Charming




Primi anni novanta, costa est degli Stati Uniti.
Siamo a Charlottesville, Virginia. Si narra tal Ravi Krishnaswami, giovane arrangiatore e musicista, armeggiare nel proprio garage, allestito a sala d'incisione con tre amici, Chris Garvey al basso, Dave Sherwin alla batteria e Nicole St. Clair Stoops alla voce. Assieme formano un gruppo musicale e il nome che si danno è Charming, è il 1994.


Lì a breve il quartetto inizierà a farsi notare con i propri live acts in virtù di travolgenti e accese canzoncine, basate su “limber guitar arpeggiations“, della stessa pasta degli Tsunami dello storico “Deep End”, di Blake Babies e Velocity Girl, ovvero le maggiori female fronted band statunitensi dei primi anni novanta.


Durante lo stesso '94 è pronto a uscire l'Ep “Ritual”. Nei propri sette brani (da “Radio” a “Throwaway”), esso svela una corposa anteprima del venturo Lp, in allestimento.
Sono stati accostati alcuni colleghi come Bis e Girlfrendo. Ma non reggono: troppo spiritosi e pischelli i primi e più civettuoli i secondi, oltre che posteriori di qualche stagione rispetto ai virginiani.

L'arte pop di Charming resta invece, decisamente più velata e ineffabile, sottile e timida. Quando si svela, si concede per frammenti, resta imperscrutabile, fuori fuoco, si vede e non si vede.
La virtù, il segreto, sta forse anzitutto nella qualità di una voce completamente irretente e inespugnabile, quella della fosca Nicole. Poi anche nel timbro dei pezzi, smanioso e svagato, colloquiale e quasi occasionale.


“Giant”, album d'esordio di Charming, vede la luce nel 1997 per via Twee Kitten, l'”insanely cute twee pop label” spesso appoggiata a colleghi popolari (come Shelflife) e responsabile delle pubblicazioni di Bearsuit, Harper Lee, Orange Peels, Club 8, e tanti altri astri indiepop.
Questo quartetto rinnova un mix spiritato e avvenirista di testi problematici e di armonie squillanti, translucide e persino isteriche, desunte dall'arte di Juliana Hatfield, di Kristin Hersh e Tanya Donelly.
Si respira la psichedelia pop di Throwing Muses, ma a tratti s'intravede persino la serenità arcadica di una Vashti precipitata nel mezzo ai '90, che dismette i panni hippie folk, si lega i capelli mettendosi appena un pò in tiro per il palcoscenico.

“Giant” è la perfetta sonorizzazione di un sabato notte suburbano e introverso; rapida di fatali sincopi twee, memorabili cascami melodici, litanie dolcissime a base di dream-chitarre squillanti.
Sono questi gli Charming che più invidiosamente custodiamo da tempo nella memoria: quelli di “Social”, di “Mississippi”, di “Paralyzed”, della quasi Unrestiana “Nobody's Perfect”, di ”What's In Her”.
Tutte uno-due minimaliste e incantate, ariose e agitate... duetti tra corde cristalline, vocina da lucciola e percussioni serrate.

“Giant” è un album a cui si augura una più corposa, postuma diffusione che degnamente eguagli la propria avvenenza.
Si pensi ancora, alla quasi smithsiana “Ritual”, cantata da Ravi, che viceversa possiede una voce cupamente romantica, come inebetita, morbosamente Lou Reed.

Il dopo “Giant” vede gruppo riorganizzarsi, spostandosi anzitutto da Charlottesville a New York, poi reinventandosi.
Mantenuto il nucleo originale di Ravi e Nicole, tale Jay B. Flatt passa dallo status di 'fan' a quello di bassista ufficiale del gruppo e Chris Reitz sopraggiunge alla batteria.

Nel frattempo si è fatto il 2001 e viene pubblicato il secondo atto di Charming dal nome “Champagne and Magazines” (Twee Kitten/Shelflife). L'album risulterà decisamente più venduto del predecessore e pagherà la volontà a insistere, le rivoluzioni del leader Krishnaswami.

Dal '94 d'acqua ne è passata sotto i ponti e il gruppo si è decisamente rinnovato anche sotto il piano musicale. Pur senza traumi, Ravi Krishnaswami e soci hanno allargato lo spettro delle influenze a scapito di subliminalità ed unità contenutistica ma a favore di melodie più classiche e ad ampio respiro.

Si introducono fiati, sezione d'archi e tastiere più corpose, come sfoggiano “Let Me Take You Out”, “A Year and Four Months” e “Downtown” che accolgono persino ardori disco music. Ora il pop di Charming davvero può dirsi a 360 gradi.

Talvolta chitarre e acuti vocalizzi tornano a rivendicare il primato della funzione. Se “April”, “Guilty By Association” insinuano l'impressione di non esserci mai davvero mossi dalla natia Charlottesville, “Where Have I Been?” sfoggia il “giusto mezzo” diafano surrealista (e, malignamente, diligente) prediletto da Shelflife.
Mitigate corde di bossa compaiono poi su “Charlottesville, 1997”, le cui liriche, nelle ali della memoria esprimono una tormentosa nostalgia:

“And I don't want to know about some clouded heaven
I want Charlottesville, 1997
Speeding down 29
Your cold cold hand warming up in mine
And everything was just fine”


In definitiva “Champagne and Magazines” è il gemello estroverso e maturo di “Giant”, già ardente e gigante di per sé.
Il gruppo è tuttora in attività, tra concerti e studio d'incisione. Si auspica ovviamente il ritorno, chè Charming è uno di quei nomi intriganti che una volta incrociati, non possono dimenticarsi.


(ottobre 2005)