parola è tanto potente da far decidere il destino di una vita. Lo ho sperimentato da insegnante quando dicevo ad uno studente: saresti un bravo psicologo, un bravo avvocato,… la persona più di qualche volta ha seguito quella strada.
  4. La parola da al bambino la prima identità psicologica. Fa la prima fotografia del suo io. Il bambino fino a due anni e mezzo non sa di avere un io, è tutto inglobato negli abbracci dei genitori. Ma a quell’età comincia a dire "IO". Però non sa ancora che tipo di IO abbia, se è bello, simpatico,… Il bambino pensa di essere quello che noi gli diciamo che è. Sei buono, sei cattivo! Sei bello, sei brutto! Sei intelligente, sei stupido!
    Noi costruiamo la prima identità psicologica del figlio grazie alla parola e certe cicatrici psicologiche fatte da piccoli rimangono per tutta la vita. Se un bambino di tre anni si sente sempre dire che non vale nulla, si convince di non valere. Più grande alle medie od alle superiori non si esporrà mai perché è convinto di non essere capace, di non poter fare. (Dialogo tra bambini: "Come ti chiami?" "Adesso mi chiamo Luca, ma fino a due anni fa mi chiamavo zitto!"). È molto importante dare una buona identità al bambino e la si da attraverso la parola. Non va bene neppure dare una falsa identità, esaltandola troppo.
  5. La parola ha il potere di trasmettere idee e valori. Per insegnare il valore del ringraziamento basta insegnare a dire grazie, così per il valore della pace,… Ogni parola evoca un pensiero, ecco perché bisogna tirar fuori tante parole dal vocabolario. Oggi certe parole non si usano più, come: dovere, sacrificio, rinuncia e automaticamente vanno perse le idee. La parola è la prima forma di allattamento psicologico. I dittatori come Stalin, Mussolini per prima cosa purgavano il vocabolario delle parole che rappresentavano un disturbo. Ad esempio in Russia non si diceva la parola fratello, sapeva troppo di Vangelo. E più di recente la legge che permette l’aborto usa parole pesate, non si parla di maternità ma di gravidanza, non si parla di bambino ma di prodotto del concepimento, non si parla di aborto ma di interruzione di gravidanza.
  6. Il mondo è cambiato per un mazzetto di parole, quelle appunto del Vangelo.

  7. La più importante come valore pedagogico, perché la parola riesce a far succedere dei fatti interiori. Le armi possono vincere ma la parola convince. Che cosa è educare? È appunto far succedere dei fatti interiori, è persuadere, è convincere. Esempio religioso. Non basta dire al figlio: va a messa, gli si deve anche spiegare perché è bene andare a messa; altrimenti egli può ubbidire ma la sua presenza alla messa non gli servirà a nulla. Convincere i figli a non tenere certi atteggiamenti, a non compiere certe azioni; se queste idee penetrano nella loro mente, si può dormire abbastanza tranquilli anche se frequentano la discoteca, o qualche ambiente che non è il massimo.

Quando parlare.
I Mussulmani hanno una curiosa abitudine. Quando nasce un bambino il papà prende tra le braccia il neonato e gli sussurra prima in un orecchio e poi nell’altro: "Maometto è grande, Dio è il solo Dio, vieni alla preghiera, vieni alla benedizione." Il papà parla subito al neonato!
Prima che un bambino nasca l’unico rapporto con l’esterno avviene attraverso l’udito. Una psicanalista insisteva di parlare subito al bambino subito appena nato perché capta qualcosa. Dirgli la contentezza che sia arrivato, che il mondo è bello,… il bambino è un essere di linguaggio. Parlare durante la sua infanzia. Questi sono gli anni in cui il bambino impara più parole di uno che va all’università. Il bambino parla se qualcuno gli parla, non se guarda la televisione perché la televisione non permette il dialogo. Dicono gli studiosi che un bambino di cinque anni che guarda troppa televisione parla come uno di quattro. A quell’età è solo un anno ma poi il divario aumenta enormemente col passare degli anni. È più opportuno parlare verso l’ora di cena perché è il momento più intimo, non tanto al mattino.

Dove parlare
In cucina attorno al tavolo, tra tutte le stanze è il posto più aggregante, è il posto della mamma, a televisione spenta. A tavola si può educare di più che non in mesi di scuola. Parlare della giornata, delle cose positive fatte, delle cose interessanti vissute. Una delle cose che piacciono ai bambini è sentire come papà e mamma si sono incontrati, come è avvenuta la cerimonia del loro matrimonio. Oppure parlare di lui quand’era piccolo.

Come parlare.
Due operazioni importanti: setacciare le parole, confezionarle bene.
Selezionare le parole mettendo da una parte quelle che non si devono dire mai e dall’altra quelle che useremo sempre. Si tratta di non usare quelle parole che assomigliano alle armi, adoperare invece le parole farmaceutiche, vitaminiche. Non parole sassi in faccia ma parole carezze.
Un ragazzo delle Marche, Marco di 13 anni, era lo zimbello di tutti; solo il nonno gli voleva bene. Quando il nonno morì, dopo sei mesi egli si impiccò in cantina. Non aveva più nessuno che gli dicesse parole buone.
Gli adolescenti sono sensibilissimi ai giudizi sul loro corpo!
Tutti, chi più chi meno abbiamo detto e ricevuto parole killer, purché non ci siano solo quelle! Le parole da buttare sono in particolare quelle che esprimono giudizi definitivi: nessuno ti sposerà mai…me la lego al dito…
Sartre, filosofo francese, ha scritto un bel dramma che ha come tema un fatto reale, un ragazzino sorpreso a rubare e da quel momento tutti lo chiamarono ladro ed è diventato davvero un ladro.
Passiamo alle parole dolci e delicate: bravo e meglio ancora sarebbe dire bene, hai fatto bene così non si esprime un giudizio. Se si dice sei un tesoro andrebbe messo in cassaforte ma così non lo lasciamo vivere, è meglio dire: hai fatto un buon lavoro.
Non basta selezionare le parole occorre anche confezionarle bene. Presentarle in modo bello. Anche se le parole sono buone, dette male, da arrabbiato perdono il loro valore.
Ci sono cinque modi negativi di presentare le cose e cinque positivi, due sono meravigliosi.

[Cinque modi male-detti di parlare]
Il modo torrenziale: muoviti, sbrigati, fa in fretta,…questo modo di parlare soffoca, non si deve abbondare di parole. È come se mentre il marito guida, la moglie continuasse a dirgli: gira, fermati, stai attento,…quello la manda a quel paese. Perché in Italia si trasgredisce tanto la legge? Perché ce ne sono troppe. Noi abbiamo 150.000 leggi mentre in Francia ne hanno 5.600. Le parole sono come i raggi del sole, più sono concentrati più bruciano, non abbondiamo di parole, il bambino si stanca e si irrita. Se sta giocando si deve dare il preavviso per farlo smettere. Occorre dare segnali chiari al figlio: lascia stare il coltello, taglia; non attraversare con il rosso, è pericoloso; ha già capito, lo si può dire al massimo due volte. Il bambino si fa ripetere le stesse cose fingendo di non capire perché almeno così la mamma lo guarda, si accorge di lui: è più opportuno allora tagliare corto e poi parlare con lui di altro.
Il modo frontale: devi fare così, devi fare colà. Questo linguaggio urta perché lo si considera un incapace di gestirsi, un minorato. Le prediche sono antipatiche, ecco perché "…mio padre è uno stress, un antipatico, continua sempre a dire le stesse cose!" Le prediche vecchio stile dei preti sono fatte in modo frontale. Un ragazzino diceva: "Quando la mia nonna entra in casa, la prima cosa che dice è: soffiati il naso".
Non parlare in modo urlato. L’urlo può scappare ma non è da saggi urlare. Se capita ogni tanto può anche andar bene ma abbondare nelle urla è inutile. Il ragazzo si abitua e l’adulto si fa del male ai polmoni e svilisce il valore delle parole che così perdono di valore. Quelle che si sentono meglio sono appena sussurrate. I ragazzi non amano l’urlo perché eccita.
Qualche volta l’urlo è accettabile purché sia comune. Un tale diceva che la famiglia è quella istituzione dove si può urlare a turno, tutti però! C’è un po’ di baraonda ma la vita di famiglia è sana.
Parlare in modo definitivo: sei il solito stupido!, sei imbranato! Sono parole che bloccano, parole francobollo, parole catalogo.
Non è giusto far sentire finito uno che è appena all’inizio della vita.
Parlare in modo farisaico come fa chi predica acqua e beve vino. I ragazzi sono severissimi a proposito della coerenza, severissimi quando giudicano ed amano che papà e mamma siano coerenti.
Quando si parla in modo farisaico le parole hanno senso, ma non hanno efficacia.

[Cinque modi bene-detti + due]
Parliamo senza salire in cattedra. Quando parli con un bambino siediti per terra, significa mettersi sulla stessa lunghezza d’onda, non sei grande davanti a lui e quindi puoi andare a toccare il modo di pensare del bambino. Vuol dire parlare in modo da farsi capire, guai parlare come si parla con gli adulti. Quando si parla con un bambino dobbiamo tenere conto che lui ha un modo di pensare tutto suo. Se non si fa così, si trasmette l’idea che parlare vuol dire non farsi capire.
Certe domande dei bambini su Dio, sulla morte non hanno bisogno delle risposte che si danno agli adulti, sarebbe un parlare superiore alle loro forze.
Tante frasi della dottrina cristiana trasmesse nel catechismo vengono travisate dai bambini: Vi adoro à via d’oro. Rimetti i nostri debiti à mette di nuovo i debiti che ha tolto,… La catechista dice che Dio c’è ma non si vede ed il bambino commenta: "Adesso ho capito chi apre le porte del supermarket".
Pista del racconto. Per non sbagliare è molto indicata la pista del "racconto". Raccontare è mettersi sulla stessa lunghezza d’onda perché il bambino ha un modo di pensare visualizzato; le parole devono essere cariche d’"immagine".
Ecco perché le fiabe piacciono tanto ai bambini, perché passano davanti ai loro occhi. Il linguaggio allora diventa concreto a misura di bambino.
Pista dei paragoni. Dio è come un papà. à Un papà abbraccia = Dio abbraccia. Il bambino è il mago del "come". Nel libro "Parole colorate" ci sono mille paragoni, poi ci sono i "come" della Bibbia: Dio è come il mandorlo,…
Il bambino si esprime così: "La mia mamma è come i pompieri, appena la chiami arriva subito; la mia nonna è come un aspirapolvere fa sparire tutto." Essere sulla stessa lunghezza d’onda vuol dire anche ammettere di aver sbagliato. Un giorno quando sarà cresciuto saprà ammettere di sbagliare, e saprà chiedere scusa.
Tuttavia non bisogna chiedere scusa al figlio troppe volte perché finisce per convincersi che sbagli sempre e quindi ti conviene cambiare mestiere.
Parlare con il tono giusto. Di solito le mamme sono migliori dei padri ad avere il tono giusto. Il tono è molto importante. Si dice che il bambino apprende circa il 40/50% dal tono e dai gesti che si fanno. Solo il 10% lo capisce dalle parole.
Il tono non è il volume di voce, non è il timbro ma un modo di dire che rivela la tua partecipazione, il tuo calore, la tua convinzione, il tuo stato d’animo.
Non parlare in modo freddo, aggressivo, distaccato. La mamma che con il tono giusto parla di sesso sa far accettare tutto in modo molto naturale; se per la mamma è naturale, per il bambino è altrettanto naturale. Anzi riesce a trasmettere anche la bellezza della sessualità.
Parlare in modo indiretto. La mamma chiede al papà: "Che ti pare del film che abbiamo appena visto, ti piace?" "Si e no! C’erano troppe parolacce e scene violente!". Tutti hanno sentito, anche il bambino, se vuole apre al messaggio che non era diretto a lui, ma scambiato tra i genitori.
È un metodo utilissimo perché non fa mai male a nessuno.
Quando senza preavviso si lascia cadere una frase in modo spontaneo il ragazzo conclude: i miei genitori la pensano proprio così!
Il modo umoristico. Parlare mettendo la situazione in tono allegro. Il marito dice alla moglie che fuma: "Sai, cara, questa notte ti ho sognato!" "Ah, sì! E com’ero?" "Come un mozzicone!". Il modo simpatico di dire le cose fa passare i messaggi più del modo serio.
Parlare convincente, provando, motivando. "Non toccare il fuoco perché brucia; lascia stare il coltello perché taglia, andiamo a messa perché è bene pensare anche all’anima."

Due modi stupendi per parlare: coccolare – ascoltare
Dirlo con le coccole è parlare come parlava Gesù. Tutti i bambini hanno bisogno di essere coccolati. Oggi non si coccolano tanto i bambini, li si vizia. Chi coccola non sbaglia mai.
Ascoltare. I nostri ragazzi hanno bisogno, hanno una voglia matta di essere ascoltati, sentiti. Lasciamoli sfogare. È vero che occorre talvolta molta pazienza specie con i più piccoli che stentano a formulare il pensiero. Ascoltare un bambino significa dirgli: tu mi interessi, io voglio darti una mano. Ascoltare non vuol dire solo sentire i figli. Tutti sentono ma pochi ascoltano. Il sentire è un fatto di orecchi, ascoltare è un fatto di cuore. Il bambino si accorge se sei distratto.
L’esperienza di coppia ci insegna che un marito si accorge subito se la moglie lo sta ascoltando o se stira e corre dietro ai suoi pensieri, oppure se il marito è incantato davanti al video mentre lei parla.
Ascoltare è come abbracciare, gli abbracci non si dimenticano. Si dimenticano le parole ma non gli abbracci.
I figli ricorderanno sempre di aver potuto parlare con papà e mamma, e si sentiranno fortunati, si sentiranno bambini ed adolescenti felici.